Predefinito come evitare il made_in_china
con ogni probabilità i miei telefonini sono fatti in Cina, scopro ora
che le mie scarpe vans authentic sono made_in_china e chissà quanti
altri prodotti di largo consumo... La mia sacca Nike, stavo guardando
ora, Indonesia, va bene, non c'è la dittatura ma probabilmente si
sfrutta la manodopera, sembra che il primo mondo non produca più nulla,
poi ci si lamenta della disoccupazione e della crisi.
Ditemi per favore qualche marchio, soprattutto di telefonia, che non
sfrutti la manodopera dell'estremo oriente.
Mobile
Vodafone New *Special 1000 4GB* prefisso 360 Nokia Lumia 635
Vodafone 19 prefisso 373 Nokia Lumia 625
Fisso
TIM SMART FIBRA
Cellulari:
forse i Vertu sono fatti interamente in Inghilterra... non mi vengono
in mente altre marche...
è una parola...
anch'io ero abbastanza orientato a evitare il made_in_china ma diventa
sempre più arduo
perfino Alcatel, che consideravo una delle marche più affidabili, alla
fine è diventata mezza cinese
I miei colori preferiti erano il giallo e il verde...fino al 1 giugno
2018
SIM1: H3G ALL-IN VIP
SIM2: TIM SpecialTop+7GB
con ogni probabilità i miei telefonini sono fatti in Cina, scopro ora
che le mie scarpe vans authentic sono made_in_china e chissà quanti
altri prodotti di largo consumo... La mia sacca Nike, stavo guardando
ora, Indonesia, va bene, non c'è la dittatura ma probabilmente si
sfrutta la manodopera, sembra che il primo mondo non produca più nulla,
poi ci si lamenta della disoccupazione e della crisi.
Ditemi per favore qualche marchio, soprattutto di telefonia, che non
sfrutti la manodopera dell'estremo oriente.
La risposta è molto semplice. Nel campo della telefonia nessuna. Nel
vestiario qualcosa si salva ancora..
il colmo è stato qualche giorno fa, entro in un negozio di
abbigliamento gestito da cinesi
do un'occhiata in giro, vedo una cosa che mi piace e mi cade l'occhio
sull'etichetta...made_in_italy
Ma le fabbriche che Nokia aveva in Germania, est Europa, Finlandia,
tutte chiuse e trasferiti gli impianti?
Anche Alcatel ricordo che produceva in Francia, Nortel...più niente?
Questa è stupenda
Ogni giorno un esponente del PD si alza e sa di dover correre più
veloce di una gazzella dei carabinieri...
I miei colori preferiti erano il giallo e il verde...fino al 1 giugno
2018
SIM1: H3G ALL-IN VIP
SIM2: TIM SpecialTop+7GB
Pere che il pompelmo faccia mele
Mobile: Vodafone Special Unlimited 50GB ~ HUAWEI Mate10 Pro Titanium
Gray ~ Fisso: Wind All Inclusive Unlimited Fibra + FRITZ!Box 7490
 iMac 27" ~ iPad mini 2
tipo plato?
Il made_in_italy vero e puro non esiste più... ormai è tutta roba che
fanno in Cina..... come si dice, la Cina è vicina....
Ogni giorno un esponente del PD si alza e sa di dover correre più
veloce di una gazzella dei carabinieri...
Certo, come il tanto ostentato made_in_italy per poi scoprire che
vengono prodotti in piccoli capannoni dove ammassi di cinesi lavorano
anche più di 15 ore al giorno, mentre, sempre nello stesso luogo per il
resto del tempo dormono e mangiano...
Anche questo è vero. Però qualcuno si salva ancora..
Messaggio inviato da Piccin
Ma le fabbriche che Nokia aveva in Germania, est Europa, Finlandia,
tutte chiuse e trasferiti gli impianti?
Anche Alcatel ricordo che produceva in Francia, Nortel...più niente?
alcatel lucent, che non ha più niente a che fare con la alcatel che fa
parte del gruppo cinese TCL, produttore di elettronica.
anche nokia come la alcatel produrrà praticamente solo hardware per le
telecomunicazione in europa. ormai non c'è più un azienda europea che
produca elettronica di consumo qui.
339 - TIM - Super Special Steel (ex Nòverca)
370 - Coop - 5
veramente non è così. ci sono aziende che sono veramente made_in_italy
e non sono quei grandi marchi che troviamo sempre pubblicati in prima
pagina.
per esempio non sapevo che negli stati uniti avessero molto successo le
macchine da espresso fatte a mano di un marchio storico di firenze.
tando da essere utilizzate da starbucks.
A Londra, Parigi, Vientiane e Siem Reap ho trovato la Cimbali e la
Ferrarelle, la pasta Martelli di Pisa esporta nel mondo, ma sono
mercati di nicchia, che non cambiano ne il concetto, ne l'andamento
dell'economia italiana.
se non ci fossero questi mercati cambierebbe l'andamento in negativo.
l'italia ha pochi grandi marchi, ma sono moltissimi i piccoli brand di
qualità, che bilanciano la situazione. E secondo me sono anche quelli
più importanti.
se starbucks in passato ha deciso di adottare nei suoi 6000 negozi
macchine della Marzocco del valore di migliaia di dollari, lo ha fatto
perché era un prodotto di nicchia e di qualità.
339 - TIM - Super Special Steel (ex Nòverca)
370 - Coop - 5
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stucci79
16 Messaggi
Inserito il - 27 feb 2006 : 14:17:12 Permalink al post Visita
l'Homepage di stucci79 Invia a stucci79 un Messaggio Privato Aggiungi
stucci79 alla tua lista di amici Rispondi Quotando
"Se il tuo ragionamento é questo, dovresti fare le medesime
considerazioni per gli sci prodotti in bulgaria, in romania, in
ucraina... non mi sembra che per esempio gli atomic o i salomon abbiano
abbassato i loro prezzi da quando si sono messi a produrre in questi
paesi..."
OP il tuo discorso non fa una grinza, semplicemente io mi rifiuto di
comprare sci made_in_china se posso evito il made_in_china per
qualsiasi articolo oltre agli sci.
6262 Messaggi
Inserito il - 27 feb 2006 : 14:27:23 Permalink al post Invia a giò un
Messaggio Privato Aggiungi giò alla tua lista di amici Rispondi
Quotando
Il mio ragionamento è molto più terra/terra.
Allo sci, nel nostro Paese, viene individuata/associata dagli strateghi
del marketing una determinata fascia di reddito del consumatore tipo e
quindi si regolano di conseguenza, che è forse più alta dello sciatore
austriaco e più bassa dello sciatore americano.
Almeno credo che si regolino così.
Se poi i margini di guadagno (in aumento, se si produce in Paesi in cui
la lavorazione costa di meno) serve per essere investito in ricerca e
miglioramento del prodotto, ben venga, ma se è finalizzata solo a
"schiumare" più paia di sci da vendere a caro prezzo allora i conti non
mi tornano.
Forse le vere novità degli ultimi anni in fatto di materiali le hanno
tirate fuori aziende "minori" come pubblicità e immagine sul mercato,
che vendono sci a prezzi un pò più umani.
Per fare nome e cognome penso alla elan (sistema fusion) e head
(intellifibers e liquimetal), applicate a sci costruiti ancora in sw, e
quindi molto tradizionali come filosofia.
Salomon ha il pregio di avere introdotto (ormai da più di un decennio)
lo sci monoscocca e atomic la struttura beta, ma in questo ultimo
periodo ho l'impressione che abbiano vissuto un pò di rendita, con
l'unica differenza (non da poco) che atomic ha ribassato un pò il
listino , salomon no
E poi se vai a vedere, molte aziende continuano a produrre nelle sedi
storiche gli sci di alta gamma, trasferendo al di fuori dei vincoli
europei la produzione di materiale entry level.
io non ho nulla contro il made_in_china però se è finalizzato ad un
risparmio di prezzo. Prendiamo gli allround top level: i Volkl costano
in media 100 euro più degli Atomic/Rossignol anche se sono fatti in
Cina.
Vorrei veramente conoscere i margini delle ditte in questione!
Cmq la discriminazione di prezzo su bae geografica è normale. Basta
vedere i prezzi dei libri su Amazon, o il prezzo dell'Ipod che l'Apple
applica per l'UE e per gli USA.
poi le GRANDI SCOPERTE alla fine non hanno portato a grandissimi
cambiamenti...
lo sci d alta gamma rimane SW, magari con materiali all avanguardia ma
pur sempre una struttura tradizionale...
Tutte le pseudo-scoperte-rivoluzionarie vedi il beta di atomic alla
fine nn ha portato grande innovazione perche gli sci coppa non avano il
beta, la fascia bassa nemmeno...
Secondo me una ditta di sci puo produrre sci con varie geometrie e
durezze sempre SW (vedi DUEL, NAVA, BLADE), cambiando soltanto l anima,
i vari fogli titanal ecc....
In pratica un race carve tipo HEAD I.race cosa ha da invidiare a
SALOMON race carv, atomic Gs11m ecc?? niente secondo me, per cui il
beta non serve poi a molto, e nemmeno la monoscocca se poi hanno le
stesse prestazioni...Allora dovrebbero costare meno, essendo sci
"schiumati" invece è il contario, costa meno l SW....
Io i vari beta, monscocca, braccetti antitorsione, duble-grip, piston,
ecc sono solo grandissime ca***te che servono per l utente medio, che
vuole l ATOMIC, il VOLKL perche èil MEGLIO, ma senza grandi conoscenze
tecniche...
Fatto sta che son andato off-topic, per tornare in tema concordo con
CASF, non importa dove son prodotti ma come...pero permetti che il made
(sia esso ungheria, rep ceca, romania China ecc) DEVE ESSERCI, NON
REMOVIBILE...
Poi a parita di qualita se prodotti li DEVONO costare meno, non ce
storia...
Pagare un allstar (China) 500 euro sinceramente è una pazzia, se pensi
che puoi prendere un SW costruito in austria allo stesso prezzo...
..... il fatto è però, cari amici, che non tutti gli sciatori
apprezzano o hanno bisogno di un SW .... certi sciatori preferiscono
sci meno impegnativi e sono ciò nondimeno disposti a pagare prezzi alti
per comprarli .... è il "Mistero Salomon", come facciano a farsi pagare
così cari sci monoscocca con anima sintetica prodotti a decine di
migliaia di pezzi, lo sanno solo loro .....
Barcollo ma non mollo .....
Antonio
giò, ti ringrazio molto!
a questo punto metto solo Volkl e K2 sulla mia lista nera!
Scusate tanto, ma made_in_china non vuol mica dire che
automaticamente si tratta di schifezze ..... perché, scusate, un
Salomon o un Elan prodotti in Slovenia, un Atomic prodotto in
Bulgaria, o cose del genere, sono migliori per il solo fatto di non
essere fatti in Cina?
Prima di giudicare, perché non provate? Io ho un K2 GS sandwich che,
anche se fosse fabbricato in Cina (non so dove sia stato assemblato,
se in Cina o in USA), è e rimane un ottimo sci. Chiunque io conosca
è contento dei suoi K2, specie coloro che si indirizzano a modelli
freeride.
Lo stesso dicasi per Völkl. Provate un top di gamma da negozio e poi
ditemi in che cosa è inferiore rispetto, che so, agli omologhi
Rossignol, Dynastar, Atomic o Elan: possono piacere idpiù o di meno,
ma a mio parere qualitativamente non c'è nulla da discutere!
BRAVO CASF!!! stavo per scriverlo io!!! non credo che gli sci da
negozio differiscano tanto se sono fatti sotto casa o in cina... uno
sci può nascere male anche se fatto in germania... quante punte di p50
anche da gs ho visto piegate o addirittura spezzate e non erano di
certo fatte in cina!!!
punti gs 94.43 sl 195,.. PS: per puro c**o [81.gif] campionessa
italiana di carving 07.... ora non più peccatoooo
metallox vorresti fornire altre foto?? credo si possa ravvisare la
possibilità di un cambio da parte di chi ti ha fornito l'attrezzo!!!
Dici che è possibile? o forse dovrei scrivere alla volkl stessa
Torna all'inizio della Pagina
ragazzi, partendo dal presupposto che quasi tutto quello che tocchiamo
per 80% è fabbricato in Cina, mi chiedo perchè mai lo sci debba
sottrarsi a questa logica di globalizzazione.
Però, c'è un però : provate a guardare qual'e la tipologia di chi
scrive su questa rubrica. Vi accorgerete che la maggioranza sono
appassionati ( se non tossicodipendenti da sci ) che stanno già sciando
col modello 2007 e tramite amici ben introdotti nell'ambiente già
chiedono notizie sul modello 2008 e che dopo il loro passaggio lasciano
sulla pista due solchi talmente precisi che delle linee così non le
farebbe nemmeno Giotto.
Allora..vien da pensare che qui c'è l'anima e a gente come questa è
difficile fargli digerire che la globalizzazione ha inghiottito anche
lo sci e che l'attrezzo che hanno sotto i piedi viene da una remota
regione del Guandong.Forse ammesso e non concesso che i responsabili
della qualità impongano ai cinesini gli stessi materiali e metodi usati
dalla casa madre, lo sci dovrebbe essere uguale ma...ma....signori
fabbricanti di sci, fateci ancora sognare che il nostro attrezzo che
compriamo talvolta con sacrifici finanziari sia costruito dalle
sapienti mani di un tecnico magari in una piccola fabbrica a
fondovalle, che nella cassaforma posa sapientemente strato dopo strato
i materiali che daranno forma all'oggetto del nostro desiderio.
Signori fabbricanti, fatecelo sognare ancora altrimenti quando ci
chiederete i fatidici 1.000 euro ( o euri ) per quell'attrezzo, sapendo
che chi l'ha costruito la sera prima faceva gli Involtini Primavera,
oltre all'allargamento delle spatole prima o poi dovrete fare i conti
anche con l'allargamento delle misure delle palle di questi
appassionati che comincerebbero a girare a dismisura.
OP il tuo discorso non fa una grinza, semplicemente io mi rifiuto di
comprare sci made_in_china se posso evito il made_in_china per
qualsiasi articolo oltre agli sci.
.... caro stucci, temo che il tuo pur rispettabile atteggiamento
autarchico sarà costretto, suo malgrado, a scontrarsi ben presto con
una ben diversa realtà ..... se non vuoi comprare niente che sia Made
in China, mi sa che dovrai organizzarti per fabbricare un sacco di cose
per conto tuo .....
Barcollo ma non mollo .....
Antonio
io non sono contro il made_in_china solo mi sembra giusto sapere dove
viene costruito quello che compro...
Nessuno dubita sulla qualità, che se prodotti con gli stessi standard
europei non ce differenza...
Il mio dubbio è il prezzo di quasti sci, se prodotti li, DEVONO costare
meno...e secondo me non ci mettono il made_in_china x non sporcarsi il
nome, visto che gran parte della produzione VOLKL vive esclusivamente
di quello...
Sarebbe normale che l utente che va in negozio e vede gli sci made in
austria a 500euro, poi vede i made_in_china a 700 gli vengano dei
dubbi...o no??
Allora ben venga la produzione in China, ma di conseguenza un bel
abbattimento dei prezzi (almeno un 20%) che sono assurdi per sci fatti
in serie senza NESSUNA lavorazione artigianale...
E mettere sto benedetto made in ....... qualsiasi esso sia (ungheria,
China, ecc)
Li il lavoro costa meno, non hanno regole pe remissioni ecc, quindi il
prodotto, a parità di caratteristiche con uno sci fatto in
austria/italia/germania/francia, DEVE costare molto meno......
Sono Azzurro di Sci
adesso mi viene un dubbio a vedere stampato sulla coda dei miei
Doberman un bel made_in_italy con tanto di bandiera tricolore!
La nordica produce in italia? sarebbe scioccante sapere che uno sci da
1000 di listino lo producono in cina!
secondo me il problema si presenterà in futuro. La politica industriale
di riduzione dei costi ( e di personale ) farà si che sempre
maggiormente la produzione verrà spostata verso paesi dove il costo
della manodopera è più basso e si tenderà ad avere presso la casa madre
solo un reparto corse dove verrà seguita la costruzione degli sci degli
atleti che per ovvie ragioni non può essere delocalizzata.Ma più ancora
come già attualmente succede per i televisori ci sarà anche per lo sci
( sempre secondo me ) uno o due grossi produttori che produrranno sci e
attacchi per tutti.
E ritorno al problema principale: se paragoniamo il costo di produzione
di uno sci made_in_china a quello di uno costruito in Europa del
medesimo tipo c'è da rabbrividire e di conseguenza come chi ha scritto
prima di me ha ribadito, il costo dello sci dovrebbe essere nettamente
inferiore, altrimenti sarebbe troppo facile prendere gli appassionati
di questo sport per la gola.
... quante punte di p50 anche da gs ho visto piegate o addirittura
spezzate e non erano di certo fatte in cina!!!
Questo vale per tutti gli sci da gara, anche per quelli piu' belli e
fatti bene purtroppo
E' piu' facile "imbarcare" (storzare) uno sci da gara rispetto a uno da
negozio poiche' la struttura a sw con fogli di titanal e' piu' delicata
e lo sci e' molto piu' soggetto a piegarsi rispetto a uno turistico.
E' anche piu' facile che venga fuori una coppia di sci da gara diversi
uno dall'altro (es. uno piu' rigido dell'altro in punta) rispetto a
quelli fatti "industrialmente" da negozio.
Non vorrei dimenticaste che le aziende produttrici di qualunque
articolo non sono "associazioni culturali senza scopo di lucro"; quindi
lo spostare la produzione dove ti fanno l'oggetto a due soldi
sfruttando (si sfruttando, non è una parolaccia, ad oggi si può ancora
dire) la manodopera e la fame (anche questo termine è lecito) della
gente, non serve ad offrire un prodotto di qualità ad un prezzo più
basso, ma serve a contenere i costi, e quindi, a parità di prezzo
finale, un maggior guadagno.
La qualità dite? E' ancora un obiettivo primario di un'azienda?
Comunque come consumatore non sono così contento che il prodotto che
compro costa sempre uguale, ma chi me lo vende guadagna sempre di più
P.s. siamo sicuri che i produttori a basso costo rispettino (oltre
all'uomo, of course) il protocollo di Kyoto, nonchè tutte le sacrosante
norme sull'inquinamento?
Boh!, non sono mica certificate ISO le aziende cinesi....
"I giochi per computer non influenzano i ragazzi: cioè, se PacMan
avesse influito sui ragazzi, dovrebbero stare tutti a correre in stanze
buie, ingoiando pastiglie magiche e ascoltando musica elettronica
ripetitiva... " - Kristian Wilson, Nintendo, Inc, 1989
La mia critica non era sviluppata sul fatto che in cina costruiscano
bene o male, anzi su certe cose sono piu avanti di altri ma come
qualcuno di voi a scritto volkl è una azienda che vende scia prezzi
alti e il fatto che vadano in cina a fare sci dovrebbe diminuire i
costi degli sci stessi, invece no, i margini restano quelli e i
guadagni finiscono nelle tasche dei propietari della volkl stessa. A
parte questo, siamo sicuri che i cinesi abbiano le qualità e i mezzi e
l esperienza per la costruzione di sci??
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Home Geopolitica Analisi “made_in_china 2025” e Intelligenza Artifi...
“made_in_china 2025” e Intelligenza Artificiale: la Cina prepara la nuova
rivoluzione industriale
(di Antonio Vecchio)
23/08/18
È l’intelligenza artificiale (AI) il campo in cui la Cina sta
preparando il suo futuro primato globale e nel quale sta maggiormente
investendo risorse, umane e finanziarie. Il campo che, per dirla con le
parole di Andrew Ng^1, professore a Standford, “cambierà il mondo della
fabbrica proprio come cento anni fa fece la corrente elettrica”.
Ma andiamo per gradi. Con la locuzione “intelligenza artificiale” si
intende^2 “l’insieme di tecnologie che automatizzano le attività
associate al pensiero umano, tra cui quella decisionale, quelle
connesse con la soluzione di problemi e quelle di apprendimento”.
Un settore tecnologico il cui sviluppo, pur essendo ancora ai primordi,
già consente ai computer di imparare ad agire autonomamente, assumendo
decisioni proprie basate esclusivamente sui dati disponibili e non
sulla programmazione ricevuta.
Sono ormai diversi anni che, in questo campo, la gara della Cina con il
resto del modo procede serrata; non solo con gli USA, cui spetta il
primato globale nella ricerca e sviluppo (R&S) e quello della
produzione di hardware, ma anche con UK, Canada e con l’Unione Europea.
L’impegno di Pechino nel campo della AI inizia nel 2006 con un impegno
di 75 miliardi di USD per il periodo 2006 - 2020 e il lancio, a livello
nazionale, di 16 mega progetti.
Nel 2015, la dirigenza del Dragone lancia il piano “made_in_china 2025”
(in mandarino Zhōngguó zhìzào 2025, 中国制造2025), che si propone di
trasformare l’industria cinese in una industria 4.0, assicurandole in
un decennio la leadership in campo tecnologico.
Si dovrà però aspettare il XIX Congresso del Partito Comunista Cinese
del 2017 per la sua consacrazione definitiva, con la dichiarazione del
leader Xi Jinping di fare della futura Cina “una superpotenza
scientifica e tecnologica”, in cui la AI rivestirà una parte decisiva.
Un impegno formale, quello della dirigenza cinese, in linea con lo
sviluppo inarrestabile del settore, che nel 2016 ha fatto rilevare un
output di circa 10 miliardi di USD, l’anno successivo salito a 15
miliardi USD, e che per il 2020 è stimato dieci volte tanto. Risultati
inimmaginabili solo alcuni fa, frutto del particolare “ecosistema”
creatosi, che incoraggia, con l’avvallo governativo, le attività di R&D
da un lato e il “fare impresa” dall’altro.
La strategia di Pechino si sviluppa parallelamente nei campi
dell’hardware, in quello dei dati e nella ricerca e sviluppo (in primis
di algoritmi).
Nel primo campo, incoraggia il trasferimento di tecnologia mediante
acquisizioni di marchi stranieri e la creazione di joint venture con
firme estere. La costituzione di centri di ricerca in città europee o
USA avanzate in campo scientifico permette di “respirare l’aria adatta”
e agevola il trasferimento di saperi. Grazie a questa strategia, la
Cina ha potuto realizzare ben 167 centri di calcolo avanzato (tre in
più di quanti gli USA ne possiedono oggi).
Ciò nonostante, la Cina appare ancora indietro rispetto al competitor
americano: basti pensare che tutt’oggi produce solo il 13% del proprio
fabbisogno di circuiti integrati.
L’esatto contrario di quanto avviene nel campo dei dati dove Pechino si
distingue essenzialmente per la grande quantità a disposizione, resa
possibile dall’assenza di una legislazione nazionale a tutela della
privacy e dal numero significativo di utenti (sono 800 milioni, solo
per citare un esempio, i cittadini cinesi che si connettono ogni giorno
al web da piattaforme mobili).
Consapevole dell’importanza di questo primato per il futuro della AI,
la Cina favorisce una politica di continuo scambio tra soggetti
pubblici e privati, che permette il trasferimento di dati personali
degli utenti dagli uffici governativi alle società fornitrici di
servizi e viceversa. Basti pensare che secondo il presidente
dell'Accademia delle Scienze di Pechino, entro il 2020 la Cina gestirà
il 20% dei dati a livello globale: circa 44 trilioni di gigabyte.
Anche nel campo della ricerca i cinesi stanno dimostrando una
particolare abilità, evidente soprattutto nella elaborazione di
algoritmi già sviluppati da altri. In questo settore, la Cina ha già
39.000 ricercatori a fronte degli oltre 72.000 americani; e sono circa
200.000 i lavoratori qualificati che hanno lavorato nel campo della
intelligenza artificiale nel corso del 2017, con un aumento tendenziale
annuo del 20-30%.
Numeri, che oltre a dare il senso di un impegno scientifico importante,
sono anche la conseguenza delle politiche intraprese da Pechino per
attirare alcuni dei 400.000, tra tecnici e ricercatori cinesi
specializzati in AI, che ancora lavorano all’estero. Uno dei programmi
di maggior successo, il “China Talent Program”, ha sinora consentito il
rientro di 1510 ricercatori su 6200 domande, ai quali è stato garantito
un salario dal 70% al 150% di quello dagli stessi percepito nei centri
di ricerca occidentali.
È anche grazie a questa politica di apertura, che Pechino detiene, dal
2014, la leadership mondiale per numero di brevetti depositati e di
ricerche pubblicate.
Un dato di gran rilievo - riferito a numerosi settori tra cui:
domotica, autoveicoli senza pilota, sicurezza, robotica, cybersecurity,
riconoscimento facciale e vocale e traduzione istantanea - cui però non
consegue un numero equivalente di citazioni nella letteratura
scientifica di settore: aspetto questo che denota, se non altro, un
perdurante deficit qualitativo dei lavori di ricerca.
Ciò nonostante, la Cina può vantare (dati riferiti a giugno 2017) il
23% delle 2.542 compagnie impegnate nel mondo nel campo della
intelligenza artificiale, contro il 42% americane.
Sono 242 i centri di ricerca/ produzione che operano nella sola
Pechino, 112 quelli di Shangai e 93 sono invece a Shenzhen. Sempre
cinesi sono inoltre i primi tre big player globali: Baidu, Alibaba e
Tencent (i cosiddetti BAT).
Al momento, il campo su cui maggiormente si sta concentrando la ricerca
e l’applicazione è quello del controllo sociale, quanto mai importante
per uno stato la cui popolazione raggiunge ormai il miliardo e
quattrocento milioni di persone.
La tecnologia sinora sviluppata, che consente il controllo biometrico
degli individui, unita alla citata disponibilità di dati personali, già
consente un database di oltre un miliardo di posizioni individuali,
che, solo riferendosi al 2016, ha permesso l’arresto di circa 4000
criminali identificati grazie al riconoscimento facciale ottenuto con
telecamere montate sui caschi dei poliziotti (lo scorso mese di maggio,
nella vasta regione nord occidentale del Xinjiang, un ricercato è stato
individuato dal personale di sorveglianza e arrestato in uno stadio di
20.000 persone).
Ma è sul progetto del “sistema di credito sociale”, ossia la
possibilità di assegnare un “voto e un giudizio” individuali sulla base
del loro comportamento civico, che Pechino sta investendo le risorse
più importanti.
Il piano prevede di “mettere in sistema”, grazie alla rete e alla
collaborazione di tutti i gestori di pubblici servizi, le interazioni
di ciascun cittadino cinese verificando la bontà del suo “comportamento
sociale”.
Pagamenti delle bollette e delle rate di prestiti, uso dei social media
e del web, capacità di generare rispetto sociale e sul posto di lavoro:
tutto questo, e molto altro, contribuirà ad attribuire un punteggio che
condizionerà, in futuro, non solo l’accesso al credito, ma anche quello
alle scuole, alle università, l’acquisto di biglietti ferroviari e
aerei, la possibilità di saltare liste di attesa negli ospedali
pubblici, ecc.
È soprattutto su questo sistema, che Pechino intende impostare nel
futuro la “governance interna”, realizzando una società di “orwelliana”
memoria che pensavamo esistesse solo nella fantasia dello scrittore e
saggista britannico^3.
La rivoluzione tecnologica in atto, incluso il preponderante impiego
dell’intelligenza artificiale, ne costituisce lo strumento principale.
(foto: web / Ministry of National Defense of the People's Republic of
China)
Erano destinati al commercio abusivo della Riviera romagnola
La Guardia di Finanza sequestra un milione prodotti nocivi made_in_china
Al titolare del deposito, un cittadino cinese, è stata inflitta una multa per
aver immesso sul mercato prodotti potenzialmente nocivi per la salute
Redazione
di Redazione
- 18 Agosto 2018 alle 17:28
La Guardia di Finanza sequestra un milione prodotti nocivi "made in
China"
Erano destinati ad essere venduti abusivamente sulle spiagge della
Riviera Romagnola gran parte dei prodotti, circa un milione di pezzi,
sequestrati dalla Guardia di Finanza di Bologna perché "non sicuri". Si
tratta di collane, orecchini, bracciali e oggetti di cartoleria, privi
delle etichette previste dalle vigenti normative e del marchio Ce.
Le Fiamme Gialle hanno scoperto e sequestrato venerdì in via
amministrativa il materiale, che si trovava in un magazzino di vendita
all'ingrosso a Bologna, in zona Corticella. Al titolare del deposito,
un cittadino cinese, è stata invece inflitta una multa per aver immesso
sul mercato prodotti potenzialmente nocivi per la salute.
Le mancanza del cartellino che riporta le informazioni previste dal
Codice del consumo (come la provenienza e i materiali utilizzati per la
produzione dell'articolo), non consente infatti al consumatore di
conoscere con precisione l'origine dell'oggetto acquistato e
l'eventuale presenza di materiali che potrebbero essere dannosi.
World Affairs / La roadmap " made_in_china " 2025" e la guerra
commerciale di Trump
La roadmap " made_in_china " 2025" e la guerra commerciale di Trump
La roadmap made_in_china 2025 e la guerra commerciale di Trump
Tweet
Pechino ha tracciato la propria tabella di marcia per diventare una
"superpotenza manifatturiera" all'avanguardia
di Pepe Escobar - "Asia Times"
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Pensato per placare i timori di una minacciosa guerra commerciale
USA-Cina, il discorso del Presidente Xi Jinping al Boao Forum, pieno di
metafore cinesi, è stata la logica estensione dell'importante discorso
tenuto a Davos all'inizio dello scorso anno - quando ha messo la Cina
all'avanguardia della globalizzazione 2.0.
Al Forum di Boao Xi ha sottolineato una "nuova fase di apertura"
dell'economia cinese, ha deplorato la "guerra fredda e la mentalità a
somma zero" ed ha elogiato la lunga marcia di sviluppo economico della
Cina - dall'adesione al WTO al più importante progetto di integrazione
eurasiatica del 21 ° secolo su commercio/connettività, la Belt and Road
Initiative (BRI).
Per il prossimo futuro l'economia cinese dovrebbe seguire uno dei due
principali vettori. Pechino potrebbe scegliere di aprire la sua
economia principalmente alle multinazionali statunitensi, una strategia
che privilegia l'occidente. Questo sarebbe il piano B. Oppure,
all'incirca per i prossimi sette anni, Pechino potrebbe mettere in
scena un'altra svolta, solidificandosi come una Mecca dell'high-tech.
Questo è il piano A.
Il piano A è totalmente integrato con la connettività della BRI - dalla
Cina orientale all'Europa occidentale attraverso l'Asia centrale, il
Sud-est asiatico, il Sud-ovest asiatico e persino il Caucaso. La Cina,
attraverso la BRI, ha l'obiettivo di esportare non solo il capitale e
le conoscenze aziendali ma anche i prodotti tecnologici ad alto valore
aggiunto.
E questo ci porta allo scontro tra due roadmap - che dovrebbero essere
lette in dettaglio - che sono al centro di una guerra commerciale molto
dibattuta, possibile e certamente feroce: China 2030 e made_in_china
2025.
2030 o 2025?
Cina 2030 fu pubblicato, in modo significativo, già nel 2013, dalla
Banca mondiale in collaborazione con il Ministero delle Finanze cinese
e del Consiglio di Stato. È ancora un prodotto dell'era Hu Jintao, che
chiede le necessarie "riforme di mercato", con particolare attenzione
alla "necessità" per la strategia della Cina "di essere governata da
alcuni principi chiave: mercati aperti, giustizia ed equità,
cooperazione reciprocamente vantaggiosa, inclusione globale e sviluppo
sostenibile".
Xi Jinping, però, aveva idee più ampie. Nel 2013, ad Astana e Giacarta,
è stato presentato anche il concetto, inizialmente lanciato dal
Ministero del Commercio cinese, di One Belt, One Road (OBOR). Ci è
voluto un po' perché le notizie spiegassero in modo approfondito il
fatto che l'OBOR era nientemeno che un progetto, completo, per
l'integrazione pan-euroasiatica.
Poi, nel 2015, Pechino ha presentato quella che è di fatto la strategia
economica nazionale: made_in_china 2025.
Si tratta - ancora una volta - per la Cina di spingere
sull'acceleratore, questa volta per ridurre la dipendenza dalla
tecnologia straniera ed il ruolo nella filiera delle aziende straniere,
aumentando gli investimenti in ricerca e sviluppo, migliorando
l'automazione nelle fabbriche cinesi e sviluppando settori strategici
come la robotica.
C'è già un obiettivo per il 2020: arrivare al 70% della produzione con
componenti fatti in Cina. Il fatto che il successo di Huawei abbia
messo i brividi negli Stati Uniti - la patria della Apple - è solo una
piccola illustrazione di ciò che potrebbe accadere.
Eppure made_in_china 2025 è molto più ambizioso, mirando a portare il
Regno di Mezzo ai primi tre posti tra i leader mondiali dell'industria
high-tech prima del 2049, quando la Repubblica Popolare compierà 100
anni. È così che la Cina intende battere la trappola del reddito medio.
Così Pechino ha disegnato la propria roadmap indigena per diventare uno
stato high-tech "superpotenza di produzione" esportando made_in_china
alta velocità ferroviaria, aerea, veicoli elettrici, robotica,
tecnologie AI e gli standard 5G che alimenteranno l'Internet of thing.
Tra i precedenti modelli economici figura sicuramente la Corea del Sud,
il cui processo di graduale modernizzazione dei chaebol* è stato
guidato dallo Stato. E un'ispirazione fondamentale viene anche
da industria 4.0, l'iniziativa strategica nazionale tedesca lanciata
nel 2011 con l'obiettivo di consolidare la leadership tecnologica del
Paese nell'ingegneria meccanica.
L'Europa guarda
Il fatto che Pechino non accetti un ruolo subalterno in un ambiente
economico ad alta tecnologia dominato dagli Stati Uniti e gestito da
una piccola élite aziendale spiega cosa sia inimmaginabile per questa
élite; un definitivo passaggio dell'economia mondiale entro il 2025,
dall'Occidente all'Oriente.
Pechino non tornerà indietro. L'intera situazione è lontana
dall'unilateralismo e si dirige verso un mondo multipolare, dove il
partenariato con la Russia gioca un ruolo chiave, poiché i due paesi
coordinano i loro sforzi su tutto, dallo yuan e dal rublo supportato
dall'oro, ad un'alternativa al meccanismo di pagamento SWIFT,
culminando con il progetto più vasto della storia del mondo in termini
di connettività economica in oltre 60 nazioni e culture: il BRI, che è
destinato ad essere integrato con l'Eurasia Economic Union (EEU), ed è
essenzialmente una politica industriale concertata e guidata dallo
stato.
Come sottolineato in un editoriale del Global Times una guerra
commerciale tra Cina e Stati Uniti non risolverà nulla, tanto meno lo
scontro tra China 2030 e made_in_china 2025. Gli industriali
statunitensi sono in una posizione molto delicata poiché hanno
investito massicciamente in Cina, trasferito la tecnologia e persino
usato la tecnologia cinese, poiché le linee di rifornimento sono
globali. Se mai venisse eretto un muro tecnologico tra le imprese
americane e cinesi, gli europei sostituirebbero volentieri gli
americani.
Nel frattempo, Pechino farà da battistrada, ad esempio, aprendo il suo
settore finanziario agli investimenti esteri, compresa l'abolizione dei
limiti massimi per la proprietà straniera delle banche.
La parte inferiore della forma
Yi Gang, il nuovo governatore della Banca popolare cinese, ha promesso
al Forum di Boao che Pechino consentirà agli investitori stranieri di
raggiungere una quota massima del 51% in società di brokeraggio,
società a termine, società di gestione di fondi e rimuoverà i limiti
azionari esteri in tutti questi settori entro il 2021.
Con una formidabile diplomazia Yi ha dichiarato: "Direi che con
l'apertura delle industrie finanziarie e dei servizi, gli Stati Uniti
in futuro avrebbero un vantaggio comparativamente maggiore nel
commercio dei servizi. In questo modo, quando avremo scambi di beni e
di servizi e questi due aspetti si equilibreranno ".
Poi c'è sempre la difficile strada per "risolvere" il deficit
commerciale degli Stati Uniti. In una nota di ricerca, questo è quello
che gli analisti di Goldman Sachs - guidati dal capo economista Jan
Hatzius - hanno suggerito: "Per un paese deficitario come gli Stati
Uniti è possibile aumentare le restrizioni commerciali in misura
sufficiente per raggiungere anche un ambizioso obiettivo di riduzione
del disavanzo. Ma questo ha un costo pesante in termini di crescita più
debole. In parole povere l'unico modo sicuro per ridurre drasticamente
il deficit per rappresaglia è una recessione ".
Guerra commerciale o recessione solo una cosa è chiara, la Cina farà
tutto il necessario per implementare il made_in_china 2025 - la sua
roadmap verso la preminenza nell'alta tecnologia.
Dazi Usa, dal 23 agosto scattano su altri 16 miliardi di made_in_china Borse
deboli
Dazi Usa, dal 23 agosto scattano su altri 16 miliardi di made_in_china
Borse deboli Dazi Usa, dal 23 agosto scattano su altri 16 miliardi di
made_in_china Borse deboli (ansa)
Nuovo capitolo della guerra commerciale, Pechino risponde con misure di
pari importo. Tokyo chiude debole a -0,1% e anche Wall Street si muove
all'insegna dell'incertezza. Petrolio in forte calo dopo le scorte Usa
di RAFFAELE RICCIARDI
08 Agosto 2018
MILANO - Le mosse e contro-mosse in tema di commercio continuano a
rappresentare l'ago della bilancia che sposta l'umore degli
investitori, con i mercati che procedono deboli dopo che gli Stati
Uniti hanno ufficializzato che applicheranno dal 23 agosto prossimo
dazi del 25% su prodotti importati dalla Cina per un valore pari a 16
miliardi di dollari. Si tratta di 279 prodotti che spaziano dalle due
ruote alle carrozze ferroviarie. Le imposizioni si vanno a sommare a
quelle del 6 luglio, sempre del 25%, per un valore di 34 miliardi di
dollari ma potrebbero essere solo l'ennesimo scalino in una spirale che
Trump ha già minacciato di estendere su altri 200 miliardi di prodotti.
Non si fa aspettare molto la risposta di Pechino, che aveva detto di
voler ribattere dollaro su dollaro a queste nuove imposizioni, e
infatti annuncia mosse di pari importo.
In realtà, se Trump dovesse far scattare la minaccia totale la Cina non
potrebbe ribattere perché non ha tanto import dagli Usa. Come nota Tim
Drayson, capo economista di Legal & General Investment Management, la
rappresaglia cinese potrà passare dal colpire "le società a stelle e
strisce che operano al suo interno. Ritardi, controlli fiscali e
maggiori controlli normativi sono possibili con 'bersagli facili' come
Hollywood e le società farmaceutiche americane. La Cina si è inoltre
dimostrata molto efficace in passato nel creare una macchina della
propaganda per incoraggiare il boicottaggio delle importazioni di merci
americane o anche i viaggi verso gli Usa".
Il grosso degli interessi economici degli Usa in Cina sono legati alla
presenza delle proprie aziende. Queste, come già minacciato verso
Apple, dovranno esser colpite da Pechino in caso di escalation della
guerra commerciale
Il grosso degli interessi economici degli Usa in Cina sono legati alla
presenza delle proprie aziende. Queste, come già minacciato verso
Apple, dovranno esser colpite da Pechino in caso di escalation della
guerra commerciale
La Cina ha mostrato una resilienza a questa fase di guerra commerciale
con buoni dati sui flussi. E' ripiegato leggermente (del 2,8%) il
surplus con gli Stati Uniti a luglio, dopo aver registrato un record a
giugno. L'avanzo è stato di 28,09 miliardi di dollari verso gli Usa,
quando a giugno era stato di 28,9 miliardi. Il surplus resta comunque
in rialzo dell'11% su anno. In generale, le importazioni cinesi sono
balzate del 27,3% rispetto a luglio 2017, battendo il +16,5% atteso dal
mercato, mentre le esportazioni sono salite del 12,2% (consensus +10%),
con l'esito di peggiorare il saldo commerciale complessivo. Resta la
preoccupazione a lungo termine per una guerra commerciale: secondo
Oxford Economics ridurrà la produzione globale dello 0.7% entro il
2020, con i Pil di Cina e Usa impattati rispettivamente dell'1,3 e
dell'1%.
La notizia era tutto sommato attesa sui mercati, dove comunque domina
l'incertezza: gli scambi in Asia sono stati poco mossi e sui listini
europei domina la debolezza. Milano chiude in calo e il Ftse Mib cede
lo 0,29% con Bper che paga i conti pubblicati ieri sera e Carige
affossata dal downgrade da parte di Moody's. Parigi lima lo 0,35%,
Francoforte lo 0,12% e Londra riesce a salire dello 0,75%, dato però
falsato dal calo della sterlina. Wall Street, reduce da una seduta che
ha portato gli indici vicino ai record, rialza la testa dopo
un'apertura debole: quando terminano gli scambi in Europa, il Dow Jones
torna in parità come lo S&P500 è invariato e il Nasdaq aggiunge lo
0,1%. Superstar Tesla: ieri ha chiuso in rialzo dell'11% dopo che Elon
Musk ha twittato la sua intenzione (ma non ancora certa) di delistare
l'azienda e oggi ritraccia leggermente. Questa mattina la Borsa di
Tokyo ha terminato in ribasso dello 0,08% e Shanghai ha perso l'1,27%
preoccupata per i dazi.
L'euro risale sopra 1,16 dollari, mentre sui intensificano le tensioni
tra Usa e Cina. la sterlina invece arretra per i timori della Brexit.
La moneta europea passa di mano a 1,1608 dollari e 128,80 yen. La
sterlina affonda a 1,2886 dollari, il minimo dall'agosto 2017 e scende
sotto 90 pence sull'euro, il minimo dal novembre 2015. Dollaro/yen cala
a 110,96. La lira turca riprende a scendere di circa un punto
percentuale, dopo il recupero della vigilia. Lo spread tra Btp e Bund
tedeschi risale a 251 punti base, per un rendimento del decennale
intorno al 2,9%. Qualche segnale di frenata per l'area Ocse nel suo
insieme, con l'Eurozona sulla via del rallentamento, mentre gli Usa
proseguono con passo stabile sul cammino della crescita, emerge dal
superindice dell'Organizzazione parigina che mira ad anticipare i punti
di svolta dell'attività economica rispetto al trend nei 6-9 mesi a
venire.
Sul fronte delle materie prime, il petrolio a New York è in forte calo
dopo la diffusione del rapporto sulle scorte petrolifere americane:
alla chiusura delle Borse Ue, estende i cali al -3% con il Wti che
torna a 67 dollari al barile. Nella settimana al 4 agosto, gli stock
sono scesi di 1,351 milioni di barili mentre gli analisti attendevano
una contrazione di 2,3 milioni di barili. Le scorte di benzina sono
inaspettatamente salite e quelle di distillati sono cresciute molto più
del previsto. I trader continuano a monitorare gli effetti delle
sanzioni che gli Usa da novembre imporranno sul settore energetico
iraniano e su chiunque non avrà ridotto a zero gli acquisti del
petrolio di Teheran. Oggi l'Iran ha detto che gli Usa non possono
impedire alla nazione di esportare il suo greggio ai suoi alleati.
Quando gli scambi europei si avviano a chiusura l'oro tratta debole
poco sotto 1.210 dollari l'oncia.
Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non riceviamo
finanziamenti pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni
mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a
Rep:. Se vi interessa continuare ad ascoltare un’altra campana, magari
imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con
convinzione.
Più di 3 milioni di prodotti marchiati made_in_china sono stati
sequestrati dalla Guardia di Finanza di Brescia perché privi delle
caratteristiche di sicurezza previste dal Codice del Consumo. In
particolare, i militari di Desenzano del Garda hanno ispezionato un
magazzino a Calcinato dov’era custodita una grande quantità di prodotti
privi di istruzioni in lingua italiana e sprovvisti di delle
prescrizioni per un corretto utilizzo. Una gran quantità del materiale
sequestrato è composto da articoli di cancelleria pronti per essere
utilizzati a scuola da bambini e studenti. L’acquisto di prodotti non a
norma può comportare rischi per la salute e la sicurezza, anche a causa
della scarsa qualità. Oltre agli articoli di cancelleria, la Guardia di
Finanza ha sequestrato anche piccoli elettrodomestici ed accessori per
la cura della persona. Il titolare della società è stato denunciato per
il reato di frode nell’esercizio del commercio.
SENZA CODICE
made_in_china ORRORI DIETRO UN' ETICHETTA
Immagine
Spesso quando cerchiamo di spiegare e di spiegarci il basso costo di
tutta la merce proveniente dalla Cina come scarpe, occhiali, vestiti,
giocattoli, ci accontentiamo delle semplici risposte date dai media:
ore di lavoro raddoppiate rispetto agli operai Italiani, sfruttamento
del lavoro minorile, salari minimi; purtroppo però non è tutto qui,
dietro i costi abbattuti del “made_in_china” ci sono storie di torture,
omicidi, espianti e traffici d’organi illegali ed abusi contro la
dignità umana che riguardano milioni di persone, dietro tutto questo
c’è la storia dei Laogai.
La parola Laogai in cinese vuol dire “riforma, rieducazione attraverso
il lavoro”.
I Laogai sono dei veri e propri campi di concentramento sui cui si basa
il sistema carcerario cinese, il campo al suo interno racchiude diverse
sezioni, ma non è solo una semplice galera.
In Cina infatti per reati “minori” si può essere rinchiusi per 3 anni
senza nessun tipo di processo, è la polizia a decidere la gravità di
questo tipo di reati: violazioni come parlare a favore della
democrazia, mostrare idee politiche in conflitto con il regime o
semplicemente appartenere ad una minoranza etnica o religiosa (come
Mongoli e Tibetani), vengono severamente punite.
Una volta rinchiusi i dissidenti devono confessare le proprie colpe e
giurare fedeltà al governo; le confessioni vengono quasi sempre estorte
con metodi disumani come l’uso del bastone a scossa elettrica, frusta o
manganello, una volta “confessato” il proprio crimine, comincia la vera
e propria riabilitazione attraverso il lavoro, o perlomeno così viene
chiamata dai rappresentati del regime comunista cinese.
Ai detenuti vengono assegnate delle “quote” cioè una quantità di
oggetti da produrre o lavori da svolgere in un giorno (si lavora dalle
16 alle 18 ore al giorno); lavori come assemblare giocattoli, cucire
vestiti o peggio lavorare in miniere dove si esalano gas tossici senza
nemmeno la minima protezione. Se il detenuto non riesce a svolgere per
tempo la sua “quota” , la razione di cibo diminuisce senza possibilità
di appello.
In che modo il mercato occidentale è collegato con i Laogai?
E’ tanto semplice quanto allarmante, un esempio pratico può essere
un’azienda o un’industria occidentale (es.moda, oggettistica, tessile)
che commissiona ad una società di import-export cinese una quantità di
materiale da lavorare, assemblare o finire, soltanto che tutto questo
lavoro viene svolto servendosi degli operai rinchiusi nei campi, a
nessun costo, se non quello delle eventuali materie prime.
In Cina per legge non si può rimanere rinchiusi per più di 3 anni senza
un processo; ma molto spesso, per non diminuire la forza lavoro, alcuni
detenuti che hanno già scontato la pena vengono considerati “non
completamente riabilitati e non idonei alla società” , quindi la
detenzione nei campi viene prorogata.
Ma tutto questo non basta, le atrocità più cruente vengono commesse
contro i condannati a morte, in Cina ci sono 60 reati per cui si può
essere giustiziati ( le esecuzioni capitali avvengono con una frequenza
impressionante), una volta giustiziati si procede all’espianto degli
organi: reni, cornee, cuore, tutto destinato alla vendita negli
ospedali militari, per legge in Cina chi riceve un organo non può
chiederne la provenienza, né tanto meno i parenti del condannato
possono vedere il cadavere, perché sempre per legge i corpi vengono
cremati, cancellando così ogni traccia di misfatto.
La copertura usata fino ad ora dal governo è che: “ogni espianto è
autorizzato dai condannati a morte”, cosa difficile da credere visto
che in Cina il corpo è considerato sacro, quindi intoccabile anche dopo
la morte.
Per ogni giustiziato a cui vengono “presi” gli organi un soldato riceve
40 dollari di premio.
Wang Guoqi, un medico militare cinese dei Laogai, fuggito negli Stati
Uniti ha confessato al noto quotidiano Guardian che illegalmente ai
giustiziati veniva prelevata subito dopo l’esecuzione anche la pelle,
destinata poi alle industrie cosmetiche europee e che un rene valeva
fino a 30 mila dollari, lo stesso Wang Guoqi ha ammesso di aver preso
parte ad un centinaio di espianti non autorizzati.
Le storie che trapelano dai dissidenti fuggiti dai campi sono
tantissime, come le violenze da parte dei soldati verso i rinchiusi:
molte donne vengono stuprate, e per quelle che dovessero avere una
gravidanza concepita dallo stupro, l’aborto forzato con metodi
rudimentali, anche all’ottavo mese.
Oggi, il nemico giurato dei Laogai si chiama Harry Wu: detenuto per 19
anni nei campi di concentramento solo per aver manifestato le sue
simpatie per la democrazia. Harry Wu, ora è cittadino americano ed ha
fondato la Laogai Research Foundation, un’organizzazione no-profit che
divulga e fa conoscere al mondo questa orribile realtà. Per anni Harry
Wu ha viaggiato tra Cina e Stati Uniti con la copertura di diplomatico
o imprenditore per indagare e provare quale fosse l’effettiva
provenienza delle merci cinesi.
Tra le varie campagne in atto dalla Laogai Research Foundation c’è
quella di boicottare prodotti che riportano l’etichetta “Made in
China”, anche se come dice lo stesso Wu: “il problema è che molti di
questi articoli lavorati nei campi riportano marchi europei o
statunitensi”. Sempre Harry Wu propone di ostacolare questo tipo di
commercio, non acquistando merci facili da identificare e da isolare
,come i giocattoli, e facendo conoscere questa situazione anche ai
propri governi attraverso lettere e petizioni.
