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Nevio Carbi, una vita per la boxe

«Questo sport mi ha insegnato tutto». Campione italiano Novizi nel 1957 e dei Piuma tra i professionisti nel 1970, il triestino è stato nominato Maestro benemerito. E ora combatte il bullismo nelle scuole

TRIESTE. L'amicizia fraterna con Nino Benvenuti, il grande legame con Tiberio Mitri, l'amore per il calcio e l'inevitabile nostalgia per la boxe di un tempo, quella fatta di fame, sudore, pubblico numeroso e senso dell'amicizia, quella coltivata dentro e fuori dal ring. E' ricco l'album dei ricordi di Nevio Carbi, il grande vecchio del pugilato triestino, classe 1940, uno che non ci pensa nemmeno di smettere di giocare con guantoni, corda e sacco, anzi, ha una voglia di lavorare ancora a lungo, anche per legittimare ulteriormente il recente traguardo, la nomina a Maestro Benemerito, una sorta di laurea conferita per il mezzo secolo abbondante di attività nel pugilato, prima da atleta e ora da tecnico nel Club Sportivo Pugilato Trieste.

 

 

Una passione sbocciata ben presto la sua, attorno ai nove, dieci anni, condivisa con l'altro amore, il calcio. All'epoca succedeva spesso di restare avvinti tra due fuochi sportivi, complice la strada, i canali dei ricreatori e degli oratori colorati da attività, il tutto unito dalla voglia di sperimentare: «E' vero, si praticavano più discipline - ricorda Nevio Carbi -. Io giocavo a calcio con il Crda ma contemporaneamente frequentavo la palestra di boxe della stessa società. Non ci costava molto farlo, ci piaceva e basta. Sono cresciuto così».

Nessun dualismo quindi ma alla fine il calcio perderà una ala destra al massimo discreta per far posto a un piccolo guerriero del ring, destinato a portare a Trieste anche un paio di titoli nazionali in campo professionistico. Solo boxe dunque, poi nella vita di Nevio Carbi, passando sotto le cure dei maestri Antonutti, Culot e Pauschè, giostrando sempre tra i pesi leggeri, prima Gallo e poi Piuma.

Nevio Carbi ha coraggio, tempra, carattere. Quando la tecnica non lo assiste subentra la velocità e il cuore, l'arma migliore in ogni ring della vita. Arrivano i primi successi, con il titolo italiano Novizi, nel 1957 a Roma, dopo aver vinto sei match, mentre tre anni dopo approderà al professionismo, debuttando a Trieste, in un match terminato in parità, allestito al Ferroviario e al cospetto di un pubblico impensabile ora: "Quanta gente, sempre! - ricorda Carbi - Il pubblico a Trieste ai quei tempi era incredibile e molto caldo, non come ora purtroppo. Il motivo? Semplice, all'epoca avevamo grandi campioni e la nostra scuola era all'avanguardia, che nomi avevamo...».

Già, i grandi nomi. Per Nevio Carbi Nino Benvenuti, oltre a divenire il suo testimone di nozze, era semplicemente «l’eleganza fatta boxe», mentre Tiberio Mitri rappresentava «il grande pugile e la buona persona». Altri tempi in tutto, anche nel definire temi e patemi: «L'amicizia era e resta fondamentale - ribadisce sicuro Nevio Carbi -: ai quei tempi la sentivamo forse di più, ora i giovani sembrano attratti da altro. Io mantengo quei valori, e ad esempio Paolo e Roberto Battimelli, del Club Sportivo sono i miei figliocci».

Nella carriera di Carbi arriveranno altri allori, come il titolo italiano da professionista nei Piuma nel 1970, molte platee, assalti falliti, inevitabili ko e nuove partenze. Resta ora il retaggio di cinquant’anni di boxe vissuta nel segno di una arte ritenuta ancora nobile, condivisa con anni di lavoro, quello canonico, da infermiere prima e impiegato comunale poi. Dopo la soglia dei 70 anni, è arrivato inoltre anche l'impegno sociale, lavorando in un progetto targato Educaforum, supportato dal Club Sportivo Pugilato Trieste e rivolto al tema del bullismo nelle scuole.

Ma all'epoca tale problema esisteva? «Mah, non lo so - conclude Carbi -: di certo la boxe a me a insegnato il rispetto, a crescere. A vivere».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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