Sapere con precisione il numero dei Laogai è impossibile, perché il
governo li nasconde o li chiude per poi aprirne di nuovi in luoghi e
province diverse, depistando così organizzazioni per la difesa
dei diritti umani come Amnesty International o Human Rights Watch, si
stima che attualmente ci siano più di 1000 campi e circa 6 milioni di
detenuti.
In Italia siamo bombardati di notizie che parlano delle nuove economie,
di come, a lungo andare le nuove industrie tessili orientali
distruggeranno le nostre piccole imprese, della concorrenza spietata e
delle proposte del governo di mettere dazi alla nuova imprenditoria
cinese; quello che noi
conosciamo però, è soltanto una facciata dell’economia di una nazione
che sta basando tutto il suo potere sulla privazione di un diritto che
a nessun essere umano dovrebbe essere mai negato, la dignità.
Angelo Calianno.
made_in_china
made_in_china
made_in_china Lo troviamo scritto su moltissimi degli oggetti che
utilizziamo tutti i giorni, è un’etichetta che ci informa della
provenienza di quei prodotti. Lo stesso tipo di indicazione, riferita
però a un altro luogo, è stata ritrovata su un manufatto orientale che,
per secoli, è rimasto sul fondo del Mar di Giava per poi essere
riportato alla luce negli anni ’80. Ora nuovi metodi di analisi hanno
permesso agli scienziati di raccontare la storia di questa ceramica.
Più di trent’anni fa alcuni pescatori trovarono il relitto di una nave
nel Mar di Giava, al largo della costa indonesiana. Probabilmente,
secoli prima, quel mezzo di trasporto era affondato, portando con sé un
carico costituito da migliaia di ceramiche e beni di lusso destinati al
commercio. Per molto tempo gli archeologi si sono dedicati allo studio
di questo tesoro, per capire provenienza e destinazione
dell’imbarcazione. Come primo indizio una specie di etichetta, simile
all’attuale “made_in_china”, una iscrizione che conteneva l'indicazione
"Jianning Fu" su un pezzo di ceramica, per cominciare a capire in quale
periodo della storia cinese si posizionasse il naufragio.
Il contenuto della nave doveva essere stato prodotto a Jianning Fu, un
distretto governativo cinese che, dopo l’invasione dei Mongoli - nel
1278 - fu riclassificata come Jianning Lu. La piccola modifica del nome
ha permesso agli archeologi del Field Museum di Chicago, che si
occupano di questo ritrovamento, di stabilire un termine ante quem per
l’affondamento dell’imbarcazione, sicuramente antecedente alla seconda
metà del XI secolo.
Per potere ottenere informazioni cronologiche più precise si è passati
alla datazioni. Non essendo possibile applicare la termoluminescenza a
causa del luogo di ritrovamento dei reperti (l’acqua non è amica di
questo tipo di analisi), gli scienziati hanno adoperato il
radiocarbonio per ricavare l’età di zanne di elefante (usate in ambito
medico), incensi e resine presenti nel carico trasportato.
Le prime datazioni attestavano un’età compresa tra 700-750 anni ma le
nuove tecniche analitiche adoperate, i cui risultati sono stati
pubblicati sul Journal of Archaeological Science: Reports, dimostrano
che il relitto è, in realtà, più vecchio: le nuove datazioni mediante
Carbonio-14, insieme all’analisi stilistica delle ceramiche e alla
collaborazione con esperti dell’Estremo Oriente, hanno permesso agli
studiosi di affermare che l’imbarcazione è affondata 800 anni fa.
Una “piccola” differenza di età che però, in quel dato periodo storico,
diventa cruciale per raccontare un frammento di storia cinese. Lisa
Niziolek, archeologa e autrice dell’articolo, ha spiegato che in quegli
anni i mercanti cinesi avevano iniziato a sfruttare le rotte marittime,
divenendo più legati a quest’ultime rispetto a quelle continentali
della Via della Seta. L’affondamento della nave risale, quindi, a
un’importante fase di transizione. In questo caso un’etichetta, simile
all’attuale - spesso disprezzata - dicitura ”made_in_china”, ci ha
aiutato a scoprire parte dell’affascinante storia della civiltà
orientale.
Immagine di copertina: base di un recipiente in ceramica recuperata dal
relitto del Mar di Giava con una iscrizione in cinese che fa menzione
di un luogo, Jianning Fu, databile tra il 1162 e il 1278 a.C. Credits:
(c) The Field Museum, cat. no. 344404. Photographer Gedi Jakovickas
Sequestrati un milione di giochi pericolosi made_in_china
L'operazione è partita nel maggio scorso quando i finanzieri fecero un
controllo in un negozio di un cinese nel pescarese
Redazione
di Redazione
- 20 Luglio 2018 alle 20:43
Sequestrati un milione di giochi pericolosi made_in_china
Foto ANSA
Oltre 1,2 milioni di giocattoli sequestrati per un valore di 5 milioni
di euro, cinque denunciati, quattro cinesi e un bengalese, per
contraffazione di marchi e frode in commercio; nove tra italiani e
cinesi i segnalati alle rispettive Camere di Commercio, colpiti da
sanzioni amministrative per 225 mila euro. Questi i numeri di
un'operazione svolta martedì dai finanzieri del Comando Provinciale di
Pescara, nel settore della sicurezza dei prodotti in commercio e del
contrasto alla contraffazione.
L'operazione è partita nel maggio scorso quando i finanzieri fecero un
controllo in un negozio di un cinese nel pescarese, sequestrando 450
articoli fra cui pasta argillosa modellante, chiamata 'Funny Gummy'
sulla quale non c'era nessuna indicazione della composizione chimica,
non compatta, quindi modellabile e potenzialmente pericolosa per i
bambini.
Da questo controllo è scaturita l'indagine che ha portato ad
individuare diversi punti di distribuzione dei giochi pericolosi in
Abruzzo, Campania, Lazio e Puglia.
made_in_china
A essere esposti nei corridoi dell’Ospedale di Sassuolo, in un mese
tradizionalmente legato ai doni e ai bambini come Dicembre, saranno i
giocattoli ‘made_in_china’ raccolti dal poliedrico artista Marco
Bertin. Una mostra davvero sui generis, spettacolare e colorata, che
porta i visitatori a riflettere sulla necessità di sviluppare una
maggior consapevolezza critica verso i consumi, e la forza e persuasiva
del marketing moderno.
“Guardare questi giocattoli come opere d’arte, trattarli come tali, può
essere un modo per educare se stessi e le nuove generazioni –
suggerisce Marco Bertin – a una maggior consapevolezza nei confronti
dei continui stimoli che riceviamo a “consumare”, il mio obiettivo è
attirare l’attenzione del visitatore sui limiti del consumismo,
analizzando in modo critico le conseguenze che il marketing (motore di
questo modello economico) può comportare”. La mostra appartiene ai
progetti del movimento arte etica ed è organizzata da Artantide.com
gallery e curata da Sandro Orlandi Stagl per l’ospedale sassolese.
“Agire con responsabilità e attenzione ai temi sociali sono una
caratteristica indispensabile che ogni artista coltiva per appartenere
al movimento arte etica, protagonista del progetto biennale di 8 mostre
organizzate da Artantide a sassuolo” – ricorda Paolo Mozzo presidente
di Artantide. “Marco Bertìn ha lavorato a questo progetto negli ultimi
5 anni e il suo impegno è ancora in pieno svolgimento; raccoglie e
acquista infatti tutti gli oggetti che rappresentano le più importanti
simbologie occidentali (religiose, sociali, ludiche e commerciali), ma
che sono costruiti in Cina: proprio da qui nasce il titolo della
mostra, “made_in_china”.
L’utilizzo dei giocattoli, mette in evidenza come le strategie del
marketing siano sempre più aggressive anche con bambini e ragazzi,
abituandoli a desiderare sempre nuovi oggetti in modo acritico. La
scelta di oggetti ‘made_in_china’ stigmatizza inoltre un modello di
sviluppo che, anche quando si propone di dare felicità e spensieratezza
(attraverso i giocattoli ai bambini) nasconde un meccanismo che produce
infelicità. Infatti gli operai cinesi, protagonisti passivi della
produzione a basso costo, vengono scelti per la convenienza dei costi,
imponendo loro di costruire oggetti che non rappresentano in nessuna
maniera la loro cultura e che non offrono, nessuna soddisfazione nel
lavoro.
La mostra a Sassuolo, tra l’altro, propone un grande polittico di 32
metri quadri, alcune fotografie e un’originale installazione oltre a
decine di opere realizzate da Bertìn scegliendo alcuni dei giocattoli
modificati e trasformati in piccole opere d’arte, tutte esposte da
giovedì 14 dicembre 2017 e fino al 16 febbraio 2018.
I materiali della mostra
Il Mercato Creativo – Bertin
Biografia
Marco Bertìn nasce in Italia nel 1954. Figlio d’arte, inizia a esporre
come pittore surrealista all’età di sedici anni. Dopo gli studi
artistici, di giornalismo e di antropologia culturale, abbandona la
pittura per dedicarsi all’arte concettuale. Tra il 1975 e il 1980
realizza opere di grandi dimensioni di land art e performance di body
art e inizia ad usare lo strumento fotografico per documentare i propri
interventi.
Con l’avvento della transavanguardia, che proclamava il ritorno all’uso
del pennello, la prospettiva anacronistica di ricominciare a dipingere
lo spinge a interessarsi alla fotografia artistica. Studia la storia
della fotografia e il linguaggio dei grandi maestri dell’obiettivo.
Insegna all’Accademia e inizia la sua ricerca fotografica personale.
Dopo oltre vent’anni di attività, durante i quali realizza sette libri
e numerose altre pubblicazioni, ritorna al suo mai rinnegato amore per
l’arte contemporanea.
Facendo tesoro dell’enorme esperienza tecnica acquisita durante il
periodo fotografico inizia a realizzare opere fotografiche di grandi
dimensioni utilizzando il linguaggio dell’arte contemporanea, ma con un
valore estetico aggiunto. Come dichiara l’artista stesso: “Le mie
immagini non sono documentazione di un’azione, ma opere in se stesse.”
Espone nel 2012 in mostra personale al Museo Lissone, e viene scelto
per tutte le 4 edizioni della Biennale Italia – Cina, a Monza nel 2012,
a Pechino nel 2014 e nel 2016 e a Torino/Vercelli nel 2015. Nel 2013
espone alla collettiva “Pianeta Cina” a Palazzo Te a Mantova.
made_in_china
MADE IN
China
| 2012
36
D
a decenni “Cina” e “lavoro” sono un bi-
nomio inscindibile agli occhi dell’opinio-
ne pubblica occidentale. Storie cinesi di
salari da fame o addirittura non pagati, incidenti
sul lavoro, licenziamenti di massa, proteste opera-
ie sono state riportate con regolarità dalla stampa
internazionale, contribuendo alla pessima fama di
quella che è stata definita la “fabbrica del mon-
do”. Eppure, ciò che colpisce maggiormente l’os-
servatore non è tanto la diffusione dei fenomeni di
sfruttamento in Cina, quanto piuttosto il fatto che
essi accadano a dispetto della retorica dello Stato
cinese sulla necessità di tutelare i diritti dei lavo-
ratori. Di fatto, sono ormai quasi vent’anni che le
autorità cinesi hanno avviato un’opera legislativa
finalizzata alla costruzione di un corpo giuslavori-
stico che non ha nulla di invidiare a quelli di tanti
paesi occidentali, accompagnandola ad una costan-
te attività di propaganda mirata a promuovere la
conoscenza di leggi e regolamenti tra i lavoratori.
Come spiegare dunque il paradosso di uno Stato
che da un lato invita i lavoratori a “servirsi dell’ar-
ma del diritto” (
yi falü wei wuqi
) e dall’altro tol-
lera l’esistenza di violazioni diffuse di quelle stesse
leggi che ha contribuito a creare? Come concilia-
re i discorsi contrastanti che descrivono le autori-
tà cinesi alternativamente come garanti dei diritti
dei lavoratori di fronte al capitale internazionale
e come responsabili della compressione di salari e
diritti al fine di attrarre investimenti? Per azzarda-
re una risposta a queste domande è necessaria una
riflessione su quello che è stato il processo che ha
portato alla nascita del diritto del lavoro in Cina,
nonché sulla questione della percezione del diritto
da parte dei lavoratori cinesi. Solamente in questo
modo si capirà come il diritto del lavoro in Cina
più che un’arma al servizio dei lavoratori si riveli
uno strumento nelle mani dello Stato, il quale se ne
serve ai fini del rafforzamento della legittimazione
politica e del mantenimento della stabilità sociale.
Un discorso ufficiale sui diritti dei lavoratori
ha iniziato ad emergere in Cina nella prima metà
degli anni Ottanta, sull’onda del boom del setto-
re privato e dell’introduzione del sistema dei con-
tratti di lavoro. Fino ad allora i lavoratori cinesi,
per lo più dipendenti di imprese statali e collettive,
si erano trovati ad agire nel contesto delle “unità
di lavoro” (
danwei
), strutture che, detenendo un
monopolio pressoché assoluto sull’erogazione del
welfare nell’ambito di un modello occupaziona-
le a vita – la cosiddetta “ciotola di riso di ferro”
(
tiefanwan
) – fungevano da strumento di controllo
sociale, ponendo i lavoratori in un rapporto di sud-
ditanza nei confronti dello Stato. In questa situa-
zione, la retorica ufficiale ruotava non tanto attor-
no al concetto di “legge” (
falü
) e “diritti” (
quanli
),
quanto piuttosto ad una presunta titolarità dei la-
voratori nei confronti dello Stato e dei suoi asset,
una nozione racchiusa nel termine
zhurenweng
,
letteralmente “senso di padronanza”, un principio
radicato nello spirito rivoluzionario del Partito
Comunista e ancora oggi incastonato all’articolo
42 della Costituzione cinese, lì dove si legge che:
Il lavoro è un dovere glorioso per tutti i cit-
tadini che ne abbiano le capacità. I lavoratori
delle imprese statali e delle organizzazioni eco-
nomiche collettive in città e campagna, hanno
il dovere di comportarsi verso il proprio lavo-
ro con l’atteggiamento di padroni dello Stato.
Con la riforma del lavoro e la rottura della cio-
tola di riso di ferro alla metà degli anni Novanta,
quella che fino a quel momento poteva a buon di-
ritto essere definita una vera e propria classe ope-
raia ha vissuto un processo di rapida frammentazione
#la Cina Sognando la Cina Cerca su la Repubblica.it Homepage - La
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made_in_china
Se pensiamo alla Cina ci potrebbe venire in mente il classico "made in
China". Da sempre la Cina occupa un ruolo importante nell'economia
mondiale, ma oggi più che mai si sta affermando in vari tipi di
mercato. Durante il regime comunista, infatti, l'economia cinese non
era rose e fiori, ma in breve tempo è riuscita a risollevarsi per poi
diventare una potenza mondiale. La Cina sta cercando di innovarsi anche
da un punto di vista ecologico, poichè 1,379 miliardi di persone
producono molto inquinamento. La storia di questo Paese è ricca di
contenuti e di tradizioni che noi Italiani comprendiamo e conosciamo
solo in piccola parte. Infatti se chiedi all'Italiano medio cosa
conosce della Cina, probabilmente ti risponderà che ha molti abitanti,
si fanno gli involtini primavera e che in Italia la comunità cinese
possiede molti bar e ristoranti. La cultura e le tradizioni cinesi mi
hanno sempre affascinato, un po' meno il modo in cui è organizzata la
politica. In un Paese dove internet e tutti i social network sono
controllati dallo Stato è difficile comunicare con il mondo esterno. Il
governo cinese in questo modo può filtrare tutte le informazioni,
mostrandoci solo ciò che vuole. Inoltre la Cina è stata anche
protagonista di uno sterminio di massa di bambine femmine, causato da
una legge che prevedeva che ogni coppia cinese potesse avere solo un
figlio. Per una coppia cinese avere una figlia è considerata quasi un
maledizione,perché per una famiglia cinese avere una sola femmina
significa vedere la propria dinastia estinguersi. Ciò ha causato molti
problemi dato che i maschi all'interno della popolazione sono tanti,
mentre le donne sono poche. Di certo se si vogliono scoprire le
ricchezze di un Paese l'unica opzione valida è preparare la valigia e
partire. Forse è anche questo che ci affascina, ovvero non sapere tutto
di un posto, ma essere pronti a viaggiare per scoprire quali
opportunità e misteri ci aspettano a 7.562 km di distanza.
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La tua idea della Cina
#publisher ProfessioneFinanza LE AZIENDE GIAPPONESI??? ORAMAI MADE IN
China.
LE AZIENDE GIAPPONESI??? ORAMAI made_in_china
Sempre piu’ di frequente le aziende giapponesi riempiono la lista della
spesa delle societa’ cinesi. Se la tendenza sara’ confermata, alla fine
del 2010 piu’ di 30 aziende avranno ceduto la loro proprieta’ ad
acquirenti cinesi. Il numero e’ stato di venti lo scorso anno, otto nel
2007, due nel 2004. Si tratta dunque di una scalata impressionante,
anche se la base di partenza era molto ridotta. Le transazioni hanno
trasferito alle ex proprieta’ nipponiche 2 miliardi di Yen nel 2004 e
17 nel 2009. Attualmente la Cina e’ responsabile del 27% di tutte le
M&A in Giappone. Sebbene non ancora ratificata, l’ultima operazione e’
probabilmente la piu’ eclatante. La Ruyi, il gigante tessile dello
Shangdong, ha raggiunto un accordo per l’acquisto del 41% della Renown,
diventandone di conseguenza il maggior azionista. L’azienda giapponese,
che l’anno scorso ha venduto la storica azienda inglese Aquascutum, ha
bisogno di capitali, di ridurre i costi, di crescere, possibilmente in
nuovi mercati. La Cina appare la soluzione a portata di mano, seppure a
costo della cessione di una quota di proprieta’ significativa.
L’investimento e’ il primo nell’industria tessile-abbigliamento in
Giappone. Se ne erano tuttavia verificati altri in settori differenti.
La BYD, societa’ elettrico/automobilistica cinese, dove Warren Buffett
vanta una quota del 10%, ha acquisito un fornitore giapponese di
stampi. La Suning, una catena cinese di distribuzione di
elettrodomestici, ha acquistato la maggioranza della Laox, un ex
concorrente giapponese.
L’obiettivo e’ stato duplice: riorganizzare i negozi nelle metropoli
nipponiche ed aprire nuovi punti vendita in Cina, sotto il nome
prestigioso di Laox. Al di la’ dei nomi piu’
famosi, le maggior parte delle acquisizioni coinvolgono piccole a
aziende con importi finora limitati. Gli imprenditori cinesi non
appaiono interessati al mercato giapponese, stagnante e malato di
eccesso di capacita’ produttive. Ambiscono invece ad acquisire la
tecnologia ed
il management dei quali sono ancora debitori. Si tratta per loro di
dare maggiore qualita’ ad una base produttiva giu’ consolidata. Per le
aziende giapponesi, alle prese con consumi lenti ed una popolazione
anziana, i capitali cinesi sono ossigeno e le nuove partnership
rappresentano la promessa di dinamismo. Sembra dunque prevalere il
pragmatismo che fa giustizia, progressivamente, delle tensioni storiche
tra i due paesi. Le ferite dell’occupazione giapponese e della seconda
guerra mondiale non sono rimarginate e l’animosita’ politica ne
amplifica gli effetti. Il mondo degli affari sperimenta altre direzioni
e trova la sua autonomia per affermarsi. Gia’ dal 2007 la Cina e’ il
principale partner commerciale del Giappone. Quest’ultimo e’ il primo
fornitore ed il terzo cliente per la Cina. Ora la tradizionale ritrosia
del Sol Levante ad aprire la proprieta’ delle sue aziende sembra messa
alla dura prova dalla crisi e la Cina appare un partner credibile
perche’, al di la’ delle differenze, presenta contemporaneamente
capacita’ di acquisto e margini di crescita.
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SIUF, la lingerie made_in_china
Folla di entusiasti visitatori professionali all’ultima edizione del
salone SIUF di Shenzhen, dedicato a tutta la filiera produttiva
dell’intimo.
Josef Frank ha esaminato l’intera vetrina dei prodotti molto
attentamente. Era la prima volta che partecipava a SIUF, il salone di
lingerie che si svolge nella città cinese di Shenzhen.
Nonostante la sua ampia esperienza nel visitare trade fair sia in Asia
che in Europa in qualità di membro del consiglio d’amministrazione del
produttore tessile tedesco Taubert Textile, questa volta è rimasto
letteralmente elettrizzato sia nel vedere l’enorme folla di visitatori
sia l’impressionante numero di marchi che vogliono essere presenti a
quella che è la più grande fiera di lingerie della Cina.
“Ho incontrato un sacco di buyer di primo piano al nostro stand,
persino il responsabile acquisti di Aimer, il secondo brand di intimo
cinese”. In Cina il settore intimo è in pieno boom, con un fatturato
che entro il 2017 raggiungerà i 25 miliardi di dollari. Organizzato da
“Shenzhen Shengshi Jiuzhou Exhibition” e per gli aspetti operativi dal
Tarsus Group il salone congiunto “China (Shenzhen) International Brand
Underwear Fair & Shenzhen International Underwear OEM/Materials and
Fabrics Fair”, conosciuta nella forma abbreviata SIUF, la più influente
fiera asiatica del settore, ha ospitato nel corso della sua ultima
edizione, l’undicesima, 825 espositori e 105.600 visitatori
professionali provenienti da 27 paesi del mondo, in una carrellata che
ha visto riuniti sotto lo stesso tetto il prodotto finito e la macchina
per realizzarlo.
Ma SIUF è qualcosa di più di una semplice fiera di settore: ospita ad
esempio numerosi premi inclusi i Kingcratf Awards, i riconoscimenti
assegnati dai distributori più autorevoli. La prossima edizione si
svolgerà dal 19 al 21 aprile 2017 sempre a Shenzhen e lancerà una hall
internazionale dedicata a quattro settori: tra questi i padiglioni che
ospitano le delegazioni estere, i marchi, i tessuti e gli accessori, e
la sala meeting per il B2B.
Un'Inter made_in_china Suona strano, ma si può. Ormai sono mesi che
spulciamo tutti i dettagli del canale diretto con l'Oriente, la nuova
via di casa Inter. Una via battuta già anni fa e diventata bollente
negli ultimi mesi. Il viaggio di Massimo Moratti a Pechino per il
discorso stadio, l'incontro con Meng Fengchao della China Railway
Construction. E adesso, la realistica prospettiva di un'entrata in
società con quote dedicate (naturalmente in minima parte) di azionisti
e investitori cinesi. Il progetto esiste, è realistico. Ma naturalmente
futuribile. Moratti non ha mai chiuso la porta a questa prospettiva,
anzi. Si va sempre più verso un'apertura, perché in Cina hanno fame di
investimenti nel calcio (Drogba e Lippi, due costosi esempi recenti) e
il progetto stadio potrebbe concretamente allargarsi anche a un
ingresso in società.
Un discorso ancora da affrontare nei dettagli specifici, ma che
rientrerebbe in un'ottica futuribile. In linea o di poco successiva
rispetto ai tempi di progettazione e costruzione definitiva dello
stadio di proprietà, ovvero oltre il 2015. Ma Massimo Moratti ci sta
pensando, perché il discorso rientrerebbe in quello legato al Fair Play
Finanziario: investimenti più sani per un'Inter con un bilancio in
regola, autogestita e determinata a puntare sui propri giovani senza
rinunciare a spendere, ma con razionalità e conti a posto. Perché qui
si ride e si scherza, ma mentre il Paris Saint-Germain tra poco
arriverà a comprare anche la Luna, sono falliti i Glasgow Rangers. Non
proprio una società dilettantistica. L'idea è quindi di avere nel giro
dei prossimi anni un'Inter sana, con i conti in regola, uno stadio di
proprietà che garantisca entrate e movimento di marketing, e magari
azionisti esteri che possano aiutare. Massimo Moratti vuole consegnare
al figlio Angelomario una società a posto. Il progetto del futuro è
questo, l'Inter dei Moratti, più avanti di Mao (guarda caso, con la
Cina qualcosa ha a che vedere...), senza problemi di natura economica.
Per il bene dell'FC Internazionale.
A proposito di Paris Saint-Germain, di conti in tasca e di vivaio.
Mentre l'Inter pesca la vincente tra Hajduk Spalato e Skonto (rispetto
massimo, ma si deve passare il turno) con il quasi obbligo di arrivare
più in fondo possibile in Europa League per coprire la perdita da 30
milioni della mancata Champions, ormai Mino Raiola si allontana sempre
più dall'Italia. Anche Zlatan Ibrahimovic lo ha portato via, Robinho
non ancora, Ely e Innocenti in prestito: il Milan lo sta tirando fuori
dai propri progetti, come fece l'Inter qualche anno fa, sbarazzandosi
oltre che di Maxwell e Ibra prima, anche di Balotelli e Kerlon Foquinha
(!) poi. Eppure, per Mino con l'Inter non è ancora finita. Perché nella
Primavera scudettata nerazzurra che si è riunita da poco agli ordini di
Bernazzani c'è anche Adama Guidiala: attaccante, classe '95, proprio
Raiola lo definisce il nuovo Balotelli e lo ha nella propria scuderia
dopo che Casiraghi (sempre lui) lo ha scoperto per l'Inter. Nel giro
dei prossimi anni (forse non già quest'anno in Primavera, si valuterà)
potrebbe esplodere, con Raiola il rapporto si è rasserenato da qualche
tempo, seppur con la consapevolezza che certe operazioni sono ormai
inarrivabili. Occhio però a Guidiala, perché se Balotelli fu preso con
un colpo di coda di Ibra - chiamò Raiola, gli segnalò SuperMario e il
buon Mino arrivò lesto a prenderselo -, adesso l'Inter dovrà gestire e
proteggere il proprio talento. E potrebbe non essere l'unico. Insomma,
con Raiola - l'uomo del momento - non è ancora finita.
È del tutto finito, almeno per adesso, il giochino delle società che
corteggiano Andrea Ranocchia. Non tutte come il Torino che lo ha
chiesto con cortesia e con altrettanta gentilezza ha sentito rispondere
'no, grazie'. Perché Antonio Conte lo ha corteggiato via sms per la sua
Juventus puntando sui tempi di Arezzo. E lì è arrivata la prima
chiusura netta dell'Inter. Negli ultimi giorni l'idea è passata per la
testa del Milan, a stretto contatto con Tullio Tinti, agente del
difensore umbro ormai di casa in via Turati. L'Inter però si è fatta
sentire ancor prima che al Milan venisse in mente di sondare
concretamente il terreno: Ranocchia si è presentato in ritiro in
formissima, con una voglia di spaccare il mondo senza precedenti. E
Stramaccioni ha deciso di tenerlo e puntarci. È la sua grande
occasione. Naturalmente, tutto però ha un prezzo: se arrivasse uno
sceicco con 18 milioni se ne parlerebbe. Non di certo intenzioni valide
per Juventus e Milan. Parole, non fatti. Parole fastidiose, uno strano
assedio fumoso. E a proposito di sceicchi, è naturale pensare proprio
al Paris Saint-Germain: per adesso, Ancelotti si gode Alex-Thiago
Silva, la sua coppia dei sogni, e tiene Sakho prima alternativa.
L'Inter è ben felice e si tiene Ranocchia. Vale anche per Sneijder,
solo voci russe. E da parte sua una voglia di mettersi a disposizione
quasi inedita dal 2010 a oggi. "Con sms, voci e idee non si comprano i
giocatori", direbbe Mourinho. Magari, tra qualche anno glielo
spiegheremo anche in cinese...
#CineTeatro "La Provvidenza" Feed CineTeatro "La Provvidenza" Feed
dei commenti CineTeatro "La Provvidenza" made_in_china Napoletano
Feed dei commenti Ammore e malavita Emoji
CineTeatro "La Provvidenza"
made_in_china Napoletano
Regia: Simone Schettino
Durata: ’97
Nazionalità: ITA
Genere: Commedia
Vittorio Capece è il proprietario di un negozio di giocattoli che non
vende più nulla perché di fronte a lui si è installato un concorrente
cinese, Pask Lee, che gli porta via tutti i clienti vendendo
“spazzatura” senza rilasciare scontrini. Furibondo contro il rivale,
Vittorio si rivolge prima alla Banca Rella (sic) che gli nega qualsiasi
aiuto, poi allo zio Antonio, contrabbandiere da generazioni, pronto ad
inserire il nipote nel suo “giro d’affari”. Ma Vittorio “non è portato
per l’illegalità” e rifiuta l’incarico offertogli dallo zio. Quando
però Pask Lee passa il segno, Vittorio decide di rapinargli il negozio
con l’aiuto della sua improbabile banda di amici, fra cui figurano un
commercialista incapace, due anziani confezionatori di proverbi senza
capo né coda, e un parassita che non pensa ad altro che a mangiare.
Ed è da questo spunto, ovvero la paura e la rabbia che la crescita
della presenza cinese nel nostro Paese genera in molti concittadini,
che prende le mosse la sceneggiatura di made_in_china napoletano,
ideata, scritta, diretta e interpretata dal comico Simone Schettino,
membro del cast della trasmissione televisiva Made in Sud. Questa
concentrazione di tutti i ruoli nelle mani di una sola persona, per di
più esordiente al cinema, è la fonte dei molti problemi che gravano su
una commedia surreale improbabile e stereotipata nelle sue numerose
caratterizzazioni “etniche” (campane come cinesi). Il cast di supporto,
che comprende commedianti di consumato mestiere come Maurizio Mattioli
e Tosca D’Aquino, Rosaria D’Urso e Tommaso Bianco, non riesce a
nobilitare un copione puerile e battute (spesso incomprensibili al di
fuori dei confini campani) che sembrano più sketch da cabaret
televisivo che dialoghi cinematografici.
L’unica carta spendibile è la regia di Schettino che, nel solco dei
Manetti Bros e di una certa scuola napoletana contemporanea, fa leva
sul genere per raccontare una realtà degradata e stralunata, e mostra
un certo gusto fumettistico adatto a raccontare un mondo dalle
(non)regole tutte sue. Ma la sola regia non basta a riscattare una
storia davvero sgangherata e una serie di macchiette costantemente
sopra le righe. Le scenografie e i costumi denunciano una scarsità di
mezzi che poteva essere compensata solo da una genialità creativa
purtroppo assente dall’insieme. E il cammeo di Elisabetta Gregoraci nei
panni di Nunzia, la cameriera che ha un debole (ricambiato) per
Vittorio, non è che la glassa decorativa su una torta purtroppo mal
riuscita.
Nazionalismo made_in_china
A poche settimane dall’insediamento della nuova élite politica, esplode
il nazionalismo cinese. Il casus belli è stato l’acquisto da parte del
governo giapponese delle isole Senkaku, che in Cina vanno sotto il nome
Diaoyu, un gruppo di isolette oggetto di lunghe dispute territoriali
tra Cina, Giappone e Taiwan.
Nonostante molti siano convinti che nelle loro viscere ci sia il
petrolio, le isole non sono preziose. Nell’immaginario collettivo
cinese, però, queste sono il simbolo della dominazione giapponese. Non
a caso le manifestazioni di piazza hanno assunto dimensioni pericolose
proprio in concomitanza con l’anniversario dell’incidente della
Manciuria, che cadeva proprio ieri. 131 anni fa le truppe imperiali
giapponesi fecero saltare in aria una ferrovia cinese ed usarono questo
attentato come pretesto per invadere il nord della Cina. Da allora di
tempo ne è passato, ma a giudicare dalla reazione delle masse cinesi e
dalla decisione del governo giapponese di acquistare le isole dai
proprietari, le relazioni sino-giapponesi sono cambiate poco.
I primi a soffrire le conseguenze di questo ennesimo scontro
nazionalistico tra Cina e Giappone sono i produttori giapponesi in
Cina. Molti hanno chiuso le fabbriche per paura che venissero
attaccate. La Canon, ad esempio, ha sospeso la produzione in ben tre
impianti fino ad oggi per proteggere gli operai. La Seven & I Holding,
proprietaria della celeberrima catena 7-11, piccoli empori aperti
appunto dalle dalle 7 alle 11, ne ha chiusi un grosso numero nelle zone
più calde, come Pechino e Shanghai. Se le manifestazioni di piazza non
cesseranno è probabile che nei prossimi giorni chiuderà molti altri.
Anche le imprese cinesi sono corse ai ripari. Una grossa compagnia di
trasporti in Qingdao, ad esempio, ha suggerito ai dipendenti di non
recarsi al lavoro in macchina martedì per paura che il parcheggio fosse
attaccato dai dimostranti.
La rabbia è esplosa anche in mare, lunedì una flotta di più di mille
barche cinesi è partita alla volta delle isole in questione per
protestare contro l’acquisizione giapponese. Per ora la leadership
cinese non ha espresso alcuna opinione a riguardo, nè per calmare nè
per infuocare gli animi, e questo in fondo è un segnale negativo.
Cina e Giappone sono le due economie più grandi dell’estremo oriente ed
invece di scontrarsi dovrebbero ricucire i rapporti diplomatici. Nel
2006 e 2007 ci provarono con scarsissimo successo i rispettivi leader
politici proprio dopo un incidente simile a quello attuale. A seguito
della dichiarazione giapponese di voler concedere diritti di
sfruttamento per l’estrazione del gas naturale in acque territoriali
oggetto di disputa tra le due nazioni, 20 mila persone marciarono nelle
strade di Shanghai distruggendo e vandalizzando ristoranti e negozi
giapponesi.
Auguriamoci che la nuova leadership che si insedierà a Pechino a
novembre abbia più successo di quella attuale nel calmare gli animi
cinesi e nel conquistare quelli giapponesi.
Cuore di seta. La mia storia italiana made_in_china
di Shi Yang Shi
"Per tutto il viaggio me ne restai con la testa appoggiata al sedile.
Era la prima volta che volavo, mi facevano male le orecchie, avevo un
po' di nausea, e mi spaventavo ogni volta che l'aereo traballava. Nei
pochi momenti che ero sveglio sbirciavo verso il finestrino alla mia
sinistra e inventavo storie coi personaggi che le forme delle nuvole di
volta in volta mi suggerivano. Erano nuvole di "mian hùatàng", 'cotone
caramella', lo zucchero filato che spiluccavo, in Cina, fra le
bancarelle dei mercatini serali. Era il marzo del 1990 e, a soli undici
anni, stavo volando verso Ouzhòu, l'Europa, insieme a Marna, mia
madre..." Inizia così l'avventura di Shi Yang Shi in Italia, un mondo
sul quale ha spesso fantasticato ma che scoprirà fin da subito molto
diverso da come lo aveva immaginato. Dopo un viaggio interminabile,
infatti, il piccolo Yang, in Cina studente brillante e figlio unico
adorato di genitori benestanti, si ritrova a Milano, senza il padre,
costretto a dormire insieme a Marna su giacigli improvvisati nella
cucina di una famiglia di conoscenti, alle prese con una lingua di cui
non sa nemmeno una parola e circondato da "laowai", stranieri dagli
occhi grandi e naso grosso che si assomigliano un po' tutti. Tutto per
lui è nuovo e difficile, e dopo solo pochi mesi che sembrano però una
vita intera, i suoi sogni di bambino si sono già accartocciati l'uno
dopo l'altro di fronte alla realtà. A mano a mano che questo accade, lo
strappo che la partenza da Jinàn ha prodotto nel suo giovane cuore di
seta avanza, inesorabile e silenzioso. Perché la sua anima è divisa, in
bilico, tra la vecchia vita in Cina e la nuova in "Yìdàlì", tra vecchie
e nuove abitudini, tra la voglia di rispettare la tradizione e la
famiglia e il desiderio di affermare se stesso, realizzando i suoi
sogni. Come se dentro di lui germogliasse invisibilmente un seme
biforcuto, che non sa se svilupparsi verso l'obbedienza o la
ribellione. Nel raccontarci i tentativi fatti per raggiungere un
equilibrio faticoso quanto delicato, Yang ci trasporta nel suo mondo
multicolore di giovane cinese cresciuto in Italia regalandoci una
storia che sa essere amara, ma anche divertente e piena di speranza.
Titolo
Cuore di seta. La mia storia italiana made_in_china
18.05.2018 "Italia 4.0 - made_in_china 2025"
Un vero e proprio ITALIA 4.0 – made_in_china 2025 DAY organizzato e
promosso da MB Consulting e dall’Associazione Italy-China Link, grazie
ad un convegno altamente specializzato ed incontri B2B con le aziende
espositrici.
La nuova rivoluzione industriale 4.0 accomuna Italia (con Impresa 4.0)
e Cina (con China 2025) in una nuova era di opportunità di
cooperazione e business “io vinco tu vinci “(win-win), che possono e
devono essere colte dalla Provincia di Brescia, che con le sue
eccellenze industriali è la 1° Provincia in Europa specializzata
nell’industria della lavorazione dei metalli, nell’automazione, e nella
produzione di macchine utensili.
Infatti il
– 58,4% delle imprese manifatturiere italiane si trova nella Provincia
di Brescia
– 68,1% della manodopera specializzata del settore metallurgico e
lavorazioni meccaniche è nella Provincia di Brescia.
Verso la COOPERAZIONE WIN -WIN
Il rapporto tra imprese manifatturiere lombarde e la Cina, grazie a
China 2025, sta vivendo una nuova fase di espansione, trainata anche da
investimenti diretti cinesi nelle imprese italiane e da una migliore
cooperazione industriale e commerciale tra italiani e cinesi.
made_in_china e dintorni. Un gioco d’azzardo in un Mercato troppo libero...
1. Se il popolo non ha pane...
Scontare scenari futuri è il compito essenziale dei mercati valutari
internazionali. Prevederli con la maggiore probabilità di realizzazione
e con approssimazione temporale tutt’altro che a breve o medio termine
ma a 10, 20, 30 anni da adesso. Si tratta di calcolo “scientifico”
delle variabili di mercato, andamento dei consumi e, più in generale,
della tenuta del sistema economico. Se però le variabili diventano
“troppo” indipendenti e le cosiddette “carte in tavola” cambiano in
fretta, il processo smette di assomigliare ad un percorso,
scientificamente fondato e comprovato e assume i connotati di un bel
giro sulle montagne russe. E sulle montagne russe - si sa - gridi, stai
male, ma, di solito, ti ritrovi esattamente al punto dal quale eri
partito. Questo ultimo medio periodo è stato segnato da tre eventi in
particolare che “pesano” sul quadro economico: l’audizione della
Federal Riserve americana (Fed) sullo stato dell’economia interna ed
internazionale, l’abbandono del regime di cambi fissi da parte della
Cina; la paura, in Occidente, per altri attentati terroristici, che
condiziona il quadro politico internazionale anche alla luce di imprese
militari di occupazione imperialistica di aree geostrategiche del mondo
(Iraq, Afghanistan, etc.) che non trovano soluzione a breve termine e
costantemente vengono rifinanziate a fondo perduto. La Fed dice la sua
su tassi ed economia: se nel sistema ci sono “troppi” risparmi e questi
vengono investiti nei titoli di Stato, i governi riescono a finanziarsi
a tassi relativamente bassi. L’economia, dunque, andrebbe benissimo se
non fosse che i risparmi eccessivi sono quelli asiatici e con essi la
Cina - ad esempio! - continua a comprare senza posa titoli di stato
americani ed europei. Allora l’economia occidentale non va più tanto
bene e i relativi governi devono finanziarsi a credito, indebitandosi
ulteriormente al punto da (ri)fondare le loro stesse linee di tendenza
economica strategica sul debito internazionale e, quindi, insistere con
manovre di “aggiustamento” determinate da misure progressivamente
restrittive quanto a welfare e politiche sociali. La Fed ammette,
pertanto, che il problema potrebbe “anche” essere visto come una
carenza di consumi... Sarebbe a dire: “Se il popolo non ha pane - e né
deve averne! - che mangi brioches...”. In effetti non è proprio questa
l’espressione ufficiale, ma “l’intelligenza” politica del messaggio
americano è spaventosamente simile.
2. ...vendiamogli brioches
Ora, se lo dicessimo noi, comunisti in Occidente, anticapitalisti
dichiarati, parrebbe scontato. Succede però che, nell’annuale articolo
di Deutsche Bank, pubblicato nel 2007, si rispolvera un tale Karl Marx
e la sua teoria di “crisi da sotto-consumo”! In pratica una delle più
grandi banche d’affari del mondo utilizza uno schema interpretativo
(marxiano) ad essa - diciamo - non esattamente proprio. Davvero
sorprendente se si considera che tesi di fondo degli Istituti di
credito nazionali ed internazionali è la presunta non adeguatezza
storica delle teorie di Marx, il loro essere viziate da economicismo
positivistico arcaico e fuor di ogni lettura della modernità economica
del capitalismo riorganizzato su scala globale, il fatto di essere
“cose dell’Ottocento”! Chiaramente Deutsche Bank conclude che
l’interpretazione marxiana non è esattamente l’analisi più congeniale
all’Istituto ma tant’è... Beh, vedere Das Kapital citato nelle note a
piè pagina dell’articolo fa un certo effetto. La crisi da sotto-consumo
è una delle potenziali cause di crollo del capitalismo. Forse, in
questa fase di nuova e rinnovata instabilità del mondo, anche i
capitalisti più “ottimisti” (o ottusi...) se ne sono accorti! “Per
dirla in breve, il prodotto di un sistema si divide tra la quota che va
al lavoro (i salari) e quella che va al capitale (i profitti). I
capitalisti ingordi e rapaci fanno aumentare la loro “fetta” (i
profitti) fino al punto che i salari sono così bassi che non riescono
neanche ad acquistare tutti i beni che il lavoro produce... Il sistema
entra quindi in crisi (e a questo punto Marx prevedeva la rivoluzione).
Non sembra una descrizione accurata del modello di sviluppo attuale nei
paesi del terzo mondo? E poi, come si fa a lamentarsi che paesi del
terzo mondo come la Cina ed, in generale, il Sud-Est asiatico
risparmiano troppo?” (L. B. Ingles) Come non pensare, inoltre, alle
condizioni economiche di regioni come quelle del Mezzogiorno d’Italia,
sacche di sottosviluppo economico-sociale funzionale al mantenimento di
standard di profitto sui mercati valutari internazionali... La
soluzione è evidente per la Fed: vendiamogli brioches! Qualunque cosa
pur di non affrontare l’iniquità distributiva del sistema di redditi e
risorse. E i mercati all’inizio provano a crederci, salgono tassi e
borse ma poi tornano indietro. Nasce il sospetto che la Fed stia
facendo un gioco pericoloso, sottostimando la debolezza strutturale
delle economie occidentali e fingendo di ignorare la loro dipendenza
diretta da fonti di approvvigionamento energetico di proprietà di Paesi
non necessariamente “amici”, la Russia su tutti. Il sospetto ormai ce
l’hanno in tanti, comunisti e non.
3. La Cina s’avvicina
Intanto la Cina abbandona il regime di cambi fissi. La valuta cinese
non è più ancorata al DollaroUS ma ad un paniere di riferimento non
rivelato. La Banca Popolare Cinese fissa, dunque, le chiusure ufficiali
bilaterali alla fine di ogni giornata e il giorno dopo quelle
rappresenteranno la nuova parità centrale della banda d’oscillazione
monetaria. Tecnicamente si tratta di un sistema di parità striscianti.
Questo implica: il DollaroUS svalutato con conseguente crescita
dell’inflazione negli Usa; che la bilancia tra Usa e Cina si
riequilibrerà un po’, cioè i cinesi riceveranno un po’ meno dollari e
quindi compreranno un po’ meno titoli di stato americani; che tutti
corrono a vendere DollariUS che crolla e relativi titoli di stato per
comprare borse. Ma oltre la macroeconomia c’è la politica. Le
considerazioni da farsi sarebbero molte e diverse. La Cina sembra
cedere alle pressioni politiche dell’Occidente nel frattempo in grave
difficoltà a causa della competizione delle merci cinesi sui mercati
mondiali tanto da siglare, l’anno scorso, un accordo (a perdere!)
“d’intesa commerciale” pur di preservare varchi di mercato dalla lunga
marcia neocapitalistica cinese. D’altro canto e così facendo, la stessa
Cina ottiene anche uno strumento in più per “frenare” la propria
crescita impetuosa, allo stato insostenibile per i mercati
internazionali; a livello di sistema, il suo adeguamento ai meccanismi
economico-finanziari del mondo capitalistico fa un salto avanti
notevole - forse più importante dell’adesione al WTO - come importante
concessione verso le amministrazioni occidentali. Quale sarà la
contropartita politica?...Nei panni dei politici taiwanesi e tibetani
e, a torto o a ragione, dei loro sostenitori, forse ci sarebbe da
innervosirsi un po’... Operatori di mercato ed analisti studiano ancora
per capire l’impatto effettivo degli eventi mentre riecheggiano ancora
oggi nuove notizie in merito ai presunti attentatori alla Tube di
Londra nel 2006. I mercati sono in fibrillazione, scomposti, instabili.
Nel frattempo si sono moltiplicate, città dopo città, le simulazioni
anti-terrorismo. Simboliche certo, eppure, politicamente, molto più
inquietanti. C’è tensione, la “minaccia” è ritenuta continua, sempre
presente. E mentre il sistema anti-missile americano (il cosiddetto
scudo spaziale BMT) viene istallato in Europa Orientale tanto da
provare a “circondare” e “contenere” eventuali - ma improbabili! -
azioni aggressive di Russia e Cina, riecheggiano i sonori proclami
contro l’Occidente imperialista da parte dell’Iran dei khomeynisti di
governo che riattivano programmi di espansione e proliferazione
nucleare con l’appoggio strutturale e logistico del colosso petrolifero
russo Gazprom. Intanto, di ritorno, per la prima volta nella Storia,
proprio Russia e Cina hanno condotto, al confine dei rispettivi paesi,
manovre di esercitazione militare congiunte - con forze terrestri,
corazzate ed aviotrasportate - proprio nel momento in cui si determina,
palesemente, la dipendenza reale delle economie occidentali dalle
forniture energetiche di quei Paesi. E allora: tutti a rivendere le
borse appena comprate e a ricomprarsi i titoli di Stato occidentali
appena venduti. I mercati si rimangiano tutto l’effetto Cina. E
giungono, dai governi, manovre correttive e inviti alla prudenza ed al
“risparmio” secondo Finanziarie già, di per sé stesse, “lacrime e
sangue” per lavoratori, operai e piccoli commercianti mentre il
decentramento fiscale ed amministrativo (la cosiddetta devolution data
dal federalismo fiscale in Italia!) amplifica il divario tra flussi
monetari Nord-Sud, sanzionando la separatezza tra regioni
economicamente depresse e regioni “avanzate”. Così l’economia reale
(potere d’acquisto delle famiglie) viene erosa, piegata e spezzata
dall’economia nominale (indici statistici dell’andamento dei
mercati)... Il gioco del mercato finisce lì dove era iniziato. Tutti a
casa a pensare, valutare fatti, calcolare rischi. Negli analisti
occidentali vince la paura: cosa accadrà nei prossimi week-end quando i
mercati sono chiusi e le perdite eventuali non possono essere limitate?
Meglio vendere un po’ di borse e (ri)parcheggiare i soldi in titoli di
Stato. Sono “saggi” i mercati! Poi, ancora oggi, bombe nello Yemen,
mentre, in Medioriente, in Palestina, si radicalizzano e radicano nel
Popolo, le posizioni panarabe ed anti-occidentali, fuori e contro le
“strategie compatibiliste” imposte, per anni, dalle diplomazie
internazionali marcate Nord America... Il gioco riparte! La Cina
s’avvicina, mentre i suoi tedofori ne esportano l’immagine e il
portato. Qualche contestazione isolata e sparsa, la timida ostilità di
un Occidente sull’orlo d’una crisi recessiva. La questione è, come
sempre, riposta nei rapporti di forza. Scontare futuri scenari
dell’economia internazionale, il loro calcolo statistico e prospettico,
non è più, oggi, cosa molto semplice. Mentre la strategia del libero
mercato, non più appannaggio di un mondo che ancora oggi pretenderebbe
di esser considerato il Primo, cede il passo all’anarchia d’un mercato
“troppo” libero e oscillante, stimati analisti politici ed economisti
cominciano a pensare di voler fare un altro lavoro... Non sarebbe
meglio pianificare?...
Casa del Popolo Per l’Autorganizzazione sociale
Escalation. L'Africa invasa da armi made_in_china
Francesco Palmas domenica 22 aprile 2018
Due terzi degli Stati fanno affari con Pechino, che sta scalzando
Mosca. Malgrado i problemi di qualità, la Cina propone dispositivi “low
cost” che fanno gola ai governi locali
L'Africa invasa da armi made_in_china
È un gigante economico africano, con 180 miliardi di dollari di
profitti e oltre 10mila aziende attive. Parliamo della Cina, che sta
proiettando sul continente nero tutta l’esuberanza della sua crescita
globale, fra business, affari e diplomazia semi-armata. Pechino si
appresta a diventare infatti una sorta di braccio militare del
continente nero. Lo confermano le manovre di “soft power”, le
operazioni militari sotto l’egida dell’Onu e gli oltre sei miliardi di
dollari fatturati in vendite di armamenti. Due terzi dei Paesi africani
hanno ormai in dotazione armi cinesi, accompagnate da più di 24 addetti
militari dislocati nelle ambasciate. La crescita è impressionante.
L’ultimo rapporto dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace,
edito a Stoccolma a inizio marzo, parla chiaro. Pechino tallona ormai
la Russia come principale esportatore di sistemi d’arma complessi
all’Africa subsahariana. Fra il 2013 e il 2017 ha coperto il 27% del
mercato degli armamenti locale, contro il 16% del quinquennio
precedente. Il che significa un incremento del 55%. Malgrado i soliti
problemi di qualità, Pechino propone armi “low cost”, che fanno gola ai
bilanci contenuti dei governi africani e al formato tradizionale dei
loro eserciti. I cacciabombardieri leggeri JF-17 stanno andando a
gonfie vele. Costano la metà di un omologo occidentale. Anche i droni
made_in_china stanno fagocitando intere fette di mercato, a dispetto
delle critiche della Nigeria per gli scarsi risultati ottenuti nelle
battaglie contro Boko Haram. La Cina di Xi Jinping sta crescendo nei
servizi post vendita. Ha rivisto parzialmente la politica di
non-ingerenza negli affari interni degli altri regimi. Lo si vede
benissimo nei conflitti attuali. Le armi leggere sono vendute senza
troppi vincoli. Sono ormai diffuse a macchia d’olio sull’intero
continente. Combattono in conflitti e aree turbolente in Repubblica
democratica del Congo, Sudan, Sud Sudan e Centrafrica.
Pechino si fa beffe degli embarghi militari occidentali in Zimbabwe, in
Guinea Equatoriale e in Burundi. Non ci sono diritti umani
insormontabili alla vendita di armamenti. Un po’ come fa l’Occidente in
Yemen, Pechino sente di avere le mani libere. Sta investendo
massicciamente nella creazione dell’industria bellica africana. Ha già
dato un contributo enorme alla fondazione del complesso militare
sudanese ed etiope. In piena guerra civile, non ha battuto ciglio
nell’installare una fabbrica di armi leggere a Khartum, replicando poi
la mossa in Mali e in Zimbabwe.
Nell’ultimo Paese ha giocato un ruolo oscuro durante il golpe contro
Robert Mugabe. I suoi blindati erano presenti negli scontri, anche
perché la Cina esercita da anni una forte influenza sul paese. Guarda
caso, il primo contratto dell’era post-Mugabe non ha tardato ad
arrivare, siglato istantaneamente a fine 2017. Accorda un prestito di
153 milioni di dollari ad Harare, per modernizzare l’aeroporto
capitolino e favorire lo sviluppo del turismo.
Che cosa dobbiamo dedurne? Le manovre di Pechino sono chiare. Tutti i
contratti bilaterali per la vendita di armi fanno parte di un pacchetto
più ampio di partenariati economici e di sviluppo. Una strategia
adottata su scala continentale, almeno dal 2015, quando Xi ha promesso
un piano di investimenti da 60 miliardi dollari, che potrebbero salire
a 100. I beneficiari non si fanno troppe illusioni. Sanno benissimo che
la Cina opera per tornaconto, non per filantropia. Ma sono pragmatici e
apprezzano il fatto che abbia i mezzi finanziari delle sue ambizioni
politiche, contrariamente a partner storici come la Francia. I prestiti
e i doni sono strettamente vincolati al rientro delle risorse
investite, a tutto profitto delle aziende coinvolte. La Cina toglie con
un mano e con l’altra mitiga. Se l’impronta militare si espande
pericolosamente, si accompagna a un impegno maggiore nelle operazioni
delle Nazioni Unite, da sempre vettore e vetrina di proiezione
diplomatica. Pechino utilizza il peacekeeping anche per far addestrare
gli uomini in scenari di combattimento reali, irretendo ancor più nelle
proprie maglie i militari e le elite governative africane. È il secondo
contributore assoluto alle operazioni di pace dell’Onu. Ha 2.500 uomini
schierati in Africa, dove svolge l’80% delle sue missioni, fra Sudan
del Sud, con un migliaio di soldati; Darfur con più di 300 uomini e
quattro elicotteri da trasporto; Mali con 400 soldati e Repubblica
democratica del Congo, con un po’ meno di 250 uomini, assegnati alla
Monusco. Altra novità inedita è la presenza sempre maggiore di
personale femminile, che cresce con la cooperazione. La qualità dei
corsi di formazione per i militari dell’Africa francofona sta facendo
passi da gigante. Gli ultimi “stage” sono partiti ad agosto 2017, per
forgiare alle operazioni di pace 17 ufficiali superiori degli eserciti
di Angola, Gibuti, Kenya, Liberia, Namibia, Tanzania, Uganda, Zambia e
Zimbabwe. Un modo per divulgare le dottrine cinesi. La base di Gibuti,
attiva dall’anno scorso, sta semplificando la logistica delle
operazioni. Serve da trampolino di lancio per le evacuazioni dei
connazionali in caso di crisi e per azioni di controterrorismo,
proiezione di forze speciali e unità paracadutiste. Forze utili anche
alla protezione dei flussi di materie prime strategiche, che si tratti
del petrolio proveniente dall’Angola, dal Sudan, dal Sud Sudan e dalla
Nigeria, del platino dello Zimbabwe, della bauxite guineana, del rame
dello Zambia, del ferro mauritano e del famigerato cobalto del Congo e
dell’Africa del Sud.
Gibuti segna per la Cina la fine dell’era neutralista di Bandung. La
issa al rango di potenza militare globale, con capacità di proiezione
oltremare, in una vetrina in cui dominano, forse ancora per poco, i
francesi, gli americani e i giapponesi. Mette Pechino in condizione di
influenzare i traffici del canale di Suez, in una sorta di controllo
indiretto, già suggellato dalla relazione privilegiata con l’Egitto,
unico partner africano, insieme al Sudafrica, a godere dello status
aureo nei rapporti con la Cina. Non paga, Pechino punta a nuove
infrastrutture militari. Si parla della Namibia e della Costa d’Avorio,
ultimi arruolati alla pax sinica.
Perché la Cina punta ad espandersi. Ha già appoggi portuali in Tanzania
e lungo il litorale est-africano. Gibuti è solo una tappa intermedia
verso altri lidi, lungo l’asse per l’Africa del-l’Est, l’Africa
australe e il Maghreb, aree di gravitazione principale dei commerci
pan-africani cinesi e prime mete dei suoi investimenti diretti
all’estero. Le infrastrutture stanno galvanizzando la relazione
sino-gibutina, ben oltre i confini nazionali, con la ferrovia per Addis
Abeba, i porti container, mineraliferi e le zone franche della Djibouti
Silk Road Station, da cui si dirameranno strade, autostrade, un
aeroporto, scuole e uffici amministrativi.
Qui convergeranno i flussi di merci e capitali cinesi verso l’Etiopia,
il Sudan, forse il Kenya e gli altri Paesi del Mercato comune
dell’Africa orientale e australe, parte dei grandiosi progetti di Nuova
via della Seta. Punto di partenza di un corridoio est africano ancora
in itinere, Gibuti sarà il perno cinese fra mondo arabo, africano e
asiatico, lungo la rotta per Suez e Venezia. Anche a questo servono i
programmi oceanici della Marina cinese, in piena rivoluzione
copernicana.
made_in_china
Nella Cina continentale la professione di moderno designer industriale
prende piede a partire dai primi anni ’80, quando il paese ha da poco
avviato le riforme e cominciato ad aprirsi. È anche l’epoca in cui lo
sviluppo aziendale cinese muove i suoi primi passi. Rispetto ai
prodotti esteri simili, non esiste competitività per quelli nazionali,
per cui in Cina è stata introdotta e si è sviluppata la Concept
Creation nel Design Industriale. Nel corso degli ultimi venti o
trent’anni la Cina ha condotto una serie di politiche di apertura che
hanno creato un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo delle
aziende cinesi. Questo ha comportato ripercussioni positive anche sul
design industriale che, come professione, si può dire abbia di recente
raggiunto un certo grado di maturità. Lo stesso governo cinese ha
contribuito finanziariamente inviando la prima generazione di designer
a specializzarsi all’estero. Al loro ritorno in patria tutti hanno
insegnato nei college e, di fatto, sono loro ad aver sistematicamente
introdotto l’Idea di Industrial Design in Cina. La prima vera
generazione di designer locali si è formata negli anni ’90 e questi
giovani sono oggi attivamente impegnati tanto sul fronte aziendale
quanto su quello sociale. Il numero di college cinesi in cui i giovani
talenti del design possono formarsi è passato da 5 negli anni ’90
(Università di Hunan, di Tsinghua, di Tongji, di Jiangnan, Università
di Tecnologia di Wuhan, Accademia di Belle Arti di Guangzhou) a 300.
Oggi in Cina si laureano annualmente oltre 3000 studenti di Industrial
Design che ne vanno ad ingrossare le fila. I designer industriali in
Cina forniscono servizi alle imprese e alla società attraverso tre
modalità principali. Sono designer interni, consulenti indipendenti e
ricercatori che si occupano di insegnare design nelle scuole.
1. Designer interni alle aziende
Alla metà degli anni ’80, la maggior parte dei laureati in industrial
design si facevano assumere nei college e si dedicavano
all’insegnamento di questa materia. Verso la metà degli anni ’90 le
società hanno incominciato a inoltrare precise richieste all’industrial
design. Quindi i laureati di questo settore sono stati assunti in massa
nelle aziende e sono diventati la prima generazione di designer
interni. Le società presso le quali i giovani designer vengono
impiegati hanno solitamente tre tipi di schemi organizzativi: le prime
non hanno un reparto di design vero e proprio e le relative funzioni
sono svolte dal ricerca e sviluppo; tutti i design dei prodotti vengono
quindi affidati a terzi. Il secondo tipo di azienda è quello in cui si
ritaglia una postazione di industrial designer all’interno del reparto
di ingegneria. Il suo lavoro si limita sostanzialmente ad abbellire
l’aspetto del prodotto. Il terzo tipo è quello in cui l’industrial
design occupa un ruolo chiave all’interno dell’azienda, secondo solo a
quello tecnologico, come avviene, ad esempio, in Haier e Lenovo.
Lo Sviluppo Prodotto è un’attività sistematica che non può essere
svolta da una o due persone. Diversamente dalla creazione artistica,
che può essere compiuta da un solo artista, viene attuata da gruppi di
lavoro piuttosto che da singoli. Ora quindi parlerò del lavoro di
designer industriali interni che lavorano in gruppo.
2. Designer che forniscono consulenze indipendenti
Quanti offrono consulenze professionali indipendenti appartengono a uno
dei nuovi gruppi di giovani designer cinesi, tra i più numerosi e
attivi. Rispetto ai colleghi interni, creano prodotti più vari che non
sono limitati dal tipo di attività dell’azienda per la quale lavorano.
I loro clienti vanno dai produttori di elettrodomestici alle ditte
informatiche, passando per quelle elettroniche e per quelle di
apparecchiature mediche. I designer di questi gruppi indipendenti
provengono soprattutto dalle aree economiche più sviluppate della Cina,
quella settentrionale, quella orientale e quella meridionale. In Cina,
agli inizi degli anni ’90 si sono create società specializzate in
design industriale nel delta del fiume Pearl. Questo è dovuto allo
sviluppo economico urbano cinese. Guangzhou e Shenzhen, ad esempio, tra
le prima città cinesi ad aprirsi alle riforme e al mondo occidentale,
vantano oggi una grande varietà di PMI (piccole e medie imprese)
favorite dal governo, il cui sviluppo ha rappresentato un buon humus
per la nascita e la crescita di consulenti indipendenti di design,
quali ad esempio Shenzhen Dragonfly Design, Guangzhou SFDA, Midea
Industrial Design Center, New Artop Design Center e Newplan Design
Firm.
Con il rapido sviluppo del delta del fiume Yangtze e di Shanghai,
soprattutto di recente, in questo territorio si sono venute a creare
molte società di consulenza di industrial design, come ad esempio
S.point e Loe Design. Favorite dalla situazione geografica e dalla
forza internazionale delle grandi metropoli, queste società hanno
creato il proprio marchio di design in modo ancor più rapido e
incisivo. In questo momento l’area di Pechino è il cuore della ricerca
e dello sviluppo dell’alta tecnologia in Cina. Molte famose
multinazionali hanno aperto filiali nella capitale e vi hanno
opportunamente trasferito i centri R&D per l’Asia. Le società di
consulenza in design industriale di Pechino, quali ad esempio
LKK,Togo,Van Berlo, si stanno sviluppando molto velocemente.
3. Ricercatori del design che insegnano nei College
Il gruppo di ricercatori cinesi che si è assunto l’onere di insegnare
design è relativamente numeroso ed è formato soprattutto da giovani. La
presenza di ricercatori di design all’interno di gruppi dei college è
indispensabile al gruppo di lavoro di giovani designer perché consente
loro di esercitare un’influenza diretta sull’arricchimento delle altre
due tipologie di attività e sulla qualità del design in genere. Non si
limitano a formare i giovani designer ma forniscono anche un supporto
teorico alle società e agli studi indipendenti.
In Cina l’industrial design esiste da soli 30 anni. Molti settori vanno
ancora esplorati. I continui cambiamenti delle aziende richiedono le
nuove competenze di nuove generazioni di designer. Quelle precedenti,
che consistevano nel visualizzare l’idea astratta, oggi non sono più
sufficienti, la concorrenza sempre più agguerrita richiede di trovare
nuove soluzioni in termini di concept e di product management. Quando i
gruppi di docenti formano i giovani designer, sono mossi
sostanzialmente dalle esigenze delle aziende di sviluppare soprattutto
la capacità di analisi e di gestione di un progetto. Questo avveniva
solo raramente nel tradizionale percorso formativo. I gruppi di docenti
di design sono i più attivi e i più creativi. I loro sono i design più
originali. Tuttavia, non si possono ignorare i punti deboli dovuti a un
eccesso di teoria e a una ridotta pratica su casi concreti.
Dati questi tre tipi di formazione, le capacità professionali dei
giovani designer variano a seconda della carriera intrapresa. Il design
è il minimo comun denominatore di tutte e tre le tipologie. Vista la
particolarità della professione, la Cina sta puntando sulla creazione
di un gruppo di designer preparati di alto livello, anziché
focalizzarsi sul singolo designer indipendente. Con una popolazione
come quella cinese e un mercato ampio e in rapido sviluppo, i giovani
designer di questo paese hanno di fronte nuove opportunità e sfide.
Repubblica Ceca: made_in_china iva esclusa
Crocevia delle importazioni di prodotti tessili dall'Asia all'Europa,
il paese cerca di contrastare organizzazioni criminali sempre più
potenti. Un impegno che richiede più cooperazione fiscale tra i paesi
europei.
Hospodářské noviny
Ogni giorni quasi 50 containers pieni di 800 tonnellate di prodotti
tessili e di scarpe importate illegalmente dalla Cina e dal Vietnam
arrivano in Repubblica ceca. Una parte rimane nel paese, l'altra
continua la sua rotta verso gli altri paesi europei.
In questi ultimi mesi il fenomeno delle frodi nelle importazioni
tessili dall'Asia ha raggiunto dimensioni considerevoli. Jiří Barták,
portavoce dell'amministrazione doganale ceca, afferma: "Tutto lascia
credere che i trafficanti asiatici utilizzino la Repubblica Ceca come
porta d'ingresso dei loro prodotti nello spazio di libera circolazione
delle merci dell'Unione europea".
La pubblica amministrazione ha sempre avuto grande difficoltà
nell'identificare le "menti" di questo commercio illegale. Le merci
importate sono destinate infatti a società create apposta per
riceverle, e spesso è molto difficile sapere chi c'è dietro. Queste
imprese comprano milioni di tonnellate di vestiti nei loro primi mesi
di vita, per poi scomparire nel nulla quando si tratta di dichiarare e
pagare l'iva. Il più delle volte il proprietario dell'impresa è un
prestanome o uno straniero che quando la truffa viene scoperta non si
trova più in Repubblica Ceca.
Nel maggio scorso i doganieri hanno smantellato una banda che aveva
organizzato il più imponente traffico di importazione illegale di merci
nel territorio ceco. I danni per il paese sono valutati in almeno 2,65
milioni di euro. Ma questa rete rappresentava solo il 10-15 per cento
dell'insieme del commercio illegale nel paese. "Faceva parte di una
delle principali organizzazioni criminali cinesi in Europa. Grazie agli
enormi mezzi finanziari, i suoi membri vivevano nel lusso", spiega Aleš
Hrubý, ispettore presso l'amministrazione doganale.
La sede della rete criminale si trovava a Praga e l'organizzazione
operava in parte nell'Ústecko [vicino alla frontiera tedesca]. I
doganieri hanno scoperto anche il luogo dove i cinesi producevano
fatture false che permettevano ai negozianti di pagare meno tasse
doganali. L'ammontare delle fatture emesse non superava i 10.800 euro,
mentre in realtà il valore dei containers importati oscillava tra i
57.600 e i 144mila euro.
Responsabilità agli acquirenti
L'amministrazione doganale, il ministero delle finanze e la stessa
l'Unione europea sono molto preoccupati per lo sviluppo di questo
commercio illegale. A livello europeo la questione dell'introduzione
del nuovo sistema di iva è oggetto di intense trattative. Gli austriaci
e i tedeschi hanno proposto che venga applicato a tutte le merci un
sistema di inversione contabile generalizzato. In altre parole il
compito di versare l'iva dovrebbe spettare all'acquirente finale.
Oggi gli stati possono utilizzare questo sistema solo per alcune merci.
"Dovrebbe esistere un diritto di esenzione all'interno dell'Unione
europea per gli stati membri interessati", osserva Jan Knízek,
direttore dell'amministrazione doganale ceca. "In questo modo i
truffatori sarebbero obbligati a spostare le loro attività in un altro
paese. Ecco perché l'Ue, con la minaccia crescente rappresentata da
queste frodi, dovrebbe riflettere su un cambiamento globale dell'intero
sistema dell'Iva oggi in vigore".
Si sta pensando anche a obbligare le società di trasporto a dichiarare
a un sistema di informazione comune le merci importate. Questo
permetterebbe ai doganieri di controllare con maggiore facilità
l'afflusso delle merci.
L'Ungheria, che ancora tre anni fa era il centro di transito di queste
importazioni, ha risolto il problema quando i suoi doganieri hanno
cominciato a farsi pagare l'iva direttamente allo sdoganamento delle
merci. L'amministrazione ceca sta pensando di introdurre misure simili.
"Ma il problema", osserva Knízek, "è che questo complicherebbe anche la
vita delle persone oneste, che costituiscono la maggioranza degli
uomini d'affari". (traduzione di Andrea De Ritis)
Ci sono errori fattuali o di traduzione? Segnalali
Italia
Prato, chinatown d’Europa
Un tempo rinomata per la moda made_in_italy oggi la città di Prato è
famosa perché ospita la più grande concentrazione di cinesi in Europa,
scrive il New York Times. Su una popolazione totale di 187mila
abitanti, 36mila immigrati regolari e non "lavorano senza sosta nelle
circa 3.200 fabbriche di vestiti, scarpe e accessori a basso costo".
Secondo la camera di commercio locale, dal 2001 il numero di industrie
tessili di proprietà italiana si è dimezzato. "Quello che fa rabbia a
molti italiani", prosegue il Nyt, "è che i cinesi li battano nella loro
specialità, facendo ricorso all'evasione fiscale e tenendo testa alla
burocrazia italiana, notoriamente molto complessa". Mentre le aziende
locali sono in crisi le fabbriche cinesi attentano al prestigio del
marchio italiano, e nel frattempo spediscono in patria un milione di
euro al giorno. "I contrasti sono iniziati quando la scorsa primavera
le autorità italiane hanno preso di mira gli stabilimenti che
impiegavano manodopera illegale, e la tensione è cresciuta
ulteriormente alla fine di giugno, quanto i magistrati hanno arrestato
24 cinesi e aperto un'indagine su un centinaio di aziende nell'area di
Prato. Tra le accuse figuravano riciclaggio di denaro sporco,
sfruttamento della prostituzione, contraffazione e spaccio di prodotti
stranieri come made_in_italy .
made_in_china
Matteo Attruia, Nicola Genovese, Antonio Guiotto
Strategie di scaltrezza
Daniele Capra
Forse non ce ne siamo accorti, forse guardavamo altrove. O forse
eravamo così convinti della nostra superiorità intellettuale che non
avremmo mai immaginato potesse accadere di essere surclassati. Essere i
numeri uno, coloro che sono da inseguire, un modello da imitare per
tutti gli altri, è sempre stato uno di quei pensieri che non abbiamo
mai accantonato. Troppo seducente (seppur al di fuori dei tempi), il
peccato di superbia dell’Occidente si può riassumere nel paradosso di
fare della nostra una società leggera, tutta servizi ed idee, mentre il
sudore viene sparso nelle officine delocalizzate di paesi di cui non
sappiamo nemmeno leggere il nome. L’Occidente pensa e progetta, il
resto del mondo produce quello che noi ideiamo. Semplice, no? Eppure la
nostra società in crisi – economica, finanziaria, sociale, politica –
non lo ha ancora capito: il mondo, il futuro, per dirla in forma
semplice, si fa ormai anche altrove, e dopo tante chiacchiere dobbiamo
cominciare anche noi a metterci in discussione. Noi siamo al palo e i
cinesi ci hanno sorpassato, sverniciandoci come fa un centauro a due
ruote con uno scooter truccato di un adolescente che smarmitta per la
statale.
Negli ultimi vent’anni la Cina, infatti, si è trasformata nella nazione
che produce fisicamente la maggior parte delle cose che ci circondano.
Questa lenta ma inesorabile conquista è avvenuta però senza strepiti,
in forma silenziosa, declinando inconsapevolmente nella logica delle
merci il precetto epicureo del vivi nascosto: tutto il lavoro svolto è
avvenuto senza clamore, mentre qui si chiudevano molte aziende
manifatturiere, e qualsiasi cosa comprassimo aveva sulla scatola la
scritta “made_in_china”. Dai vestiti alle scarpe, dai prodotti
tecnologici ai libri, la capacità cinese di produrre merci a prezzi
abbordabili ha portato quel paese lontano nei nostri uffici e dentro
alle nostre case fino agli anfratti quotidiani della nostra vita, e –
giova ricordarlo – praticamente senza quasi ce ne rendessimo conto.
Così, servendosi delle più ferree logiche del capitalismo, l’unica
nazione al mondo che non ha rinunciato a definirsi comunista (sempre
per quella legge vera, ma mai dimostrata, per cui la realtà si può
cogliere solo in forma paradossale), è presente davvero ovunque con
merci di ogni tipo per i viziati consumisti globalizzati.
E con la stessa modalità sottotraccia la Cina ha inoltre iniziato
parallelamente a produrre varianti low cost e low quality di molti
manufatti: copiare, imitare e falsificare sono diventate così alcune
delle strategie, mai dichiarate apertamente, grazie a cui molte delle
aziende, cui noi abbiamo delegato di fare ciò che noi progettavamo,
sono entrate nel mercato mondiale. Spesso proponendo versioni meno
raffinate, durature o perfette dei beni di consumo originali, ma non
per questo realizzando prodotti meno attraenti o esteticamente
gradevoli. E poi, ammettiamolo, l’estetica low riesce a sedurre
moralmente anche il portafoglio più attento e scrupoloso, tanto più se
i prodotti differiscono dagli originali per aspetti che solo i tecnici
potrebbero vedere. E tutto questo in barba poi al concetto di
originalità, poiché è originale tutto ciò che ha una provenienza certa
e un’aura quasi artigianale, un’impronta di autorialità. Ma come faccio
a capire se le mie scarpe disegnate da un italiano, prodotte
parzialmente a Shanghai e rifinite vicino a Firenze in un laboratorio
con manodopera pachistana, raccontano un’origine o sono già in sé un
accumulo di incredibili paradossi?
Paradossalmente il mimetismo comportamentale e la capacità di
imitazione/falsificazione a partire da un modello autentico –
ovviamente prestigioso – sono anche due delle strategie più affilate di
cui si serve l’arte nel suo continuo gioco dell’oca. Se a partire da
Marcel Duchamp sembrare altro, imbrogliare chi guarda, è una forma
estrema ma necessaria di libertà, di intelligenza o di autentica e
furba paraculaggine, le avanguardie concettuali degli anni Sessanta e
successivamente la tendenza alla postproduction dell’inizio del nostro
secolo (secondo la teorizzazione di Nicolas Bourriaud gli artisti
riescono a rimescolare le carte, i concetti e gli aspetti visivi dei
colleghi esattamente come fanno i dj con la musica da ballare) hanno
liberato gli artisti dalle ultime remore di cannibalismo. Rubare
qualcosa ai colleghi, copiarli apertamente simulando la propria
verginità concettuale è diventato un gioco, una sfida, e molto spesso
un vero e proprio approccio simulativo che spinge lo spettatore allo
spiazzamento, a far confusione, a dover far finta di capire piuttosto
che dichiarare di non aver capito. L’arte è diventata cioè più di tutto
beffarda, poiché falso ed autentico sono sostanzialmente la stessa
cosa, e lo spettatore deve capirlo, se vuole avere il piacere del gioco
e non quello di essere vittima predestinata, cornuta e mazziata.
Quando Antonio Guiotto parafrasa Felix Gonzalez Torres esponendo il
proprio peso non tanto in caramelle alla menta ma in monetine da un
centesimo, furbescamente sa che lui e la propria opera valgono ben più
dei trecento euro dei settanta chili di bronzo (costo e valore al
massimo grado differiscono). Ma è anche conscio che lo spettatore non
avrà la piacevolezza di prendere per sé una caramella e, se coglierà la
moneta, al massimo si sentirà un ladro di spiccioli come quelli che in
chiesa rubano le offerte per le candele. Allo stesso modo i Low cost di
Matteo Attruia (stampe casalinghe dei capolavori della storia dell’arte
in versione pixelata) sono piacevoli e fastidiosi per chi guarda: in
barba a Walter Benjamin l’opera non solo ha perso l’aura, nell’epoca
della riproducibilità, ma anche la facoltà stessa di somigliare
all’originale; anzi Attruia ruba ad autori più famosi opere che lui
stesso non sarebbe in grado di fare, come lui stesso dichiara nel
cartello in cui la sua professione è quella dell’artista e
dell’impiegato. Anche Nicola Genovese, che mette in scena in Moo Cow in
the Box della delle finte mucche portatili che muggiscono grazie a
delle scatole sonore che di tanto in tanto si azionano (orgogliosamente
dei fake nel non somigliare all’originale), ironizza in On the Origin
of Species sull’idea darwiniana di evoluzione e sulle Typologien dei
coniugi Becher. Chi guarda cosa deve vedere e dove è diretto dal
titolo? Per quale motivo dovrebbe stare attento? Cosa vede davvero?
Quali sono le specie da vedere nell’opera?
Questa situazione complessa mette in crisi quindi chiunque guardi
l’opera, nessuno si senta escluso. L’artista non è in grado di dare
risposte certe (e non vuole farlo), e spinge comunque lo spettatore a
non fidarsi di ciò che vede, a dubitare di ogni chiave di lettura che
possa passargli per la testa. Il dubbio che sia tutta una burla è così
forte e reale. Drizzate bene le orecchie. In fin dei conti, anche
questo testo che leggete con la speranza – forse – di capire qualcosa
in più, potrebbe essere solo un accumulo di sciocchezze e falsità low
cost scopiazzate da internet.
L’Africa e le armi made_in_china
La lontana Cina ha ben piantati i piedi in Africa. La scorsa settimana
avevamo avuto modo di discutere delle massicce politiche di
investimento portate avanti dalla Repubblica popolare cinese nei Paesi
dell’Africa subsahariana, alla perenne ricerca di materie prime e
mercati di sbocco per i propri prodotti. Oggi vogliamo appunto
soffermarci su uno dei prodotti più di successo dell’export cinese:
stiamo parlando delle armi. Non importa quale sia il calibro o il
munizionamento, se siano armi convenzionali, anticarro o antiaeree.
La lontana Cina ha ben piantati i piedi in Africa. La scorsa settimana
avevamo avuto modo di discutere delle massicce politiche di
investimento portate avanti dalla Repubblica popolare cinese nei Paesi
dell’Africa subsahariana, alla perenne ricerca di materie prime e
mercati di sbocco per i propri prodotti. Oggi vogliamo appunto
soffermarci su uno dei prodotti più di successo dell’export cinese:
stiamo parlando delle armi.
Non importa quale sia il calibro o il munizionamento, se siano armi
convenzionali, anticarro o antiaeree. La Cina copre ormai da sola il
25% del traffico di armi nel continente, e dal 2010 è divenuta il
principale concorrente della Russia nella fornitura di sistemi d’arma
complessi.
L’economicità del made_in_china
made_in_china sono perfino nuovi modelli di droni, meno sofisticati ma
di gran lunga più economici degli equivalenti forniti dagli Stati
Uniti. Per primi Egitto e Nigeria stanno testando i nuovi modelli
cinesi. Quelli acquistati dalla Nigeria, in particolare, sono già
impegnati nel contrasto alle milizie terroristiche di Boko Haram.
I Paesi africani che oggi utilizzano, in tutto o in parte, armamenti
cinesi sono 16. Fra questi, anche Sierra Leone, Congo e Ruanda, ai
quali la Cina negli ultimi anni ha fornito armi leggere e anticarro in
violazione dell’embargo deciso dall’ONU nel tentativo di smorzare la
perenne guerra civile.
vIA L’URSS, DENTRO LA CINA
Uno dei fattori che hanno favorito la posizione della Cina in questo
remunerativo mercato riguarda l’ex Unione sovietica. Durante la guerra
fredda, Mosca era la principale fornitrice di armi ai Paesi africani
che stavano faticosamente cercando l’indipendenza dalle nazioni
occidentali. Era questa la fonte di provenienza della maggior parte
delle armi presenti nel continente, sia leggere che pesanti. Una parte
inferiore, ma comunque non irrilevante, era data dalle forniture
statunitensi alle dittature compiacenti e anticomuniste. La parte
restante veniva ricavata dall’enorme quantità di materiale che alcune
nazioni ex-coloniali avevano lasciato in loco quando se ne erano andate
dall’Africa (ad esempio, tutto l’arsenale lasciato dal Portogallo nel
Mozambico).
Dopo la fine della guerra fredda, come è immaginabile, parte dei vecchi
clienti della Russia sono passati ai prodotti cinesi. E pazienza che
siano un po’ meno “sofisticati”. Dopotutto, i ristretti budget dei
Paesi subsahariani non sempre possono garantire l’acquisto di merce
statunitense, francese, israeliana o italiana.
la “flessibilità” della non interferenza
Un altro elemento che a suo tempo accattivò il favore di questi Stati
era la vecchia politica di Pechino della “non interferenza”: in base a
questo principio, la Cina non avrebbe in alcun modo condizionato
politicamente i Paesi con cui operava e faceva affari. Tuttavia, questo
principio è diventato, col tempo, per così dire “flessibile”. Oggi,
dopo la costruzione dell’imponente base navale di Gibuti, la Cina ha
una base logistica straordinaria nella zona. A cui si aggiungono le
migliaia di soldati che negli ultimi anni ha inviato nelle missioni
peacekeeping.
Queste missioni costituiscono un eccellente teatro per l’addestramento
e il training dei soldati, unitamente al fatto che una presenza
militare costante nella zona aiuta a mantenere una vigilanza più salda
sui propri investimenti economici. Investimenti che non si limitano ai
prestiti e ai programmi di cooperazioni di cui avevamo parlato
nell’ultimo articolo.
Tanto per fare un esempio, durante la guerra civile che ha insanguinato
il Sudan e il Darfur, la Cina aveva installato un intero stabilimento
di armi leggere e munizioni a Khartoum, così da meglio rifornire i
combattenti. E tanto per fare un altro esempio, magari più recente,
moti osservatori hanno segnalato la presenza di blindati cinesi in
Zimbabwe durante il colpo di Stato dello scorso novembre.
Mappa della presenza cinese in Africa
Fonte: “La Stampa”
la cina e la politica di potenza
Il problema maggiore, come abbiamo detto, non riguarda tanto il fatto
che la Cina venda delle armi, ma piuttosto che ne venda in una quantità
sempre maggiore, a prezzi sempre più concorrenziali. Ed ormai non ci si
limita solo a comuni fucili d’assalto, ma a carri armati ed aerei (come
il nuovo cacciabombardiere JF-17, già in uso dalla Nigeria e dallo
Zimbabwe).Ed è superfluo sottolineare che il portafoglio cinese viene
notevolmente gonfiato da questi affari: solo con le armi leggere, il
guadagno netto negli ultimi cinque anni sembra sia stato di 1.5
miliardi di dollari.
Questa correlazione fra aumento degli investimenti economici e
corrispondente aumento dell’apparato militare cinese in Africa era già
stato segnalato l’anno scorso, in un’intervista rilasciata a “La
Stampa”, dall’analista dell’ European Council on Foreign Relations
Mathieu Duchatel. Forse dovremmo incominciare a considerare queste
iniziative di Pechino come il segnale che la Cina non rimarrà ancora
per molti anni una potenza “dormiente”.
Sarno: merce made_in_china sequestrata. Ma i lavoratori chi li tutela?
Denunciato a piede libero per detenzione ai fini di vendita di prodotti
contraffatti, ricettazione e tentata frode in commercio dovrà sedersi
sul banco degli imputati e difendersi dalle accuse mosse a suo
carico Z.J., 48enne, gestore di un negozio di articoli casalinghi e
vari al Viale Margherita. Era giugno del 2016 quando le Fiamme Gialle
della Compagnia di Scafati ispezionarono l’attività individuando e
sequestrando circa 5000 prodotti contrafatti. Esercizi commerciali
gestiti da cinesi aprono in sequenza; alimentati da un’economia basata
sulla filosofia del ” compro tanto, spendo poco” a discapito del made
in italy diventato ormai quasi un ricordo. Bazar orientali che offrono
all’acquirente merce di vario genere quasi sempre non in regola, di
bassa qualità, con il marchio d’impresa “CE” è indicativo di “China
Export” e non “Conformità Europea”. Un aspetto viene sottovalutato
quando parliamo di attività cinesi: i lavoratori alle dipendenze degli
occhi a mandorla. Chi sono? italiani diventati cinesi dei cinesi. Senza
un regolare contratto di lavoro, costretti a orari massacranti per una
retribuzione misera. Se guardiamo la normativa del lavoro nel paese del
Gran Dragone, negli ultimi anni si è cercato di tutelare i diritti e
gli interessi dei lavoratori, superando il tabù dello sciopero,
soppiantando il vecchio regime basato sulla centralità del sistema
“iron rice-bowl”- la ciotola di riso in ferro -in riferimento a
un’occupazione con garanzia di sicurezza lavorativa , oltre a reddito e
benefici costanti. Diritti che nel nostro paese, in particolare al sud,
non vengono dati; dove tra i doveri di una commessa, dopo tante ore di
lavoro, c’è anche quello di pulire il bagno alle nove di sera. Quando
si fa notare al titolare di un noto store della zona che potrebbe farlo
anche l’indomani, lui con la testa fa cenno come a dire :” lo devi fare
adesso”…loro vanno e puliscono. La situazione non cambia se parliamo
delle commesse/i che lavorano nei negozi degli italiani, qualcuno
dirà…è vero. Il punto è proprio questo. In un territorio con un tessuto
sociale ed economico messo in ginocchio dalla crisi, con diritti negati
o dati a metà, perchè permettere
anche ai nuovi ricchi del levante di fare la stessa cosa? I controlli
dovrebbero essere più serrati in materia di merce non in regola,
venduta in magazzini autorizzati all’apertura dagli enti competenti o
atti a dare dignità a chi ci lavora?
Lauria (PZ) – Sequestrati 5.200 articoli di prodotti “made_in_china”
Potenza – Nell’ambito del dispositivo di controllo economico del
territorio promosso dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di
Potenza, le Fiamme Gialle della Compagnia di Lauria hanno sottoposto a
sequestro circa 5.200 articoli di prodotti “made_in_china” privi delle
indicazioni previste dal Codice del Consumo (in violazione agli artt.
6, 7, 9 e 11 del Decreto Legislativo n. 206/2005). Nel corso di un
servizio finalizzato al controllo del rispetto della normativa
concernente la sicurezza dei prodotti commercializzati al pubblico, una
pattuglia della Compagnia di Lauria ha accertato, presso un esercizio
commerciale di bigiotteria e materiali elettrici del Comune di
Lagonegro, che parte del materiale esposto per la vendita (prodotti per
la cura della persona, collane, anelli, bracciali, piercing,
caricabatteria portatili per cellulari, cuffie stereo, cavi plug per
computer, adattatori per caricabatteria, etc. etc.) era privo delle
“istruzioni” in lingua italiana ovvero del “contenuto minimo” delle
prescrizioni necessarie per informare i consumatori circa il corretto
utilizzo della merce. A tale riguardo, va sottolineato che l’acquisto
di tali prodotti può comportare rischi per la salute e la sicurezza,
soprattutto a causa della scarsa qualità che li contraddistingue e del
mancato adeguamento alle norme vigenti. Al termine delle operazioni, i
militari operanti hanno segnalato il titolare dell’attività, alla
Camera di Commercio di Potenza che procederà ad irrogare le previste
sanzioni amministrative.
L’azione svolta testimonia l’incessante impegno delle Fiamme Gialle a
tutela dell’economia legale e della salute dell’utente, soprattutto in
un periodo come quello attuale in cui le decisioni di acquisto dei
consumatori sono orientate, a discapito della qualità, verso beni di
uso comune a prezzi più economici.
cronaca. Lauria finanza potenza 2018-02-22
Lorenzo Peluso
Articolo Precedente Sala Consilina (SA) – Frode ai danni dello Stato e
della Comunità Europea. Denunciate sei persone.
Articolo Successivo Sanza (SA) – Attivato il ciclo di cure termali allo
stabilimento Vulpacchio di Contursi.
#ZonaK Feed ZonaK Feed dei commenti ZonaK made_in_china
liberamente ispirato alla storia vera di due contadini cinesi – teatro
– Feed dei commenti Il GOLEM, COME VENNE AL MONDO – musica – CON TUTTO
L’AMORE DEL MONDO– teatro – in una CASA PRIVATA DEL QUARTIERE ISOLA
alternate alternate alternate alternate alternate
made_in_china
liberamente ispirato alla storia vera di due contadini cinesi
– teatro –
Coltivare Cultura
Di e con Roberto Capaldo
elaborazione video e tecnica Marco Ferrara
collaborazione alla regia Fabrizio Di Stante
maschere in cuoio Piero Ottusi
pupazzi Antonio Catalano
consulente per la cultura cinese Diang Zuanfheng
coprodotto da Casa degli Alfieri e Universi Sensibili
Spettacolo vincitore del bando “Storie di lavoro” 2011
Zuo Jaobing era un uomo. Ex maoista. Ex comunista. Ex contadino. Ex
operaio. Ex vivo. Extra terrestre perché cinese, quindi assolutamente
diverso e incomprensibile tanto da avere bisogno di sottotitoli. Il suo
corpo è adagiato sulle spalle di Chang Showei, amico di sempre, che
cammina a lungo, per chilometri, per giorni. Attraversa lo sterminato
Impero Economico della Cina del XXI secolo per dare a quel corpo
l’onore della sepoltura nel luogo natale. Andando contro le regole del
mondo “civile”, Chang compie involontariamente un atto eroico, guidato
solo dal proprio istinto e dalle proprie “scarpe”. Un intreccio di
storie vere che, passando dalla rivoluzione culturale di Mao alle
condizioni dei lavoratori asiatici, arriva fino a noi, per i quali il
made_in_china è solo la targhetta sui prodotti che acquistiamo.
Maschere, pupazzi, volti del Teatro d’Opera di Pechino, ventagli del
Tai Chi, ritmi adrenalinici di pubblicità pluripremiate, il libretto
rosso, ombre, luci, proiezioni, disegni animati, una TV rotta e una
scarpa.
Roberto Capaldo è autore e attore teatrale. Ha coltivato il suo
interesse per le arti figurative e lo spazio scenico laureandosi in
Architettura a Roma e specializzandosi in scenografia presso
l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano. In teatro si è formato con
Daniela Regnoli, Ferruccio Soleri, Francesco Gigliotti, Claudia Contin
e Ferruccio Merisi. Altri incontri formativi importanti sono con Living
Theatre, Yves Lebreton, Elsa Fonda, Raul Yaiza, Letizia Quintavalla,
Serena Sinigaglia. Come attore ha lavorato con Bindo Toscani, Marco
Angelilli, Antonio Catalano, Bruno Stori, Giulio Molnar, Serena
Sinigaglia, Carrozzeria Orfeo, Teatro Inverso. Scrive e interpreta i
suoi spettacoli, spesso assoli, per i quali ha vinto numerosi premi
(tra gli altri Premio Manfredi Mastroianni De Sica 2004 come miglior
spettacolo e miglior attore protagonista; Premio Calandra 2007, Premio
Borsellino 2008 per l’impegno sociale e civile, spettacolo italiano
all’XI International Blacksea Festival). Svolge attivita’ pedagogica in
ambito di progetti sociali e presso l’Idrafactory – Fabbrica del Teatro
di Brescia.
made_in_china liberamente ispirato dalla storia vera di due contadini
cinesi trailer
made_in_china
14 dicembre 2017 - 16 febbraio 2018
Marco Bertìn espone opere coloratissime realizzate con migliaia di
giocattoli ed un enorme polittico work in progress da 32 metri quadri.
Da 5 anni l'artista raccoglie e compra tutti i giocattoli di foggia
occidentale, solo se rigorosamente “made_in_china”, per realizzare
opere dal cuore etico.
Agire con Responsabilità Sociale e attenzione ai temi scottanti della
società civile è la caratteristica indispensabile che ogni artista
coltiva per appartenere al Movimento Arte Etica, protagonista del
progetto biennale di 8 mostre pubbliche all'avanguardia, organizzate da
ARTantide.com Gallery per i pluriennali programmi culturali, ormai
tradizionali, all'Ospedale Civile di Sassuolo.
Marco Bertìn sta lavorando a questo progetto da 5 anni e il suo impegno
è ancora in pieno svolgimento; egli raccoglie e acquista tutti gli
oggetti che rappresentano le simbologie occidentali (religiose,
sociali, ludiche e commerciali), ma che siano tutti costruiti in Cina:
da qui nasce il titolo della mostra, “made_in_china”.
Il suo obiettivo educativo è quello di attirare l'attenzione del
visitatore sui limiti del Consumismo, analizzando in modo critico le
conseguenze che il marketing (motore di questo modello economico)
comportano. Nel suo Manifesto Etico (Il Mercato Creativo) suscita
riflessioni critico-costruttive sul Consumismo, analizzando il
meccanismo psicologico che sta alla base dello sviluppo dei consumi: la
creazione di infelicità per ciò che si possiede (al fine di suscitare
interesse per nuove cose che ancora non si possiedono).
L'utilizzo proprio dei giocattoli, pone in evidenza come le strategie
del marketing siano oggi molto aggressive con i bambini e i ragazzi,
abituandoli a desiderare sempre nuovi oggetti ludici (bombardandoli di
messaggi pubblicitari durante i loro programmi preferiti e attraverso i
social più utilizzati) per poter crescere nuove generazioni di
consumisti acritici.
Ma perchè proprio “made_in_china” (sarebbero bastati giocattoli di
qualunque provenienza)?
Il motivo sottolinea la genialità di Marco Bertìn, capace di
approfondire i temi analizzandoli da tutti i punti di vista, che, con
questa scelta rigorosa, mette in luce come il Consumismo prosperi
attuando un secondo meccanismo, che inevitabilmente produce infelicità:
quello per cui non si da valore a quello che si fa!
Infatti gli operai cinesi, protagonisti passivi della produzione a
basso costo, vengono scelti dalle aziende occidentali per la
convenienza dei costi, imponendo loro di costruire oggetti che non
rappresentano in nessuna maniera la loro cultura e che non consentono,
in regime di sfruttamento economico, di conseguire nessuna
soddisfazione nel proprio lavoro.
La mostra “made_in_china”, spettacolare e colorata, spinge i visitatori
a riflettere sullo sviluppo di una maggiore consapevolezza critica
verso i mercati, acquisendo conoscenza sui meccanismi di produzione e
sulla forza propulsiva e persuasiva della propaganda del marketing
moderno, spronandoli ad educare se stessi e le nuove generazioni ad una
migliore autodifesa verso gli attacchi seducenti del Consumismo,
formando una propria capacità autonoma di scelta (e di conoscenza delle
sue conseguenze).
La mostra appartiene ai progetti del Movimento Arte Etica ed è
organizzata da ARTantide.com Gallery e curata da Sandro Orlandi Stagl.
La mostra propone un enorme polittico, in continuo progresso, di cui si
espongono qui 32 metri quadri, alcune fotografie di grandi dimensioni
molto spettacolari, un'originale installazione site-specific e decine
di piccole opere realizzate da Marco Bertìn scegliendo alcuni dei
giocattoli modificati e trasformati in piccole opere d'arte, tutte
esposte negli spazi dell'Ospedale dal 14 dicembre 2017 al 16 febbraio
2018.
Mostra realizzata in Collaborazione con l'Ospedale Civile di Sassuolo,
Volontariarte, con il patrocinio dell'Unione Comuni Distretto Ceramico
e con il supporto di Dussmann.
Moda made_in_china
Il 16 novembre 2017, presso il nostro Istituto, noi studenti del corso
di cinese abbiamo avuto l’occasione di partecipare a una conferenza
inerente Il qipao, l’abito tradizionale cinese.
La presentazione, tenuta dalla dottoressa Marzia Bia, plurilaureata
esperta nell’ambito della moda, si è articolata in diverse parti: la
storia del qipao, l’importanza che ha rivestito nella società cinese in
quanto simbolo di identità nazionale, le modifiche cui è stato
sottoposto dopo la sua introduzione in Occidente.
Sono state mostrate fotografie e scene di famose pellicole in cui il
qipao è indossato da celebri attrici. La conferenza è stata
interessante poiché ci ha portati a riflettere su un aspetto della
cultura cinese apparentemente di poco rilievo, quale il vestiario in
quanto specchio ed emblema della società.
Primitivo made_in_china in cantiere il ricorso dei produttori
Primitivo made_in_china in cantiere il ricorso dei produttori
di Nazareno DINOI
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Tra le tante contraffazioni in giro, non poteva mancare quella sul
Primitivo di Manduria doc made_in_china
Al momento la sua esistenza non è stata dimostrata materialmente, nel
senso che non è stata ancora scoperta una bottiglia con l’etichetta del
famoso vitigno Messapico. C’è però la certezza, questa volta
documentata, che nel paese del dragone qualcuno abbia già registrato
due marchi cosiddetti complessi (perché contengono più denominazioni)
contenenti il nome Primitivo di Manduria doc. Una registrazione è
silente, mentre l’altra ha già prodotto qualcosa. A scoprire la
presunta frode alimentare è stato il neodirettore del Consorzio di
tutela del Primitivo di Manduria doc, Adriano Pasculli De Angelis
(nella foto a sinistra). Il giovane bitontino con esperienze
manageriali negli Stati Uniti, ha sfruttato le sue conoscenze
d’oltreoceano per scoprire l’esistenza dei due marchi Primitivo di
Manduria doc che le autorità cinesi hanno già autorizzato a due
società per ora sconosciute. Da parte dell’organismo di tutela
presieduto dall’imprenditore del vino, Roberto Erario (nella foto a
destra), il quale ha messo al primo punto del suo programma la difesa
del marchio e la lotta a tutte le contraffazioni, sono subito scattate
le procedure per individuare e bloccare la frode cinese.
La prima è stata quella di fare una ricerca di mercato interno per
vedere chi e quanto Primitivo di Manduria originale viene esportato in
Cina. Su proposta del direttore Pasculli De Angelis, dagli uffici del
Consorzio sono partire circa trecento lettere indirizzate ai produttori
di Primitivo, non solo quelli consorziati ma a tutte le cantine e
imprese del territorio del disciplinare.
Nel testo che fa esplicito riferimento al sospetto Primitivo taroccato
cinese, il Consorzio di tutela fa sapere di avere ricevuto dagli
addetti alla sorveglianza una segnalazione di utilizzo improprio, in
Cina, della denominazione protetta. Chiediamo quindi – si legge nella
nota – se abbiate esportato in Cina negli ultimi due anni e, in tal
caso, se possiate inviarci le fatture relative a suddette esportazioni,
al fine di presentarle per intentare opposizione.
Il sistema cinese della registrazione dei marchi – afferma Pasculli De
Angelis - è molto complicato, pertanto, per convincere gli organismi
cinesi ad accogliere il nostro ricorso, dobbiamo dimostrare che la
presenza del nostro prodotto nel loro paese è così significativa da
meritare la tutela sull’origine.
A dicembre 2015, il Consorzio ha ottenuto dal Ministro delle Politiche
Agricole e Forestali l’attribuzione dell’incarico a svolgere funzioni
di tutela, promozione, valorizzazione e vigilanza. Grazie a questa
estensione di funzioni, l’organismo ha già formato due agenti
vigilatori che in qualità di pubblici ufficiali e in collaborazione con
l’istituto centrale qualità repressione e frodi, possono effettuare dei
controlli anche sui vini già in vendita sugli scaffali. L’obiettivo è
quello di tutelare il consumatore ed i produttori da irregolarità o
anomalie relative al prodott[EMPTYTAG]o c[/EMPTYTAG][EMPTYTAG]he non
rispetta i dettami del Disciplinare di produzione.
La guerra delle App made_in_china
Un business da miliardi di dollari, talmente goloso da generare un
numero infinito di copie. E dar vita a una guerra tra Apple e gli
sviluppatori cinesi. È l'universo delle applicazioni, quei programmini
che, dietro le parvenze d'icone colorate, hanno rivoluzionato i nostri
smartphone. E anche le nostre vite. Ci consentono di fare di tutto,
dall'ascoltare musica a controllare il meteo. Un marchio di fabbrica
per Apple, che ne ha fatto un vero culto. A partire dal lontano 2008,
quando Steve Jobs, il folle affamato che ha cambiato per sempre il
concetto di telefono, ha aperto il primo App store. C'è un'app per
tutto, recitava un'iconica pubblicità dell'iPhone. Da allora il boom.
Un fiorire di cloni, a cui la Mela morsicata ha deciso di mettere un
punto.
Secondo le stime della compagnia d'analisi tecnologica ASO 100, sono un
milione i software creati in terra del Dragone che il colosso di
Cupertino ha rimosso dal proprio negozio digitale in tempi record,
dall'inizio dell'anno a oggi: circa 200mila in più rispetto a quelle
statunitensi cancellate nello stesso periodo di tempo. Una mole enorme
che non è passata inosservata. E che sta sollevando un polverone. Con
annessi riverberi legali.
Perché è vero che Apple fa periodicamente grandi pulizie nel proprio
store per garantire agli utenti zero truffe e massima qualità. E non è
inusuale per il gruppo rimuovere decine di migliaia di programmi alla
volta. Ma la sperequazione che divide gli smanettoni cinesi dai
colleghi d'oltreoceano è sembrata inaccettabile, agli occhi di molti. E
i criteri alla base delle decisioni di Tim Cook, nebulosi.
Apple ha sempre avuto una buona reputazione nel nostro paese, ha
detto Chen Wen, sviluppatore di software dedicati agli incontri online,
alla rivista economica britannica Financial Times. Ma il suo recente
comportamento, come il trattamento diseguale riservato agli
sviluppatori cinesi, ha lasciato molti insoddisfatti.
Tutto è iniziato il mese scorso. La firma legale Dare & Sure basata a
Pechino ha depositato la prima causa cinese per violazione
dell'antitrust che tutela la concorrenza tra le imprese nella
Repubblica popolare: 28 gli sviluppatori rappresentati che hanno
accusato Cook&Company di condotte anti-competitive. Da allora la
tensione è salita. E il fronte di guerra si è allargato fino a
includere altri 23 programmatori, sostenuti dallo studio Sichuan Fa Ye
Law. Per un totale di 50 programmatori pronti a dare battaglia.
Abbastanza per fare notizia.
Tanto Dare & Sure, quanto Sichuan Fa Ye Law accusano l'impero creato da
Steve Jobs di abusare del suo controllo sull'Apple Store. Non solo, gli
sviluppatori cinesi che hanno visto svanire le loro creazioni dal
negozio digitale della Mela morsicata lamentano di non aver mai
ricevuto alcun preavviso. Spazzati via, dall'oggi al domani, senza
conoscerne il motivo. Nel momento in cui delle compagnie importanti
per Apple affermano che alcune applicazioni violano i loro diritti
d'autore e devono essere rimosse, l'azienda di Cupertino lo fa con
scarse indicazioni, se non alcuna indicazione, accusa in una nota la
Dare & Sure. Questione di business, quindi: misure diverse per pesi
differenti.
L'App Store ha pubblicato delle linee guida che si applicano
egualmente a tutti gli sviluppatori in ogni paese del mondo, tagliano
corto dall'azienda, escludendo qualsiasi discriminazione. E aggiungono:
Lavoriamo sodo per assicurare che tutti abbiano successo.
La battaglia, si prospetta come una lotta tra Davide e Golia, dagli
esiti incerti. Di sicuro, non sono i soli guai che Tim Cook deve
affrontare nel regno di Xi Jinping. Sempre sul versante app, la
censura web di Pechino, ha costretto Cupertino a spazzar via 450
applicazioni per vpn (virtual private network): quella rete di
telecomunicazioni privata che consente a chi la sfrutta di comunicare
in modo anonimo e sicuro. Ma anche di bypassare la cosiddetta Great
Firewall, la grande muraglia elettronica, cioè la pachidermica
struttura messa in piedi da Jinping e predecessori per tenere sotto
scacco l'intera Internet dello stato asiatico. E che mette i bastoni
tra le ruote alle imprese che vogliono fare affari nel mondo digitale
cinese. Una situazione frustrante che accomuna tutti i colossi
dell'hi-tech. E che di sicuro ha agevolato il temuto sorpasso di
Huawei, firma leader nella produzione di telefonini smart, sulla Apple:
le analisi della firma Counterpoint Research, rivelano che a giugno e
luglio scorso l'impresa di Pechino ha scalzato alla Mela il secondo
posto nelle vendite di cellulari. Piazzandosi unicamente dietro
Samsung.
Un rimpiazzo definitivo? È presto per dire l'ultima parola. Apple è un
culto, più che un semplice brand. Copiarla e, allo stesso tempo
differenziarsene, è l'ossessione di tutti i produttori di smartphone
cinesi. E grandi sorprese possiamo aspettarci dal nuovo iPhone 8, che
sarà presentato il prossimo dodici settembre a Cupertino, in
California. Processore di nuova generazione Apple, sistema operativo
iOS 11, cassa in alluminio o vetro, impermeabili, leggermente più
spessi e lunghi dei modelli attuali: sono alcune delle caratteristiche
che, stando ai rumors, possiamo aspettarci. Il prezzo? Stellare:
potrebbe partire da 999 dollari. Venerdì 8 Settembre 2017, 10:03
made_in_china Postcards from Van Gogh
Una cartolina dall’Olanda: saluti da Parigi! Sotto: una foto di Hong
Kong.
Ecco il cortocircuito che prende vita e nella mente trasforma per
qualche secondo un ombrellino cinese in un girasole in pieno stile “Van
Gogh”. Due universi molto distanti, eppure vicino Hong Kong esistono
fabbriche a cielo aperto interamente dedicate alla riproduzione di
opere d’arte destinate al merchandising dei Musei. Tra le opere più
gettonate “La Gioconda” di Leonardo da Vinci e “Dodici girasoli in un
vaso” di Vincent Van Gogh.
L’artista-operaio (olandese) e l’operaio-artista (cinese): da una parte
la solitudine, la follia, il caso. Dall’altra la ricerca di un metodo
infallibile per ripetere il caso, riprodurre miracoli a richiesta, una
catena di montaggio in grado di pianificare la spontaneità.
Due mondi distanti, persino geograficamente, a meno che non sia “il
Genio” a colmare quella distanza, perfino al “prezzo” della propria
vita.
Uno spettacolo su Van Gogh, ma soprattutto per Van Gogh.
Note di regia
Lo spettacolo si svilupperà attraverso quadri, il cui flusso verrà
interrotto da episodi a sé stanti che si esauriscono nel loro stesso
compiersi. La ricerca scenica punterà a trovare delle note nuove circa
il lavoro attoriale a due, cercando di contrastare quelle che sono le
garanzie, ma anche i cliché, del rapporto uomo-donna sulla scena. Lo
stile del tutto sarà suggerito dal titolo dello spettacolo. Richiamerà
quell’universo kitsch ed effimero proprio dell’oggetto cinese a basso
costo. E se è vero che tutto ciò che è made_in_china ha una vita breve,
anche lo spettacolo dovrà portare in sé il germe della deteriorabilità,
andando ad esaurirsi come una luce al LED quando le batterie si
scaricano. La vita all’interno della scena ricorderà quella vissuta
nelle case arredate a basso costo.
Simone Perinelli
I tuoi ultimi quadri mi hanno dato molti pensieri per lo stato del tuo
spirito quando li ha eseguiti. C’è in tutti una potenza di colore che
non avevi ancora raggiunto, il che costituisce già di per se stesso una
qualità rara, ma tu sei andato oltre e, se alcuni cercano il
significato del simbolo a forza di torturare la forma, ritrovo molto
spesso nelle tue tele come il riassunto dei tuoi pensieri sulla natura
e sugli esseri viventi…
Ma come deve aver lavorato la tua mente e come ti devi essere spinto
all’estremo limite, oltre il quale è inevitabile il senso di vertigine.
Theo Van Gogh /lett. N° 10
Lavoreremo su binari distanti e paralleli. La feroce e febbrile ricerca
di un’autenticità artistica in grado di lasciare un segnosignificativo
nella storia dell’umanità e l’inevitabile azione dell’umanità su questo
segno stesso, che ne fa irrimediabilmente carne da macello,
restituendone solo una mera imitazione e un palpabile senso di vuoto.
Chiesino, Comune controdenuncia la ditta Soldi per le strade in sedici
piccoli comuni Accusato di violenze su minore finisce in carcere
Impianti sportivi e appalti, M5s e FdI attaccano
Spettacoli mercoledì 14 dicembre 2016 ore 13:55
made_in_china al Teatro Era
Dal 16 al 18 dicembre lo spettacolo che racconta la passione cinese del
pittore Vincent Van Gogh. L'attrice Marsicano candidata al Premio Ubu
PONTEDERA — made_in_china – postcards from Van Gogh è un lavoro che
trova ispirazione nel grandissimo pittore olandese, non solo dalla
produzione pittorica, ma anche da quella letteraria: le lettere a Theo,
ma soprattutto quelle a Émile Bernard e alla sorella Wilhelmina.
Lo spettacolo è in programma al Teatro Era venerdi 16, sabato 17
dicembre alle 21, domenica 18 dicembre alle 18,30. Lo spettacolo era
già stato programmato nel 2015.
In scena ecco allora da una parte la solitudine, la follia, il caso che
ci riportano alla tormentata esistenza del pittore olandese; dall’altra
la ricerca di un metodo infallibile per ripetere il caso, riprodurre
miracoli a richiesta: una catena di montaggio in grado di pianificare
la spontaneità, quella che vive quotidianamente il giovane artigiano
della riproduzione seriale cinese.
made_in_china è uno spettacolo su Van Gogh, ma soprattutto per Van
Gogh.
Il lavoro nasce da un’attenzione meticolosa ai dettagli degli ultimi
quadri, dipinti durante il periodo di maggiore agitazione psicotica.
Proprio da questi dettagli il testo prende vita e scorre attraverso
suggestioni e richiami a quattro dipinti scelti: Autoritratto con
orecchio bendato, La sedia vuota, Notte stellata, La camera di Vincent
ad Arles.
Un alternarsi e intrecciarsi di quadri di Van Gogh e tracce della sua
vita, il cui flusso è interrotto da piccoli episodi in cui i segreti
dell’arte del Feng Shui cinese convivono con l’alienazione del lavoro
in fabbrica, grazie alla drammaturgia scenica di Claudia Marsicano
(giovanissima promessa del teatro contemporaneo) e Simone Perinelli
(anche autore de testo). La ricerca scenica punta a trovare una nuova
pratica del lavoro attoriale a due, cercando di contrastare quelle che
sono le garanzie, ma anche i cliché, del rapporto uomo-donna sulla
scena. Lo stile è suggerito dal titolo dello spettacolo. Richiama
quell’universo kitsch ed effimero proprio dell’oggetto cinese a basso
costo.
“Pensando all’ opera d’arte e al suo significato di eternità - ha detto
Perinelli - non potevamo non cadere nel suo contrario e cioè nell’opera
made_in_china effimera, a basso costo e destinata alla
deteriorabilità. Un contrasto che dà vita ad un luogo geografico e
mentale: la Cina. Un luogo lontano ma che ci dà la misura di fin dove
sia arrivata (a sua insaputa) la fama del pittore; fabbriche a cielo
aperto dove quotidianamente “artisti” riproducono Van Gogh su richiesta
e su misura".
L’attrice Claudia Marsicano, 24 anni, protagonista insieme a Simone
Perinelli di made_in_china è in finale al prestigioso Premio Ubu,
maggior riconoscimento per il teatro italiano, come migliore nuova
attrice Under 35.
L’eurozona made_in_china
Un giorno qualcuno ci spiegherà come sia possibile immaginare una
moneta unica in un mercato dove il costo del lavoro orario oscilla da
3,7 a 39 euro.
Gli studiosi ripetono da anni che un’area valutaria ottimale dovrebbe
prevedere fattori di produzioni omogenei, oltre a un sistema di regole
simili. E invece…
Invece la Commissione europea il 10 aprile scorso, forte dei dati
Eurostat, ha certificato l’estremo divario che esiste nei paesi
dell’Ue. Squilibri che non riguardano solo l’annosa questione delle
partite correnti, ma la struttura stessa della società, a cominciare
dal mercato del lavoro, profondamente differenziato sia per costi che
per produttività.
Non c’è da stupirsi che, sempre il 10 aprile, la Commissione abbia
squadernato il suo cahier de doléance elencando la bellezza di 13 paesi
su 27 dell’intera zona alle prese con squilibri strutturali anche
gravi.
Strano non siano di più.
Guardiamo i dati. In Bulgaria il lavoro costa 3,7 euro l’ora, mentre
nell’eurozona la media è di 28 euro; 23,4 nell’Ue a 27. I più cari sono
i lavoratori svedesi, che costano 38,1 euro l’ora. I francesi, al
quinto posto, quotano 34,2 euro, i tedeschi, in nona posizione, 30,4
euro.
Noi italiani siamo sotto la media Ue17, a 27,4 euro. In compenso
abbiamo una delle più alte percentuali di incidenza dei fattori non
salariali sul costo del lavoro. Il famoso cuneo fiscale che pesa da noi
il 27,9% a fronte, ad esempio, del 12,4% danese (secondo in classifica
per costo del lavoro totale).
Molto interessante è vedere cosa è successo alle retribuzioni dell’Ue a
27 dall’inizio della crisi.
Nei cinque anni fra il 2008 e il 2012. Nell’Ue a 17, quindi i paesi
dell’Euro, i salari sono cresciuti dell’8,7%. Nell’Ue a 27 poco meno:
l’8,6%.
La prima domanda è se tale aumento abbia almeno coperto l’inflazione
nel periodo considerato. E anche qui, prima o poi qualcuno ci spiegherà
come sia possibile avere una Banca centrale che fissa un target
d’inflazione al 2% e 27 paesi con inflazioni differenti.
Per cui la risposta è: dipende. In alcuni paesi, i salari si sono
deflazionati. In altri (pochi) sono cresciuti in termini reali.
La seconda questione è vedere la differenza di crescita delle
retribuzioni nei vari paesi nel quinquennio.
Anche qua, gli squilibri sono evidenti. Abbiamo realtà come la Grecia,
dove il costo del lavoro è diminuito dell’11,2%, e altre come la Svezia
dove invece è cresciuto del 23,3%. Scenari deflazionistici sono
rilevati in Ungheria, -4,6%, in Polonia, -2,6%, mentre in Portogallo si
va verso crescita zero (+0,4%) come anche in Irlanda (+0,8%).
Nei paesi core dell’eurozona, si va dal +9,5% della Francia al 9,1%
della Germania el’8,9 italiano, poco sopra l’8,3% spagnolo.
In pratica, stante i tassi di inflazione registrati nei quattro paesi
nel frattempo, la crescita reale dei salari è stata risicatissima, per
non dire nulla, salvo forse per la Germania e per l’Austria (+15,5%).
Una caratteristica, questa sì, comune a tutta l’eurozona. Non si salva
neanche la ricca Olanda, dove il costo del lavoro è cresciuto di appena
il 7,5% in cinque anni.
Degno di nota il dato per la Gran Bretagna. In cinque anni il Regno
Unito ha incrementato il costo del lavoro di appena il 3,3%. I
rubinetti della Banca centrale inglese, evidentemente, non arrivano a
irrigare i portafogli del lavoratori.
Questi incrementi retributivi fanno i conti con mercati del lavoro
sempre più devastati dalla disoccupazione che, naturalmente, tende a
deprimere ancora di più i redditi. E a guardare le cifre viene il
fondato sospetto che l’unica convergenza possibile fra i paesi
dell’Eurozona e, in generale, dell’Ue sia proprio questa: un costo del
lavoro sempre più decrescente, a partire proprio dai paesi in
difficoltà, per garantirsi la competitività.
Il caso della Grecia è eclatante, e con pochi precedenti nella storia
recente.
Anzi no, uno c’è. Ce lo illustra un interessante studio dell Banca dei
regolamenti internazionali uscito pochi giorni fa.
A metà degli anni ’90, fra il 1994 e il 1997, i salari nominali cinesi
furono tagliati di oltre il 30%. Ci fu un lieve aumento l’anno
successivo ma poi la crescita si è sostanzialmente arrestata. Nel 2010,
quindi oltre 15 anni dopo, malgrado gli aumenti registrati nel
frattempo, i salari cinesi non avevano ancora raggiunto il livello del
’94.
Perché mai la Cina fece una cosa del genere?
All’interno la manovra servì ad abbattere notevolmente l’inflazione
(che evidentemente dipende molto dal costo del lavoro). All’esterno, la
Cina si preparò a entrare nel WTO (accadde nel dicembre del 2001),
l’organizzazione mondiale del commercio. Il taglio dei salari fece
schizzare verso l’alto la produttività dell’industria, più che
triplicata. La conseguenza fu che la Cina iniziò a crescere del 10%
l’anno grazie alle esportazioni.
Un caso classico di mercantilismo spinto.
In Europa, qualcosa di simile è successo in Germania dopo le riforme
del mercato del lavoro dei primi anni del 2000. I salari sono stati
deflazionati, la produttività è andata alle stelle e sono decollati,
grazie anche all’introduzione dell’euro, i surplus commerciali. Il calo
dei salari ha depresso le importazioni tedesche tenendo sotto controllo
l’inflazione.
Si dice spesso che i tedeschi siano i cinesi d’Europa.
Ma forse ormai tutta l’Eurozona è sempre più made_in_china
Materiali made_in_china VS Made in Germany
Ciao Caro 2016
31 Dicembre 2016
Un Impianto TV Lungo Un Anno – Ospedale Verona
4 Febbraio 2017
0
Materiali made_in_china VS Made in Germany
Sappiamo bene come la tecnologia sia diventata alla portata di tutte le
tasche, da diverso tempo anche, e la causa principale la troviamo nella
cosi chiamata globalizzazione.
In poche parole la manodopera in certi paesi viene pagata meno, i
controlli sulla qualità sono meno rigorosi, le leggi ambientali meno
opprimenti e gli adempimenti per le aziende molto minori; insomma un
insieme di cause che portano queste imprese a produrre materiali,
assemblarli e commercializzarli ad un prezzo molto ridotto rispetto ad
un’impresa italiana ad esempio.
Il paese che ha avuto e sta avendo maggiore influenza su questa
globalizzazione è la Cina, famosa per saper duplicare se non copiare i
progetti e i prodotti che vengono creati da altri.
La Cina è anche il grande assemblatore del mondo, molti infatti
mantengono la progettazione nel quartier generale per delegare alla
manodopera cinese la fase di assemblaggio e talvolta la distribuzione.
In questo caso però la qualità rimane alta perché, nella fase di
progettazione e realizzazione, ci sono aziende e persone che si curano
di avere un prodotto di una certa qualità.
Quello che invece arriva direttamente dalle aziende, ad esempio Cinesi,
ed intendo progettazione, realizzazione e assemblaggio fatto
completamente da loro, stiamo imparando a farci molta molta attenzione.
Come precisato in precedenza, gli adempimenti e le normative che
regolano la produzione e la lavorazione di certi materiali sono diverse
nei paesi dell’Asia.
Questo si traduce in un loro vantaggio competitivo davvero importante!
Ti basti pensare ai prezzi di molti oggetti elettronici che derivano
completamente da aziende asiatiche e/o con simili vantaggi.
Un vantaggio che luccica ai nostri occhi, prezzi davvero bassi per
avere un prodotto che dovrebbe fare la stessa cosa del concorrente a
prezzo più alto e sembra inoltre che tutto ciò venga certificato e
testato per garantirne davvero la funzionalità.
Non sto parlando di cose che accadono da poche settimane o mesi, no… è
da almeno 10 anni che anche non volendo acquistiamo prodotti figli
della globalizzazione.
10 anni sono uno storico che ti permette di analizzare quanto sia
davvero di qualità quel prodotto acquistato.
Personalmente sento la frase “non ci sono più i prodotti di una volta”
quasi tutti i giorni visto che lavoro in un settore dove s’interagisce
molto con i clienti nel momento in cui c’è qualche guasto.
Ma questo non solo nella mia particolare categoria di lavoro, accade
con le automobili, gli elettrodomestici bianchi, i computer, le
televisioni, gli accessori, i vestiti ecc…
Se ci pensiamo ci sono pochissimi settori della tecnologia che non sono
entrati a contatto con questo fenomeno, la maggior parte riporta
l’etichetta made_in_china anche se questo non è necessariamente un
simbolo di minor qualità perché anche la Apple (considerata
un’eccellenza nel campo tecnologico) si avvale di manodopera cinese,
ritengo sia comunque giusto realizzare il fatto che il prodotto
potrebbe non avere tutti crismi per funzionare adeguatamente e agli
stessi livelli per un tempo accettabile che a mio parere sia di almeno
5 anni, a seconda del tipo di prodotto.
Nel mio settore in particolare, quello delle telecomunicazioni e del
wi-fi, quindi altamente tecnologico, abbiamo assistito a questo
fenomeno in modo eclatante.
Molte delle aziende che producevano in Italia hanno esportato in Cina
almeno la parte di assemblaggio, altri sono andati completamente a
produrre là e infine le case cinesi hanno comprato o copiato i progetti
e oggi molti prodotti vengono progettati costruiti e assemblati
direttamente da loro.
Come al solito però la qualità non viene presa in considerazione e
vengono prodotti materiali che necessariamente devono costare poco,
perché la vera forza del mercato Orientale è il prezzo!
Il prezzo basso deriva da molte cose, alcune le ho accennate prima…
manodopera, adempimenti, normative di produzione, regole d’igiene ecc.
ecc. vengono spesso sorpassate perché inesistenti nel paese di
produzione.
Ma soprattutto abbiamo un prezzo basso perché i componenti usati hanno
un prezzo basso e quindi di scarsa qualità; la logica orientale sembra
essere quella di far funzionare le cose fino al momento in cui uno le
acquista, dopo qualche mese può anche rompersi che è uguale, intanto è
stata venduta.
Eppure l’esperienza di 30/40 anni fa rimane, i nostri nonni e genitori
sanno che possono esser prodotti materiali che durano in eterno o quasi
perché una volta era veramente così, fino a quando i produttori si sono
resi conto che il tempo tra un’acquisto e un altro era troppo distante
e quindi hanno preferito accorciare questo tempo diminuendo la qualità
e naturalmente il prezzo.
Quindi la domanda è? Possiamo oggi ancora avere dei prodotti come
quelli di una volta, se sì verrebbero davvero apprezzati dal
consumatore di oggi?
Eh si perché anche noi ci siamo in qualche modo abituati ad acquistare
prodotti cinesi o che derivano da mercati con meno leggi e costi di
produzione.
Quindi purtroppo, volente o nolente, dobbiamo affermare che la causa di
questo progresso è la domanda, che proviene direttamente da noi.
A volte effettivamente si fa fatica a trovare alternative rispetto ai
prodotti importati, altre volte è davvero solo il prezzo a farci gola e
a desiderare l’articolo tanto da acquistarlo.
Tuttavia le alternative esistono e sono ancora ben presenti, parlo di
materiali e prodotti che derivano da una linea di produzione
controllata, certificata e testata.
[centralino_madeingermany-1024x512.jpg] Nel mio lavoro anche io ho
dovuto fare una scelta, avere un prezzo concorrenziale con i miei
competitor, montando quello che montano anche loro o continuare a
ricercare la qualità negli impianti e questo significa solo prodotti di
eccellenza dalla A alla Z.
Il mercato e quindi la domanda anche qui si è spaccata, perché da una
parte ci sono le persone che vogliono quell’impianto tv ma non
interessa se si guasta tra 3 mesi o un anno, l’importante è
installarlo, montarlo e consegnarlo.
Dall’altra invece c’è l’attenzione alla qualità intesa come
investimento nel tempo, mio nonno infatti è solito ripetermi:
Chi più spende meno spende.
ed effettivamente è quello che succede quando si spende di più
all’inizio per ammortizzare la spesa nel tempo perché non sono
necessarie continue manutenzioni o adeguamenti.
Anche noi di AmicoAntennista e SubitoSegnale abbiamo dovuto spaccarci e
prendere una decisione a riguardo, quale clientela soddisfare e quale
messaggio fare arrivare alle persone di noi?
Non è stato semplice decidere ma alla fine abbiamo scelto la qualità,
si perché vogliamo esser chiamati non per il nostro prezzo basso ma per
la cura e l’attenzione che ci mettiamo nel fare questo lavoro.
Ecco allora che sono nate le nostre esclusive garanzie di 5 e 10 anni
sugli impianti tv e wifi che installiamo, grazie alle quali possiamo
eliminare ogni rischio per che te acquisti un impianto da noi.
Se succede qualcosa all’impianto in garanzia interveniamo senza costi,
sostituiamo i prodotti guasti e rimettiamo in funzione il tutto.
Abbiamo anche aggiunto due settimane ai classici 14 giorni per avere il
rimborso se non sei soddisfatto, con noi infatti puoi provare
l’impianto 30 giorni e se non ti soddisfa puoi decidere di
riconsegnarlo e riavere quello precedente che è stato smontato.
Queste garanzie sono incluse nei nostri impianti perché siamo sicuri di
poterle dare dal momento che installiamo solo prodotti certificati, che
provengono dall’unione europea o che sappiamo come son stati lavorati
fuori dall’UE.
Prodotti che testiamo personalmente in laboratorio e facciamo testare
ai nostri rivenditori.
Sicuramente siamo più cari di qualche altro concorrente che mira a
continuare a rivendere al cliente perché qualcosa si è rotto o qualcosa
non funziona, proprio come i produttori cinesi che mirano a dare un
prodotto funzionante al momento dell’acquisto ma che possa rompersi
velocemente.
Quello a cui miriamo noi è un impianto che possa dare di più, più a
lungo e lo garantiamo anche 10 anni per darti la sicurezza di ricevere
un prodotto finito a regola d’arte e che non sia per te un peso nel
tempo, sicuramente investirai di più all’inizio ma le manutenzioni nel
tempo sono pressoché nulle.
È un pò come gli impianti elettrici demotici contro quelli
tradizionali, costano anche un 30% in più all’inizio ma grazie alle
automatizzazioni nel riscaldamento, nelle luci ed altro aiutano ad
abbassare notevolmente i costi energetici di una casa nel tempo.
Attualmente stiamo lavorando per pacchettizzare il più possibile i
nostri impianti tv e wifi e dare un prezzo che possa essere, almeno
inizialmente, uguale per tutti i nostri clienti, un riferimento
insomma.
Intanto quello che puoi fare per saperne di più sui nostri metodi di
lavorazione o richiedere un appuntamento conoscitivo, puoi contattarci
dalla pagina:
SubitoSegnale Italia – Lascia la tua email e il tuo nome e potrai
parlare subito con un responsabile, rispondendo all’email che riceverai
dopo pochi minuti o chiamando al numero di telefono.
Chery: il nuovo SUV made_in_china prende forma
La vettura sarà presentata al prossimo Salone dell'auto di Francoforte
Fari a led, gomme dalle dimensioni generose e dettagli cromati: alla
Chery sanno cosa piace al mercato occidentale.
Foto Chery SUV
Chery – Il made_in_china è un fattore sempre più determinate
nell’economia mondiale e il comparto auto non fa differenza. Negli
ultimi anni stanno aumentando in maniera esponenziale i veicoli
provenienti dal sol levante.
Se i primi erano soprattutto city car o mezzi estremamente agili,
quelli proposti più recentemente strizzano l’occhio a gusti molto
affini al mercato occidentale. Chery non sta certo a guardare e nel
prossimo futuro lancerà sul mercato un serie di auto nuove, capitanate
da un SUV compatto.
In rete si possono trovare già i rendering di questo veicolo che sarà
presentato ufficialmente al Salone dell’auto di Francoforte in
programma il prossimo 12 settembre. Di questo SUV si conosce abbastanza
poco, soprattutto a livello tecnico. Quello che trapela riguarda
sostanzialmente l’aspetto esteriore. Le linee si ispirerebbero alla
natura, nel rispetto del mood “Life in Motion” dell’azienda. Ma non è
tutto. Il design sarà impreziosito da una barra cromata anteriore, mini
gonne laterali, fari a led e gomme dalle dimensioni generose.
“Il nostro nuovo SUV farà da apri pista nel mercato europeo – ha
dichiarato il vice presidente esecutivo del R&D Center Shanghai, Ray
Bierzynski -. Nei prossimi anni lanceremo gli altri nostri modelli,
tutti caratterizzati da un design unico e da soluzioni tecnologiche e
funzionali”.
Non resta che aspettare.
Auto cinesi, la Baic apre una base a Torino
Le case automobilistiche cinesi si stanno espandendo sempre di più
anche al di fuori dei loro confini nazionali. La Baic,
Il made_in_china diventa "Innovated in China"
Il made_in_china è sempre stato sinonimo di innovazione. Le invenzioni
dei cinesi hanno influenzato la storia dell'umanità: dalla carta alla
stampa a caratteri mobili, dalla bussola alla polvere da sparo.
Nell'attuale epoca della produzione globale la Cina si è
contraddistinta per la capacità di produrre rapidamente e a basso
costo, spesso a discapito della qualità dei prodotti.
Se da una parte la Cina è il luogo di assemblaggio di prodotti
d'eccellenza Package and Product Designed in Occidente, dall'altra lo è
anche per quei prodotti low-cost che vengono realizzati localmente
sfruttando un basso costo del lavoro, che hanno pian piano portato a
screditare il made_in_china agli occhi di consumatori sempre più
informati.
La sfida dal made_in_china all'Innovated in China
La Cina è uno dei mercati più importanti al mondo, ma questo non le
basta, e così si è posta un obiettivo preciso: diventare Innovation
Nation entro il 2020. Come raggiungere tale risultato? Abbandonando il
concetto di made_in_china per sostituirlo con "Innovated in China".
Il paese dispone di una massiccia forza lavoro ed il governo offre
forti finanziamenti per l'innovazione. Tuttavia le grandi scoperte
tecnologiche continuano ad avvenire nei centri Ricerca & Sviluppo delle
grandi imprese straniere. Le aziende cinesi stesse sono convinte che
per crescere abbiano bisogno di integrare al proprio interno uno
specialista straniero, come ha fatto Xiaomi nel 2013 soffiando Hugo
Barra a Google.
Da cosa ripartire?
La maggior parte delle compagnie cinesi ritiene che innovazione sia la
capacità di riprodurre gli stessi prodotti dei competitors, ma più
semplici ed economici: la ricerca è focalizzata su prezzi, produzione e
distribuzione. Ma i tempi stanno già cambiando, e con l'altissimo
livello di competitività del mercato alcune aziende cominciano ad
investire in un ciclo di Ricerca & Sviluppo a medio-lungo termine.
Le case histories dell'eccellenza "Innovated in China"
Nella lista The World's Most Innovatives Companies stilata da Forbes
troviamo ben sei società con Head Quartet in Cina: Henan Shuanghui
Investment (al 24° posto in classifica), Tingyi Holding (25°), Hengan
International Group (26°), Baidu (31°), Tencent Holdings (37°) ed Inner
Mongolia Yili (80°).
Le firme tecnologiche come Xiaomi, Tencent e Baidu hanno trovato il
loro punto di forza non nel replicare i prodotti dei competitors
occidentali ma nel partire dalle idee di questi per costruirvi sopra
innovativi business model.
L'applicazione WeChat, fondata dalla cinese Tencent nel 2011 e
competitor di WhatsApp, non si è limitata alla messaggistica istantanea
ma ha creato una piattaforma mobile in grado di offrire contenuti e
servizi, in aggiunta ad un sistema di comunicazione all-in-one. Tra i
primati di questa App vi è quello di essere stata la prima ad inserire
nella propria piattaforma il tasto push-to-talk.
La rivoluzione digitale alla base del processo di "Innovated in China"
La Cina vanta 632 milioni di utenti online, attivi su 700 milioni di
smart devices. Nel 2013 le vendite e-tailing hanno raggiunto quota 300
miliardi di dollari. Ogni giorno l'e-commerce Taobao effettua
transazioni per un valore superiore ai 36 milioni di RMB (circa 6
miliardi di dollari), su Baidu vengono effettuate circa 5 miliardi di
ricerche mentre centinaia di miliardi di comunicazioni avvengono su
WeChat.
La conseguenza diretta di questa rivoluzione digitale è la creazione di
nuovi mercati cui destinare sia prodotti che servizi, ampliando
l'offerta di lavoro per chi possiede le competenze digitali. L'aumento
della produzione digitale guiderà la Cina attraverso una rapida
crescita economica.
Un'economia che si genera online
L'economia generata online nel 2013 ha costituito il 4,4% del PIL della
Cina (un valore percentuale superiore a quello di Stati Uniti e
Germania) e gli esperti prevedono che entro il 2025 la produttività
derivata da internet possa raggiungere il 25% del PIL.
I settori su cui la rivoluzione digitale andrà ad impattare
maggiormente sono:
- l'elettronica di consumo, attraverso la creazione di nuovi mercati
per smart devices e l'implementazione della banda larga
- l'industria automobilistica, un mercato che sta ancora prendendo
forma e che già si interfaccia col web. Skoda e Volkswagen stanno
sperimentando la vendita delle auto attraverso i loro portali ufficiali
e sono già nate piattaforme come BitAuto e AutoHome, dedicate al
commercio verticale delle vetture
- l'industria chimica, in questo settore internet è in grado di
veicolare la catena del valore ed ottimizzare i processi produttivi al
fine di sviluppare prodotti sofisticati in modo rapido e con costi
contenuti
- i servizi finanziari, la scelta di usare il web comporterà per le
aziende una riduzione dei costi associata all'espansione in nuovi
mercati. Come ? Attraverso l'invio di un'ingente numero di dati in
tempo reale alle banche che saranno così in grado di valutare gli
investimenti riducendo assai il margine di rischio
- il settore immobiliare, "dal mattone al click", un passaggio
obbligato non solo per chi cerca casa ma anche per costruttori ed
agenti immobiliari. Le nuove tecnologie impatteranno anche nel settore
alberghiero: i viaggiatori saranno sempre più in grado di mettersi in
contatto con privati che affittano le proprie abitazioni a discapito
degli hotel.
- l'assistenza sanitaria - internet renderà il sistema sanitario più
efficace fornendo tecnologie in grado di migliorarne la gestione, la
telemedicina ed il monitoraggio remoto. La qualità delle cure
migliorerà anche grazie alla possibilità che verrà data agli utenti di
votare e revisionare ospedali e medici.
Perché tutto ciò sia possibile il governo e le aziende dovranno però
affrontare questioni di rilievo quali la tutela della privacy, la
gestione della condivisione dei dati, la liberalizzazione dei mercati,
lo sviluppo di forza lavoro altamente qualificata e l'espansione della
rete di infrastrutture internet.
JD.com, la maggior compagnia di e-commerce in Cina per fatturato, offre
ai consumatori cinesi un’esperienza di shopping on line che spazia
dall’elettronica di consumo e beni di lusso a cibi freschi, prodotti
per la casa e abbigliamento. In questa intervista, Lijun Xin,
presidente della divisione Home&Life, racconta l’esperienza all’ultima
Design Week milanese e i rapporti con il made_in_italy nel settore
dell’arredo.
JD.com ha deciso di essere presente alla Design Week milanese e alla
mostra di Interni, uno degli eventi più importanti del FuoriSalone
2017che per il ventesimo anno mette in passerella il meglio del design
e del progetto a livello internazionale. Quali gli obiettivi che JD.com
si è prefissa con questa partecipazione?
Il Salone del Mobile di Milano è la fiera di riferimento a livello
internazionale per il settore dell’arredo e per il design. La nostra
partecipazione al Salone e al FuoriSalone, attraverso l’installazione
Matrix (curata da Yang Dongjiang e realizzata in collaborazione con
Interni China) all’Università degli Studi di Milano nell’ambito della
mostra-evento Interni Material Immaterial (vedi servizio sul numero 672
di Interni di giugno 2017) ha un duplice obiettivo: farci conoscere
maggiormente dalle imprese italiane e poter trasmettere al consumatore
cinese i nuovi trend dell’arredo di design.
JD.com, oggi la maggiore compagnia cinese di e-commerce in termini di
fatturato, si pone come esperienza di shopping on line. Può raccontarci
quali sono le categorie merceologiche gestite dalla divisione Home
&Life e come l’utente cinese risponde a questa esperienza nei confronti
del settore arredamento e design?
I settori della divisione Home&Life sono quelli dell’arredamento per la
casa, una delle categorie in espansione più veloce su JD.com con un
tasso medio di crescita di oltre il 100% negli ultimi anni. Una
divisione one-stop-shop di qualità con sotto-categorie quali arredi,
articoli per la casa, tessuti per la casa, stoviglie, home decor.
La risposta del consumatore cinese è ottima se consideriamo che abbiamo
226 milioni di utenti attivi e siamo in corsa per diventare entro il
2021 la maggior piattaforma di e-commerce B2C in Cina. Questo anche
grazie alla più grande rete logistica cinese nel settore che permette
di fornire un elevato livello di servizi: durante lo scorso anno, fino
al 92% degli ordini di vendita diretta sono stati consegnati in
giornata o il giorno successivo con un alto tasso di soddisfazione per
la clientela.
JD.com offre ai brand internazionali la possibilità di accedere alla
domanda di arredi per la casa da parte del mercato cinese: può
diventare un ponte capace di collegare Italia e Cina nel segmento del
design? Restando nel settore dell’eccellenza, la piattaforma ha in
programma di ampliare le competenze anche nel food e nella moda, altri
due capisaldi del made_in_italy nel mondo?
Nessun dubbio che l’offerta giusta per la clientela cinese sia il made
in Italy. Abbiamo già relazioni di partnership con alcune dei maggiori
brand italiani del lusso come Trussardi, Tod’s, Luxottica. Nel 2015
abbiamo partecipato alla Milano Fashion Week e nel 2016, in occasione
dellla Design Week, abbiamo incontrato aziende rappresentanti
dell’eccellenza italiana per iniziare un percorso di inserimento nella
piattaforma. Quest’anno, possiamo annunciare la vendita dei prodotti di
tre brand dell’arredamento made_in_italy come Savio Firmino, Bordignon
e Contractin.
Può spiegarci quali sono le principali differenze tra JD.com e il
principale competitor cinese Alibaba.com? Può anche fornirci gli ultimi
dati circa il volume di affari e il fatturato di JD.com?
In comune abbiamo soltanto la caratteristica di essere entrambi
piattaforme di e-commerce. A differenza di Alibaba.com (che è una
piattaforma B2B) che si limita a mettere in contatto fornitore e
cliente, noi gestiamo una serie di servizi tra cui marketing,
individuazione del target dei consumatori, deposito e consegna, oltre a
una varietà di opzioni di finanziamento e pagamento. JD.com, quotata in
borsa, al Nasdaq, sotto il simbolo teleborsa “JD”, con un un volume di
affari di 135,3 miliardi di dollari si è affermata nel 2016 come la più
grande società internet cinese per fatturato e come terza a livello
mondiale, con un fatturato netto di 37,5 miliardi dollari.
Qual è la politica e la posizione di JD.com nei confronti della tutela
dei brand, della proprietà intelletuale e della lotta alla
contraffazione?
La tolleranza è zero: o le aziende presenti sulla piattafoma
garantiscono elevata qualità del prodotto e rispetto del diritto
d’autore oppure vengono espulse. Anche per questo motivo vogliamo
portare aziende del made_in_italy in Cina attraverso JD.com: i prodotti
italiani infatti non garantiscono solo qualità, originalità,
creatività, ma sono portatori di una filosofia, di una esperienza
culturale da diffondere.
Intervista a cura di Danilo Signorello
Lijun Xin nel labirinto di cartoni e video dell'installazione Matrix
L'installazione Matrix all'Università degli Studi di Milano durante la
mostra evento Material Immaterial L'installazione Matrix all'Università
degli Studi di Milano durante la mostra evento Material Immaterial
Lijun Xin, presidente della divisione Home&Life di JD.com: tra le mani
il simbolo del sito di e-commerce I prodotti Savio Firmino sul sito
CINA. Creato un fondo per lo sviluppo di aeromobili made_in_china
Commercial Aircraft Corp of China Ltd, società produttrice statale di
aerei passeggeri di Shanghai, ha dichiarato che prevede di istituire un
fondo di miliardi di yuan quest’anno per sostenere ulteriori ricerche e
sviluppo di componenti di aeromobili e delle relative società di
approvvigionamento.
Secondo quanto riporta China Daily, la società ha dichiarato che il
fondo Comac sta intraprendendo il processo di registrazione e vi
saranno investiti più di 10 miliardi di yuan.
La società ha dichiarato che il fondo di investimento dovrebbe condurre
ad una rapida crescita delle catene industriali a monte e a valle e di
altri settori di produzione di altissima qualità, come l’elaborazione
metallurgica e i controlli dinamici, per il jet passeggeri C919.
Questi fondi dovrebbero alimentare le società coinvolte attraverso
investimenti diretti e aiutarle a lanciare ulteriori fusioni e
acquisizioni all’interno dell’industria. Il successo del C919 ha
dimostrato la capacità di Comac di realizzare aerei moderni, riporta il
giornale e il passo successivo è quello di nutrire le aziende cinesi
per rendere le strutture e i componenti dell’aereo un’altra gamma di
prodotti fatti in Cina.
Nella fase iniziale, il fondo si concentrerà sullo sviluppo e la
ricerca di componenti di aeromobili quali motori, controlli e
dispositivi elettronici. Più di 240 aziende locali servono come
fornitori e produttori per il C919, che ha più di 100 mila componenti.
Il prossimo passo per Comac, prosegue il giornale, è quello di
sostenere più società cinesi nella catena di produzione di aeromobili e
il fondo appunto fornirà un sostegno favorevole alla crescita del
settore.
Oggi, molte aziende di produzione dell’aviazione cinese non hanno
abbastanza risorse finanziarie per la ricerca e lo sviluppo della
produzione di fascia alta, in particolare per produrre componentistica
delicata e complicata per velivoli di fascia elevata. Queste società
hanno bisogno di sostegno esterno per crescere più velocemente e
produrre prodotti più competitivi.
Maddalena Ingrao
CINA. I nuovi alchimisti creano oro dal rame
CINA. Solo dati economici ufficiali per l’hub export, bloccati tutti gli
altri
CINA. I nuovi alchimisti creano oro dal rame
made_in_italy e made_in_china made insieme
Francesco Rutelli, presidente del Forum Culturale Italia-Cina
L’apertura del Forum culturale tra Cina e Italia, fortemente voluto dai
due Governi, richiede da parte nostra un forte e sincero ringraziamento
al Governo cinese, e in particolare a S. E. il vice-ministro Ding Wei,
per l’eccellente organizzazione ed accoglienza. Il Forum, istituito nel
luglio 2016 grazie alla firma tra i Ministeri della Cultura,
corrisponde ad alcuni propositi ambiziosi. Alla presenza delle autorità
cinesi, vorrei ringraziare per il suo impegno il ministro Dario
Franceschini; sottolineare la determinazione del Ministero degli
Esteri, grazie al ministro Paolo Gentiloni, oggi primo ministro, e al
ministro Angelino Alfano: l’Ambasciata guidata da S. E. Ettore Sequi e
la Direzione generale diretta da Vincenzo De Luca, che hanno coordinato
assieme al Mibact l’efficace azione di parte italiana.
Il primo proposito è di legare indissolubilmente l’unicità del
patrimonio culturale dei nostri Paesi alle altrettanto vibranti
espressioni della creatività e delle industrie culturali del nostro
tempo. Guardiamo alle migliori tradizioni ed esperienze della storia
per renderle più vive nella contemporaneità.
Le esperienze ci consentono di guardare al futuro. Siamo ispirati da
conoscenza e valorizzazione delle nostre culture pluri-millenarie;
siamo motivati dalle novità di oggi, nei settori del cinema e
dell’audiovisivo, del design, dell’architettura e dell’arte
contemporanea, del grande spettacolo dal vivo, della moda, e del gusto
- anch’esso, un’arte dell’esperienza umana, non solo alta espressione
dell’industria, del lavoro e del commercio, come ha dimostrato il
successo dell’Expo 2015 a Milano (che ha fatto seguito a quella di
Shanghai 2010).
Chi scrive ha avuto l’onore di firmare l’Accordo di cooperazione tra le
città capitali, Roma e Pechino. Non si può guardare a quell’esperienza
di venti anni fa, senza vedere il nostro mondo così profondamente
cambiato. Eppure, se la Cina ha compiuto straordinari progressi sulla
scena internazionale, e l’Italia ha consolidato il suo ruolo come
nazione tra le più vitali al mondo, una cosa non è cambiata: è la
nostra profonda, e autentica, amicizia.
Un’amicizia sviluppata lungo i millenni, che i nostri popoli sentono
più viva che mai. Oggi, noi dobbiamo portarla a nuovi traguardi
condivisi. Ecco perché non avremmo potuto, in occasione dell’importante
visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e dei suoi
colloqui con il leader della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping,
limitare i nostri incontri e progetti bilaterali agli aspetti
economici, propri del Business Forum, nella strada che porta al 2020,
50nario dello stabilimento delle nostre relazioni diplomatiche.
Il Forum culturale, infatti, non è meno indispensabile. Noi vogliamo
che sia innovativo e produttivo di risultati stabili e concreti tra i
nostri governi, le nostre realtà culturali, i nostri popoli. Il
comunicato congiunto finale, che rifletterà i lavori preparatori e
l’intensa giornata di impegno comune che ci attende, testimonia questa
volontà.
Il secondo proposito, è di aprire una strada nuova sotto l’egida
dell’Unesco: una organizzazione delle Nazioni Unite che - se non fosse
stata istituita nel 1945, sulle macerie della II guerra mondiale -
dovremmo inventare nel mondo di oggi, in quanto lega assieme i grandi
obiettivi della cultura, dell’educazione, delle scienze,
dell’informazione. Ovvero. l’autentica infrastruttura del dialogo e
della comprensione reciproca, che deve permettere alla comunità
internazionale di prosperare nella pace, nel pluralismo e nella
costruzione di un nuovo umanesimo, se non vuole precipitare ancora una
volta nelle buie e terribili spirali della contrapposizione e del
conflitto.
Un mondo multipolare ha bisogno di istituzioni multilaterali
efficienti. Ed è indispensabile che il loro operato sia compreso e
condiviso dai nostri popoli. Ecco perché - su indirizzo congiunto del
presidente cinese Xi Jinping e dei premier italiani Matteo Renzi e
Paolo Gentiloni - noi proponiamo oggi un’iniziativa unitaria, del tutto
originale: il gemellaggio tra Siti Unesco cinesi ed italiani. Non tanto
per rimarcare un primato che ci accomuna, nel numero dei siti
patrimonio dell’umanità in campo culturale e naturale; ma per creare
legami stabili, operativi, capaci di suscitare sviluppo economico,
nuovi flussi di turismo sostenibile, nuova occupazione, soprattutto per
i nostri giovani.
Il terzo proposito può assumere un significato profondo in un tempo in
cui - di fronte a rischi e minacce che gli Stati e la Comunità
internazionale debbono contrastare con unità e fermezza - non pochi
puntano su paure, barriere, divisioni.
Noi vogliamo puntare su responsabilità e soluzioni condivise. Vediamo
un’ispirazione comune tra Italia e Cina basata sulla capacità di
apprezzare gli insegnamenti di chi ci ha preceduto. Un testo
classico–ha scritto Machiavelli–è un testo da cui si possono estrarre
idee nuove. Era vero nel Rinascimento; è vero ancora oggi.
In Italia, siamo stati terminale della Via della Seta, da Venezia, come
dall’antica Roma. Apprezziamo il valore della Nuova Via della Seta per
la crescita e la collaborazione nello spazio euro-asiatico.
Abbiamo letto, nel documento programmatico del progetto One Belt, One
Road, che tra le cinque priorità di cooperazione vi sono i legami tra
persone. Ebbene, questo è anche un tratto fondamentale del pensiero
italiano. La storia italiana è infatti profondamente segnata
dall’incontro tra influenze e culture diverse, dell’Occidente come
dell’Oriente. Fu Orazio a descrivere questa unicità italiana: i
bellicosi conquistatori - della Roma Imperiale - si fecero conquistare
dalla grande cultura della Grecia, che avevano soggiogato.
La nostra forza, di vera e propria superpotenza culturale, non è
stata e non viene esercitata con la presunzione dell’egemonia, ma con
il rispetto dell’altro. Con la curiosità verso novità e diversità, che
sono motori del cambiamento. Con il fascino dell’incontro. Con il
talento di produzioni industriali che creano ricchezza. Con l’arte
paziente della cooperazione.
Vorremmo invitare le generazioni cinesi aperte all’innovazione a
partecipare a un nuovo Grand Tour italiano. Oggi, è possibile scoprire
un’Italia che è meravigliosa nelle sue città, nei suoi paesaggi, nel
suo patrimonio materiale ed immateriale, e nelle sue produzioni
contemporanee: è aperta agli investimenti e alle collaborazioni con la
Cina. Vorremmo mettere in comune le generazioni propense ad una
globalizzazione non ingiusta, ma governata da quei valori che vogliono
ridurre le diseguaglianze e far crescere, in Oriente come in Occidente,
le rispettive classi medie, e quelle in sofferenza.
In Cina, vorremmo veder crescere le partnership nei settori culturali e
creativi con l’Italia. Della nuova Via della Seta noi siamo pronti a
far parte, come di quella storica. Nel mondo che cambia, le grandi
dinamiche di dimensione, popolazione e crescita economica inducono la
Cina a sviluppare una nuova diplomazia pubblica, una nuova diplomazia
culturale. L’Italia può esserne un partner strategico.
Sappiamo, come scrisse lo storico romano Cassio Dione, che i radicali
rinnovamenti richiedono sempre molto tempo e una grande
assennatezza. Ma lo scopo del nostro Forum non è di aspettare, né di
accontentarci.
Possiamo, entrambe le parti, realizzare collaborazioni di alto
livello.
Possiamo essere subito operosi. Possiamo ottenere risultati
estremamente concreti. E contribuire così all’interesse comune,
anch’esso concreto, del popolo cinese e del popolo italiano. Abbiamo
fiducia che queste giornate vedranno crescere molti frutti.
Derby made_in_china
Per la prima volta il derby di Milano si disputerà all'ora di pranzo
per venire incontro alle esigenze cinesi. Il rischio è che la dicotomia
nostalgici-moderni perda di vista i veri problemi delle due milanesi e
del calcio italiano in generale.
Nella programmazione della 32^ giornata di Serie A la Lega Calcio ha
preso una decisione che sta facendo molto discutere i tifosi delle due
squadre milanesi, ma che, almeno a livello simbolico, non può non
coinvolgere anche l’intero sistema del calcio italiano. Per la prima
volta il derby di Milano tra Inter e Milan – inizialmente previsto per
le ore 15 di sabato 15 aprile – si disputerà alle 12.30, nell’anticipo
dell’ora di pranzo che già tante polemiche aveva suscitato al tempo
della sua introduzione. Pur mancando conferme ufficiali alle
supposizioni fatte in merito alle ragioni di questa scelta, è
inevitabile pensare a una decisione dettata dall’intenzione di venire
incontro al mercato asiatico e al fuso orario di sette ore che
intercorre tra Milano e Pechino: alle 12.30 italiane in Cina saranno le
19.30, e ciò consentirà alle svariate migliaia di tifosi dell’Inter e
del Milan recentemente emersi in quei lidi di riversarsi sui
teleschermi per seguire una partita che, diversamente, si sarebbe
giocata in tarda serata o in orari notturni proibitivi. L’assoluta
novità di questo evento ha sin da subito suscitato molte polemiche,
creando una divisione sul tema che si profila come trasversale alle due
sponde calcistiche del Naviglio. Da una parte c’è chi ha senza
esitazioni bollato questa decisione come l’ennesimo esempio del
prostrarsi del “calcio moderno” agli interessi economici dettati dalle
televisioni e dagli sponsor internazionali, sempre in cerca di
spettatori e mercati nuovi, oltre che come una inaccettabile violazione
della tradizione del derby meneghino (disputato quasi sempre di sera).
Dall’altra, c’è chi ha difeso l’idea del “derby all’ora di pranzo”,
contrassegnando come nostalgici e passatisti coloro che hanno storto il
naso e sostenendo che l’apertura del calcio italiano e, in particolare,
delle due squadre milanesi alle esigenze orarie dei mercati
internazionali, costituisca una necessità ineluttabile per chi voglia
rivedere al top due società ormai da anni intrappolate nella lotta per
l’Europa League.
Immagine 1 Immagine 1
Un contrasto tra due simboli dei derby anni ’90: Luís Nazário de Lima
Ronaldo e Paolo Maldini
Entrambe le posizioni, soprattutto se tenute con l’atteggiamento
polarizzato tipico dei discorsi calcistici, sono in realtà facilmente
criticabili e deficitarie. Il primo approccio rischia di scadere
facilmente in un nostalgismo dei bei tempi andati che, tra un rimpianto
per il calcio degli anni ’90 e un’invettiva contro il denaro e la
corruzione che hanno invaso lo sport più bello del mondo, finisce per
essere uno sterile ululato alla Luna totalmente privo di pars
construens. Se è indubbiamente vero che si è assistito nel tempo a un
aumento progressivo del peso specifico di sponsor e pay-tv, questo non
può giustificare il rinchiudersi nella torre d’avorio del rimpianto di
una presunta età dell’oro che, comunque, non tornerà più nelle forme in
cui la si è conosciuta al tempo. Il riferimento che spesso si sente,
“Fosse per me, torneremmo tutti a giocare la domenica alle 15”, è per
l’appunto di questo tenore, non tenendo conto neppure del fascino,
della solennità e della teatralità che ha conferito al calcio
l’innovazione (perché un tempo tale è stata) delle partite serali di
cartello, che hanno comportato vantaggi in termini di spettacolo e
contestualità, pur in violazione del tradizionale pomeriggio domenicale
rimasto sostanzialmente in voga fino agli anni Ottanta. Chiunque abbia
vissuto l’atmosfera del derby di sera, non potrà che riconoscere che
tale innovazione, col tempo trasformatasi a sua volta in tradizione, ha
regalato allo stadio Meazza la cornice maestosa che ha visto trionfi e
cadute, l’affermarsi di campioni assoluti come Ronaldo e il ritiro di
una leggenda come Paolo Maldini, omaggiato al suo ultimo derby anche
dalla curva avversaria. Queste emozioni sono recenti, e se negli ultimi
anni momenti simili sono diventati più rari che in passato, la colpa
non può essere certo attribuita al pubblico cinese né tanto meno ai
nuovi proprietari; questi ultimi si sono peraltro dimostrati, nel caso
dell’Inter, complessivamente molto rispettosi del club e delle sue
tradizioni, avvalendosi intelligentemente di collaboratori italiani
(non ultimo lo stesso Massimo Moratti) che li aiutassero ad approcciare
una realtà così lontana dalla loro.
Immagine 2 Immagine 2
La maestosità della Scala del Calcio è amplificata dal fascino del
tramonto che precede anticipi e posticipi serali
La necessità di non perdersi in sterili nostalgismi e vagheggiamenti di
un impossibile ritorno al passato non giustifica tuttavia l’opposto
approccio efficientista e iper-moderno di chi accoglie sempre con una
sorta di fanatismo – e con una buona dose di auto-razzismo
anti-italiano – qualsiasi novità introdotta nel nostro calcio, che
abbia un vago sapore di Europa e internazionalità. Persi in una critica
onnicomprensiva e feroce del nostro sistema calcistico, molti non si
sono limitati a fare spallucce rispetto a un derby alle 12.30 piuttosto
che alle 15 (posizione di per sé comprensibile), ma hanno tacciato chi
ha avanzato riserve di avere una mentalità provinciale e arretrata,
incapace di comprendere i mutamenti della storia e l’ineludibile
necessità di simili cambi di orario. Questi sarebbero indispensabili
affinché l’Inter possa avere i soldi per comprare Verratti e Berardi e
il Milan possa giocare in un contesto appetibile, facilitando il vero e
definitivo closing. Tutto ciò è altrettanto, se non maggiormente,
discutibile rispetto alla posizione vista in precedenza. Innanzitutto,
che questa decisione di mettere un derby all’ora di pranzo del sabato
santo sia una scelta dal sapore internazionale è tutto da vedere. Se
escludiamo la Premier League, con le sue tradizioni assolutamente sui
generis (dal Boxing Day alle partite la mattina di Capodanno), possiamo
osservare che il più celebrato di tutti i campionati europei, la
Bundesliga, ha un format molto più tradizionale: una lunghissima pausa
natalizia e tante partite in contemporanea alle 15.30, con neppure una
di esse in tutto l’anno giocata nell’orario incriminato che sta tra il
mezzogiorno e l’una. Inutile ribadire anche noi – dal momento che l’han
già fatto tutti i giornali – che il confronto della media degli
spettatori tra Bundesliga e Serie A è impietoso, e che lo stesso
discorso grosso modo può essere effettuato per quanto riguarda i ricavi
dei diritti televisivi, dove quello italiano è diventato nel 2016 il
fanalino di coda tra i principali campionati europei, superato proprio
da quello tedesco. Stando ai ricavi televisivi e al numero di
spettatori paganti, metter le partite all’ora di pranzo non sembra
assolutamente essere un tassello decisivo sulla strada della rinascita.
Immagine 3 Immagine 3
Un recente studio Nielsen ha calcolato in 106 milioni per squadra i
tifosi interisti e milanisti in Cina. Le due milanesi sono seconde in
questa classifica solo al Real Madrid, con 127 milioni di tifosi
Inoltre, se fosse così importante anticipare le partite di cartello per
andare incontro al pubblico asiatico, come mai in un campionato
altamente spezzettato come la Liga spagnola (dove è rarissimo trovare
anche solo due partite giocate in contemporanea) gli orari delle 12.30
e delle 13 sono costantemente impiegati per partite di importanza
scarsa, e categoricamente mai per ospitare il fascino senza tempo del
Clásico? Siamo sicuri che Milan e Inter abbiano una quota di tifosi
asiatici che travalica quella di Barcellona e Real Madrid? Intanto,
quel che è sicuro, è che la media spettatori e i ricavi, neanche a
dirlo, resta più alta anche in Liga rispetto alla Serie A. In medio
stat virtus, e cercando di essere equilibrati tra i due estremi si può
tranquillamente sostenere che, per quanto non si tratti di una tragedia
di bibliche proporzioni, la decisione di mettere il derby alle 12.30
sia stata dettata da ritorni economici del tutto ipotetici. L’unica
cosa certa è che porterà a un derby di sicure polemiche e contestazioni
e a nessun passo avanti nella situazione delle due milanesi che, senza
Champions, con ricavi bassi e una media spettatori verso la metà della
piena capienza di San Siro, continueranno a navigare a vista,
nell’attesa di una svolta che dal cielo le catapulti nuovamente al
livello della Juventus. Intanto le curve già affilano le unghie per
l’inevitabile contestazione di un orario che al mondo ultras non è mai
andato giù sin dalla sua introduzione. La prima volta dell’Inter alle
12.30 (match contro il Parma del 21 aprile 2013) fu incorniciata da un
secondo anello verde totalmente vuoto per il primo quarto d’ora in
segno di protesta. Per quanto possa essere discutibile l’approccio
ultras alle questioni poste dal calcio moderno, non serve frequentare i
Boys San o la Curva Sud per detestare un orario che impone di alzarsi
molto presto di domenica, impedisce il pranzo familiare e
tendenzialmente vede il numero di spettatori allo stadio abbassarsi
drasticamente.
derby genoa samp scritte © Tm News Infophoto (3) derby genoa samp
scritte © Tm News Infophoto (3)
Nel 2014 molti muri di Genova subirono questa sorte, in vista del primo
derby della lanterna alle 12,30
Vedremo se il 15 aprile lo stadio sarà comunque sold out o quasi, come
avvenuto a novembre, ma la media spettatori di Inter e Milan – pur
restando la più alta d’Italia – risulta imbarazzante se paragonata alla
capienza di circa 80mila posti di uno stadio vecchio e logoro,
bisognoso più che mai di lavori di adeguamento e con un terzo anello
ormai ridotto a un insieme di settori fantasma la maggior parte
dell’anno. Tutto questo senza che all’orizzonte ci sia uno straccio di
progetto concreto non solo per un nuovo stadio per l’una o l’altra
squadra, ma neppure per l’acquisto (congiunto tra le due squadre o
meno) e una ristrutturazione complessiva del Meazza. Questo
permetterebbe di tenere assieme modernizzazione e tradizione, senza
incorrere nelle sempreverdi polemiche che accompagnano qualsiasi cosa
ruoti attorno al gioco più bello del mondo. Insomma, se proprio bisogna
essere esterofili a prescindere, proviamo a esserlo anche nella tutela
del pubblico autoctono; e se davvero ci teniamo a prendere esempio
dagli altri, guardiamo agli inglesi che non si sono fatti problemi a
oscurare il Clásico per i primi 15 minuti, in base a una norma che
vieta la trasmissione delle partite di calcio in Inghilterra dalle
14.45 alle 17.15 del sabato (ora di Londra). Questo al fine di
convincere i tifosi ad andare allo stadio, piuttosto che vedere le
partite da casa. Gli asiatici hanno le loro esigenze, ma gli italiani
(e i milanesi) avranno pure le loro, e un San Siro vuoto non potrà mai
essere colmato da alcun pienone sui teleschermi di Shangai.
Tricase made_in_china
Tricase subisce le “Contaminazioni” cinesi: in esposizione le opere di
pittura e calligrafia tradizionale cinese, pittura contemporanea,
oggetti, Quattro Tesori di arte tradizionale cinese e sigilli.
manifesto-mostra Inoltre in esposizione opere di artisti italiani
influenzati dalla partecipazione al China Art Expo.
Espongono: Liu Hui Ying, Liu Xing Gui, Xue Ni, Sun Kan, Li Yu Hua, Wang
Zhi Xiang, Chu Yong Chao, Zhang Ya Li.
Inaugurazione della mostra Contaminazioni – sulle orme di Marco Polo
mercoledì 28 dicembre dalle 18,30 con visita guidata.
“A giugno scorso”, spiega l’assessore a cultura e turismo Sergio
Fracasso, “abbiamo iniziato una collaborazione con La galleria Gozone
Art Musem di Pechino e la associazione Filo di Seta con la sua
rappresentante June Liu; a fine ottobre una delegazione di Tricase a
fatto visita a Pechino e a Natale ci sarà lo scambio di “cortesia” a
Tricase con vari eventi e una mostra dedicata alla China dove saranno
esposte, tra le altre, opere di vari artisti cinesi provenienti
direttamente da Pechino. Un’iniziativa”, conclude Fracasso, “portata
avanti sempre nell’ottica di fare cultura per promuovere il
territorio”.
PRODOTTI made_in_china SEQUESTRO DELLA GUARDIA DI FINANZA
Nell’ambito dei servizi volti ad accertare il rispetto delle
prescrizioni imposte dalla normativa comunitaria in materia di
sicurezza dei prodotti, la dipendente Compagnia di Nocera Inferiore ha
sottoposto a sequestro 98.126 prodotti suddivisi tra articoli cosmetici
e giocattoli per minori, recanti il marchio “CE” indicativo di “China
Export”, privi dei necessari certificati di conformità e sicurezza, che
immessi sul mercato avrebbero fruttato oltre 6.500 euro.
Gli articoli in questione, parte dei quali destinati ad un’ampia platea
di consumatori minorenni, sono risultati privi di istruzioni d’uso e/o
indicazioni circa le loro caratteristiche tecniche (in lingua italiana)
non fornendo, in tal modo, alcuna informazione di tracciabilità, con
riferimento alla loro composizione, produzione e confezionamento,
condizione essenziale per una valutazione soggettiva della intrinseca
pericolosità.
In particolare, le Fiamme Gialle, nel corso di attività
info-investigativa, hanno individuato un’impresa commerciale nel Comune
di Pagani, gestita da un cittadino di etnia cinese, dedito alla vendita
di prodotti costituiti non solo dai classici articoli destinati ad un
pubblico minorile, privi dei requisiti minimi di sicurezza, ma anche da
articoli di bigiotteria, cosmetici di vario tipo e sanitari non sicuri.
Il servizio si concludeva con il deferimento alla competente Autorità
Giudiziaria del rappresentate legale per i reati di commercializzazione
di prodotti industriali con segni mendaci e frode in commercio e
contestualmente con la segnalazione alla locale Camera di Commercio per
l’irrogazione delle previste sanzioni amministrative.
Dall’inizio dell’anno, l’attività espletata dai militari della
Compagnia di Nocera Inferiore, a contrasto dei comportamenti in grado
di minare la concorrenza tra gli operatori del mercato ed, in modo
particolare, a tutela della salute del consumatore finale, ha permesso
di sequestrare circa 850.000 articoli illeciti, di deferire a piede
libero all’A.G. 4 rappresentanti legali degli esercizi controllati e di
irrogare sanzioni amministrative sino ad euro 205.000,00 circa, a
testimonianza del costante presidio esercitato sul territorio dalla
Guardia di Finanza.
Guardia di Finanza pagani prodotti made_in_china
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Ecco a voi l’Affittopoli made_in_china Decine di negozi regalati a pochi
euro
I locali di proprietà del Campidoglio finiti in mano agli orientali. In molti
casi li subaffittano da italiani
Ecco a voi l’Affittopoli made_in_china Ci mancava solo questa. Decine
di insegne composte da ideogrammi a far da cornice ai palazzi umbertini
dell’Esquilino. Che il Dragone abbia invaso ormai da tempo quel pezzo
di città che va da Porta Maggiore fino a Termini non è una novità.
Quello che fa impressione, però, è che le attività commerciali cinesi
si siano di fatto appropriate di decine di locali di proprietà del
Comune di Roma. Anche loro, come tanti italiani furbetti, a pochi
euro al mese o comunque senza un regolare contratto. Dando vita a uno
scandalo nello scandalo: affittuari del Comune che subaffittano a
commercianti asiatici, che a loro volta spesso vendono anche prodotti
non regolari. Via Giolitti, via Turati, via Cappellini, via Cattaneo.
Tutto intorno alla Stazione Termini proliferano indisturbati, nel sonno
profondo dormito per tutti questi anni dalle amministrazioni
capitoline. Nei giorni scorsi, il commissario straordinario di Roma
Capitale, Francesco Paolo Tronca, ha dato ordine al comandante dei
vigili urbani, Raffaele Clemente, di disporre blitz a tappeto nel primo
municipio. In alcuni dei 35 locali controllati gli agenti hanno trovato
persone di nazionalità cinese. E con grande difficoltà sono riusciti ad
ottenere informazioni.
VIAGGIO A CHINATOWN
Noi de Il Tempo abbiamo provato a fare la stessa cosa, tentando un
viaggio nella Chinatown capitolina. Fra i negozi visitati, quello di
via Turati 39, che secondo i dati caricati sul sito del Comune versa la
misera somma di 683 euro annui d’indennità d’occupazione. Chiediamo
alla giovane cinese seduta dietro la cassa se 57 euro d’affitto al mese
non siano pochi per un negozio che affaccia su una strada così
trafficata. Io di affitti non so niente - risponde la ragazza -
dovreste parlare con il padrone del negozio che però ora non c’è. E lo
può chiamare? No ora non si può. Le chiediamo allora se ricevuto una
visita dai Vigili Urbani, ma veniamo liquidati con un secco non posso
dirvi altro. Basta girare l’angolo per scoprire come, anche nelle
piccole strade che congiungono le due vie, la situazione sia la stessa.
In via Cattaneo, ad esempio, c’è chi paga anche 1.000 euro al mese
d’indennità d’occupazione (dunque con contratto scaduto) per un negozio
di almeno 100 mq posto appena sotto il livello della strada. Entriamo.
La luce è fioca e molta della merce esposta, nonostante sia in vendita,
è ancora imballata nel cellophane. Sugli scaffali c’è di tutto: dalle
cartine di Roma agli orologi a parete, passando per articoli da cucina
e bigiotteria varia. Tutto rigorosamente made_in_china . Cerchiamo di
parlare con l’uomo che si trova all’interno, ma a ogni nostra domanda
si infrange sistematicamente contro un non capisco, non capisco.
CAOS SUBAFFITTI
Qualcosa, come abbiamo visto nei giorni scorsi, si muove. Il
Campidoglio pretende che gli esercenti controllati portino in Comune la
documentazione relativa al contratto di locazione. Pena l’avvio
immediato delle procedure di sfratto. Gli agenti, infatti, hanno potuto
verificare dalla prima ispezione come molti dei 35 esercizi commerciali
visitati siano gestiti da persone diverse dai titolari indicati dal
Dipartimento, motivo che lascia credere come vi siano stati negli anni
episodi di subaffitto. Non solo. Si parla anche di diversa
destinazione d’uso rispetto al titolo giuridico: è infatti improbabile
che il Comune abbia dato autorizzazione a commercianti cinesi di
avviare un’attività nei propri locali. Anche su questo fronte bisognerà
indagare a fondo.
Africa made_in_china attenta ai più poveri, non ai dittatori
Tutto quello che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina
in Africa è falso: lo dice un nuovo report di AidData, che rivela aspetti
poco conosciuti dei progetti di cooperazione finanziati da Pechino
Gli aiuti allo sviluppo della Cina all’Africa non favoriscono i regimi
autoritari o corrotti, come i governi d’Occidente hanno sempre
sostenuto. Lo rivela uno studio pubblicato da AidData dal titolo Apples
and Dragon Fruits: The Determinants of Aid and Other Forms of State
Financing from China to Africa, insieme a un database che traccia più
di 94 miliardi di dollari di fondi cinesi a cinquanta paesi africani
tra il 2000 e il 2013. Secondo i ricercatori del College of William &
Mary, della Heidelberg University e di Harvard, quindi, tutto quello
che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina in
Africa è falso.
Anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, durante il suo
ultimo viaggio in Africa, ha parlato della Cina contestandone la
pratica di versare flussi di denaro verso quei paesi da cui può
ottenere risorse minerarie. “Le relazioni economiche tra due paesi non
riguardano solo la costruzione di infrastrutture o l’accaparramento di
materie prime”, aveva dichiarato Obama.
Ma i dati raccolti dai ricercatori di AidData raccontano un scenario
differente.
Per esempio, in Liberia la Cina ha finanziato l’installazione di
semafori a energia solare nella capitale Monrovia e anche la
costruzione di un centro per la prevenzione della malaria. In
Mozambico, tra i progetti cinesi c’è una scuola per le arti visuali a
Maputo. In Algeria ha finanziato la realizzazione di un teatro
dell’opera da 1400 posti. Durante la crisi del virus ebola la Cina ha
anche mandato centinaia di operatori sanitari nei paesi più colpiti
dell’Africa occidentale e organizzato corsi di formazione per 1600
infermieri e medici locali.
Su 2647 progetti registrati sul sito dal 2000 al 2012, solo 74
riguardano l’estrazione mineraria, e 140 sono progetti legati
all’energia. La maggioranza dei finanziamenti è andata a progetti per
migliorare la vita della popolazione in termini di assistenza
sanitaria:
Categorie Progetti Finanziati CINA
La prima causa di confusione nell’identificare obiettivi e scopi dei
finanziamenti sta nella difficoltà nel differenziare tra aiuti nel
senso stretto del termine (quelli identificati dall’Ocse come Oda,
Official development assistance) e altre forme di assistenza
finanziaria. Pechino peggiora la situazione rilasciando dati scarsi e
poco afffidabili: questo ad alimentare le speculazioni sulle sue
intenzioni in Africa rendendo difficile la verifica delle informazioni.
La Cina infatti non pubblica i dati secondo le classiche categorie
dell’Ocse, nè rilascia sistematicamente informazioni sui progetti o sui
suoi finanziamenti bilaterali. Per il rapporto quindi i ricercatori si
sono affidati al database di Aid Data, che include 2647 progetti in 50
stati diversi nel periodo dal 2000 al 2012.
Nel report si sfatano altri miti. Per esempio, che diversamente a
quanto si è sempre creduto, la Cina non privilegia regimi autoritari o
“stati canaglia” nella sua allocazione degli aiuti. Un’analisi degli
Oda (aiuti allo sviluppo ufficiali) rivela che la Cina non ha interessi
commerciali diretti nei paesi in cui realizza più progetti di
cooperazione, anzi i flussi di aiuti sono orientati verso i paesi più
poveri, e le decisioni di Pechino si rifanno a reali bisogni umanitari
(nella mappa, navigabile qui, il colore rosso indica la percentuale di
popolazione che vive con meno di 2$ al giorno, i pallini indicano i
progetti):
Povertà E Progetti Cina
Rispetto alla percezione che gli aiuti cinesi siano incanalati verso
paesi corrotti e ricchi di risorse, i dati indicano il contrario.
Piuttosto, nei confronti di questi governi, sono più orientati a creare
partnership commerciali e concessioni di prestiti.
In sostanza, il modo in cui la Cina fornisce aiuti ai paesi in via di
sviluppo, assomiglia a quello dei donatori dell’Occidente.
Un aspetto “divergente” segnalato dai ricercatori riguarda la politica
di allineamento nel voto all’assemblea generale dell’Onu: quando i
paesi africani votano allo stesso modo della Cina, o si allineano alle
posizioni della Cina nel lungo periodo, tendono a ricevere più aiuti
allo sviluppo da Pechino.
Il discorso del presidente cinese Xi Jinping all’Onu
Durante l’assemblea generale dell’Onu di settembre Xi ha annunciato un
nuovo impegno di due miliardi di dollari per la creazione di un fondo
per l’aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri, insieme alla promessa
di cancellare debiti in scadenza nel 2015.
Nel suo discorso Xiha sottolineato come la comunità internazionale
debba considerare l'agenda di sviluppo post 2015 come un nuovo punto di
partenza per "cercare uno sviluppo congiunto e creare partenariati di
mutuo vantaggio". La Cina continuerà ad aumentare gli investimenti nei
Paesi più arretrati per raggiungere una cifra di 12 miliardi di dollari
nel 2030.
Anche in questo ambito, le motivazioni dell’aiuto allo sviluppo cinese
assomigliano molto a quelle dell’occidente.
In totale, la Cina ha impegnato 31,5 miliardi di aiuti pubblici
all’Africa tra il 2000 e il 2013, circa 2,25 miliardi all’anno. Gli
Stati Uniti però hanno inviato tre volte di più: 92,7 miliardi dal 2000
al 2013, quasi 6,62 miliardi per anno.
E secondo un sondaggio di Gallup sull’opinione degli africani nei
confronti delle leadership statunitensi e cinese, l’impegno americano è
particolarmente apprezzato:
Apprezzamento Leadership Paesi Africani Cina Usa
Ceramiche “made_in_china” al Padiglione Italia di Expo, Presciutti
chiede spiegazioni
Il primo cittadino di Gualdo Tadino scrive a istituzioni regionali, “Da
sindaco dell Città della Ceramica sono esterrefatto, mi auguro sia solo
svista”
Con una lettera rivolta all’Associazione Italiana Città della Ceramica,
alle Associazioni di Categoria, alla Giunta regionale, ai Consiglieri
regionali e ai Parlamentari umbri, il sindaco di Gualdo Tadino
Massimiliano Presciutti ha chiesto dei chiarimenti su alcuni prodotti
in ceramica prodotti in Cina presenti al Padiglione Italia di Expo
2015, dopo una segnalazione fatta da alcuni cittadini
gualdesi. Quest’ultimi, la scorsa settimana, si sarebbero infatti
recati all’esposizione mondiale meneghina, concentrando la loro
attenzione proprio sui prodotti in ceramica, arte in cui Gualdo Tadino
eccelle da sempre.
Nel Padiglione Italia i curiosi visitatori umbri si sarebbero però
imbattuti in alcuni prodotti di questo “familiare” materiale, che sul
retro riportavano un’etichetta con su scritta la provenienza dei
singoli manufatti. Su molti di essi, con grande sorpresa dei gualdesi,
era riportata la dicitura “made_in_china” e “Made in Europe”. Fatto
molto strano considerato che alcuni dei prodotti presenti in quella
zona di merchandising riportavano anche il claim “Orgoglio Italia”.
“Da Sindaco di Gualdo Tadino, ‘Città della Ceramica’, – scrive
Presciutti nella sua missiva – sono rimasto esterrefatto nel vedere
tale papocchio, documentato dalle foto che mi sono pervenute (qui in
gallery)“.
Parliamo sempre di made_in_italy prodotti italiani, eccellenza da
prendere ad esempio e da esportare all’estero e poi invece di
promuovere i nostri beni ne scegliamo altri di minore qualità
provenienti dalle parti più disparate del globo. Mi sembra una vera
e propria contraddizione. Per di più farlo nella sede del Padiglione
Italia di Expo 2015 mi lascia ancor più sbigottito. Ci sono tante
aziende serie che producono ceramiche di eccellenza in Italia, in
particolare nel territorio di Gualdo Tadino, e credo che sarebbero
state ben felici, se coinvolte, di portare i loro prodotti ad una
manifestazione così importante
“Come sindaco di Gualdo Tadino, che ha nella ceramica un settore di
vitale importanza nella sua economia, – conclude Presciutti – chiedo un
chiarimento e delle spiegazioni su questa vicenda. Mi auguro che sia
stata frutto di una “svista” e che la situazione sia riconducibile solo
all’ultimo periodo di Expo e non fin dallo scorso 1 maggio, giorno
della sua inaugurazione“.
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Africa made in China: attenta ai più poveri, non ai dittatori
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Tutto quello che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina
in Africa è falso: lo dice un nuovo report di AidData, che rivela aspetti
poco conosciuti dei progetti di cooperazione finanziati da Pechino
Gli aiuti allo sviluppo della Cina all’Africa non favoriscono i regimi
autoritari o corrotti, come i governi d’Occidente hanno sempre
sostenuto. Lo rivela uno studio pubblicato da AidData dal titolo Apples
and Dragon Fruits: The Determinants of Aid and Other Forms of State
Financing from China to Africa, insieme a un database che traccia più
di 94 miliardi di dollari di fondi cinesi a cinquanta paesi africani
tra il 2000 e il 2013. Secondo i ricercatori del College of William &
Mary, della Heidelberg University e di Harvard, quindi, tutto quello
che abbiamo sempre saputo sulla politica degli aiuti della Cina in
Africa è falso.
Anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, durante il suo
ultimo viaggio in Africa, ha parlato della Cina contestandone la
pratica di versare flussi di denaro verso quei paesi da cui può
ottenere risorse minerarie. “Le relazioni economiche tra due paesi non
riguardano solo la costruzione di infrastrutture o l’accaparramento di
materie prime”, aveva dichiarato Obama.
Ma i dati raccolti dai ricercatori di AidData raccontano un scenario
differente.
Per esempio, in Liberia la Cina ha finanziato l’installazione di
semafori a energia solare nella capitale Monrovia e anche la
costruzione di un centro per la prevenzione della malaria. In
Mozambico, tra i progetti cinesi c’è una scuola per le arti visuali a
Maputo. In Algeria ha finanziato la realizzazione di un teatro
dell’opera da 1400 posti. Durante la crisi del virus ebola la Cina ha
anche mandato centinaia di operatori sanitari nei paesi più colpiti
dell’Africa occidentale e organizzato corsi di formazione per 1600
infermieri e medici locali.
Su 2647 progetti registrati sul sito dal 2000 al 2012, solo 74
riguardano l’estrazione mineraria, e 140 sono progetti legati
all’energia. La maggioranza dei finanziamenti è andata a progetti per
migliorare la vita della popolazione in termini di assistenza
sanitaria:
Categorie Progetti Finanziati CINA
La prima causa di confusione nell’identificare obiettivi e scopi dei
finanziamenti sta nella difficoltà nel differenziare tra aiuti nel
senso stretto del termine (quelli identificati dall’Ocse come Oda,
Official development assistance) e altre forme di assistenza
finanziaria. Pechino peggiora la situazione rilasciando dati scarsi e
poco afffidabili: questo ad alimentare le speculazioni sulle sue
intenzioni in Africa rendendo difficile la verifica delle informazioni.
La Cina infatti non pubblica i dati secondo le classiche categorie
dell’Ocse, nè rilascia sistematicamente informazioni sui progetti o sui
suoi finanziamenti bilaterali. Per il rapporto quindi i ricercatori si
sono affidati al database di Aid Data, che include 2647 progetti in 50
stati diversi nel periodo dal 2000 al 2012.
Nel report si sfatano altri miti. Per esempio, che diversamente a
quanto si è sempre creduto, la Cina non privilegia regimi autoritari o
“stati canaglia” nella sua allocazione degli aiuti. Un’analisi degli
Oda (aiuti allo sviluppo ufficiali) rivela che la Cina non ha interessi
commerciali diretti nei paesi in cui realizza più progetti di
cooperazione, anzi i flussi di aiuti sono orientati verso i paesi più
poveri, e le decisioni di Pechino si rifanno a reali bisogni umanitari
(nella mappa, navigabile qui, il colore rosso indica la percentuale di
popolazione che vive con meno di 2$ al giorno, i pallini indicano i
progetti):
Povertà E Progetti Cina
Rispetto alla percezione che gli aiuti cinesi siano incanalati verso
paesi corrotti e ricchi di risorse, i dati indicano il contrario.
Piuttosto, nei confronti di questi governi, sono più orientati a creare
partnership commerciali e concessioni di prestiti.
In sostanza, il modo in cui la Cina fornisce aiuti ai paesi in via di
sviluppo, assomiglia a quello dei donatori dell’Occidente.
Un aspetto “divergente” segnalato dai ricercatori riguarda la politica
di allineamento nel voto all’assemblea generale dell’Onu: quando i
paesi africani votano allo stesso modo della Cina, o si allineano alle
posizioni della Cina nel lungo periodo, tendono a ricevere più aiuti
allo sviluppo da Pechino.
Il discorso del presidente cinese Xi Jinping all’Onu
Durante l’assemblea generale dell’Onu di settembre Xi ha annunciato un
nuovo impegno di due miliardi di dollari per la creazione di un fondo
per l’aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri, insieme alla promessa
di cancellare debiti in scadenza nel 2015.
Nel suo discorso Xiha sottolineato come la comunità internazionale
debba considerare l'agenda di sviluppo post 2015 come un nuovo punto di
partenza per "cercare uno sviluppo congiunto e creare partenariati di
mutuo vantaggio". La Cina continuerà ad aumentare gli investimenti nei
Paesi più arretrati per raggiungere una cifra di 12 miliardi di dollari
nel 2030.
Anche in questo ambito, le motivazioni dell’aiuto allo sviluppo cinese
assomigliano molto a quelle dell’occidente.
In totale, la Cina ha impegnato 31,5 miliardi di aiuti pubblici
all’Africa tra il 2000 e il 2013, circa 2,25 miliardi all’anno. Gli
Stati Uniti però hanno inviato tre volte di più: 92,7 miliardi dal 2000
al 2013, quasi 6,62 miliardi per anno.
E secondo un sondaggio di Gallup sull’opinione degli africani nei
confronti delle leadership statunitensi e cinese, l’impegno americano è
particolarmente apprezzato:
Apprezzamento Leadership Paesi Africani Cina Usa
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“Made in China” al Padiglione Italia di Expo, Presciutti chiede
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Ceramiche “Made in China” al Padiglione Italia di Expo, Presciutti
chiede spiegazioni
Ceramiche “Made in China” al Padiglione Italia di Expo, Presciutti chiede
spiegazioni
Il primo cittadino di Gualdo Tadino scrive a istituzioni regionali, “Da
sindaco dell Città della Ceramica sono esterrefatto, mi auguro sia solo
svista”
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Davide Baccarini - 29 ottobre 2015 - 0 Commenti
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Con una lettera rivolta all’Associazione Italiana Città della Ceramica,
alle Associazioni di Categoria, alla Giunta regionale, ai Consiglieri
regionali e ai Parlamentari umbri, il sindaco di Gualdo Tadino
Massimiliano Presciutti ha chiesto dei chiarimenti su alcuni prodotti
in ceramica prodotti in Cina presenti al Padiglione Italia di Expo
2015, dopo una segnalazione fatta da alcuni cittadini
gualdesi. Quest’ultimi, la scorsa settimana, si sarebbero infatti
recati all’esposizione mondiale meneghina, concentrando la loro
attenzione proprio sui prodotti in ceramica, arte in cui Gualdo Tadino
eccelle da sempre.
Nel Padiglione Italia i curiosi visitatori umbri si sarebbero però
imbattuti in alcuni prodotti di questo “familiare” materiale, che sul
retro riportavano un’etichetta con su scritta la provenienza dei
singoli manufatti. Su molti di essi, con grande sorpresa dei gualdesi,
era riportata la dicitura “Made in China” e “Made in Europe”. Fatto
molto strano considerato che alcuni dei prodotti presenti in quella
zona di merchandising riportavano anche il claim “Orgoglio Italia”.
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“Da Sindaco di Gualdo Tadino, ‘Città della Ceramica’, – scrive
Presciutti nella sua missiva – sono rimasto esterrefatto nel vedere
tale papocchio, documentato dalle foto che mi sono pervenute (qui in
gallery)“.
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Parliamo sempre di Made in Italy, prodotti italiani, eccellenza da
prendere ad esempio e da esportare all’estero e poi invece di
promuovere i nostri beni ne scegliamo altri di minore qualità
provenienti dalle parti più disparate del globo. Mi sembra una vera
e propria contraddizione. Per di più farlo nella sede del Padiglione
Italia di Expo 2015 mi lascia ancor più sbigottito. Ci sono tante
aziende serie che producono ceramiche di eccellenza in Italia, in
particolare nel territorio di Gualdo Tadino, e credo che sarebbero
state ben felici, se coinvolte, di portare i loro prodotti ad una
manifestazione così importante
“Come sindaco di Gualdo Tadino, che ha nella ceramica un settore di
vitale importanza nella sua economia, – conclude Presciutti – chiedo un
chiarimento e delle spiegazioni su questa vicenda. Mi auguro che sia
stata frutto di una “svista” e che la situazione sia riconducibile solo
all’ultimo periodo di Expo e non fin dallo scorso 1 maggio, giorno
della sua inaugurazione“.
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Ceramica made in China a Expo, Presciutti protesta
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* di Redazione Gualdo News 29 ottobre 2015
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Prodotti made in China al Padiglione Italia di Expo 2015. In seguito a
una segnalazione ricevuta da un cittadino, il sindaco di Gualdo Tadino,
Massimiliano Presciutti, ha denunciato questa presenza con una lettera
indirizzata all’Associazione Italiana Città della Ceramica, alle
associazioni di categoria, giunta regionale, consiglieri regionali e ai
parlamentari umbri.
“La scorsa settimana – scrive Presciutti – alcuni cittadini di Gualdo
Tadino hanno trovato nel Padiglione Italia dei prodotti in ceramica con
sul retro un’etichetta riportante la provenienza dei manufatti. E
sorpresa alquanto negativa è stata prendere visione delle stesse, che
in modo inequivocabile riportano la dicitura “Made in China” e “Made in
Europe”. Una svista forse o un errore non voluto, poiché alcuni dei
prodotti presenti in quella zona di merchandising riportavano anche il
claim “Orgoglio Italia”. Da sindaco di Gualdo Tadino “Città della
Ceramica” sono rimasto esterrefatto nel vedere tale papocchio,
documentato dalle foto che mi sono pervenute.”
“Parliamo sempre di Made in Italy, di prodotti italiani di eccellenza
da prendere ad esempio e da esportare all’estero – prosegue il sindaco
gualdese – e poi invece di promuovere i nostri beni ne scegliamo altri
di minore qualità provenienti dalle parti più disparate del globo. Mi
sembra una vera e propria contraddizione questa. Per di più farlo nella
sede del Padiglione Italia di Expo 2015 mi lascia ancor più sbigottito.
Ci sono tante aziende serie che producono ceramiche di eccellenza in
Italia, in particolare nel territorio di Gualdo Tadino, e credo che
sarebbero state ben felici, se coinvolte, di portare i loro prodotti ad
una manifestazione così importante e difficilmente ripetibile nel
nostro Paese in tempi brevi.”
Presciutti chiede quindi spiegazioni su questa vicenda, ricordando come
Gualdo Tadino abbia nel settore ceramico un comparto di vitale
importanza per l’economia della città.
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1. 10-11-2007, 06:47 PM #1
carvante
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carvante non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito K2 MADE IN CHINA
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ho notato che i k2 nn riportano la scritta made in china.
visto che dal 2001 hanno spostato li tutta la loro produzione,
perchè nn lo scrivono?
mi sembra che la legge 204 del 2004(?) parli chiaro.
possibile che gli sci siano esentati?
mi sembra più corretto sapere da dove vengono, visto che costano
come gli altri
Rispondi citando Rispondi citando
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2.
3. 10-11-2007 06:47 PM #1.5 ADS
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4. 10-11-2007, 07:22 PM #2
crazy-skier
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crazy-skier non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
I miei lo avevano scritto sulla pellicola plastica che li ricopriva,
pero' in effetti, non penso che ci sia scritto anche sullo sci
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5.
6. 10-11-2007, 07:39 PM #3
rikypowder_47
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rikypowder_47 non è in linea
sciatore Skifoso
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Predefinito
forse perchè il gruppo che comprende Tacnica Woelkl Marker a altri
marchi
NON produce tutto in Cina ma solo una parte , probabilmente le linee
meno pregiate
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7.
8. 10-11-2007, 08:26 PM #4
carvante
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carvante non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
ma loro lo scrivono ben chiaro. dal medioalto in su producono in
occidente eil basso di gamma lo producono nell"est europeo (tranne
l"abbigliamento che ormai viene tutto da la ). quello che voglio
dire é che nn lo fanno x contenere iprezzi xché a noi costano uguali
agli altri , ma costruire 1 paio di sci alto di gamma in cina gli
costera" 10 euro... ho preo 1 salomon medio x mio papa" (75
anniauguri) e made in romania é scritto chiaro e il prezzo é buono
(quelli di bassa gamma ereano made in austria ! )
Rispondi citando Rispondi citando
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9.
10-11-2007, 09:10 PM #5
crazy-skier
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crazy-skier non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
Secondo me la provenienza vuol dire poco, sia in cina che in italia
si possono fare cose bellissime o bruttissime, dipende dallo
sviluppo, dai materiali che si vogliono usare.. da tante cose..
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 01:45 AM #6
picerik
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picerik non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
Citazione Originariamente scritto da crazy-skier
Secondo me la provenienza vuol dire poco, sia in cina che in italia si
possono fare cose bellissime o bruttissime, dipende dallo sviluppo, dai
materiali che si vogliono usare.. da tante cose..
ma non dappertutto fanno le maschere out of grande crazy!
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 06:34 PM #7
fausto1961
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fausto1961 è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
secondo me bisognerebbe boicottare un pò le cose fatte in cina,
specie l'abbigliamento, perchè è una vera presa per il culo, 1000
euro di goldwind
che all'origine costerà forse 70........e premiare quelli che con
coraggio producono ancora qui in europa, almeno......... a proposito
Colmar dove sforna i suoi capi?
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007 06:34 PM #7.5 ADS
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Da Sempre
11-11-2007, 06:38 PM #8
Miki morepowder
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Miki morepowder non è in linea
SAVE the POWDER Skifoso
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Attrezzatura
head
Predefinito
i k2 arrivano tutti con un adesivo piccolo ma c'è con sccritto made
in china...
solo ke spesso si toglie...nello sballare....
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 06:44 PM #9
irebec
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irebec non è in linea
Fassano
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Predefinito
pensare di boicottare le cose Made in China è per me impossibile
ormai.. finiresti per boicottare le stesse aziende europee che
producono ormai almeno una parte dei prodotti in China...
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 06:45 PM #10
drey
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drey non è in linea
No drey no party! Skifoso
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Predefinito
Citazione Originariamente scritto da fausto1961
secondo me bisognerebbe boicottare un pò le cose fatte in cina, specie
l'abbigliamento, perchè è una vera presa per il culo, 1000 euro di
goldwind
che all'origine costerà forse 70........e premiare quelli che con
coraggio producono ancora qui in europa, almeno......... a proposito
Colmar dove sforna i suoi capi?
Che si tenda a spostare la produzione in Cina, questo è un fatto
negativo anche per me, ma non credere che produrre un completo
goldwin costi 70 .... così fai credere a molti che le tute spyder su
ebay che propongono a meno di 100 siano originali, invece sono dei
tarocchi...
Prima di tutto, i materiali sono coperti da brevetto, e le cuciture
termosaldate, le termonastrature, e tutti i processi produttivi
COSTANO... Tranquillo, alla Goldwin non costa di certo 70 produrre
un capo...
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 07:46 PM #11
crazy-skier
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crazy-skier non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
Diro' cio' che penso..
Secondo me alla goldwing costa anche molto di meno di 70 euro il
capo (intendo come spesa pura e semplice senza contare pubblicità,
gestione ect ect.. fate conto che dovete appunto aggiungerci tutte
le altre spese, che sono ingentissime, metterci il guadagno della
ditta, quello dell'importatore, quello dell'agente e quello del
negozio prima di arrivare ai prezzi che avete in mente...inoltre
questo non vuole assolutamente significare che le spyder sono
originali, perchè la goldwing ne fa tante, ne farà milioni, non ne
compra 10 come farà chi le vende su ebay..e la quantità si sa che
cambia radicalmente il prezzo.
Poi sul boicottare il made in china io sono in disaccordo, vi spiego
perchè io la penso così:
NIntanto non ci vedo proprio nulla di male se i cinesi che si fanno
un culo così guadagnino anche qualcosa.
Allo stato attuale in occidente c'e' più tecnologia , ricerca e
sviluppo, dobbiamo proprio lavorare insieme con la cina in modo che
ognuno faccia quel che sa fare, ci vuole un lavoro di team in cui
qui si sviluppa e la si produce.
L'idea di produrre qui a tutti i costi francamente non mi sembra
brillante ,ognuno poi ha le sue idee naturalmente,ma mi sembra una
competizione stupida in un terreno dove si sa di perdere.. meglio
collaborare ognuno nel suo campo per far venire fuori qualcosa di
bello.
Ormai i cinesi un sacco di cose le san fare benissimo.,. fin che c'è
da cucire due cose son bravi più di noi.. dov'e' che mancano? nello
sviluppo, nel design.. nelle forme.. è giusto a mio avviso che
ognuno faccia la cosa in cui è più bravo.
C'e' il richio che se ,anzichè collaborare diversificando sviluppo e
produzione, si voglia fare tutto qui, chiaramente lo sviluppo loro
lo dovranno fare la, perchè non dovranno più semplicemente eseguire
qualcosa di già deciso e quindi state certi che nel giro di pochi
anni ci raggiungerebbero anche nel settore ricerca e sviluppo.
Naturalmente è un idea come tante altre, non vorrei assolutamente
mancare di rispetto a nessuno che la pensa diversamente.
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 07:46 PM #12
giò
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giò non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
k2 produce in cina tutta la sua linea di sci da almeno 5 anni.
La progettazione è rimasta a s.franciso (mi pare), comunque negli
states.
Dopo un paio d'anni di produzione in cina dei suoi attrezzi (venduti
al prezzo di quelli prodotti da altre marche in altri Paesi che
hanno costi di mano d'opera diversi ), hanno potuto comprare voelkl.
Quest'ultima (almeno fino ad un paio di anni fa) produceva anch'essa
in cina tutti gli sci eccetto l'alto di gamma, credo i gara in sw e
gli altri sempre in sw.
Il fatto è che per l'utente finale non c'è stato nessun risparmio,
sono solo aumentati i profitti della k2. Globalizzazione vuol dire
questo.
La produzione di alcuni sci di media-bassa fascia salomon, qualche
anno fa, veniva fatta da fischer, ecco perchè c'era scritto made in
austria.
Le marche che ancora producono in "casa propria" sono atomic, head,
elan, dynastar, rossignol, nordica, stoekli e le nostre
semiartigianli (mi peerdonerete se ne ho dimenticato qualcuna).
Per "casa propria" intendo Paesi entro la comunità europea.
Il materiale pregiato (legno) per le anime, arriva per buona parte
dai paesi dell'est, a costi concorrenziali rispetto ai sintetici
(roacell, microcell, etc.), questo è anche uno dei motivi del
ritorno del legno nella costruzione degli sci.
Rispondi citando Rispondi citando
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11-11-2007, 08:01 PM #13
RaceKitten
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RaceKitten non è in linea
speedoholic member Skifoso
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Predefinito
sul fatto che i cinesi potrebbero raggiungerci in pochi anni anche
nei settori ricerca e sviluppo ho qualche dubbio...
sono bravissimi a copiare qualcosa, ma non ho ancora visto un cinese
che riesca a concepire qualcosa di suo, interamente suo, meglio di
un occidentale.
stando nell'argomento del topic invece, mi permetto di dire che
sulla maggior parte degli sci il paese di produzione è indicato (sui
miei Volkl per esempio il "Made in Germany" campeggia chiaramente
sulle code)
e sui Salomon, per stare sulle marche citate, è chiaramente indicato
che certi prodotti sono realizzati in Francia (modelli top)
ed altri in in paesi economicamente più vantaggiosi (in austria da
Fischer ma anche in Romania e Tunisia, soprattutto per le tavole da
snow)
lo dico solo per puntualizzare che questa faccenda della
"globalizzazione" non è necessariamente una fregatura in termini di
prodotto e anche di vendita e per evitare di dare un taglio
simil-politico e non sportivo alla discussione
Rispondi citando Rispondi citando
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12-11-2007, 10:15 PM #14
carvante
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carvante non è in linea
Senior Member Skifoso
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Predefinito
dicevano la stessa cosa dei giapponesi ma,almeno all"inizio i loro
prodotti costavano meno ela concorrenza ha fatto bene ai prezzi il
fatto e" che tra poco tutte le marche produrranno gli sci in cina
manoi li pagheremo ugualmente cari per quanto riguarda la voelkl nn
credo abbia mai prodotto in cina
boicottare l"abbigliamento è impossibile ,ormai viene tutto da la
Rispondi citando Rispondi citando
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12-11-2007, 10:53 PM #15
Miki morepowder
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Miki morepowder non è in linea
SAVE the POWDER Skifoso
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head
Predefinito
volkl prduce da 2 anni da quello ke sò in china....
purtroppo il problema è quello il prezzo dei loro sci non è
cambiato.....
Rispondi citando Rispondi citando
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Home Attualità Made in China: l’allarme dal Rapex
Made in China: l’allarme dal Rapex
Di
Rossella Della Vecchia
-
29 Gen 2016 - 20:14
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Made in China: è allerta su un lotto di scarpe tossiche, con un contenuto di
Dimetilfumarato, ben oltre i limiti consentiti dalla legge. Questo l’allarme
dal RAPEX
Il Made in China, nell’era di una crisi inconsapevolmente ignorata,
allarga il suo target di consumo per i prezzi iper-concorrenziali con
cui si propone sul mercato, tanto che ormai ha invaso quelli italiani
ed europei. I prodotti delle importazioni cinesi, prevalentemente
quelli a prezzi ribassati, nascondono problemi di illegalità,
sfruttamento del lavoro e non ultimo l’uso di materiali e sostanze
nocive.
Made in China : l'allarme dal Rapex Un prodotto pericoloso su due è
Made in China, l’altro di provenienza europea. Sono questi i risultati
di attente analisi condotte con il sistema d’informazione rapida RAPEX
(European Rapid Alert System for non-food consumer products) , che
oggi lancia l’allerta su un lotto di scarpe, individuato e rimosso
tempestivamente dal mercato.
Ed è proprio grazie al RAPEX, un sistema europeo di allerta rapida per
i prodotti di consumo – ad esclusione di farmaci, alimenti e presidi
medici regolamentati attraverso agenzie specifiche – che ogni oggetto
individuato come rischioso in uno Stato viene bloccato in tempo reale
in tutti gli altri.
Nelle scarpe Made in China in questione sono state trovate tracce, ben
al di sopra dei limiti di legge, di una sostanza chimica, il
Dimetilfumarato, che provoca irritazione della pelle ed è un
sensibilizzante della cute quando questa ne viene a contatto. Il
Dimetilfumarato o DMF è una sostanza che viene normalmente utilizzata
in ambito industriale, come essiccante e antimuffa per i prodotti in
pelle. Questo elemento è potenzialmente dannoso per l’uomo in dosaggi
particolari e per questo attualmente è stato fortemente limitato negli
Stati dell’Unione Europea per ragioni di tossicità.
[INS: :INS]
Il Rapex ha inoltre segnalato che queste scarpe hanno causato un caso
denunciato di dermatite da contatto. Le scarpe interessate dall’allerta
sono da donna, di colore nero, vendute in una scatola da scarpe bianca
e dorata ed hanno l’etichetta Made in China.
E sono proprio i cittadini, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello
“Sportello dei Diritti”, ad avere un ulteriore ed importante ruolo
nella segnalazioni di prodotti a rischio.
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Rossella Della Vecchia
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Classe 1986, specializzata con lode in Storia dell'Arte Contemporanea
[cattedra di Carla Subrizi, La Sapienza] con la tesi “Trouble Every
Day: Tous Cannibales, la voracità da tabù ad arte, dall’arte alla
società”. Da sempre interessata all’arte come alla scrittura, e alla
comunicazione in genere, scrive di cultura, politica e attualità.
Storica dell’Arte, esperta SEO e freelancer per vocazione, attualmente
collabora anche con Artribune e Tiragraffi Magazine. Da marzo 2013 cura
un personale blog sull’arte: ArtFriche Zone. “Soltanto quando il senso
di associazione nella società non è più abbastanza forte da dare vita a
concrete realtà, la stampa è in grado di creare quell’astrazione, il
pubblico” (Dwight MacDonald).
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Nikon obbiettivi made in china
Forum » Obiettivi » Nikon obbiettivi made in china
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Pier Mario
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 8:58
Ho avuto modo di provare obbiettivi Niki 50 1.9 g, e altri ancora con
tutti la scritta made in China, io ho Canon e sono tutti made in Japan,
I Nikon costano di più ma alla fine é cineseria, ma!!! Questa cosa
proprio non la capisco
S_m_art
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 9:32
Io la capisco benissimo, invece.
Leone Giuliano
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 10:06
La teoria vuole che l'importante siano le specifiche, non chi
costruisce materialmente l'oggetto. La pratica invece è ben diversa. Da
appassionato Zeiss fin dagli anni 70, ad esempio, le ottiche costruite
inizialmente in WG e poi in Giappone, con tutte le specifiche di questo
mondo, per ammissione di grandi esperti del marchio, qualcosa
perdevano. Se poi vogliamo considerare un elemento, anche forte, di
feticismo nell'appassionato, resta il fatto che quelle made in West
Germany hanno sempre avuto comunque quotazioni maggiori. Penso che al
momento tra made un WG o Japan non vi sia più differenza e che anzi
alcuni prodotti Japan siano anche superiori. Ma anche che attualmente
China stia a Japan come quest'ultimo stava a Germany. Leitz è andata in
Canada con particolari motivazioni ben spiegate nel web, ad esempio da
Cavina, non legate al risparmio, e infatti i prodotti made in Canada
non risultano inferiori. Diversamente, Leitz stessa e Zeiss non sono
andati in Giappone per migliorare i propri prodotti, ma solo ed
esclusivamente per risparmiare cercando di non peggiorarli troppo. Lo
stesso fa Nikon e chiunque faccia operazioni di questo tipo.
Personalmente, avevo ad esempio una forte propensione per il 35/1.4
Zeiss per Sony ma, pur sapendo che è eccellente, l'idea che sia
costruito in Taylandia, non mi esalta e ha rallentato la mia intenzione
di prenderlo. La qualità al momento è eccellente, penso. Ma nel tempo,
tutte queste parti interne in resina, che resa avranno, che costanza di
risultati daranno, che durata avranno?
Pier Mario
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 10:13
Comunque le ottiche Nikon che provato sono eccellenti non riesco a
capire perché sono più care di canon
PaoloMcmlx
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 10:49
Beh se sono arrivati a questo punto significa che "sono per l'acqua dei
piedi di porco" ... per adoperare una espressione tipica della
marineria delle mie parti!
In verità anche Canon si fa costruire degli obiettivi in Tailandia, ma
si tratta di ottiche di basso pregio, Nikon invece mi risulta che si
faccia assemblare in Cina finanche ottiche come il 105/1.4 ...
parliamoci chiaro: non so voi, ma io un 85/1.2 costruito in Cina non lo
comprerei MAI ... sic et simpliciter.
Carlopi
avatar junior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:07
Credo ci sia molto pregiudizio sul made in China. Fondato fino a
qualche anno fa, ora decisamente meno.
La qualità di un prodotto (non espressamente made in China) la decide,
nei casi di delocalizzazione della produzione, il committente.
Se ordino 1000 pezzi e chiedo (quindi pago) per una qualità al 100% so
che ogni pezzo verrà controllato e in caso non rispondesse ai requisiti
richiesti verrà sostituito. Se però voglio spendere meno e quindi mi
accontento di una qualità al 90% so che se di quei 1000 pezzi 99
saranno difettosi me li terrò così. Poi se sono onesto me li accollo
come spesa, se lo sono meno li metto in vendita comunque.
La soglia di qualità della produzione è chiaramente differente se
faccio produrre fiori di plastica o ottiche fotografiche ma è chi
assegna il lavoro che ne decide lo standard.
I guasti negli iPhone sono assai rari (considerate che ne sono stati
venduti/prodotti oltre UN MILIARDO di pezzi), perchè è Apple che ha
deciso di tenere alto lo standard di qualità.
Il made in China può essere di altissima qualità, ovviamente tutto ha
un prezzo...
ciao
C.
Leone Giuliano
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:20
Questa è teoria, di quella diffusa proprio da chi delocalizza. Zeiss,
ad esempio al passaggio in Giappone garantiva pomposamente questo e
quello, che il controllo di qualità fosse rigorosissimo e condotto da
personale esclusivamente teutonico. Allegava un documento che lo
certificava. Ma, a detta di super esperti Zeiss, e la plasticità, e il
contrasto, e questo, e quello, e quell'altro non erano uguali. Sull'85
1.4 si sono scritti fiumi di parole.
Insomma, quando il costruttore inizia a prendere la china del
risparmio, chi lo dice dove finisce?
Ilgattonenero
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:23
Oggi la Cina ha delle fabbriche e delle capacità produttive che colgono
impreparati i più grandi paesi, al di là del costo della manodopera in
sè. Basti vedere che prodotti come gli iPhone sono prodotti in Cina
nonostante da anni stiano facendo passi per organizzarsi e portare
parte delle produzione negli Stati Uniti.
S_m_art
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:31
In teoria, com'è facile immaginare, uno può costruire in Svizzera o in
Etiopia, ma la qualità non dipende dalla posizione geografica, dal
clima, o dalla gastronomia del luogo.
In pratica, si spostano le produzioni dove costano meno, e si
risparmia, evidentemente, anche sui materiali e forse sulle tolleranze.
Nella fattispecie, del nuovo corso Nikon, posseggo 24-70 non Vr, 70-200
VR2, 24/1,8 e 105/1,4.
La qualità costruttiva percepita (voto 0-10) è, rispettivamente: 7; 9;
4; 5.
S_m_art
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:34
Posseggo anche cinque Sigma Art costruiti in Giappone. Qualità
costruttiva percepita: 8.
Carlopi
avatar junior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:39
" Insomma, quando il costruttore inizia a prendere la china del
tisparmio, chi lo dice dove finisce?"
Infatti è questo il punto Giuliano. Se lo scopo principale è il
risparmio è chiaro che il primo elemento che sarà tenuto in
considerazione è il costo del prodotto, la qualità passerà (se va bene)
al secondo posto.
Ma è una decisione del committente.
Nell'esempio che fai di Zeiss in Giappone, non pensi che se avessero
voluto i giapponesi avrebbero potuto eguagliare la qualità tedesca?
Probabilmente però ad un costo superiore a quello per cui Zeiss era
disposta a spendere per stare nei sui businnes plan. IMHO
S_m_art
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 11:45
Sulla qualità ottica non mi pronuncio (di Zeiss ne ho uno solo) ma
quella costruttiva non mi pare certo malvagia (fatti da Cosina in
Giappone): voto 10, come del resto i vecchi Nikkor Ai/AIS (ma non i
serie E, che meritano solo un 8).
Pier Mario
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 12:06
Allora molto meglio Canon che li fanno in Giappone e costano meno di
Nikon che nonostante costruisca in Cina
Paolo Iacopini
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 12:14
Si, Pier Mario, ma poi sei costretto a montarli su un corpo Canon...
MrGreen MrGreen MrGreen
Pier Mario
avatar senior
inviato il 29 Luglio 2017 ore 12:16
I miei corpi Canon 6d e 7d sono made in Japan
Che cosa ne pensi di questo argomento?
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Fender made in China: perché no?
Fender made in China: perché no?
di toposodo [user #36871] - pubblicato il 23 marzo 2013 ore 11:00
Fender, una delle bandiere del made in USA, da qualche tempo ha portato
la produzione del brand anche in Cina con la serie Modern Player. Negli
anni della globalizzazione e dell'imposizione sul mercato del colosso
asiatico, ha ancora senso parlare delle produzioni orientali come
alternative economiche a bassa qualità?
"Ciò che deve accadere accade", cantava Lindo Ferretti all'epoca dei
Csi. E così è capitato: Fender s'è messa a produrre in Cina chitarre
brandizzate Fender.
Novità relativa: perché è da fine 2011 che Strat e company escono fuori
dalle fabbriche di Pechino con il marchio simbolo per eccellenza delle
elettriche americane, insieme a Gibson. Ma adesso sono molto diffuse.
Novità, soprattutto, che non stupisce i savi, perché il brand aveva già
proposto Fender (non Squier) made in Japan e ne continua a promuovere
di made in Mexico.
Si parla di strumenti che allora furono cassati dai puristi, e che poi
sono stati riconsiderati per il loro valore oggettivo. Soprattutto le
Stratocaster giapponesi degli anni '80: delle vere perle, secondo molti
specialisti migliori di gran parte delle coeve fatte negli States (e la
cosa non stupisce, vista l'alta qualità dei manufatti giapponesi).
Ma la Cina, si dice, è un'altra storia: da almeno vent'anni, è il Paese
in cui si realizza massivamente a basso costo. Come poter mettere sul
mercato sei-corde brandizzate Fender all'altezza delle aspettative,
costruite con materiali di prima scelta e come Dio comanda, con queste
premesse?
Beh, cari sospettosi, è andata così. D'altronde, l'americanissima Apple
non produce scintillanti iPad e derivati in questo Oriente? Quale
grande marchio americano non ha fabbriche qui? Anche per oggetti di
ottima qualità?
Perché la verità è che in Cina le cose si sanno fare bene: basta
spendere il giusto in produzione.
Fender made in China: perché no?
Ecco quindi le Fender Modern Player, sempre più diffuse: una serie di
sei-corde costruite bene a prezzi molto, molto accessibili. Modelli
tradizionali ma al contempo innovativi, un po' hipster, che fanno
felici proprio i modern player: giovani, carini e disoccupati con tanta
voglia di rockeggiare e pochi soldi in tasca. Musicisti o musicanti con
voglia di suonare strumenti vintage-style rinnovati per qualcosa qua è
là: le Telecaster con gli humbucker, le Jaguar senza battipenna, l'uso
del mogano.
In poche parole: la qualità delle Fender MP è generalmente buona, gli
scettici se ne facciano una ragione. Suonano bene e sono belle,
raccolgono l'eredità delle Squier Classic Vibe, costano di più ma non
deludono.
Scegliere queste, quindi? Oppure le Messicane? O puntare tutto sulle
made in USA?
Chi vi dà una risposta, in molti casi fa una professione di fede. C'è
chi elogerà le vernici usate su quel modello, chi i legni in
quell'altro, chi vi dirà che Fender è finita da trent'anni.
La verità? Provate le sei corde e, stabilito un budget, fatevi
conquistare dallo strumento che suona meglio per voi.
Non si decide veramente con la testa e non bisogna farlo solo con gli
occhi. Quindi aprite le orecchie e poi fate la vostra puntata: made in
USA, Mexico, China, Japan, troverete comunque la vostra fedele
Fenderona dei tempi globali.
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di
tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto.
Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può
generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a
tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi
un'opinione autonoma.
chitarre elettriche fender premio accordo-gibson 2013
Link utili
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Il topic del "Made in China"
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Veterano di Musicoff
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#1
Il topic del "Made in China"
17-09-2015, 07:11 AM
NOTA DELLO STAFF: LEGGERE CON ATTENZIONE PRIMA DI PROSEGUIRE!
Rimane pur sempre un epiphone Made in china è normale abbia difetti!
sempre la solita cineseria con 2 pickup gibson ma come costruzione
rimane sempre la solita classica epiphone standard da 200 euro
Le chitarre per un musicista sono come le scarpe per una donna...Non
sono mai abbastanza! Mai la scelta + sensata riuscirà ad avere la
meglio sulla GAS
Tag: Nessuno
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aleter
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#2
17-09-2015, 07:45 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Non sono affatto daccordo, questa è una conclusione che di potrebbe
dare solo dopo che qualunque tentativo di setup sia andato male. Alla
fine dei conti è un prodotto fatto al 99% con delle macchine
automatiche che lavorano allo stesso modo sia in uno stabilimento
cinese che in uno americano. Mi associo ai complimenti e ti consiglio
di farle fare un bel giro da un liutaio, vedrai che tonerà in perfetta
forma.
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Veterano di Musicoff
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#3
17-09-2015, 09:06 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da aleter
Non sono affatto daccordo, questa è una conclusione che di potrebbe
dare solo dopo che qualunque tentativo di setup sia andato male. Alla
fine dei conti è un prodotto fatto al 99% con delle macchine
automatiche che lavorano allo stesso modo sia in uno stabilimento
cinese che in uno americano. Mi associo ai complimenti e ti consiglio
di farle fare un bel giro da un liutaio, vedrai che tonerà in perfetta
forma.
Tutto è prodotto nel 99% da macchine utensili ormai tranne
l'artigianato! Allora è tutto uguale??? Fiat Ferrari Mercedes sono
tutte prodotte da macchine quindi sono tutte uguali???
Come fai a dire che le macchine lavorano nello stesso modo in Cina e in
America!!! Ma secondo te le macchine sono le stesse e solo le macchine
fanno la chitarra??? E i materiali, l'hardware, le rifiniture,
l'assemblaggio, gli studi che ci stanno dietro che parte hanno secondo
te?
Le chitarre per un musicista sono come le scarpe per una donna...Non
sono mai abbastanza! Mai la scelta + sensata riuscirà ad avere la
meglio sulla GAS
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aleter
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#4
17-09-2015, 09:50 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da shopper
Tutto è prodotto nel 99% da macchine utensili ormai tranne
l'artigianato! Allora è tutto uguale??? Fiat Ferrari Mercedes sono
tutte prodotte da macchine quindi sono tutte uguali???
Come fai a dire che le macchine lavorano nello stesso modo in Cina e in
America!!! Ma secondo te le macchine sono le stesse e solo le macchine
fanno la chitarra??? E i materiali, l'hardware, le rifiniture,
l'assemblaggio, gli studi che ci stanno dietro che parte hanno secondo
te?
Ti rispondo, tu generalizzi e non poco.... Stai facendo dei confronti
che non hanno molto senso imho. Se consideri il singolo robot saldatore
che produce la scocca è probabilmente lo stesso sia in Ferrari che in
Fiat che in Mercedes ( e probabilmente per entrambi si tratta di un
Comau o di un Kuka), quello che cambia e fa la differenza è il dopo, in
Ferrari si prendono 3 giorni e una flotta di operai con spessimetro
alla mano che controllano tutto quanto ancora prima che alla scocca
venga dato il primer, mentre invece sulla linea della Panda
probabilmente si accettano tolleranze molto maggiori ed il controllo
sarà solo a fine linea.
Visto che parli di macchine ti chiedo: sai quanta è la tolleranza di
una moderna fresa a controllo numerico ? In prodotto grossolano dal
punto di vista della precisione come una chitarra sei davvero sicuro
che la CNC americane siano più precise ? Parliamo di centesimi di
millimetro e anche fossero frazioni più grossolane dubito che si possa
vedere ad occhio o al tatto la differenza.
I Legni con tutte le leggi che ci sono vengono da allevamenti molto
regolamentati e controllati e non è nemmeno detto che le americane ne
abbiano per forza di più pregiati (vedi la Richilite sulle Gibson e
l'Ebano sulle Epi), ma anche ammettendo che i legni delle americane
siano migliori rimane il fatto che il legno sulle solidbody non incide
poi così tanto e che quello che conta davvero per una stabilità del
prodotto è che non ci sia troppa umidità al suo interno; coi moderni
essiccatori industriali a meno di pezzi sfigati (che possono
sicuramente essere più frequenti su una produzione di massa meno
controllata) non c'è davvero motivo per cui il legno debba dare
problemi.
Con l'Hardware ti do ragione ma quello si può facilmente cambiare e
comunque sempre più spesso purtroppo non è raro trovare anche su
produzioni Americane o Occidentali ponti in Zamak e capotasti in
plastica.
Gli studi vorrei capire quali sono visto che la LP è un progetto
vecchio di almeno 60 anni e rotti ed i progetti con tutte le misure del
caso si trovano in rete.
Sulle rifiniture ti do piena ragione e spesso sono quelle a fare la
differenza tra un prodotto di qualità e nicchia ed uno più industriale,
ma sono rifiniture, il Binding di una Epi e di una R59 non saranno
nemmeno confrontabili probabilmente, ma queste non incidono sul suono.
La tecnologia si è evoluta moltissimo negli ultimi anni, non siamo più
a 40 anni fa dove una chitarra economica se andava bene non ti si
rompeva in mano ed emetteva un suono, le moderne produzioni industriali
sono molto più standardizzate di quanto si creda motivo per cui
lasciando da parte i pregiudizi nelle produzioni orientali si possono
trovare ottime chitarre (come la tribute in questione che tra l'altro
dovrebbe montare oltre all'elettronica anche un Hardware superiore),
che poi ci sia di meglio sono d'accordo, ma a che prezzo ?
Probabilmente sulla Epi la verniciatura sarà peggiore il legno sarà in
più pezzi e la paletta avrà una scritta diversa, ma se confronti questa
Tribute con una Gibson LPJ ho seri dubbi che la seconda abbia un suono
più vicino alla LP originale della prima...
Ho replicato solo perchè le tue conclusioni mi sembravano quantomeno un
po frettolose hai liquidato buona parte della produzione mondiale di
chitarre senza nemmeno darne dei motivi tecnici, e invece ti assicuro
che non fa tutto così schifo.
Se leggi la storia della Fender scoprirai che capolavori uscivano da
Corona negli Anni 70 mentre in Giappone (la Cina odierna come paragone
con la produzione) sfornava chitarre di ottima qualità ancora oggi con
quotazioni di tutto rispetto.
Il tutto naturalmente con lo spirito di un confronto sano e costruttivo
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#5
17-09-2015, 10:05 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da [email protected]
Ringrazio tutti per le risposte.
Non voglio entrare nelle solite polemiche Gibson-Epiphone: anche fosse
una chitarra da 200 euro non sarebbe comunque giustificato il difetto a
mio parere...
Per la cronaca comunque questa chitarra ha una costruzione abbastanza
diversa da una Epi standard, con il top in vero acero non
impiallacciato ed il manico incollato in modo diverso che penetra più
in profondità nel corpo, per un miglior sustain. ;)
Oggi torno in negozio (50km ...) e spero risolvano il problema
Ma guarda che la tua è già una chitarra da 200 euro a cui hanno
aggiunto dei pick-up gibson! Un setup è d'obbligo per qualsiasi
strumento di qualsiasi fascia di prezzo! Ci sta che frigga! È legno! Si
muove!
Le chitarre per un musicista sono come le scarpe per una donna...Non
sono mai abbastanza! Mai la scelta + sensata riuscirà ad avere la
meglio sulla GAS
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#6
17-09-2015, 10:08 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Vorrei però capire le tue motivazioni, magari i mod potrebbero spostare
la discussione ma mi piacerebbe capire dal punto di vista tecnico per
quale motivo ritieni scadente tutta la produzione orientale, quando
invece sia in rete che dal vivo si trovano moltissimi pareri positivi
su tante chitarre moderne.
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#7
17-09-2015, 10:48 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da aleter
Vorrei però capire le tue motivazioni, magari i mod potrebbero spostare
la discussione ma mi piacerebbe capire dal punto di vista tecnico per
quale motivo ritieni scadente tutta la produzione orientale, quando
invece sia in rete che dal vivo si trovano moltissimi pareri positivi
su tante chitarre moderne.
No non generalizziamo! Io non ritengo scandente tutta la roba
orientale! Io ritengo scadenti tutte le chitarre cinesi!!!
(Ps: conosco molto bene la qualità giapponese ho una esp e una eii Made
in japan e sono il top!)
Le chitarre per un musicista sono come le scarpe per una donna...Non
sono mai abbastanza! Mai la scelta + sensata riuscirà ad avere la
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Però, niente male questo forum...
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#8
17-09-2015, 12:23 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da shopper
Rimane pur sempre un epiphone Made in china è normale abbia difetti!
sempre la solita cineseria con 2 pickup gibson ma come costruzione
rimane sempre la solita classica epiphone standard da 200 euro
Citazione da shopper
Ma guarda che la tua è già una chitarra da 200 euro a cui hanno
aggiunto dei pick-up gibson! Un setup è d'obbligo per qualsiasi
strumento di qualsiasi fascia di prezzo! Ci sta che frigga! È legno! Si
muove!
Allora, probabilmente hai risposto con le migliori intenzioni, però il
tono che usi può essere frainteso: che sia di legno che si muove e che
tutte le chitarre abbiano bisogno di un setup, vale anche per una
Gibson da 5.000 euro, quindi perché tiri fuori il prezzo??
Perché la definisci "cineseria" in modo dispregiativo? Se è fatta in
Cina non è detto che sia M...a
Citazione da shopper
No non generalizziamo! Io non ritengo scandente tutta la roba
orientale! Io ritengo scadenti tutte le chitarre cinesi!!!
stai parlando di 1,3 miliardi di persone, che producono la maggior
parte dei beni di maggior consumo, questo sarebbe non generalizzare?
Dire che una chitarra da 600 euro è uguale ad una da 200 potrebbe anche
essere recepito come un commento dispregiativo ed offensivo o
quantomeno polemico...
oltre a tutto dimostri di non conoscere il modello specifico
Se le chitarre cinesi fanno tutte schifo, questa è una tua legittima
opinione personale, però venirlo a dire in un topic di chi l'ha appena
comprata, forse non è molto gentile ;)
dato che su internet è facile equivocare, cerchiamo di evitare
affermazioni che potrebbero offendere altri utenti e di contare fino a
10 prima di scrivere ;)
grazie comunque per la risposta
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#9
17-09-2015, 02:14 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da shopper
Ho scritto che la tua è una chitarra da 200 euro perché nuova costa
poco più che 500. I pick-up gibson costano sui 200-250 euro la coppia.
Fai una sottrazione e dimmi se non è una chitarra da 200 euro i poco
più. Tra l'altro usata costa proprio quella cifra quindi non capisco
dove sta l'offesa davvero.
In realtà considerato che i pickup sono prodotti dalla Gibson stessa e
che probabilmente il loro costo di produzione non supera i 30-40
dollari trovo riduttivo dire che metà valore della chitarra sia dato
dai pickup. Più che altro mi piacerebbe avere delle motivazioni
tecniche che dimostrino inequivocabilmente la bassa qualità dei
prodotti assemblati in uno stabilimento cinese. Considerato che
realizzare industrialmente una chitarra tenendo un certo standard non è
poi così diverso dall'assemblare tanti altri beni di consumo che anzi
spesso richiedono un livello tecnologico e hanno difficoltà di
assemblaggio ben maggiori.
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#10
17-09-2015, 02:42 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da aleter
i pickup sono prodotti dalla Gibson stessa e che probabilmente il loro
costo di produzione non supera i 30-40 dollari
Forse costeranno 40dollari di due..
Considera che un kit per farsi i pickup, solo kit, costa 30$ da
stewmac. due kit = 60$. il conduttore poly viene 35$ di 250g circa,
dovrebbe bastare per tipo 2/3 humbucker, quindi praticamente 95$,
comprando tutto al dettaglio e in quantità minime... loro ne
compreranno quanto di tutto ciò? in teoria gibson produce 2500 chitarre
la settimana... 2500 * 52 *2pickup = 260000 pickup l'anno, non so se
epiphone e altri marchi sono comprese in questo numero...
OT è il mio secondo nome
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#11
17-09-2015, 02:43 PM
Re: Il topic del "Made in China"
L'assemblaggio è un conto ma la produzione interamente in Cina è un
altro. Comunque che motivazioni tecniche vuoi??? Ma non ti accorgi che
i cinesi copiano qualsiasi cosa la fanno a casa loro risparmiando il
più possibile sui materiali e tutto il resto per rivenderla alla metà
della concorrenza! Non ti accorgi di come stanno distruggendo medie
piccole e grandi imprese??? Perché pensi che aziende come la eko
producono in Cina??? Dove pensi che nasca il risparmio??? Solo dalla
manodopera?
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#12
17-09-2015, 03:50 PM
Re: Il topic del "Made in China"
comunque, giusto per dire:
Gibson Factory Tour
Chapman Guitars (made in Korea)
OT è il mio secondo nome
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#13
17-09-2015, 03:56 PM
Re: Updated: acquisto €piphone Les Paul 1960 Tribute Plus
Citazione da ricky1919
comunque, giusto per dire:
Gibson Factory Tour
Chapman Guitars (made in Korea)
Che c'entrano la chapman e la korea scusa??? Allora anche Indonesia
India Malesia Siberia Giappone Thailandia Birmania....
Ogni volta che si parla della Cina c'è qualcuno che tira fuori la
Korea...
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#14
17-09-2015, 05:07 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da shopper
L'assemblaggio è un conto ma la produzione interamente in Cina è un
altro. Comunque che motivazioni tecniche vuoi??? Ma non ti accorgi che
i cinesi copiano qualsiasi cosa la fanno a casa loro risparmiando il
più possibile sui materiali e tutto il resto per rivenderla alla metà
della concorrenza! Non ti accorgi di come stanno distruggendo medie
piccole e grandi imprese??? Perché pensi che aziende come la eko
producono in Cina??? Dove pensi che nasca il risparmio??? Solo dalla
manodopera?
Se non compri in Cina per motivi di scelta personale è un conto, in
realtà è una scelta assolutamente condivisibile e che condivido appieno
e quando posso anche io cerco di evitare il made in PRC.
Rimane però il fatto che non per forza debbano essere prodotti
scadenti. Alla fine stiamo parlando di un marchio di proprietà Gibson
non di un clone cinese contraffatto, quindi a maggior ragione non si
può generalizzare e se fai una affermazione così assoluta mi sembra il
minimo argomentarla e spiegare tecnicamente in cosa le reputi inferiori
e perché, ne hai prove ? Non puoi dire che fanno schifo a priori solo
perché sono fatte in Cina. Perché altrimenti 10 anni fa avresti dovuto
denigrare le coreane e 30 anni fa le giapponesi per gli stessi motivi
che stai utilizzando ora.
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#15
17-09-2015, 06:04 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da shopper
Che c'entrano la chapman e la korea scusa??? Allora anche Indonesia
India Malesia Siberia Giappone Thailandia Birmania....
Ogni volta che si parla della Cina c'è qualcuno che tira fuori la
Korea...
cercherò di risponderti con calma.
Volevo pubblicare solo il video della Gibson, per farti vedere come
quasi tutto è fatto a macchina (esattamente come quasi tutto è fatto a
macchina in Cina), ma ho detto "ehi, tiriamo dentro anche una
produzione molto meno costosa orientale, per fare vedere le
differenze". Ho cercato in fretta e postato il primo che ho trovato.
hai ragione non è cinese, ti chiedo UMILMENTE perdono.
In ogni caso, dalla Cina (come ovunque) non escono cattive chitarre, o
oggetti. ciò accade solo quando il produttore OCCIDENTALE decide che
vuole qualcosa a basso prezzo.
Se sei disposto a pagare di più la produzione, anche dalla Cina escono
ottimi strumenti. E te lo dico dopo aver provato varie Tokai cinesi, a
Londra. 450/500€ ed erano superiori a buona parte delle epiphone che ho
provato.
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* Made in Italy e Made in China
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Pagine: [1] 2 3
Autore Topic: Made in Italy e Made in China (Letto 6464 volte)
0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.
Feichow
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Made in Italy e Made in China
« il: 06 Luglio, 2005, 17:19:52 pm »
Grande dilemma...il made in italy sottintende anche che sia made by
Italians? oppure basta la nazione in cui sia stata prodotta?
Ho sentito che parecchie aziende del lusso italiano utilizzano
contoterzisti cinesi nella produzione di borse, piccola pelletteria,
scarpe etc. come Gucci e Prada nei dintorni di Firenze e Fratelli
Rossetti a Vigevano.
quindi sarebbe un Made in Italy but made by Chinese.
e quale sarebbe la differenza allora di un prodotto made in China e
made by Chinese da uno sopra citato? Ovviamente con design italiano,
sto parlando di produzione in licenza.
Ragazzi, cerco degli esempi e delle conferme...se qualcuno di voi sa
che qualche laboratorio cinese lavora con aziende del lusso, lo scriva
qua plz.
Mi serve anche per la mia tesi, e un argomento interessante e scottante
alo stesso tempo, che penso nesusna azienda affermera mai.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Feichow »
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cilex
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« Risposta #1 il: 06 Luglio, 2005, 17:46:13 pm »
in che senso???
vai alla Benetton a Vicenza!!!! oramai penso che sia tutto prodotto da
cinesi!!!
vicino a me; c'è Paola Frani che ha due laboratori di cinesi; mi sono
inserito per due mesi nella logistica e ho saputo che avevano due
laboratori!!!
e poi.............ce ne sono altri!!! ma le mie sono solo notizie
sentite dire; dovresti farti dare da delle conferme!!!
ma come intendi tu di marche famose???
Per la Diesel, non sono sicuro dovresti chiamare il proprietario, per
avere informazioni!!! (digli che sei laureato, penso che forse ti darà
una mano; però non garantisco niente digli che devi fare la tesi
sull'argomento!!!)
Penso che la Cina sia una cosa molto diversa dai cinesi in Italia; la
prima è che in cina loro rispettano le leggi vigenti; mentre in Italia
i cinesi non rispettano le leggi vigenti!!!
P.S: ma voi che studiate, tesi sui cinesi sulla produttività cinese
ecc...... (te, viola e l'altra che non ricordo il nome); io sono
l'unico che fa una tesi normale???!!!!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cilex »
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Non lasciatevi scoraggiare da coloro che delusi dalla vita, sono
diventati sordi ai desideri più profondi ed autentici del loro Cuore!!!
Giovanni Paolo II 16.X.1978 - 2.IV.2005
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Guest
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« Risposta #2 il: 06 Luglio, 2005, 18:22:04 pm »
Non so se conosci la Patrizia Peppe, e non so se per te e' una marca di
lusso, quel che e' certo che i loro capi li vendono tutti dai 100 euro
in su, so che c'e' almeno un laboratorio cinese che lavora per loro.
Cilex, tu potresti scrivere qualcosa su "lo scienziato pazzo cinese,
cilex".
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Guest »
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Sephiroth
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« Risposta #3 il: 06 Luglio, 2005, 18:26:12 pm »
La denominazione made in italy per i capi prodotti in italia e'
appropriata, anche quando il lavoro e' commissionato a soggetti non
cittadini. Tant'e' che ai laboratori di confezione abbigliamento cinesi
in italia viene chiesto di attaccare l'etichetta Made in Italy.
Ma d'altronde la denominazione "Made in ..." specifica semplicemente il
luogo di produzione del capo, mica la nazionalita' dei soggetti della
catena di produzione!
Il problema del distintivo made in italy sorge quando il prodotto
subisce fasi di lavorazione all'estero. Come si puo' affermare che il
proprio prodotto e' fatto in italia se - ad esempio - il 60% della
lavorazione e' svolto all'estero?
La questione ha assunto rilevanza con il fenomeno della
globalizzazione. In prodotti tipicamente suddivisibili in componenti,
come ad esempio l'elettronica, ha ormai poco senso parlare di "made in
...", identificando con tale dicitura semplicemente il paese
dell'azienda madre da cui e' uscito il prodotto finale destinato alla
distribuzione.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Sephiroth »
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Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen.
Ludwig Wittgenstein (1889 - 1951)
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Idra
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« Risposta #4 il: 06 Luglio, 2005, 19:11:25 pm »
Ci sono aziende di imprenditori cinesi che lavorano con Marchi
prestigiosi.
Questi però, vengono selezionati per la loro qualità. E' mada in italy
by high quality chinese manifactor (spero di non aver sbagliato).
Attualmente, la maggioranza dei prodotti made in china, sono
qualitativamente inferiori rispetto a quelle europee. Questo, presto,
anzi prestissimo, non sarà più così.
Ritornando al MIIBHQCM (mada in italy by high quality chinese
manifactor :lol: ), i cinesi in italia, oltre ad lavorare diversamente
rispetto ai nostri compaesani in cina, hanno anche mezzi e strumenti
diversi.
Chiamarlo Made in Italy ci sta!! Anche se pu? stonare un po'.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Idra »
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« Risposta #5 il: 06 Luglio, 2005, 19:18:59 pm »
Per sentito, la lagge italiana, accetta l'etichettatura Made in Italy a
prodotti solamente montati in Italia, anche se formato da tutti i
componenti stranieri.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Idra »
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« Risposta #6 il: 06 Luglio, 2005, 19:58:08 pm »
Quel che ne' so' io ,un prodotto definito made in Italy puo' avere
tutti i componenti stranieri che siano cinesi ,indiani o afghani... non
fa' differenza,inoltre il prodotto puo' essere anche semi lavorato,
cioe' ancora non completto e non ancora confezionato. Per dire un capo
di abbigliamento se lo producci in cina lasci una parte finale da
complettare in italia e la stiri e imballi in italia, e' un prodotto
per tutti effetti MADE IN ITALY.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da alfa »
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VampireMiyu
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« Risposta #7 il: 07 Luglio, 2005, 09:03:37 am »
in fondo, la parola made in italy vuol dire appunto fatto, prodotto in
italia, xcui nn ha importanza il materiale che viene usato... avendo io
un pronto moda con tutti capi made in italy, penso che x definirsi made
in italy, almeno il materiale principale dev'essere altrettanto
italiano.. ieri è venuto uno staff di uan rete televisiva tedesca a in
tervistarmi e riprende il mio maga, be', la domanda che mi hanno fatto
a bruciapelo è :" che differenza c'è tra il amde in italy fatto dai
cinesi in italia e l'import cinese?"
ho risposto" la differenza sta nel luogo in cui viene prodotto e la
qualità dei prodotti e il materiale usato, ma principalmente è che i
nostri prodotti vengano lavorati in italia." +o- devo aver risposto
così... nn ricordo auauhauh ero 1po' imbarazzata auauhauhuh
nn so prada o altre marche prestigiose, ma la maggior parte delle
amrche giovanili (miss sixty, gas ecc) hanno subito una lavorazione
tramite i cinesi in italia...
caro cugy, nnc redo proprio che in cina rispettino le leggi viggenti,
anzi, io penso e credo che la differenza i 2 tipi di prodotti è dovuto
al basso costo. in italia il prezzo della lavorazione è + alto e quando
si dovrà una buona ditta x cui lavorare, si cerca sempre di tenerselo +
caro possibile, lavorando bene e rispettando i tempi di consegna... in
cina, avendo costi di manodopera così bassi e il costo del prodotto
sempre sul basso-economico, nn credo che i laboratori pensino a quanto
possa durare il prodotto o se è ben fatto... magari esteticamente
sembra persino + bello , ma dopo 5 minuti che indossi una 1 indumento,
capisci subito la sua "qualità"
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da VampireMiyu »
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Feichow
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« Risposta #8 il: 07 Luglio, 2005, 23:42:57 pm »
grazie per le risposte, sono state veramente esaurienti!
Il Made in Italy by high quality Chinese manufaturer di Bai lascia
molto su cui riflettere ^__^
Il problema principale su cui volevo soffermarmi è questo: pu? l'Italia
discriminare i prodotti fatti in Cina solamente perchè fatti in Cina
mentre in Italia produce lo stesso prodotto tramite laboratori cinesi?
non è assolutamente vero poi che in Cina producano moda di basso
livello, come sa bene chi ha un laboratorio, un capo finito di altà
qualità differisce da quello di bassa qualità solamente nel tepmo
dedicato al capo ed alla bravura del lavoratore ed ovviamentei
materiali utilizzati.Cose che si possono imparare nel giro di 2-3 mesi.
Il vero problema è che i prodotti di altà qualità fatti in cina non
verrebbero acquistati solo perchè aventi il label made in China.
Quindi se non c'è la domanda..inutile produrli.
Patrizia pepe la conosco, ha avuto uno sviluppo eccezionale negli
ultimi 3-5 anni. non sapevo che si affidasse a laboratori cinesi.
di benetton neanche.
Paola Frani non la conosco sinceramente...
Grazie per le risposte raga
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Feichow »
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« Risposta #9 il: 07 Luglio, 2005, 23:55:53 pm »
Gli italiani discriminano i prodotti cinesi non solo per la loro scarsa
qualita',ma principalmente sono i produttori che si lamentano
perche'non riescono essere compettitivi con i loro prezzi in confronto
a quella cinese .
La benetton,oltre a servirsi dei cinesi nelle loro fabbriche e nei
indotti che lavoravano per loro, di recente hanno aperto dei
stabilimenti in Cina e hanno quasi cessato di produre in italia.
Di conseguenza in mancanza di lavoro ,i cinesi del triveneto hanno
rilevato le confezioni contoterzisti italiani.E i cinesi che lavoravano
nelle loro fabbriche si sono ritrovati a lavorare di nuovo per i cinesi
e altri senza lavoro.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da alfa »
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« Risposta #10 il: 08 Luglio, 2005, 00:18:48 am »
feichow se vuoi sapere qualcosa di più su questo argomento chiamami
domani al cell.
ciauz
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da ziner »
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« Risposta #11 il: 08 Luglio, 2005, 09:02:34 am »
nn dico che il made in china sia solo economico e di bassa qualità, ma
quello cn cui abbiamo contatto noi è così, xkè come hanno già detto, il
made in china di buona qualità ed a prezzo medio-alto, nn potrebbe
durare molto qui in italia... 1 mio amico c'ha provato ad aprire 1
negozio del made in china medio-alto, ma dopo 3 mesi ha dovuto
chiudere...
tra il made in italy e made in china, c'è la differenza della
provenienza... differenza del costo e differenza del pensiero dei
clienti.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da VampireMiyu »
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« Risposta #12 il: 08 Luglio, 2005, 09:38:29 am »
X VAMPIRE: "Freddy Make it happens" sta andando benino penso, si tratta
di un prodotto medio-alto, un capo viene a costare sui 60-80 euro.
e
Io so che la Natuzzi ha conto terzi cinesi, ed è in assoluto il +
grande produttore italiano di divani.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da KyoKusanagi »
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« Risposta #13 il: 08 Luglio, 2005, 16:30:42 pm »
Citazione da: "KyoKusanagi"
Io so che la Natuzzi ha conto terzi cinesi, ed è in assoluto il +
grande produttore italiano di divani.
Non e' che ti stai confondendo con la Chateau D'Ax? ;)
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Sephiroth »
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« Risposta #14 il: 08 Luglio, 2005, 20:12:27 pm »
no è Natuzzi, pensa che al salone del mobile di milano la Natuzzi aveva
un edificio INTERO come stand...
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da KyoKusanagi »
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Il topic del "Made in China"
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#16
17-09-2015, 09:26 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Questa discussione, derivante da un OT su un thread specifico, è
relativa allo scambio di opinioni sulla qualità delle produzioni Made
in China (e per estensione sulle produzioni asiatiche in generale) 8)
Si raccomanda ovviamente una forma di comunicazione consona al rispetto
altrui, fermo restando che tutte le opinioni sono ben accette
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#17
18-09-2015, 08:09 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Shopper, l'impressione che stai dando è che il tuo disprezzo per le
cinesi vada ben oltre l'argomento della discussione.
Non so se hai una faccenda personale che ti fa odiare i prodotti
cinesi, ma qui siamo tutti concordi che la produzione cinese non è
necessariamente scadente.
Si produce in cina soprattutto per abbassare i costi di manodopera e
questo lo saprai, ma la qualità la fa il controllo, non il cinese. Nel
senso che se un prodotto cinese non rispecchia la qualità che il
produttore si aspetta la rimanda indietro. E' il controllo qualità che
fa la differenza, indipendentemente da chi fabbrica un bene.
E' probabile che molte chitarre vengano prodotte addirittura dalla
stessa azienda cinese per più marchi europei o americani. E i prezzi
delle chitarre potrebbero variare a seconda del controllo qualità.
Ora, se vuoi possiamo anche discutere del fatto che la produzione
cinese ha rovinato il mercato europeo e sarà causa di un nuovo
conflitto mondiale, ma non è questo il luogo adatto.
Parliamo di chitarre cinesi. Ne ho viste tante di chitarre prodotte in
Cina e sono tutte di molto superiori rispetto a chitarre europee di
trent'anni fa.
il 99% dei problemi di una chitarra si trovano tra la chitarra e la
tracolla.
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aleter
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#18
18-09-2015, 08:57 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Esatto è questo il fulcro, se parliamo di etica del lavoro, di rispetto
dell'ambiente e di argomenti simili sono il primo che quando può evita
il made in China. Ma se parliamo di prodotti (in questo caso di
chitarre) in modo assoluto un simile disprezzo dovrebbe come minimo
avere motivazioni tecniche concrete ben fondate, perchè di fatto a meno
di non scendere in disgustosi discorsi razzisti una fabbrica cinese può
tranquillamente produrre una chitarra con gli standard qualitativi
richiesti senza il minimo problema.
Basti vedere che in Cina vengono prodotti sia gli Ihpone originali che
i cloni osceni che si trovano in rete, tutto sta agli standard di
produzione ma non c'è un vero limite dettato dal fatto che lo
stabilimento sia in Cina piuttosto che a Palo Alto, forse un telefono
prodotto in California avrebbe più Mojo (un po come coi componenti
inutilmente esotici montati su chitarre e pedali ) ma non per forza
dovrebbe essere superiore.
Che una Music Man sia uno strumento di altissima qualità è
indiscutibile, ma se cerchi opinioni sulle Stirling troverai moltissimi
pareri positivi, la Shur aveva prodotto le Rasmus in Cina, un flop
proprio per pregiudizi legati allo stabilimento di produzione, quando
in realtà il livello delle rifiniture e delle chitarre era
probabilmente superiore a quello di alcune produzioni americane di
massa.
PS ne approfitto per ringraziare 5corde che ha gentilmente diviso la
discussione e che ci ha permesso di continuare a discutere della cosa
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#19
18-09-2015, 12:18 PM
Re: Il topic del "Made in China"
condivido pienamente quanto detto da aleter e GuitarImho
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#20
18-09-2015, 07:06 PM
Re: Il topic del "Made in China"
A mio avviso l'unica differenza dei prodotti cinesi, ma anche di tutti
quelli dei paesi emergenti, è la mancanza dei diritti fondamentali dei
lavoratori che li producono, quindi è solo un problema etico. Dirò di
più, alla fine la colpa è dei nostri imprenditori che pensano solo ed
esclusivamente al profitto. In Cina oramai c'è tutto compreso il Know
how, e sta esclusivamente all'imprenditore decidere la qualità del
proprio prodotto. Ora affermare che le chitarre sono pessime perché
fatte in Cina non è corretto, è più corretto dire che la ditta che ha
deciso di fare le chitarre in Cina ha voluto le più economiche, per poi
avere un ricavo migliore, tutto li. Do qualche esempio per essere più
chiaro. Tutta la produzione Apple è in Cina, Più dell'ottanta per cento
della produzione di Canon, Nikon, Casio, ecc.. è in Cina nell'isola di
Taiwan, che è sempre Cina, si producono tutti i telai in Carbonio delle
migliori Mountain bike del mondo, e così via.
Ciao
"Perché non danno a Iannone una Factoty? Per non penalizzarlo
ulteriormente" Cit. Down From The Sky & Stingray V
"Lorenzo è un gran pilota anche se mi è simpatico come una
incontrollabile scarica di diarrea nel bel mezzo del proprio esame di
laurea" Cit. Stingray V
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#21
18-09-2015, 10:33 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Ragazzi esiste il made in cina del cacchio come esiste quello fatto in
ogni altro stato, Italia compresa. Ci sono molti marchi tecnologici e
hobbystici dove il made in cina regna sovrano non solo come produzione
ma anche come qualità, faccio modellismo statico e i migliori kit ora
come ora vengono dall'oriente.
Così come per gli strumenti, leggere il made in cina sulla paletta
della chitarra è solo una indicazione di provenienza, e diciamoci la
verità, leggere made in USA a volte (non spesso, non sempre) è solo
sinonimo di "aumentiamo il prezzo che tanto la gente è polla e sta
ancora a giudicare la chitarra dal marchio di provenienza".
Detto ciò, so come la pensa Shopper e non gli farete cambiare idea
nemmeno se lo portaste in una fabbrica cinese di chitarre e vedesse coi
suoi occhi come la realtà sia distante da come la percepisce lui
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#22
18-09-2015, 11:36 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Si ma mi piacerebbe che esponesse le sue idee per capire il suo punto
di vista. Invece non ha più risposto magari ha avuto da fare....
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#23
18-09-2015, 11:42 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da aleter
Si ma mi piacerebbe che esponesse le sue idee per capire il suo punto
di vista. Invece non ha più risposto magari ha avuto da fare....
Le ha esposte diverse volte qua sul forum, per lui il made in cina
nelle chitarre è strettamente collegato allo stereotipo in parte vero
delle fabbriche che producono "cineserie"
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#24
19-09-2015, 09:18 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Capisco...però ecco sconsigliare o parlare male di un certo prodotto
solo per un discorso di stereotipi senza reali motivazioni mi sembra
quantomeno leggermente discutibile, specie quando si danno consigli su
internet. Però chiaro ognuno ha le sue idee e ci mancherebbe altro.
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#25
19-09-2015, 09:26 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Ho letto a grandi linee tutta la discussione.
E' fuor di dubbio che una chitarra da 200€ non è allo stesso livello di
una da 2000€, ma questo non significa che le moderne chitarre made in
China siano dei ciocchi di legno come accadeva una volta.
Tra l'altro, parlare di made in China è limitativo, perchè molti marchi
low costo non producono in Cina, come ad esempio Samick o Cort.
Da possessore di una moderna Samick (Greg Bennett UM4) non posso che
confermare quanto precedentemente detto: con le moderna macchine a
controllo numerico, c'è una maggiore standardizzazione del processo,
quindi bisogna essere davvero sfortunati a beccare una chitarra col
manico storto o non ben incollato al body. La mia UM4 a livello
liuteristico è praticamente impeccabile e il finish dato al body è
stupendo.
Lo scorso inverno ho acquistato una OLP MM1, copia cinese della
MusicMan Axis di Van Halen, e ho beccato una chitarrina mica male, con
un ponte molto utilizzabile e un suono molto piacevole.
Insomma, il delta che separava la produzione Made in China dalla
produzione Made in USA è diminuito notevolemente.
Certo, i pickup sono quelli che sono, e i ponti mobili pure, ma se si
vogliono pickup di alta qualità e ponti mobili stabili, bisogna
mettersi in mano cifre a 3 zeri. Da una chitarra che costa poco più che
una coppia di HB DiMarzo, non puoi aspettarti miracoli.
Citazione da Vigilius
una volta le cose vecchie erano vecchie e basta, non vintage
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#26
19-09-2015, 11:42 AM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da VSmolsky
Ho letto a grandi linee tutta la discussione.
E' fuor di dubbio che una chitarra da 200€ non è allo stesso livello di
una da 2000€, ma questo non significa che le moderne chitarre made in
China siano dei ciocchi di legno come accadeva una volta.
Tra l'altro, parlare di made in China è limitativo, perchè molti marchi
low costo non producono in Cina, come ad esempio Samick o Cort.
Da possessore di una moderna Samick (Greg Bennett UM4) non posso che
confermare quanto precedentemente detto: con le moderna macchine a
controllo numerico, c'è una maggiore standardizzazione del processo,
quindi bisogna essere davvero sfortunati a beccare una chitarra col
manico storto o non ben incollato al body. La mia UM4 a livello
liuteristico è praticamente impeccabile e il finish dato al body è
stupendo.
Lo scorso inverno ho acquistato una OLP MM1, copia cinese della
MusicMan Axis di Van Halen, e ho beccato una chitarrina mica male, con
un ponte molto utilizzabile e un suono molto piacevole.
Insomma, il delta che separava la produzione Made in China dalla
produzione Made in USA è diminuito notevolemente.
Certo, i pickup sono quelli che sono, e i ponti mobili pure, ma se si
vogliono pickup di alta qualità e ponti mobili stabili, bisogna
mettersi in mano cifre a 3 zeri. Da una chitarra che costa poco più che
una coppia di HB DiMarzo, non puoi aspettarti miracoli.
ma in una chitarra da 3000 euro non mi pare che il ponte e i pickup
costano 2800 euro... semmai il contrario... quindi, nulla vieta, una
volta comprata una onestissima chitarra made in china, che gli cambi
ponte e pickup, il che ti permette di avere quello che più si adatta
alle tue esigenze, e quindi avere, alla fine, una chitarra ottima, non
avrà il blasone e il valore commerciale di una gibson o di una fender o
di una music man... ma alla fine... se suona bene, se ti piace e non si
rompe dopo 1 anno... quale è il problema??
di tutto di più!
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#27
19-09-2015, 12:15 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Non parlavo di chitarre da 3000€ (MusicMan, ad esempio), ma di chitarre
a 3 zeri, quindi dai 1000€ in su, come Fender o PRS SE.
Comunque, discorso affrontato N-mila volte da quando sono iscritto su
questo forum. La conclusione a cui sono arrivato è che ok, con qualche
modifica si può dare smalto a una chitarra mediocre, ma con 2 limiti:
1. non è detto che una volta cambiato ponte, PU, capotasto, elettronica
interna, tu ottenga il risultato desiderato
2. a conti fatti, spendi quanto l'originale, con lo svantaggio che non
hai il valore commerciale e la rivendibilità di questo.
Credi che in questi 6 anni non abbia mai pensato di upgradare la mia
Greg Bennett? E secondo te perchè non l'ho fatto? Perchè non ho 3-400€
da parte?
Citazione da Vigilius
una volta le cose vecchie erano vecchie e basta, non vintage
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#28
19-09-2015, 04:55 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Io ho ì'impressione che si faccia un po' di confusione fra vari
discorsi: non pretendo di insegnare niente a nessuno, ma, piuttosto di
fare un po' di ordine.
La progettazione di un prodotto è in relazione al settore di mercato a
cui è destinato.
Normalmente le case più rinomate hanno almeno una doppia produzione,
una gestita direttamente dalla casa madre (americana, giapponese etc.)
l'altra gestita delocalizzata in paesi dove manodopera, pressione
fiscale, strutture etc. consentono di abbassare (un po') i prezzi.
Quando si acquista una chitarra, ci sono almeno 4 parametri da
considerare:
1 - Qualità dei materiali (tipo di legni, stagionatura)
2 - Qualità della componentistica (meccaniche, ponte, selettori,
pickup)
3 - Qualità della liuteria (manico, tastiera)
4 - Qualità delle finiture estetiche (venature del legno, presenza di
top fiammato, eventuali decorazioni del segnatasti, qualità della
verniciatura etc.
Ognuno di questi elementi ha un peso nel prezzo finale della chitarra
che spesso è superiore a quello della pura mano d'opera, inoltre il
modo in cui ognuno di questi elementi incide sul prezzo, spesso è del
tutto autonomo rispetto al risultato funzionale: un top in acero
fiammato di prima scelta, l'uso di legni con belle venature, il manico
in aceto a occhio di pernice o complicati intarsi in madre perla
incidono molto sul prezzo finale, ma poco o niente sulla qualità
"musicale" di una chitarra.
Altri fatto sono costosi e hanno un effetto più diretto sulle qualità
musicali e di suonabilità (per esempio la liuteria del manico e della
tastiera), altre sono poco costose, ma hanno un'incidenza notevole
Potenziometri e switch di qualità decente, all'ingrosso costano pochi
centesimi: se una chitarra ne monta di davvero scarsi, significa che è
stata davvero costruita in modo da risparmiare su ogni cosa...
Diffidatene!!!
Inoltre è importante ricordare è che alcuni di questi elementi sono
facilmente modificabili anche in un secondo momento, altri sono molto
più costosi da modificare, altri ancora sono praticamente
immodificabili.
Chiariamo subito un secondo punto: costo minore della manodopera non
significa necessariamente una lavorazione qualitativamente inferiore.
In Cina, Taiwan e Korea ci sono produttori in grado di fornire una
lavorazione assolutamente in linea con qualunque standard qualitativo,
anche il più alto e non mi stupirei se da qui a non molto inizino a
uscire modelli e marchi locali di alto profilo, visto che mi risulta
che produttori cinesi stiano, da qualche tempo, accaparrandosi grandi
scorte di legname pregiato per liuteria!!!
Il vero problema è che, spesso, si producono in Cina chitarre
progettate per essere di basso profilo dal punto di vista qualitativo.
In altre parole, è una scelta commerciale il fatto di produrre chitarre
mediocri in Cina, per avere prezzi da assalto nella fascia entry level,
diciamo fra i 150 e i 250 euro euro.
Il problema quindi non è la Cina in sé, ma il fatto che le case
costruttrici, per scelta commerciale, facciano costruire lì le chitarre
meno curate!!!
In ogni caso ci sono chitarre prodotte in Cina/Taiwan/Korea che, in una
fascia di prezzo dai 600 euro in su offrono una qualità costruttiva
eccellente.
Se prendi una PRS SE made in Korea, e gli metti due PAF Di Marzio, hai
un'ottima chitarra, a livello amatoriale-semi pro.
Alla fine però, hai sganciato almeno 900 euro…
Se prendi una Epiphone les paul standard e ci metti due seymour duncan
SH4, regoli tastiera, manico, sistemi qualche magagna di elettronica e
di meccaniche, hai una valida chitarra della famiglia Les Paul... ma
anche lì, non spendi meno di 8-900 euro.
Ma questi sono casi particolari, di chitarre non esattamente level
entry e notoriamente ben costruite.
La vera domanda è se prendi una yamaha pacifica 112, che costa 250
euro, vale la pena spendere centinaia di euro per cambiare i pickup,
per le meccaniche, e magari un altro po' per switch, controlli, o
addirittura ponte, rettifica tastiera e regolazioni varie, per
migliorarla?
Praticamente si raddoppia il prezzo della chitarra per avere comunque
uno strumento con limiti di materiali e qualità costruttiva
insormontabili, per quanto Yamaha sia una ditta serissima, ma che non
regala niente: se paghi 250 euro ottieni per 250 euro. :(
Il problema si fa un po’ spinoso, perché non esiste una risposta: è
vero che, verrebbe da dire, a quel punto, puoi prendere direttamente
una chitarra da 400-500 euro, sicuramente costruite meglio, ma
probabilmente, non esenti manco loro da magagne o punti deboli, per
esempio, nei pickup o nell'elettronica.
Nel catalogo Yamaha (uso questa marca per rendere più semplici i
paragoni fra modelli economici, non certo per fare pubblicità) per
avere uno scatto qualitativo oggettivo, bisognerebbe prendersi una
Pacifica 611, che è chitarra di TUTT’altro livello… anche se costruita
in cina
Ma costa più del doppio: 600 euro, almeno, quindi rientra più o meno
nella fascia delle Epiphone e PRS SE, citata prima...
E non tutti i principianti hanno da spendere sull’unghia 600 euro,
mentre è più facile spenderne 250 oggi, cambiare meccaniche fra 6 mesi,
cambiare i pickup fra 1 anno, etc…
Senza contare che puoi anche avere dei PAF Throbak da 600 euro la
coppia, ma se poi suoni su un amplificatore a transistor della
behringer…
Così come anche pickup mediocri, attaccati a un Mesa o un Fender come
si deve, fanno comunque la loro porca figura (ragione in più per
dubitare dei "sound samples che si trovano nei siti di pickup...
Attaccato a un Mesa pure un tostapane, suona bene)
Per concludere: buone chitarre costruite in Cina, Korea, Taiwan, ce ne
sono eccome.
Il fatto che siano poco diffuse chitarre d'eccellenza made in china,
non significa che non siano in grado di costruirle, ma è semplicemente
una scelta di mercato da parte delle case: diverse Guild attuali sono
made in Cina e costano oltre 1000 dollari!!!!
Io non le ho mai provate, ma non penso che la Fender voglia s*******re
un marchio storico con prodotti al di sotto di un certo standard
qualitativo...
Fender Strato Reissue '62 del 1987 made in Japan; Ibanez RG 560
del 1987 made in Japan; Guild D4 dal 1994 made in USA; Yamaha FG350W
del 1979 ; Yamaha FG410-12 (12 corde) del 1989; Ibanez Ak95
customizzata DiMarzio, PRS SE Santana, Laney LC30 Made in UK, che
suonerebbe parecchio bene, ma che ha continuamente problemi!!!
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#29
19-09-2015, 06:09 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da David_Platt
In ogni caso ci sono chitarre prodotte in Cina/Taiwan/Korea che, in una
fascia di prezzo dai 600 euro in su offrono una qualità costruttiva
eccellente.
Se prendi una PRS SE made in Korea, e gli metti due PAF Di Marzio, hai
un'ottima chitarra, a livello amatoriale-semi pro.
Alla fine però, hai sganciato almeno 900 euro…
Se prendi una Epiphone les paul standard e ci metti due seymour duncan
SH4, regoli tastiera, manico, sistemi qualche magagna di elettronica e
di meccaniche, hai una valida chitarra della famiglia Les Paul... ma
anche lì, non spendi meno di 8-900 euro.
Ma questi sono casi particolari, di chitarre non esattamente level
entry e notoriamente ben costruite.
Beh, le PRS SE sono l'equivalente delle Strato Messicane, strumenti che
a molti fanno storcere il naso, ma comunque suonabilissimi e in grado
di diventare belle chitarrozze con un cambio pickup e qualche
regolazione, ma anche in questo caso ci si avvicina alla soglia dei
1000€, cifra alla quale la Strato Americana è già alla portata.
Citazione da David_Platt
La vera domanda è se prendi una yamaha pacifica 112, che costa 250
euro, vale la pena spendere centinaia di euro per cambiare i pickup,
per le meccaniche, e magari un altro po' per switch, controlli, o
addirittura ponte, rettifica tastiera e regolazioni varie, per
migliorarla?
Praticamente si raddoppia il prezzo della chitarra per avere comunque
uno strumento con limiti di materiali e qualità costruttiva
insormontabili, per quanto Yamaha sia una ditta serissima, ma che non
regala niente: se paghi 250 euro ottieni per 250 euro. :(
Il problema si fa un po’ spinoso, perché non esiste una risposta: è
vero che, verrebbe da dire, a quel punto, puoi prendere direttamente
una chitarra da 400-500 euro, sicuramente costruite meglio, ma
probabilmente, non esenti manco loro da magagne o punti deboli, per
esempio, nei pickup o nell'elettronica.
Nel catalogo Yamaha (uso questa marca per rendere più semplici i
paragoni fra modelli economici, non certo per fare pubblicità) per
avere uno scatto qualitativo oggettivo, bisognerebbe prendersi una
Pacifica 611, che è chitarra di TUTT’altro livello… anche se costruita
in cina
Ma costa più del doppio: 600 euro, almeno, quindi rientra più o meno
nella fascia delle Epiphone e PRS SE, citata prima...
E non tutti i principianti hanno da spendere sull’unghia 600 euro,
mentre è più facile spenderne 250 oggi, cambiare meccaniche fra 6 mesi,
cambiare i pickup fra 1 anno, etc…
Io credo che il principiante faccia bene a spendere 250€, o anche meno,
per la sua prima chitarra.
Ma di qui a dire che una chitarra da 250€, su cui spendi altrettanto
dal liutaio, suona uguale a una chitarra made in USA, ce ne passa!
Secondo me non vale la pena in generale fare piccoli aggiustamenti, di
qualunque tipo essi siano, per i motivi citati sopra (risultato finale
non sempre in linea con le aspettative, valore commerciale,
rivendibilità).
L'upgrade può avere senso farlo su strumenti di fascia media
(500-700€), ed è quello che ho fatto anche io sulla mia Strato Mexico:
ho preso un battipenna cablato con FAT50-CS69-SSL5 e ho fatto un bel
salto in avanti sul suono, ma c'era già tanta sostanza, il livello
costruttivo di base non era certo infimo come può essere quello di una
Squier o di una Classic Vibe.
Se sei un chitarrista un minimo smaliziato (ovvero: sai, ancor prima di
comprare, che non appenderai la chitarra al chiodo tra 1 mese) e non
hai 1000€ in saccoccia da spendere tutta in una volta, può essere una
soluzione ragionevole.
Citazione da David_Platt
Senza contare che puoi anche avere dei PAF Throbak da 600 euro la
coppia, ma se poi suoni su un amplificatore a transistor della
behringer…
Così come anche pickup mediocri, attaccati a un Mesa o un Fender come
si deve, fanno comunque la loro porca figura (ragione in più per
dubitare dei "sound samples che si trovano nei siti di pickup...
Attaccato a un Mesa pure un tostapane, suona bene)
mmmhh....su questo avrei qualcosa da ridire. I veri audiofili, i
filosofi del suono, pensano che la base di partenza per un suono fedele
e di qualità risieda nella sorgente: lettore CD per i moderni, testina
del giradischi per gli amanti del vinile. Nel campo degli strumenti
elettrici idem. Ok, l'amplificataore è importante, e non a caso è stata
la prima cosa che ho cambiato del mio setup iniziale...prima di pensare
a una nuova chitarra o ai pedali, ho preso un testata+cassa. Ma se dai
pickup esce un suono stridulo e senza carattere, l'amplificatore non
può fare miracoli neanche se si chiama Twin Reverb, JCM 800 o Mark V
Citazione da Vigilius
una volta le cose vecchie erano vecchie e basta, non vintage
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David_Platt
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#30
19-09-2015, 07:09 PM
Re: Il topic del "Made in China"
Citazione da VSmolsky
Beh, le PRS SE sono l'equivalente delle Strato Messicane, strumenti che
a molti fanno storcere il naso, ma comunque suonabilissimi e in grado
di diventare belle chitarrozze con un cambio pickup e qualche
regolazione, ma anche in questo caso ci si avvicina alla soglia dei
1000€, cifra alla quale la Strato Americana è già alla portata.
Mah, una strato american standard costa circa 1300, ha buona liuteria
di base, ma pickup ed elettroniche discutibili. Per farla suonare da
vera Fender devi mettere in conto 200 euro di lavori e upgrade, quindi
viaggiamo attorno ai 1500 € "veri". Alcuni modelli messicani, sono
complessivamente paragonabili e costano quasi la metà. Sta un po' a te
decidere se quei 6-700 euro che spendi in più per avere la Fender USA
sono ben spesi o no. Comunque sono fasce di mercato chiaramente
diverse.
Facciamo un esempio storico che forse spiega meglio quello che intendo
per "scelta commerciale" e "fasce di mercato" da parte delle case
produttrici: negli anni 70-80 la Fender ha iniziato a produrre chitarre
su licenza in Giappone.
Alcuni produttori più di altri, in linea con la mentalità perfezionista
nipponica, hanno preso molto sul serio la cosa e producevano chitarre
allineate alla migliore produzione americana, a un prezzo inferiore.
La cosa in realtà creò qualche grattacapo alla casa madre, visto che
queste chitarre giapponesi non erano abbastanza economiche per
aggredire il mercato di chi è alle prime armi, ma erano valide
abbastanza per essere una reale concorrenza interna nel mercato di
fascia media e medio-alta.
In pratica se tenevi basso il prezzo, finivano col rubare mercato alle
fender usa, se tenevi alto il prezzo, non le vendevi perchè, tanto
valeva spendere qualche soldino in più e prendere una fender usa, anche
solo per una questione di rivendibilità.
Ora le cose sono un po' diverse, e se un modello di chitarra viene
prodotto dalla casa madre E da fabbriche orientali, è commercialmente
previsto che i due prodotti siano qualitativamente su due fasce di
mercato chiaramente diverse. E' raro ci siano sovrapposizioni, come è
successo nel passato.
Per cui la PRS fa modelli che costano 2600 euro e altri che ne costano
700-800, che si rivolgono a mercati completamente diversi. Idem
Gibson/Epiphone. Fender ha un approccio diverso, ma anche lei ha
razionalizzato il catalogo a marchio Fender (nel passato addirittura
c'erano delle sovrapposizioni fra Fender e Squier).
Citazione da VSmolsky
Io credo che il principiante faccia bene a spendere 250€, o anche meno,
per la sua prima chitarra.
Ma di qui a dire che una chitarra da 250€, su cui spendi altrettanto
dal liutaio, suona uguale a una chitarra made in USA, ce ne passa!
Secondo me non vale la pena in generale fare piccoli aggiustamenti, di
qualunque tipo essi siano, per i motivi citati sopra (risultato finale
non sempre in linea con le aspettative, valore commerciale,
rivendibilità).
Si ma qui confondi capre e cavoli: nessuno pensa che una chitarra da
250 euro + lavori valga una da 1500 €.
Esattamente come una Panda, anche se gli metti sedili in pelle, non
diventa una Jaguar
Sono anche d'accordo che, se fai scuola guida, non ha molto senso usare
una Jaguar.
Però in altre fasce di prezzo e per altri marchi, le cose non sono così
nette: la PRS SE non vale una PRS USA, ma ha carte da giocare contro
una Les Paul Studio!
LA Yamaha Pacifica 611 che ho citato è una signora chitarra, che senza
spenderci un euro di modifiche se la gioca con chiunque nella fascia
sotto i 1000 euro, costandone 600... Che poi una Fender da 1300 euro+
modifiche sia un altro strumento è ok, ma costa pure 2 volte e mezzo il
prezzo... E la Yamaha, se la trovi usata, te la porti a casa a meno di
300 euro!
Citazione da VSmolsky
L'upgrade può avere senso farlo su strumenti di fascia media
(500-700€), ed è quello che ho fatto anche io sulla mia Strato Mexico:
ho preso un battipenna cablato con FAT50-CS69-SSL5 e ho fatto un bel
salto in avanti sul suono, ma c'era già tanta sostanza, il livello
costruttivo di base non era certo infimo come può essere quello di una
Squier o di una Classic Vibe.
Se sei un chitarrista un minimo smaliziato (ovvero: sai, ancor prima di
comprare, che non appenderai la chitarra al chiodo tra 1 mese) e non
hai 1000€ in saccoccia da spendere tutta in una volta, può essere una
soluzione ragionevole.
Perfettamente d'accordo.
Oppure puoi fare upgrade mirati: una set di pickup da strato della
wilkinson costa 45 euro e suonano infinitamente meglio di quelli di
serie di una squier. Non avrai una super chitarra, ma con pochi soldi,
il passo in avanti è sensibile. Montare un set di seymour Duncan su una
chitarra da 200 euro, mi lascia un po' perplesso. Vabbè che li puoi
sempre smontare e rimontare su una chitarra migliore in un secondo
tempo, però sembrano un po' sprecati, ecco...
Citazione da VSmolsky
mmmhh....su questo avrei qualcosa da ridire. I veri audiofili, i
filosofi del suono, pensano che la base di partenza per un suono fedele
e di qualità risieda nella sorgente: lettore CD per i moderni, testina
del giradischi per gli amanti del vinile. Nel campo degli strumenti
elettrici idem. Ok, l'amplificataore è importante, e non a caso è stata
la prima cosa che ho cambiato del mio setup iniziale...prima di pensare
a una nuova chitarra o ai pedali, ho preso un testata+cassa. Ma se dai
pickup esce un suono stridulo e senza carattere, l'amplificatore non
può fare miracoli neanche se si chiama Twin Reverb, JCM 800 o Mark V
Gli audiofili sono anche quelli che pagano 200 euro per un metro di
cavo al rame sostenendo che cambi il suono, quando qualunque test di
laboratorio dice esattamente il contrario. C'é molta approssimazione e
autosuggestione in tuta la psicoacustica, comprese, nel campo
chitarristico, persone che guirano che i PAF del 1959 siano il non plus
ultra, menter, notoriamente, non esisteva alcuna specifica tencica nè
riguardo i materiali, nè riguardo la tecnica costruttiva degli
avvolgimenti In pratica venicvano fatti come capitava, con un tipo di
rame e avvolgimenti praticamente casuale.
Però, se tu dici così è perchè non hai mai sentito suonare un behringer
Anche una Guild Artist Award, fatta a mano da missionarie vergini del
Rhode Island con legni scelti apposta dal dio Apollo, e dal costo di
12.000$ 20 anni fa, suonerebbe una m****.
Sono invece piuttosto convinto che un buon ampli, faccia molto al suono
finale, anche di pickup non eccelsi. Non parliamo di pickup zanzara che
si trovano ogni tanto su chitarre da 2 soldi, ma di pickup senza lode,
un po' anonimi che, nell'amplificazione giusta, riescono a tirare fuori
suoni, quantomeno decenti.
In ogni caso... Ricordiamoci sempre che non è la chitarra che fa il
chitarrista
Fender Strato Reissue '62 del 1987 made in Japan; Ibanez RG 560
del 1987 made in Japan; Guild D4 dal 1994 made in USA; Yamaha FG350W
del 1979 ; Yamaha FG410-12 (12 corde) del 1989; Ibanez Ak95
customizzata DiMarzio, PRS SE Santana, Laney LC30 Made in UK, che
suonerebbe parecchio bene, ma che ha continuamente problemi!!!
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Made in China?
By giannisegala, September 25, 2011 in Riproduzione Audio
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* #1
Posted September 25, 2011
Mi piacerebbe sapere se ai nostri giorni esistono elettroniche e
diffusori che non abbiano al loro interno qualcosa di prodotto in Cina.
Se esistono, mi fate qualche esempio per favore ? Grazie
segala gianni
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* #2
Posted September 25, 2011
quote:
Mi piacerebbe sapere se ai nostri giorni esistono elettroniche e
diffusori che non abbiano al loro interno qualcosa di prodotto in
Cina. Se esistono, mi fate qualche esempio per favore ? Grazie
segala gianni
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Cosa intendi? Anche una vite?
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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* #3
Posted September 25, 2011
No cavolo ,le viti no!!! Ma tutto il resti si!
segala gianni
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* #4
Posted September 25, 2011
quote:
Mi piacerebbe sapere se ai nostri giorni esistono elettroniche e
diffusori che non abbiano al loro interno qualcosa di prodotto in
Cina. Se esistono, mi fate qualche esempio per favore ? Grazie
segala gianni
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Caro Gianni,come si fa a saperlo? Forse,scrivo forse,nei diffusori e
piu' facile non trovare componenti made in China ! Sicuramente non
nelle gomme delle mie racchette da ping-pong icon_smile_big.gif
icon_smile_big.gif icon_smile_big.gif che se sono made in China e'in
genere sinonimo di alta qualita'come pure l'abbigliamento sportivo da
tennis tavolo della LI-NING !Ciao e grazie per la risposta nel mio
post...Mauro
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* #5
Posted September 25, 2011
quote:
No cavolo ,le viti no!!! Ma tutto il resti si!
segala gianni
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Allora i nostri diffusori delle serie maggiori.
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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Posted September 25, 2011
Triste realta',io sono rimasto un po' male quando ho scoperto che le
CM9 che mi avevano prestato erano made in China.
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Giuliano
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* #7
Posted September 25, 2011
Gente,non vi siete accorti? Ormai la Cina ha nelle sue mani l'economia
di tutto il mondo,USA compresi. Semo tutti cinesi...
icon_smile_dissapprove.gif icon_smile_dissapprove.gif
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* #8
Posted September 25, 2011
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Gente,non vi siete accorti? Ormai la Cina ha nelle sue mani
l'economia di tutto il mondo,USA compresi. Semo tutti cinesi...
icon_smile_dissapprove.gif icon_smile_dissapprove.gif
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* #9
Posted September 25, 2011
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No cavolo ,le viti no!!! Ma tutto il resti si!
segala gianni
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Allora i nostri diffusori delle serie maggiori.
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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Tutti i nostri diffusori sono realmente prodotti in italia, le
componenti delle serie maggiori completamente realizzate con componenti
che nulla hanno a che vedere con la Cina.
Nelle serie minori i drivers sono realizzati su nostre specifiche a
Taiwan.
Nelle serie maggiori anche le viti non sono made in china.
Sinceri saluti
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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* #10
Posted September 25, 2011
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No cavolo ,le viti no!!! Ma tutto il resti si!
segala gianni
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Allora i nostri diffusori delle serie maggiori.
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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Tutti i nostri diffusori sono realmente prodotti in italia, le
componenti delle serie maggiori completamente realizzate con componenti
che nulla hanno a che vedere con la Cina.
Nelle serie minori i drivers sono realizzati su nostre specifiche a
Taiwan.
Nelle serie maggiori anche le viti non sono made in china.
Sinceri saluti
Trico
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* #11
Posted September 26, 2011
e noi basta ! solo vintage ! tiè ... icon_smile.gif
Salutoni,
Gino
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* #12
Posted September 26, 2011
Da quanto ne sò io, Sugden produce le sue elettroniche in England, sarà
poi vero? Sonus Faber? Made in Italy? Almeno i legni? Legni che magari
arrivano dall'oriente.Mah! Harbeth? Ho sempre saputo che tali diffusori
erano completamente made in England, ne sapete qualcosa ? Grazie
segala gianni
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* #13
Posted September 26, 2011
Accuphase, Luxman, technical Brain, Lfd, Sonus Faber,ci sono ancora
marchi che lascuano la Cina agli altri
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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* #14
Posted September 26, 2011
ormai il mondo è così ... finchè dura
tutti a costruire in cina e vendere di qua
finchè dura ...
ad un certo punto di qua bisognerà salvare i soldi per il pane ...
e finirà il flusso ...
Salutoni,
Gino
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* #15
Posted September 26, 2011
credo che molte ditte europeee e non solo producano o montino pezzi
made in Cjina
forse solo qualche artigiano serio e...costoso riesce ad evitare...
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* #16
Posted September 26, 2011
E' un disonore produrre in Cina ? ... e se invece della Cina fosse
Corea o Vietnam ?
I Cinesi, quando richiesto, sono in grado di produrre con lo stesso
livello qualitativo del resto del mondo produttivo !
... ma per "cultura personale" ... viti escluse che mi pare di aver
capito essere ammesse, condensatori, relais, interruttori, transistor,
etc. etc.
anche quelli creerebbero "psicodisagio" ?
Cristian
---------------------------
Modificato da - argento il 26/09/2011 00:40:58
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* #17
Posted September 26, 2011
Cristian, certo che non è un disonore produrre in Cina , ci mancherebbe
. Sai cosa mi rompe? Il fatto che ci fanno pagare delle cose fatte in
oriente con dei prezzi che puoi immaginare , ai prezzi occidentali.
Cazzo !! Questa è la vera fregatura !
segala gianni
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* #18
Posted September 26, 2011
quote:
Cristian, certo che non è un disonore produrre in Cina , ci
mancherebbe . Sai cosa mi rompe? Il fatto che ci fanno pagare delle
cose fatte in oriente con dei prezzi che puoi immaginare , ai prezzi
occidentali. Cazzo !! Questa è la vera fregatura !
segala gianni
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id=quote>id=quote>
Gianni purtroppo cosi' vuole l'economia dei nostri tempi.
Tieni presente, comunque, che i costi dei prodotti non sono soltanto
quelli di pura manifattura, ma essi comprendono: progettazione,
ingegnerizzazione, marketing, logistica etc. etc.
Inoltre quasi nessuna aziende cinese, per ovvi e comprensibili motivi
e' disponibile a produrre piccoli lotti; i trasporti dalla Cina costano
assai e cosi' via.
Ovviamente i margini dei produttori (e' un discorso generale fatto,
come si dice, con l'accetta e riferito ad imprese "serie" ... es.
quelle che fanno ricerca e sviluppo veri) sono ottenibili soltanto
riducendo i costi diretti produttivi ... da qui lo sfruttamento dei
siti dove la manodopera e' quasi schiavismo.
Purtroppo in tutto cio' ci navigano anche illustri e meno illustri
profittatori ... ma non e' un fenomeno soltanto di questo settore.
Cristian
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Modificato da - argento il 26/09/2011 00:45:54
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* #19
Posted September 26, 2011
quote:
Allora i nostri diffusori delle serie maggiori.
Trico
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id=quote>id=quote>
Anche i componenti elettronici del crossover ?
Saluti
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* #20
Posted September 26, 2011
quote:
Accuphase, Luxman, technical Brain, Lfd, Sonus Faber,ci sono ancora
marchi che lascuano la Cina agli altri
Trico
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compresi componenti elettrici, elettronici e chincaglierie simili ?
mah ... auguri per la convinzione !
Cristian
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* #21
Posted September 26, 2011
Ci sono prodotti cinesi molto curati e validi comunque e non mi
riferisco ad assemblaggi fatti per conto terzi.Io comunque mi sarei
accontentato a fronte di un abbattimento dei costi della manodopera,
che perlomeno si fosse mantenuta una certa omogeneita' con i listini
precedenti al made in China.Invece si sono abbattuti i costi per i
produttori ed in molti casi aumentati a dismisura i listini.In questi
casi le cose sono due,o ti vogliono fregare o realmente le aziende
produttrici vendono molto poco oggi,per cui il budget di fatturato è
spalmato su pochissimi pezzi venduti.In uno degli ultimi TAV un
operatore del settore mi confesso' che un diffusore,da loro
distribuito,dal costo a listino di circa 8000 euro era come mobile
interamente costruito in Cina
ciao
Nicolino
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* #22
Posted September 26, 2011
quote:
quote:
Accuphase, Luxman, technical Brain, Lfd, Sonus Faber,ci sono ancora
marchi che lascuano la Cina agli altri
Trico
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id=quote>id=quote>
compresi componenti elettrici, elettronici e chincaglierie simili ?
mah ... auguri per la convinzione !
Cristian
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id=quote>id=quote>
Luxman è stata acquistata dal gruppo cinese Iag
http://www.internationalaudiogroup.com/luxman.php
LFD audio non disdegna fornitori cinesi:
http://www.made-in-china.com/traderoom/lfdaudio
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Rodolfo
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* #23
Posted September 26, 2011
il problema serio è che noi italiani ed europei stiamo insegnando hai
cinesi come si lavora bene,quando passerà questa sfuriata di correre
tutti a costruire in cina perchè la manodopera e tutto il resto si paga
prezzi da schiavismo,le ditte per forza di cose ritorneranno al paese
di origine quando non converrà più lavorare la,allora dopo si che viene
il bello,perchè anno imparato tutto quello che c'era da imparare dagli
europei e possono proporre prodotti(di ogni genere) e introdurre nel
mercato mondiale a prezzi molto vantaggiosi quello che vogliono,è
questo il guaio più grande che può ritorcersi contro secondo
me...esempio...b&w costruisce la serie 800 in inghilterra (almeno
spero) le restanti serie in cina...ora piace come suonano o non
piace,questo non conta,però sulla tecnologia,sullo sviluppo.sulla
ricerca di materiali,etc etc,c'è poco o nulla da eccepire di questo
marchio straconosciuto in tutto il mondo...il punto per chiudere il
discorso è questo...cosa succede se i cinesi dopo aver lavorato vicini
vicini a tecnici inglesi(della b&w..kef..etc etc,per dire i primi che
mi sono venuti in mente.) per 10-15 anni si mettessero in propio a
costruire ottimi diffusori a prezzi stracciati ?..sarebbe la fine
!!!!..i cinesi anno i soldi per pagarsi anche tecnici europei blasonati
oramai,è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti purtroppo !
icon_smile_dissapprove.gif se invece di scappare dove la manodopera
costa zero si erano risolti i problemi costruendo dove sempre,questo
grave problema neanche ci sfiorava.. icon_smile_blush.gif
nel mio campo lavorativo tutto quello che riguarda il
finto,vasi,portavasi,fiori di plastica,vasetti particolari in
vetro,carta per confezionare,ciotole da composizione,etc etc etc etc
etc etc .....sono cinesi icon_smile_dissapprove.gif
per fortuna sui fiori veri ancora non cianno messo le mani,altrimenti
sarebbero guai seri...magari soffrono di allergie chissà
icon_smile_big.gif icon_smile_big.gif icon_smile_big.gif .
ps...ho parlato di b&w solo per fare un esempio,visto il blasone
!..tutto qui icon_smile_wink.gif
cordiali saluti.
ottimi ascolti.rossano.
(I SOLDI SONO COME I DOLORI CHI Cè L'Hà SI LI TIENE!!!)
Modificato da - gosten84 il 26/09/2011 01:52:22
Modificato da - gosten84 il 26/09/2011 02:00:07
Modificato da - gosten84 il 26/09/2011 02:02:51
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* #24
Posted September 26, 2011
anche la mia ditta di merda che produce motori per piccoli
elettrodomestici ha inviato un paio di anni fa alcuni operai in cina ad
insegnare le nostre metodologie di lavoro.
risultato?
cassaintegrazione!
vadaviaalcù!
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* #25
Posted September 26, 2011
quote:
quote:
quote:
Accuphase, Luxman, technical Brain, Lfd, Sonus Faber,ci sono ancora
marchi che lascuano la Cina agli altri
Trico
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id=quote>id=quote>
compresi componenti elettrici, elettronici e chincaglierie simili ?
mah ... auguri per la convinzione !
Cristian
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id=quote>id=quote>
Luxman è stata acquistata dal gruppo cinese Iag
http://www.internationalaudiogroup.com/luxman.php
LFD audio non disdegna fornitori cinesi:
http://www.made-in-china.com/traderoom/lfdaudio
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Rodolfo
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id=quote>id=quote>
Ciao Rodolfo. IAG ha acquistato Luxman e' vero, ma Luxman continua ad
essere costruita in Giappone senza componenti cinesi.
Sinceri saluti
Trico
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conoscono il loro reale valore
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* #26
Posted September 26, 2011
quote:
quote:
Accuphase, Luxman, technical Brain, Lfd, Sonus Faber,ci sono ancora
marchi che lascuano la Cina agli altri
Trico
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id=quote>id=quote>
compresi componenti elettrici, elettronici e chincaglierie simili ?
mah ... auguri per la convinzione !
Cristian
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Grazie per gli auguri. Fanno sempre bene.
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
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* #27
Posted September 26, 2011
quote:
quote:
Allora i nostri diffusori delle serie maggiori.
Trico
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Anche i componenti elettronici del crossover ?
Saluti
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Anche quelli Zampex.
Sinceri saluti
Trico
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* #28
Posted September 26, 2011
quote: Ci sono prodotti cinesi molto curati e validi ...
id=quote>id=quote>
beh Apple come qualitå non e mai sta seconda a nessuno
e credo che ormai produca tutto laggiu' no ?
quote: ...In uno degli ultimi TAV un operatore del settore mi
confesso' che un diffusore,da loro distribuito,dal costo a listino
di circa 8000 euro era come mobile interamente costruito in Cina
ciao
Nicolino
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id=quote>id=quote>
e non ti ha detto quanto lo pagano ?
un decimo ???
mi chiedo solo una cosa
come andrå a finire ????
o meglio lo so ... noi cinesizzati, nel senso dello stile di vita
e loro un pø occidentalizzati ...
la storia dei vasi comunicanti
decisamente piu poveri noi un po meglio loro .. visto che sono comunque
1,3 billion e la ricchezza non puø andare a tutti ...
In pochi gestiscono le sorti della umanita'
nasci male ... sei fottuto
Oggi piu di ieri
Salutoni,
Gino
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* #29
Posted September 26, 2011
quote:
Ciao Rodolfo. IAG ha acquistato Luxman e' vero, ma Luxman continua
ad essere costruita in Giappone senza componenti cinesi.
Sinceri saluti
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
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Trico, una affermazione del genere non è intellettualmente onesta.
Apri un Luxman, ma anche Accuphase, attuale resterai sorpreso ...
eppure suonano sorprendentemente bene.
Cristian
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* #30
Posted September 26, 2011
quote:
quote:
Ciao Rodolfo. IAG ha acquistato Luxman e' vero, ma Luxman continua
ad essere costruita in Giappone senza componenti cinesi.
Sinceri saluti
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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Trico, una affermazione del genere non è intellettualmente onesta.
Apri un Luxman, ma anche Accuphase, attuale resterai sorpreso ...
eppure suonano sorprendentemente bene.
Cristian
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Ciao Cristian. Non volevo essere poco onesto. Li ho aperti. Solo il
lettore cd piu' piccolo in casa Luxman era chinese like. Fino a un anno
fa. Ora anche quello e' japanese.
Libero di credere o meno.
Sinceri saluti
Trico
oggi tutti conoscono il prezzo dei componenti hi fi e video, pochi
conoscono il loro reale valore
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made in china o made in GB ?!?!?!?!?!?!?!?
Started by mc20, Jan 17 2013 10:13 AM
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8 replies to this topic
mc20 #1 Posted 17 January 2013 - 10:13 AM
Warrant Officer
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* Member since:
12-14-2011
questa domanda mi sembra d'obbligo, per voi sono meglio i carri
cinesi(vabbè che sono usciti da un 1gg ma è la prima impressione quella
che conta o no??) o quelli inglesi ?????
P.S.:io personalmente sono contro ai carri cinesi ma vabbè l'unico
carro interessante per me è quello giapponese ..
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lComeInPeace #2 Posted 17 January 2013 - 11:21 AM
Lieutenant Сolonel
* [photo-500192170-582388ba.gif?_r=1478723774]
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* 3,225 [message_img.png]
* [TKBS] TKBS
* Member since:
11-08-2011
Apparte che mi piangono gli occhi per come hai scritto, i britannici
sono decantati per far schifo. Sopratutto in fascia bassa. La mia
opinione è che non sono molto paragonabili. Hanno un gameplay troppo
diverso che può adattarsi più a un giocatore l' uno o più l' altro.
Tutto sommato mi sto trovando meglio con i cinesi, ma sono al tier 3...
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spakkio #3 Posted 17 January 2013 - 08:59 PM
Major
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* 10540 battles
* 2,944 [message_img.png]
* Member since:
09-21-2011
parlando ti t8 e superiori, tra i due scelgo gli inglesi e il motivo è
solo uno: depressione cannone e loro precisione :Smile_Default:
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Akamati #4 Posted 24 January 2013 - 11:31 AM
Captain
* [default_large.png]
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* 25589 battles
* 2,206 [message_img.png]
* Member since:
11-17-2011
Come dice spakkio i britannici hanno carri decenti dal Tier 8 in su. Il
resto sono cassoni non degni.
* Back to top
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albasnake #5 Posted 24 January 2013 - 02:44 PM
Brigadier
* [photo-thumb-502109932-59070563.jpg?_r=1493632361]
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* 63152 battles
* 4,494 [message_img.png]
* [TKBS] TKBS
* Member since:
01-08-2012
Poi se hai un Type59 con 700 partite può tornare comodo avere già un
equipaggio skillato da piantare sui cinesi, per gli inglesi invece si
riparte da zero.
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Whoppo_ #6 Posted 24 January 2013 - 05:45 PM
Captain
* [photo-thumb-770884.png?_r=1373894996]
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* 28776 battles
* 2,015 [message_img.png]
* [TKBS] TKBS
* Member since:
05-31-2011
Se riesci a giocare con carri con 5° di gun depression allora vai coi
cinesi.
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barbalberjaeger #7 Posted 04 February 2013 - 01:34 AM
Captain
* [photo-thumb-2183365.jpg?_r=1368790443]
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* 12292 battles
* 2,317 [message_img.png]
* Member since:
01-16-2012
Gli inglesi, del ramo dei medi, mi sono piaciuti tutti finora, e il
Cromwell attuale è buono anch'esso. Il Comet vedendolo in mano a
compagni di plotone mi sembra carino pure lui... Non mi pare ci si
possa lamentare, almeno dal mio punto di vista...
Dei cinesi ho provato solo il Type T-34, ma poi ero stufo di avere in
garage un T-34 color blu francese col quale perdevo tutte le partite...
* Back to top
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mc20 #8 Posted 14 February 2013 - 11:57 AM
Warrant Officer
* [photo-thumb-1945873.jpg?_r=0]
* Player
* 20341 battles
* 706 [message_img.png]
* [MIW] MIW
* Member since:
12-14-2011
ok non ce confronto mi sa che un gg mi pentirò di non aver fatto i
cinesi
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Z4rdoz #9 Posted 14 February 2013 - 12:30 PM
Sergeant
* [photo-thumb-1591096.jpg?_r=1352365167]
* Player
* 31338 battles
* 268 [message_img.png]
* Member since:
10-18-2011
View Post razierster, on 24 January 2013 - 11:31 AM, said:
Come dice spakkio i britannici hanno carri decenti dal Tier 8 in su. Il
resto sono cassoni non degni.
esclusi i tier 10 :Smile_trollface-3: :Smile_trollface-3:
che sono indecenti
Edited by mordichiappe, 14 February 2013 - 12:30 PM.
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Made in china 650b........ VERNICIATO :-P
« il: Febbraio 28, 2014, 07:08:00 pm »
Passo passo comincio ad assemblarmi la bici per la nuova stagione, che
per me comincerà ad aprile purtroppo..
Telaio arrivato direttamente dalla cina, peso 1250 gr, pesantuccio, ma
almeno speriamo sia bello resistente :D come fattura mi sembra molto
bello! Sembrerebbe essere anche abbastanza rigido...
I componenti trapianterò quelli che avevo sulla flash ad eccezzione
delle ruote ovviamente.. che devo ancora vedere se venderle oppure
riciclare i mozzi tune per accoppiarli a dei cerchi da 27.5.. per
adesso gli monto delle ruote kento comprate qua sul mercatino ;-)
La parte migliore sarà la verniciatura........ :P visto che quest'anno
vanno di moda le colorazioni home made tra meno di 1 settimana vi
mostrerò il mio risultato... adesso sicuramente alle gare sarò
riconoscibile! :D
Nel frattempo che compro la vernice ho cominciato a sverniciare le
pistre della lefty, per farla nero opaco e la forcella, dove darò una
semplice passata di trasparente opaco..
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20/10/2014
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #1 il: Febbraio 28, 2014, 07:10:35 pm »
Bella la "linea" :biggrin2:
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #2 il: Febbraio 28, 2014, 07:39:41 pm »
Bella Simone......no sembra male anche se non è leggerissimo!!!
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #3 il: Febbraio 28, 2014, 07:47:35 pm »
Che simone, mi chiamo Nicolò io! :P
Grazie, è la linea che hanno molti telaio da 27.5 praticamente :D
Io spero di riuscire a stare sotto i 9 kg.. ma la vedo dura, la flash
pesava 8.7 kg con questa missa che mi dovrò accontentare di un 9.2
kg...
Non so neanche quanto mi convenga assemblarmi le ruote, queste kento
sono già sui 1400 gr! Quanto potranno pesare dei tune-trace xc21? 1300?
:D
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #4 il: Febbraio 28, 2014, 09:36:42 pm »
Ciao felix ben tornato alla carica.
Mu piace la linea e semnra veramente massiccio come telaio.
Unico neo, i cavi del cambio sotto il carro posteriore....ma è
sicuramente una mia fissa.
Non vedo l'ora di vedere i preparativi. 😆
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #5 il: Febbraio 28, 2014, 10:13:33 pm »
vai Simone :laughing1:
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #6 il: Febbraio 28, 2014, 10:37:51 pm »
"Eccezione" con una zeta... si vede che non vai piu a studiare
assiduamente come a giugno scorso...
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #7 il: Febbraio 28, 2014, 10:40:08 pm »
Citazione da: eliflap - Febbraio 28, 2014, 10:13:33 pm
vai Simone :laughing1:
Si, vai all'anagafre a farti cambiare nome ;)
Complimenti per il nuovo acquisto.
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #8 il: Febbraio 28, 2014, 10:43:00 pm »
Vernice fluo??? :naughty:
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #9 il: Marzo 01, 2014, 12:12:41 am »
Citazione da: felix93 - Febbraio 28, 2014, 07:47:35 pm
Che simone, mi chiamo Nicolò io! :P
Grazie, è la linea che hanno molti telaio da 27.5 praticamente :D
Io spero di riuscire a stare sotto i 9 kg.. ma la vedo dura, la
flash pesava 8.7 kg con questa missa che mi dovrò accontentare di un
9.2 kg...
Non so neanche quanto mi convenga assemblarmi le ruote, queste kento
sono già sui 1400 gr! Quanto potranno pesare dei tune-trace xc21?
1300? :D
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Chiedo venia per il mio errore......oggi sono un po' sfasato con i
nomi.....forse colpa dell'antibiotico che sto prendendo!!!😱
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #10 il: Marzo 01, 2014, 09:08:10 pm »
asse 142 ...
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #11 il: Marzo 01, 2014, 09:18:07 pm »
Perché non lo lasci così come mamma l'ha fatto? È bellissimo!
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #12 il: Marzo 02, 2014, 07:32:58 am »
Citazione da: eliflap - Marzo 01, 2014, 09:08:10 pm
asse 142 ...
Esatto ;-) cercherò più avanti di montarla con componenti più rigidi
possibili, con l'unico obbiettivo di stare sotto i 9 kg.. un bel
trittico enve è il mio sogno.. ma solo lo stem lo pago come il telaio
:D
Cmq gio63, è bello così tutto nero, ma l'all black l'hanno proposto
tutti e in tutte le salse.. io farò qualcosa di sicuramente più
originalee non è una vernice fluorescente :-) :-)
Domani si inizia con il dare il fondo :-)
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #13 il: Marzo 02, 2014, 07:53:01 am »
Citazione da: felix93 - Marzo 02, 2014, 07:32:58 am
Citazione da: eliflap - Marzo 01, 2014, 09:08:10 pm
asse 142 ...
Esatto ;-) cercherò più avanti di montarla con componenti più rigidi
possibili, con l'unico obbiettivo di stare sotto i 9 kg.. un bel
trittico enve è il mio sogno.. ma solo lo stem lo pago come il
telaio :D
Cmq gio63, è bello così tutto nero, ma l'all black l'hanno proposto
tutti e in tutte le salse.. io farò qualcosa di sicuramente più
originalee non è una vernice fluorescente :-) :-)
Domani si inizia con il dare il fondo :-)
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Niccolo' ti stavo rispondendo alla domanda sulle ruote ma letto qui che
cercherai di montare materiale il piu' rigido possibile mi sembra
inutile risponderti su materiale della RIO MARE..... :laughing1:
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Re:Made in china 650b........work in progress
« Risposta #14 il: Marzo 02, 2014, 08:36:01 am »
Ahaha, ho capito :D quindi meglio i crest o altro? Mi era anche
balenata l'idea di fare il posteriore a 36 raggi, ma non esistono
cerchi da 27.5 con 36 raggi :-(
Il carbonio non me lo posso permettere, al limite potrei fare un
acquisto in cina, ma non so quanto mi convenga!!
PS, Nicolò con una C !! Ce l'avete tutti col mio nome?? :P :P
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Made in CHINA
Discussione in '29 pollici' iniziata da Skrag72, 28/8/11.
Tags:
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* cina
* ditta miracle
* mtb
* telaio 29
Pagina 1 di 94
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1. Skrag72
Skrag72 Biker ciceronis
Registrato:
26/3/11
Messaggi:
1.414
Gira e rigira eccoli qui,.......mi sono imbattuto su questi telai di
produzione cinese, ma state bene attenti, non assomigliano a
qualcuno già noto con marchio diverso????
http://miracletrade.en.alibaba.com/...mountain_bicycle_frame_carbon_
bike_frame.html
http://carbonal.en.alibaba.com/product/451441604-212420637/Carbon_Mo
untain_Bike_Frame_29_.html
http://www.alibaba.com/product-gs/473282587/29ER_Mountains_carbon_fr
ames.html
http://carbon-products.en.alibaba.com/product/318576959-200176927/29
er_carbon_MTB.html
A parte l'ultimo con passacavi a vista e probabilmente un pò
vecchiotto, credo che il terzo sia piuttosto carino, magari senza
quelle scritte.......ma essendo un grandissimo IGNORANTE in materia,
non so quanto siano azzeccate le geometrie..........
A questo punto chiedo a voi un'opinione in merito e soprattutto
gradirei un giudizio da parte di Babylonboss26 che fornisce sempre
giudizi molto obiettivi e per niente banali.....
Ciauuuuuuuuuuuuu a tutti
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#1 Skrag72, 28/8/11
+
2. pepys
pepys Biker serius
Registrato:
27/3/11
Messaggi:
283
come mai la serie sterzo conica non è 1-1/8, 1-1/5 come ho sempre
visto ma è 1-1/8, 1-1/2? o mi sbaglio!? :nunsacci:
#2 pepys, 28/8/11
3. gas29
gas29 Aziende
Registrato:
14/9/04
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5.210
pepys ha scritto: ↑
come mai la serie sterzo conica non è 1-1/8, 1-1/5 come ho sempre
visto ma è 1-1/8, 1-1/2? o mi sbaglio!? :nunsacci:
Clicca per allargare...
Devi aver fatto confusione, corretto è:
1 e 1/8" alta
1 e 1/2" bassa
ma la puoi trovare scritta anche
1.125"
1.5"
oppure mischiata
#3 gas29, 28/8/11
4. Skrag72
Skrag72 Biker ciceronis
Registrato:
26/3/11
Messaggi:
1.414
ok,.............vostre impressioni in merito????
#4 Skrag72, 28/8/11
5. Disgraziau
Disgraziau Biker augustus
Registrato:
16/10/10
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9.864
Skrag72 ha scritto: ↑
Gira e rigira eccoli qui,.......mi sono imbattuto su questi telai di
produzione cinese, ma state bene attenti, non assomigliano a
qualcuno già noto con marchio diverso???? ciauuuuuuuuuuuuu a tutti
Clicca per allargare...
... prima o poi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
:omertà: :omertà: :omertà:
#5 Disgraziau, 28/8/11
6. Oniriko77
Oniriko77 Biker augustus
Registrato:
5/2/04
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ho già scritto sull'altro forum che mi piacciono il secondo e il
terzo
non hai linkato il più famoso LTbike che dovrebbe essere anche
quello meno caro, e c'è anche con cannotto integrato
http://ltbike.en.alibaba.com/produc...me_LTK023_ISP_.html?tracelog=c
gsotherproduct1
però a me di questo non mi garbano le geometrie
come geometrie ho visto che sono piuttosto "asian fit" nel senso che
un 16" o 17" pur essendo da 29" ha un orizzontale tendenzialmente
corto rispetto ad un telaio on one ad esempio o europeo o americano.
tipo LT bike 16" ha un orizzontale virtuale di 57.1cm
il gotobike è a 57.5cm.
mentre on one scandal arriva a 58.4cm
e il niner in taglia small è a 59cm.
#6 Oniriko77, 28/8/11
7. Gepp1
Gepp1 Biker assatanatus
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ma sul discorso geo bisognerebbe magari avere in mano le misurazioni
di un biomeccanico no???io sono 192 cm ma la 21 di questi telai è
perfetta per me perchè avendo cavallo alto (96cm) ho il busto corto
perciò a detta del bio il mio OV è di 633mm perciò i 630 sono a
posto....come vedi dipende tutto da li non tanto asian fit o perchè
niner li fa da 59....ovviamente IMHO
#7 Gepp1, 28/8/11
8. Skrag72
Skrag72 Biker ciceronis
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Gepp1 ha scritto: ↑
ma sul discorso geo bisognerebbe magari avere in mano le misurazioni
di un biomeccanico no???io sono 192 cm ma la 21 di questi telai è
perfetta per me perchè avendo cavallo alto (96cm) ho il busto corto
perciò a detta del bio il mio OV è di 633mm perciò i 630 sono a
posto....come vedi dipende tutto da li non tanto asian fit o perchè
niner li fa da 59....ovviamente IMHO
Clicca per allargare...
Ok, resta il fatto che i telai sopra citati costano più o meno
intorno ai 400 trasportati e dazi inclusi, cifra con la quale
compri la metà del telaio in alluminio della niner nella versione
più economica, senza considerare che anche i telai della Niner
arrivano dall'est asiatico...........insomma il mio post è
provocatorio, ovvero vuole far aprire gli occhi a tutti coloro che
acquistano i grandi marchi con produzione cinese o taiwanese a
prezzi 5 volte superiore al loro valore, quindi vi invito a prendere
più in considerazione i prodotti MADE IN ITALYche hanno manodopera
decisamente più cara, ma costo del telaio similare a quello cinese
commercializzato dai grandi marchi............
#8 Skrag72, 29/8/11
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9. sembola
sembola Moderatur cartesiano
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una nera e l'altra pure
Skrag72 ha scritto: ↑
insomma il mio post è provocatorio, ovvero vuole far aprire gli
occhi a tutti coloro che acquistano i grandi marchi con produzione
cinese o taiwanese a prezzi 5 volte superiore al loro valore, quindi
vi invito a prendere più in considerazione i prodotti MADE IN
ITALYche hanno manodopera decisamente più cara, ma costo del telaio
similare a quello cinese commercializzato dai grandi
marchi............
Clicca per allargare...
Provocazione per provocazione: mettiti tu a fare l'importatore di
questi telai e vendili sul mercato italiano. Magari scopri che tra
assicurazione per responsabilità civile del prodotto, certificazione
UNI/EN, spese di trasporto, spese di magazzino, tasse e dazi e,
vivaddiio, il tuo personale guadagno, il prezzo finale sarà
"stranamente" molto differente.
Paragonare un oggetto venduto ad un privato senza alcuna garanzia nè
responsabilità ed uno venduto attraverso una rete commerciale e con
tutte le garanzie della legge a mio parere non ha alcun senso.
#9 sembola, 29/8/11
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10. Cyclon
Cyclon Biker popularis
Registrato:
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io posso solo aggiungere che ho avuto modo di PESARE alcuni telai
tra loro identici esteticamente, alcuni di marca italiana
(provenienza sicuro china), altri senza marca di provenienza china.
ebbene i primi erano sempre attorno ai 1100gr, gli altri sempre
attorno ai 1350-1400. insomma esteticamente erano identici ma DENTRO
sicuramente non lo erano. il fatto è che le grandi aziende comprano
da produttori di QUALITA' che garantiscono livelli elevati di
performance e sicurezza. poi in china ci sono decine di fotocopie,
con livelli di performance e sicurezza sconosciuti....
#10 Cyclon, 29/8/11
+ Mi piace Mi piace x 3
+
11. bomb
bomb Biker superis
Registrato:
11/5/06
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432
sembola ha scritto: ↑
Provocazione per provocazione: mettiti tu a fare l'importatore di
questi telai e vendili sul mercato italiano. Magari scopri che tra
assicurazione per responsabilità civile del prodotto, certificazione
UNI/EN, spese di trasporto, spese di magazzino, tasse e dazi e,
vivaddiio, il tuo personale guadagno, il prezzo finale sarà
"stranamente" molto differente.
Paragonare un oggetto venduto ad un privato senza alcuna garanzia nè
responsabilità ed uno venduto attraverso una rete commerciale e con
tutte le garanzie della legge a mio parere non ha alcun senso.
Clicca per allargare...
Hia ragione sul fatto che per un 'azienda sommando tutti i costi che
indichi tu i costi si alzano , però devi far conto che le aziende
non pagano il telaio 400 come un privato ma molto meno , e con
certezza ti posso dire che è molto, ma molto meno il prezzo di
acquisto di un telaio per loro .
Per quanto riguarda la garanzia anche loro ti danno garanzie e
certificati come tutti i marchi blasonati
#11 bomb, 29/8/11
12. sembola
sembola Moderatur cartesiano
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una nera e l'altra pure
bomb ha scritto: ↑
Hia ragione sul fatto che per un 'azienda sommando tutti i costi che
indichi tu i costi si alzano , però devi far conto che le aziende
non pagano il telaio 400€ come un privato ma molto meno , e
con certezza ti posso dire che è molto, ma molto meno il prezzo di
acquisto di un telaio per loro .
Clicca per allargare...
Resta il fatto che paragonare il prezzo di un telaio comperato da un
privato direttamente del produttore con quello di un telaio
acquistato in negozio (quindi con almeno due passaggi ulteriori) è
una cosa che non ha senso. Sempre che si stia parlando di prodotti
analoghi e non di prodotti simili esteriormente ma differenti nelle
caratteristiche.
bomb ha scritto: ↑
Per quanto riguarda la garanzia anche loro ti danno garanzie e
certificati come tutti i marchi blasonati
Clicca per allargare...
Trattandosi si produttore fuori dall'UE non è tenuto a rispettare
nessuna delle leggi vigenti all' interno dell' UE, per esempio
quelle sulla responsabilità dei prodotti. Immagino che risate fare
causa ad una ditta cinese per responsabilità civile :medita:
#12 sembola, 29/8/11
13. gas29
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sembola ha scritto: ↑
Immagino che risate fare causa ad una ditta cinese per
responsabilità civile :medita:
Clicca per allargare...
Dirò di più: una polizza RC Prodotto costa X = 100 per prodotti
fatti in Italia e Unione Europea e X = 800 circa per prodotti fatti
in Cina...
Una Certificazione UNI-EN fatta seriamente comporterebbe visite in
stabilimento (in Cina...) con prelievo dei pezzi da testare
direttamente dalla linea di produzione.....
#13 gas29, 29/8/11
14. Gepp1
Gepp1 Biker assatanatus
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non cerchiamo di travisare sempre il discorso la sostanza che fa
incaxxare è perchè il prodotto palesemente made in china viene
venduto come per ITALIANO? scusate ma a me qst fa incaxxare verso
quei produttori seri come gas29 che produce effettivamente in italia
e qnd non lo fa lo dichiara(va)....i telai pesano meno???chi mi dice
che quelli di marca non abbiano meno resina?o meno
trasparente/verniciatura
perchè dover far causa???
nel mondo non sono tutti italiani, pronti ad inculare la gente...mi
spiego sull'esperienza di altri acquisti in china (le ruote in
carbonio per bdc) nei casi in cui c'è stato bisogno di sostituzione
dopo accertamenti (a qlc addirittura solo con foto) non si sono mai
e dico mai tirati indietro...in italia possiamo dire la stessa cosa?
io non voglio aprire gli occhi a nessuno ma lasciatemi nella mia
convinzione e nella mia scelta senza pontificare...
tutti i discorsi riguardanti costi aggiuntivi assicurazioni e
controlli qualità in linea teorica vi do ragione in pratica c'è da
aprire un topic lungo chi sa quanto....
concludendo con questo OffTopic vi posso dire che a breve comincerò
a montare e ad usare il mio ChinaFrame29er vi terrò aggiornati...con
oggettività
#14 Gepp1, 29/8/11
15. Ispettore Zenigata
Ispettore Zenigata Biker forumensus
Registrato:
2/8/07
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2.124
Immagino che risate fare causa ad una ditta cinese per
responsabilità civile :medita: [/QUOTE]
Le risate si fanno anche a fare causa ad un'italianissima o
americanissima azienda...basta guardare i libretti di istruzioni
(quando forniti) per vedere la montagna di clausole inserite che
inficiano la garanzia e il fatto che non si assumono la
responsabilità.
Se ti va bene (e intendo dire molto bene) ti sostituiscono il
componente, se ti fai male sono affari tuoi, (e comunque l'obbligo
della prova spetta all' attore), morale un sacco di soldi spesi,
tempi biblici e nessuna garanzia di aver ragione, la responsabilità
civile non è un argomento convincente
#15 Ispettore Zenigata, 29/8/11
+ Mi piace Mi piace x 3
16. Oniriko77
Oniriko77 Biker augustus
Registrato:
5/2/04
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9.563
Gepp1 ha scritto: ↑
nei casi in cui c'è stato bisogno di sostituzione dopo accertamenti
(a qlc addirittura solo con foto) non si sono mai e dico mai tirati
indietro...
Clicca per allargare...
penso anche che gli convenga così dato i loro costi minori di
produzione e l'alta quantità di pezzi prodotti, non sono scemi e
così facendo si fanno una buona pubblicità
#16 Oniriko77, 29/8/11
17. Gepp1
Gepp1 Biker assatanatus
Registrato:
27/5/08
Messaggi:
3.484
gas29 ha scritto: ↑
Una Certificazione UNI-EN fatta seriamente comporterebbe visite in
stabilimento (in Cina...) con prelievo dei pezzi da testare
direttamente dalla linea di produzione.....
Clicca per allargare...
non voglio metterti in difficoltà (anche perchè quando ho avuto
bisogno dei tuoi preventivi sei sempre stato gentilissimo e
disponibilissimo) però il sig. DeRosa, che ha risposto su BDC-forum
che il prodotto di medio gamma è un cinese "taroccato" come italiano
per motivi vari come fa ad averlo certificato???
lo chiedo per curiosità?o per mettervi la pulce?
#17 Gepp1, 29/8/11
18. Skrag72
Skrag72 Biker ciceronis
Registrato:
26/3/11
Messaggi:
1.414
gas29 ha scritto: ↑
Dirò di più: una polizza RC Prodotto costa X = 100 per prodotti
fatti in Italia e Unione Europea e X = 800 circa per prodotti fatti
in Cina...
Una Certificazione UNI-EN fatta seriamente comporterebbe visite in
stabilimento (in Cina...) con prelievo dei pezzi da testare
direttamente dalla linea di produzione.....
Clicca per allargare...
Tutto vero, ma parliamo di conti veri e non ipotetici:
costo telaio made in China 260 circa
costo polizza RC 80 circa ( salvo convenzioni particolari che
farebbero diminuire sensibilmente il prezzo)
costo trasporto 20 circa ( un importatore compra almeno 10 telai
per volta, quindi il costo è decisamente più basso che non
acquistare un telaio per volta)
Totale spesa 360,
al quale va aggiunta l'IVA che spesso alla frontiera non è
conteggiata per il valore reale, ma per l'importo che il fornitore
dichiara e che spesso è inferiore al prezzo reale, ma in questo caso
facciamo i conti esatti, quindi 20% di Iva e 4'5% di sdoganamento
che a conti fatti sono:
-telaio con polizza RC e trasporto: 360
-IVA 72
-sdoganamento 16,2
TOTALE: 448,2 di costo al distributore.................
Peccato che a noi alla fine i 448,2 diventano spesso 1.200 o
talvolta anche 1.500.............un ricarico decisamente eccessivo
per fare solo da tramite....
Ecco perchè sono un fautore del prodotto MADE IN ITALY, perchè i
costidi produzione e della materia prima sono decisamente più
alti.......e poi fa girare l'economia italiana che in un momento
come questo non fa per niente male!!!!
Morale della favola: compro Specialized o
Gas29???........GAS29!!!!!!! almeno lascio i miei soldini a
casa!!!!!!!!
#18 Skrag72, 29/8/11
19. roby31
roby31 Biker serius
Registrato:
26/4/11
Messaggi:
169
sembola ha scritto: ↑
Provocazione per provocazione: mettiti tu a fare l'importatore di
questi telai e vendili sul mercato italiano. Magari scopri che tra
assicurazione per responsabilità civile del prodotto, certificazione
UNI/EN, spese di trasporto, spese di magazzino, tasse e dazi e,
vivaddiio, il tuo personale guadagno, il prezzo finale sarà
"stranamente" molto differente.
Paragonare un oggetto venduto ad un privato senza alcuna garanzia nè
responsabilità ed uno venduto attraverso una rete commerciale e con
tutte le garanzie della legge a mio parere non ha alcun senso.
Clicca per allargare...
Mi hai tolto le parola dalla bocca! :il-saggi:
#19 roby31, 30/8/11
20. gas29
gas29 Aziende
Registrato:
14/9/04
Messaggi:
5.210
Gepp1 ha scritto: ↑
non voglio metterti in difficoltà (anche perchè quando ho avuto
bisogno dei tuoi preventivi sei sempre stato gentilissimo e
disponibilissimo) però il sig. DeRosa, che ha risposto su BDC-forum
che il prodotto di medio gamma è un cinese "taroccato" come italiano
per motivi vari come fa ad averlo certificato???
lo chiedo per curiosità?o per mettervi la pulce?
Clicca per allargare...
Diciamo che per convenzione i prelievi vengono fatti "a caso"
all'apertura del container, una volta in Italia.
+
+ Prodotti MTB scontati
#20 gas29, 30/8/11
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[Made in China] Visita a Create Carbon Leader, produttori di telai in
carbonio
Discussione in 'Visite' iniziata da marco, 12 Gennaio 2012.
Pagina 5 di 6
< Prec. 1 2 3 4 5 6 Succ. >
1. Spartano
Spartano Apprendista Velocista
Registrato:
19 Aprile 2007
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1.551
Mi Piace Ricevuti:
46
Deciso ha scritto: ↑
All'amico pratese dico: i produttori pratesi sono vittima delle loro
stesse "furberie"..farsi fare le stoffe e gli abiti dai cinesi
invasori entrando dalla porta di servizio..e poi ritrovarsi a
chiudere..imprenditoria italiana..? Mi vien da ridere!
Clicca per allargare...
La mia era solo una considerazione generale e un parallelo, penso
anche io che prima o poi, il produttore terzista cinese di bici, si
affaccerà direttamente sul mercato ed allora.... Il problema è che
siamo un paese ingessato e fermo su posizioni e tabù di un altro
mondo e che in generale non è più in grado di distinguere qualità e
cura di un qualsiasi prodotto. in un report sul marchio Bianchi,
avevo letto che la produzione di loro bici in carbonio era delegata
ad un produttore francese, allora dico io che sarebbe ancora
possibile in Europa produrre qualcosa in concorrenza con il far
east, son convinto che in Italia abbiamo combattuto una guerra
economica contro un nemico utilizzando armi spuntate. Saluti,
Fabrizio.
+ Prodotti ciclismo scontati
#81 Spartano, 15 Gennaio 2012
A orsoarcubo piace questo elemento.
+
[INS: :INS]
2. Deciso
Deciso Apprendista Cronoman
Registrato:
27 Settembre 2005
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106
Ti dò una mia particolare interpretazione sul fatto "
dell'ingessamento dell'Italia"
L'ingessamento è dovuto al fatto che l'imprenditoria italiana, in
special modo, ha sempre cercato di fare impresa nel peggior modo
possiBile : fare profitti delocalizzando le produzioni mantenedo
inalterato il prezzo al consumatore. Questo giochino va avanti da
decenni: prima è stata la Romania, poi la Polonia, etc etc..poi la
Cina..
La cosa antipatica è che hanno sempre presentato il prodotto come
Made in italy e ciò ovviamente per giustificare i prezzi elevati.
Moda, auto, ceramica, meccanica, farmaceutica, cosmesi, legno,
alimentare addirittura artigianato locale, tutti a delocalizzare.
Se ciò è stato "digerito" ingenuamente dal consumatore italiano, che
30-40 anni fa forse si immaginava qualcosa ma non aveva grosse
certezze, ora lo sa e gli girano le palle, parecchio.
E allora nella fattispecie "ciclo", gli girano le palle se telai
venduti a 2000 e passa E sono solo rimarchiati e stop.
Imprenditori vittime della loro stessa miopia e dell'ingordigia di
facili, alti guadagni..e a pagare sempre il consumatore.
#82 Deciso, 15 Gennaio 2012
3. Ambatula
Ambatula Apprendista Scalatore
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15 Marzo 2010
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148
Deciso ha scritto: ↑
Ti dò una mia particolare interpretazione sul fatto "
dell'ingessamento dell'Italia"
L'ingessamento è dovuto al fatto che l'imprenditoria italiana, in
special modo, ha sempre cercato di fare impresa nel peggior modo
possiBile : fare profitti delocalizzando le produzioni mantenedo
inalterato il prezzo al consumatore. Questo giochino va avanti da
decenni: prima è stata la Romania, poi la Polonia, etc etc..poi la
Cina..
La cosa antipatica è che hanno sempre presentato il prodotto come
Made in italy e ciò ovviamente per giustificare i prezzi elevati.
Moda, auto, ceramica, meccanica, farmaceutica, cosmesi, legno,
alimentare addirittura artigianato locale, tutti a delocalizzare.
Se ciò è stato "digerito" ingenuamente dal consumatore italiano, che
30-40 anni fa forse si immaginava qualcosa ma non aveva grosse
certezze, ora lo sa e gli girano le palle, parecchio.
E allora nella fattispecie "ciclo", gli girano le palle se telai
venduti a 2000 e passa E sono solo rimarchiati e stop.
Imprenditori vittime della loro stessa miopia e dell'ingordigia di
facili, alti guadagni..e a pagare sempre il consumatore.
Clicca per allargare...
Sono d'accordo sul giramento di palle :mrgreen: Non sono d'accordo
sul fatto che sia solo il produttore italiano a delocalizzare,
perchè la delocalizzazione è una prassi mondiale.
Tu hai una Ridley e una BMC. Sai da dove provengano i telai? Lo
chiedo senza polemica perchè effetivamente non so se i loro telai
provengano dall'Oriente o meno
#83 Ambatula, 15 Gennaio 2012
4. gattonero
gattonero Princeps Mechanicorum
Registrato:
2 Agosto 2004
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8.997
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BMC é fatta (molto bene) in oriente, altroché
#84 gattonero, 15 Gennaio 2012
5. orsoarcubo
orsoarcubo Velocista
Registrato:
29 Ottobre 2008
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ziopetro ha scritto: ↑
Ragazzi scusate,ma voi davvero pensate che basta vedere delle foto
di centri di lavoro a controllo numerico di ultima generazione,per
capire che eseguono lavorazioni a regola d'arte?
Io ci lavoro tutti i giorni con macchianari moderni e vetusti,e vi
posso assicurare che conta molto di più l'esperienza e la
meticolosità umana!!!
Clicca per allargare...
Intervento giustissimo... o-o !
Coi soldi puoi comprare tutti i macchinari che vuoi...bisogna poi
vedere se hai le conoscienze,la cultura del prodotto e l'esperienza
per poter poi sfruttare queste macchine per creare un prodotto
finito valido come la macchina che lo produce!
Io ho lavorato vent'anni nel settore cnc e i 3 anni che facevo i
pezzi ricavati dal pieno per Ducati Corse usavo 3 centri di lavoro
vecchi di almeno 20-25 anni per fare sia i prototipi che i pezzi di
produzione (sia per il telaio della Motogp che per tutti i
componenti di forcellone e accessori),eppure nonostante fosse in una
dittarella di 5 dipendenti a Casalecchio e facendo i pezzi con
"vetusti" macchinari,la Ducati nel 2007 ha vinto il mondiale...non
sempre a un grosso investimento corrisponde una grossa qualità.
La ditta dove lavoro addesso,e per cui avevo lavorato anche prima di
andare a Bologna,ha 400 dipendenti ed è una azienda leader nella
produzione di trasmissioni di mezzi pesanti,al momento siamo stati
comprati al 100% da una ditta indiana da 180.000 dipendenti (solo
per il know-how e il marchio) e stà succedendo l'opposto che nel
settore bici...cioè se la ditta che ci ha compreto vuole vendere i
suoi milioni di ingranaggi prodotti in India,deve avere come testa
d'ariete sul mercato il nostro nome e la produzione
difficile,particolare e che fà la differenza sul mercato la fà fare
a noi poveri sciagurati italianii che siamo si arretrati,cari,poco
competitivi sul mercato,ma a livello di pratica,esperienza e
caopacità di flessibilità mentale nell'affrontare i problemi
produttivi adattando le macchine che abbiamo,siamo maestri
insuperabili...
Loro hanno comprato le macchine nuove e costose come nel servizio
della fabbrica di telai,figurati che problemi abbia una ditta del
genere...solo che noi con le nostre vecchie (relativamente in alcuni
casi,a livello di archeologia meccanica in altri) macchine riusciamo
a fare i lavori difficili con il semplice operaio specializzato che
si prende carico di fare i programmi adattare l'attrezzatura e
partire con la produzione,loro nonostante che per ogni isola
produttiva abbiano assegnato 2 ingegneri,2 tecnici e 4 operai non
cavano un ragno dal buco nonostante la tecnologia e le infinite
risorse umane e monetarie.
In fondo non svalutiamo troppo quello che anche in Italia sappiamo
fare,soprattutto perchè in genere lo facciamo con mezzi e soldi
nettamente inferiori a grossa parte del mondo...poi che far produrre
all'estero su marchio sia una prassi comune per guadagnare
(ingannando l'acquirente a livello anche legale secondo me...)
purtroppo è un dato di fatto,bisognerebbe solo obbligare a far
marchiare a questi produttori i prodotti come "costruiti in ...." e
obbligarli o a venderli sul nostro mercato a una cifra proporzionata
al prezzo di produzione+spese,o metterci sopra una bella sovratassa
di importazione di materiale semilavorato prima di venderla che
andrebbe nelle casse dello stato e che (in teoria) ci tornerebbe
come cittadini sotto forma di servizi.
Non mi sfagiola molto che la ditta che si fà fare i telai in China
guadagni 100 su un telaio sfruttando il lavoro cinese che gli costa
5 e che il lauto guadagno se lo faccia ridendo integralmente alle
spalle degli sciagurati acquirenti senza ripagarci sopra almeno una
maggiorazione di tasse (noi l'iva la paghiamo comunque sul prezzo
finito,non sul costo ridicolo del produttore cinese...).
Vabbè,so che sono discorsi che lasciano il tempo che
trovano,comunque un pò di amarezza di fondo mi rimane visto che i
produttori nostrani usano il nome per vantarsi delle origini
italiane e poi ce lo schiaffano dove non batte mai il sole
vendendoci a peso d'oro prodotti fatti all'estero dove gli costano
una sciocchezza e arriccchendosi allegramente alle nostre spalle....
:wacko:
#85 orsoarcubo, 15 Gennaio 2012
A alan59 piace questo elemento.
6. Dario.Eirene
Dario.Eirene Cronoman
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10 Luglio 2010
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micronauta ha scritto: ↑
Forse il fatto stesso che noi lo compriamo ugualmente? :asd2:
Come si dice: "Una bici vale quel che sei disposto a pagarla".
E' un'utopia, ma se TUTTI noi ad un certo punto smettessimo di
comprare bici sopra i 2000 Euro, magari qualcosa cambierebbe. :vox:
Clicca per allargare...
è anche vero che a un certo prezzo corrisponde un certo grado di
sicurezza (insieme ad altri fattori) che è proprio quello richiesto
dal mercato, nè più (sarebbero troppo costose in quanto il maggior
costo l'utente preferirebbe spenderlo in altre merci) nè meno
(perchè l'utente non le comprerebbe perchè le riterebbe insicure)
ps. notare che il livello di sicurezza percepito non corrisponda al
vero livello di sicurezza.. per estremi un consumatore può consumare
qualcosa che è risaputo essere pericoloso, sottostimando la
pericolosità sulla sua persona (es. sigarette)
pps. lezione di economia :mrgreen:
#86 Dario.Eirene, 15 Gennaio 2012
7. Ambatula
Ambatula Apprendista Scalatore
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gattonero ha scritto: ↑
BMC é fatta (molto bene) in oriente, altroché
Clicca per allargare...
E si fa pagare salata se non sbaglio :mrgreen:
#87 Ambatula, 15 Gennaio 2012
8. gattonero
gattonero Princeps Mechanicorum
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orsoarcubo ha scritto: ↑
Intervento giustissimo... o-o !
Coi soldi puoi comprare tutti i macchinari che vuoi...bisogna poi
vedere se hai le conoscienze,la cultura del prodotto e l'esperienza
per poter poi sfruttare queste macchine per creare un prodotto
finito valido come la macchina che lo produce!
Io ho lavorato vent'anni nel settore cnc e i 3 anni che facevo i
pezzi ricavati dal pieno per Ducati Corse usavo 3 centri di lavoro
vecchi di almeno 20-25 anni per fare sia i prototipi che i pezzi di
produzione (sia per il telaio della Motogp che per tutti i
componenti di forcellone e accessori),eppure nonostante fosse in una
dittarella di 5 dipendenti a Casalecchio e facendo i pezzi con
"vetusti" macchinari,la Ducati nel 2007 ha vinto il mondiale...non
sempre a un grosso investimento corrisponde una grossa qualità.
La ditta dove lavoro addesso,e per cui avevo lavorato anche prima di
andare a Bologna,ha 400 dipendenti ed è una azienda leader nella
produzione di trasmissioni di mezzi pesanti,al momento siamo stati
comprati al 100% da una ditta indiana da 180.000 dipendenti (solo
per il know-how e il marchio) e stà succedendo l'opposto che nel
settore bici...cioè se la ditta che ci ha compreto vuole vendere i
suoi milioni di ingranaggi prodotti in India,deve avere come testa
d'ariete sul mercato il nostro nome e la produzione
difficile,particolare e che fà la differenza sul mercato la fà fare
a noi poveri sciagurati italianii che siamo si arretrati,cari,poco
competitivi sul mercato,ma a livello di pratica,esperienza e
caopacità di flessibilità mentale nell'affrontare i problemi
produttivi adattando le macchine che abbiamo,siamo maestri
insuperabili...
Loro hanno comprato le macchine nuove e costose come nel servizio
della fabbrica di telai,figurati che problemi abbia una ditta del
genere...solo che noi con le nostre vecchie (relativamente in alcuni
casi,a livello di archeologia meccanica in altri) macchine riusciamo
a fare i lavori difficili con il semplice operaio specializzato che
si prende carico di fare i programmi adattare l'attrezzatura e
partire con la produzione,loro nonostante che per ogni isola
produttiva abbiano assegnato 2 ingegneri,2 tecnici e 4 operai non
cavano un ragno dal buco nonostante la tecnologia e le infinite
risorse umane e monetarie.....
Clicca per allargare...
Vallo a dire a chi pensa che gli attrezzi ed i "diplomini" vadano
prima di tutto.
Esperienza, conoscenza, buon senso, sono le cose che distinguono il
professionista vero e flessibile
o-o
#88 gattonero, 15 Gennaio 2012
9. gattonero
gattonero Princeps Mechanicorum
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Ambatula ha scritto: ↑
E si fa pagare salata se non sbaglio :mrgreen:
Clicca per allargare...
:bua:
#89 gattonero, 15 Gennaio 2012
10. iroma2009
iroma2009 Apprendista Velocista
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12 Febbraio 2011
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gattonero ha scritto: ↑
Vallo a dire a chi pensa che gli attrezzi ed i "diplomini" vadano
prima di tutto.
Esperienza, conoscenza, buon senso, sono le cose che distinguono il
professionista vero e flessibile
o-o
Clicca per allargare...
Condivido.
#90 iroma2009, 15 Gennaio 2012
+
11. luigi83
luigi83 Novellino
Registrato:
9 Settembre 2011
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96
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sapete qual'è il sito di questa ditta? oppure conoscete altre siti
di ditte cinisi che siano affidabili produttori di telai in
carbonio?
#91 luigi83, 15 Gennaio 2012
12. sante pollastri
sante pollastri via col vento
Registrato:
25 Agosto 2011
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43
gattonero ha scritto: ↑
Vallo a dire a chi pensa che gli attrezzi ed i "diplomini" vadano
prima di tutto.
Esperienza, conoscenza, buon senso, sono le cose che distinguono il
professionista vero e flessibile
o-o
Clicca per allargare...
penso che a questi signori,ormai,non manca nemmeno una di queste
qualità.
una volta i giapponesi cominciarono copiando,ma gli oggetti in
questione li dovevano prima comprare.
qui la cosa è diversa,qui ricevono addirittura i progetti dai
committenti,per me ne vedremo delle belle....
#92 sante pollastri, 16 Gennaio 2012
13. SoftMachine
SoftMachine Maglia Amarillo
Registrato:
10 Ottobre 2010
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Mi Piace Ricevuti:
1.646
sante pollastri ha scritto: ↑
penso che a questi signori,ormai,non manca nemmeno una di queste
qualità.
una volta i giapponesi cominciarono copiando,ma gli oggetti in
questione li dovevano prima comprare.
qui la cosa è diversa,qui ricevono addirittura i progetti dai
committenti,per me ne vedremo delle belle....
Clicca per allargare...
Ti quoto. Ricordo quando comparvero le prime chitarre giapponesi in
un mondo dominato da Fender e Gibson.
Le chiamavano semplicemente "imitazioni" e qualcuno predisse loro
una breve vita adducendo come prova il fatto che "sapessero solo
copiare" ma mancavano di know-how, fantasia e una serie di qualita'
che dovevano non essere loro prerogative.
Sappiamo ben come e' andata a finire......
o-o
#93 SoftMachine, 16 Gennaio 2012
14. danysmart1972
danysmart1972 Pignone
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orsoarcubo ha scritto: ↑
Intervento giustissimo... o-o !
Coi soldi puoi comprare tutti i macchinari che vuoi...bisogna poi
vedere se hai le conoscienze,la cultura del prodotto e l'esperienza
per poter poi sfruttare queste macchine per creare un prodotto
finito valido come la macchina che lo produce!
Io ho lavorato vent'anni nel settore cnc e i 3 anni che facevo i
pezzi ricavati dal pieno per Ducati Corse usavo 3 centri di lavoro
vecchi di almeno 20-25 anni per fare sia i prototipi che i pezzi di
produzione (sia per il telaio della Motogp che per tutti i
componenti di forcellone e accessori),eppure nonostante fosse in una
dittarella di 5 dipendenti a Casalecchio e facendo i pezzi con
"vetusti" macchinari,la Ducati nel 2007 ha vinto il mondiale...non
sempre a un grosso investimento corrisponde una grossa qualità.
La ditta dove lavoro addesso,e per cui avevo lavorato anche prima di
andare a Bologna,ha 400 dipendenti ed è una azienda leader nella
produzione di trasmissioni di mezzi pesanti,al momento siamo stati
comprati al 100% da una ditta indiana da 180.000 dipendenti (solo
per il know-how e il marchio) e stà succedendo l'opposto che nel
settore bici...cioè se la ditta che ci ha compreto vuole vendere i
suoi milioni di ingranaggi prodotti in India,deve avere come testa
d'ariete sul mercato il nostro nome e la produzione
difficile,particolare e che fà la differenza sul mercato la fà fare
a noi poveri sciagurati italianii che siamo si arretrati,cari,poco
competitivi sul mercato,ma a livello di pratica,esperienza e
caopacità di flessibilità mentale nell'affrontare i problemi
produttivi adattando le macchine che abbiamo,siamo maestri
insuperabili...
Loro hanno comprato le macchine nuove e costose come nel servizio
della fabbrica di telai,figurati che problemi abbia una ditta del
genere...solo che noi con le nostre vecchie (relativamente in alcuni
casi,a livello di archeologia meccanica in altri) macchine riusciamo
a fare i lavori difficili con il semplice operaio specializzato che
si prende carico di fare i programmi adattare l'attrezzatura e
partire con la produzione,loro nonostante che per ogni isola
produttiva abbiano assegnato 2 ingegneri,2 tecnici e 4 operai non
cavano un ragno dal buco nonostante la tecnologia e le infinite
risorse umane e monetarie.
In fondo non svalutiamo troppo quello che anche in Italia sappiamo
fare,soprattutto perchè in genere lo facciamo con mezzi e soldi
nettamente inferiori a grossa parte del mondo...poi che far produrre
all'estero su marchio sia una prassi comune per guadagnare
(ingannando l'acquirente a livello anche legale secondo me...)
purtroppo è un dato di fatto,bisognerebbe solo obbligare a far
marchiare a questi produttori i prodotti come "costruiti in ...." e
obbligarli o a venderli sul nostro mercato a una cifra proporzionata
al prezzo di produzione+spese,o metterci sopra una bella sovratassa
di importazione di materiale semilavorato prima di venderla che
andrebbe nelle casse dello stato e che (in teoria) ci tornerebbe
come cittadini sotto forma di servizi.
Non mi sfagiola molto che la ditta che si fà fare i telai in China
guadagni 100 su un telaio sfruttando il lavoro cinese che gli costa
5 e che il lauto guadagno se lo faccia ridendo integralmente alle
spalle degli sciagurati acquirenti senza ripagarci sopra almeno una
maggiorazione di tasse (noi l'iva la paghiamo comunque sul prezzo
finito,non sul costo ridicolo del produttore cinese...).
Vabbè,so che sono discorsi che lasciano il tempo che
trovano,comunque un pò di amarezza di fondo mi rimane visto che i
produttori nostrani usano il nome per vantarsi delle origini
italiane e poi ce lo schiaffano dove non batte mai il sole
vendendoci a peso d'oro prodotti fatti all'estero dove gli costano
una sciocchezza e arriccchendosi allegramente alle nostre spalle....
:wacko:
Clicca per allargare...
Quoto!! il problema è che se la ns. classe dirigente
(politici/industriali) non credono più nella capacità degli italiani
di creare "manufatti" ma preferiscono speculare con la finanza..
così facendo alla lunga diventeremo tutti succursali di ditte
cinesi/indiane.
I dirigenti nella mia azienda "MAI" si vedono nei reparti
produttivi, impartiscono ordini con i loro IPAD IPHONE Ixxx e a noi
schiavi ci tocca risolvere i problemi senza mezzi, con soluzioni
ingegnose....però quando gli chiedi 50 euro in più ti dicono che
l'operaio cinese costa un quarto.... Sembra che più incapaci sono e
più carriera fanno....
I ns. geniali industriali e i ns. illuminati politici sembrano
vivere in un altro mondo, non riescono a capire che il problema non
siamo noi lavoratori ma loro, la loro visione distorta
dell'economia.
Come detto nell'altro intervento i tedeschi fanno manifattura con un
costo della manodopera doppia, e non hanno problemi occupazionali...
#94 danysmart1972, 16 Gennaio 2012
15. Granfondista
Granfondista Apprendista Passista
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danysmart1972 ha scritto: ↑
I ns. geniali industriali e i ns. illuminati politici sembrano
vivere in un altro mondo, non riescono a capire che il problema non
siamo noi lavoratori ma loro, la loro visione distorta
dell'economia.
Clicca per allargare...
Su questo aspetto sono più pessimista di te: lo capiscono e lo sanno
benissimo, ma se ne fottono.
#95 Granfondista, 16 Gennaio 2012
16. POLVA73
POLVA73 Gregario
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orsoarcubo ha scritto: ↑
Intervento giustissimo... o-o !
Coi soldi puoi comprare tutti i macchinari che vuoi...bisogna poi
vedere se hai le conoscienze,la cultura del prodotto e l'esperienza
per poter poi sfruttare queste macchine per creare un prodotto
finito valido come la macchina che lo produce!
Io ho lavorato vent'anni nel settore cnc e i 3 anni che facevo i
pezzi ricavati dal pieno per Ducati Corse usavo 3 centri di lavoro
vecchi di almeno 20-25 anni per fare sia i prototipi che i pezzi di
produzione (sia per il telaio della Motogp che per tutti i
componenti di forcellone e accessori),eppure nonostante fosse in una
dittarella di 5 dipendenti a Casalecchio e facendo i pezzi con
"vetusti" macchinari,la Ducati nel 2007 ha vinto il mondiale...non
sempre a un grosso investimento corrisponde una grossa qualità.
La ditta dove lavoro addesso,e per cui avevo lavorato anche prima di
andare a Bologna,ha 400 dipendenti ed è una azienda leader nella
produzione di trasmissioni di mezzi pesanti,al momento siamo stati
comprati al 100% da una ditta indiana da 180.000 dipendenti (solo
per il know-how e il marchio) e stà succedendo l'opposto che nel
settore bici...cioè se la ditta che ci ha compreto vuole vendere i
suoi milioni di ingranaggi prodotti in India,deve avere come testa
d'ariete sul mercato il nostro nome e la produzione
difficile,particolare e che fà la differenza sul mercato la fà fare
a noi poveri sciagurati italianii che siamo si arretrati,cari,poco
competitivi sul mercato,ma a livello di pratica,esperienza e
caopacità di flessibilità mentale nell'affrontare i problemi
produttivi adattando le macchine che abbiamo,siamo maestri
insuperabili...
Loro hanno comprato le macchine nuove e costose come nel servizio
della fabbrica di telai,figurati che problemi abbia una ditta del
genere...solo che noi con le nostre vecchie (relativamente in alcuni
casi,a livello di archeologia meccanica in altri) macchine riusciamo
a fare i lavori difficili con il semplice operaio specializzato che
si prende carico di fare i programmi adattare l'attrezzatura e
partire con la produzione,loro nonostante che per ogni isola
produttiva abbiano assegnato 2 ingegneri,2 tecnici e 4 operai non
cavano un ragno dal buco nonostante la tecnologia e le infinite
risorse umane e monetarie.
In fondo non svalutiamo troppo quello che anche in Italia sappiamo
fare,soprattutto perchè in genere lo facciamo con mezzi e soldi
nettamente inferiori a grossa parte del mondo...poi che far produrre
all'estero su marchio sia una prassi comune per guadagnare
(ingannando l'acquirente a livello anche legale secondo me...)
purtroppo è un dato di fatto,bisognerebbe solo obbligare a far
marchiare a questi produttori i prodotti come "costruiti in ...." e
obbligarli o a venderli sul nostro mercato a una cifra proporzionata
al prezzo di produzione+spese,o metterci sopra una bella sovratassa
di importazione di materiale semilavorato prima di venderla che
andrebbe nelle casse dello stato e che (in teoria) ci tornerebbe
come cittadini sotto forma di servizi.
Non mi sfagiola molto che la ditta che si fà fare i telai in China
guadagni 100 su un telaio sfruttando il lavoro cinese che gli costa
5 e che il lauto guadagno se lo faccia ridendo integralmente alle
spalle degli sciagurati acquirenti senza ripagarci sopra almeno una
maggiorazione di tasse (noi l'iva la paghiamo comunque sul prezzo
finito,non sul costo ridicolo del produttore cinese...).
Vabbè,so che sono discorsi che lasciano il tempo che
trovano,comunque un pò di amarezza di fondo mi rimane visto che i
produttori nostrani usano il nome per vantarsi delle origini
italiane e poi ce lo schiaffano dove non batte mai il sole
vendendoci a peso d'oro prodotti fatti all'estero dove gli costano
una sciocchezza e arriccchendosi allegramente alle nostre spalle....
:wacko:
Clicca per allargare...
danysmart1972 ha scritto: ↑
Quoto!! il problema è che se la ns. classe dirigente
(politici/industriali) non credono più nella capacità degli italiani
di creare "manufatti" ma preferiscono speculare con la finanza..
così facendo alla lunga diventeremo tutti succursali di ditte
cinesi/indiane.
I dirigenti nella mia azienda "MAI" si vedono nei reparti
produttivi, impartiscono ordini con i loro IPAD IPHONE Ixxx e a noi
schiavi ci tocca risolvere i problemi senza mezzi, con soluzioni
ingegnose....però quando gli chiedi 50 euro in più ti dicono che
l'operaio cinese costa un quarto.... Sembra che più incapaci sono e
più carriera fanno....
I ns. geniali industriali e i ns. illuminati politici sembrano
vivere in un altro mondo, non riescono a capire che il problema non
siamo noi lavoratori ma loro, la loro visione distorta
dell'economia.
Come detto nell'altro intervento i tedeschi fanno manifattura con un
costo della manodopera doppia, e non hanno problemi occupazionali...
Clicca per allargare...
...io in questi due interventi ci riconosco molti dei nostri
"problemi".....li straquoto e non aggiungo altro.....anzi che
comprerò una bici tedesca progettata in germania, prodotta a taiwan,
con componenti giapponesi, che ha un rapporto qualità prezzo
imbattibile per i marchi italiani dove solo il nome fa valere un 25%
in più la bici...mah!!
#96 POLVA73, 16 Gennaio 2012
17. cicquetto
cicquetto Apprendista Velocista
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orsoarcubo ha scritto: ↑
Intervento giustissimo... o-o !
Coi soldi puoi comprare tutti i macchinari che vuoi...bisogna poi
vedere se hai le conoscienze,la cultura del prodotto e l'esperienza
per poter poi sfruttare queste macchine per creare un prodotto
finito valido come la macchina che lo produce!
Clicca per allargare...
da quanto letto questi signori lavorano soprattutto conto terzi
quindi la cultura la conoscenza e l'esperienza è quella italiana,
loro la applicano soltanto.
sarebbe poi anche da vedere se non ne hanno gia acquisita piu di
noi.
#97 cicquetto, 16 Gennaio 2012
18. orsoarcubo
orsoarcubo Velocista
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cicquetto ha scritto: ↑
da quanto letto questi signori lavorano soprattutto conto terzi
quindi la cultura la conoscenza e l'esperienza è quella italiana,
loro la applicano soltanto.
sarebbe poi anche da vedere se non ne hanno gia acquisita piu di
noi.
Clicca per allargare...
Si ma usano esperienza "conto terzi",non direttamente loro...certo
che anche se sono più macchine da produzione che progettisti estrosi
alla fine qualcosa gli dovrebe rimanere a furia di lavorare per
altri coi progetti e i cicli di lavorazione in mano...a meno che non
siano proprio di gesso!
Ma per fare concorrenza reale ai soliti marchi noti e vendere ai
loro prezzi dovrebbero comprargli direttamente i marchi (come hanno
fatto gli indiani con la ditta dove lavoro) e vendere sempre coi
soliti marchi e non con la nomenclatura cinese,altrimenti col
cacchio che vendono un De Rosa o un Pinarello "full made in China" a
4000 euro...
#98 orsoarcubo, 16 Gennaio 2012
19. Ambatula
Ambatula Apprendista Scalatore
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POLVA73;3358986.....anzi che comprerò una bici tedesca progettata in
germania ha scritto:
Ma perchè continuate a prendervela con i marchi italiani, quando
tutti producono in oriente e alzano i prezzi in modo incondizionato?
Perchè nessuno dice che Trek, Cannondale, Specialized, BMC, Cervelo,
producono in Oriente?
Perchè nessuno parla di mercato globale, ma solo di mercato
italiano?
@Polva: compra pure dai crucchi.....ma sii coerente e non ti
lamentare dell'economia italiana, non ti lamentare se i tedeschi
comandano in Europa, non ti lamentare dei posti di lavoro, non ti
lamentare dei prezzi del PIL del Governo ecc.. e non ti lamentare se
qualcuno dovesse dirti che sei esterofilo.
Clicca per allargare...
#99 Ambatula, 16 Gennaio 2012
20. pietro1973
pietro1973 :angrymod:
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orsoarcubo ha scritto: ↑
Si ma usano esperienza "conto terzi",non direttamente loro...certo
che anche se sono più macchine da produzione che progettisti estrosi
alla fine qualcosa gli dovrebe rimanere a furia di lavorare per
altri coi progetti e i cicli di lavorazione in mano...a meno che non
siano proprio di gesso!
Ma per fare concorrenza reale ai soliti marchi noti e vendere ai
loro prezzi dovrebbero comprargli direttamente i marchi (come hanno
fatto gli indiani con la ditta dove lavoro) e vendere sempre coi
soliti marchi e non con la nomenclatura cinese,altrimenti col
cacchio che vendono un De Rosa o un Pinarello "full made in China" a
4000 euro...
Clicca per allargare...
esatto sino ad oggi la loro è stata solo mera "produzione
industriale" ovvero l'arte del copia/incolla, ma in un futuro
prossimo magari loro avranno anche la capacità e la forza di essere
leader di mercato in tutti i sensi (produzione, innovazione,
sviluppo e marketing), ma in questo caso bisognerà aggiungere al
mero costo di produzione anche quello relativo agli altri ulteriori
fattori sopra enunciati, facendo lievitare il costo di vendita.
Oggi se vuoi il bene standardizzato compri in cina se vuoi altro
devi spendere qualcosina in più e guardarti in giro.
+ Prodotti ciclismo scontati
+
#100 pietro1973, 16 Gennaio 2012
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Camalot Black Diamond made in china
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57 messaggi • Pagina 3 di 3 • 1, 2, 3
Re: Camalot Black Diamond made in china
Messaggio da Sbob » gio giu 11, 2009 11:41 am
Vigorone ha scritto:ma la cosa divertente e' che quelli che conosco
(non tantissimi, per la verita', ma qualcuno si) che hanno avuto a che
fare con imprese cinesi dicono che il primo container arriva con tutte
cose perfette e a capitolato alla virgola, poi magicamente man mano che
passa il tempo la produzione arriva sempre piu' piena di errori e
pasticci e se non fai piu' che attenzione finisci che te la prendi in
[quel posto].
Ovvio che se li lasci fare tendono a fotterti, ma nelle aziende serie
il controllo qualità è continuo sia per evitare che il fornitore
sbraghi, sia per tenere sotto controllo eventuali variazioni della
qualità dovute a macchinari che si starano, agenti esterni
imprevedibili, etc...
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Re: Camalot Black Diamond made in china
Messaggio da Vigorone » gio giu 11, 2009 11:44 am
Sbob ha scritto:
Vigorone ha scritto:ma la cosa divertente e' che quelli che conosco
(non tantissimi, per la verita', ma qualcuno si) che hanno avuto a che
fare con imprese cinesi dicono che il primo container arriva con tutte
cose perfette e a capitolato alla virgola, poi magicamente man mano che
passa il tempo la produzione arriva sempre piu' piena di errori e
pasticci e se non fai piu' che attenzione finisci che te la prendi in
[quel posto].
Ovvio che se li lasci fare tendono a fotterti, ma nelle aziende serie
il controllo qualità è continuo sia per evitare che il fornitore
sbraghi, sia per tenere sotto controllo eventuali variazioni della
qualità dovute a macchinari che si starano, agenti esterni
imprevedibili, etc...
ok, vero.
se posso permettermi una battuta, speriamo che gli omini del controllo
qualita' di BD abbiano gli occhi buoni... :lol: :lol:
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
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Vigorone
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Re: Camalot Black Diamond made in china
Messaggio da al-bi » gio giu 11, 2009 15:24 pm
Vigorone ha scritto:
Sbob ha scritto:
Vigorone ha scritto:ma la cosa divertente e' che quelli che conosco
(non tantissimi, per la verita', ma qualcuno si) che hanno avuto a che
fare con imprese cinesi dicono che il primo container arriva con tutte
cose perfette e a capitolato alla virgola, poi magicamente man mano che
passa il tempo la produzione arriva sempre piu' piena di errori e
pasticci e se non fai piu' che attenzione finisci che te la prendi in
[quel posto].
Ovvio che se li lasci fare tendono a fotterti, ma nelle aziende serie
il controllo qualità è continuo sia per evitare che il fornitore
sbraghi, sia per tenere sotto controllo eventuali variazioni della
qualità dovute a macchinari che si starano, agenti esterni
imprevedibili, etc...
ok, vero.
se posso permettermi una battuta, speriamo che gli omini del controllo
qualita' di BD abbiano gli occhi buoni... :lol: :lol:
...E speriamo che non siano come quelli delle aziende metalmeccaniche!!
Io sono un subfornitore di una grossa azienda di macchine automatiche e
in questi anni mi sono visto prima togliere le commesse perchè i
Signori delocalizzavano, e poi mi vedo arrivare i particolari da
agguistare perchè i loro stabilimenti ( I LORO!! ) li cannano
regolarmente.
Mammamia..
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al-bi
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Messaggio da grizzly » gio giu 11, 2009 15:30 pm
Va a finì che sono meglio il canapo legato in vita e i cunei di
legno... :roll: ... :lol:
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Messaggio da al-bi » gio giu 11, 2009 15:33 pm
grizzly ha scritto:Va a finì che sono meglio il canapo legato in vita e
i cunei di legno... :roll: ... :lol:
dipende: da dove viene il legno dei cunei?? :lol:
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al-bi
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Messaggio da ravanator » gio giu 11, 2009 16:17 pm
al-bi ha scritto:
grizzly ha scritto:Va a finì che sono meglio il canapo legato in vita e
i cunei di legno... :roll: ... :lol:
dipende: da dove viene il legno dei cunei?? :lol:
e la canapa per fare il canapo ? : :lol: :lol: :lol:
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Messaggio da Kinobi » mar ago 04, 2009 15:18 pm
Mi sono preso la briga di controllare.
Si Camalot chinesi e pure alcuni moschettoni ora a Taiwan.
Livewire a Taiwan, Firewire in USA.
Tutti i moschettoni vecchi sono USA, tutti i nuovi sono Taiwan.
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Messaggio da nuvolarossa » mar ago 04, 2009 16:20 pm
Taiwan millemila volte meglio di China.
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Messaggio da Kinobi » mar ago 04, 2009 16:38 pm
nuvolarossa ha scritto:Taiwan millemila volte meglio di China.
Quoto.
Sempre una Repubblica di Cina. Anni luce da Repubblica Popolare di
Cina.
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Messaggio da asalalp » mar ago 04, 2009 20:19 pm
Cmq le attrezzature subacquee son tutte made in ITALY e non capisco
perche quelle da alpinismo no :roll:
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Messaggio da Sbob » mer ago 05, 2009 10:25 am
asalalp ha scritto:Cmq le attrezzature subacquee son tutte made in
ITALY e non capisco perche quelle da alpinismo no :roll:
Made in Italy potrebbe non voler dire niente (puoi produrre tutti i
componenti in Cina e poi assemblarli in Italia).
Puo' darsi poi che in Cina non ci siano aziende che hanno le tecnologie
necessarie per produrre attrezzature da sub, o che non sia
economicamente conveniente produrle in Cina.
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Messaggio da ste_car » mer ago 05, 2009 12:49 pm
a mio avviso sono discorsi che oramai non si possono più fare a meno
che non ci siamo motivazioni etiche tipo cina-tibet o lavori
sottopagati etc etc.
ci sono tecnologie che solo in cina fanno. e non perchè siano più bravi
o meno bravi, ma perchè la sono nate e la continuano a crescere.
ad oggi sarebbe un disastro per un'azienda un problema di immagine
legata alla scarsa qualità del prodotto made in... o un'immagine legata
al lavoro minorile o roba simile. per cui -le aziende serie- fanno le
cose bene qui come in cina (o simili). solo costa meno. punto.
ricordiamoci poi... che il mercato alpinistico è
piiiiiiiiiiiiiicccccccccolissssssimo. non si vendono camelot come si
vendono crocs.... se non vogliamo pagare ancor di più i camelot ad
esempio, ben venga una produzione in cina (controllata).
io sarei più incazzato per un crocs a 40EUR che per un camelot a
100EUR.
mi sembra strano che Kinobi non abbia fatto questo discorso essendo
"sul pezzo".
sbaglio forse?
"Tornate vivi, tornate rimanendo amici, salite in cima: in questo
preciso ordine"
Roger Baxter-Jones
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ste_car
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Messaggio da Kinobi » mer ago 05, 2009 13:07 pm
ste_car ha scritto:ricordiamoci poi... che il mercato alpinistico è
piiiiiiiiiiiiiicccccccccolissssssimo. non si vendono camelot come si
vendono crocs.... se non vogliamo pagare ancor di più i camelot ad
esempio, ben venga una produzione in cina (controllata).
io sarei più incazzato per un crocs a 40EUR che per un camelot a
100EUR.
mi sembra strano che Kinobi non abbia fatto questo discorso essendo
"sul pezzo".
sbaglio forse?
Mi sono espresso "di là" molte, molte, molte volte su questo concetto.
Sono contrario di principio a portare in Far East ogni genere di
tecnologia possibile. Punto.
Lo reputo corto, ottuso e menefreghista del futuro.
Detto ciò, tante tecnologie sono possibili in Far Est perchè le regole
che si applicano li, non sono le regole che si applicano qui. Punto.
Ad esempio:
Al costo dell'anodizzazione qui in Italia, compero il prodotto finito
in China (anodizzato ovvio, e si parla di un moschettone assemblato e
spedito e daziato).
Non posso immaginare che nel Nord Est non ci sia un pirla capace di
fare l'anoddizzazione a prezzi competitivi con il cinese. Non lo credo.
Do per certo, che le regole siano diverse. A me i suggerimenti sentiti
da una ditta certificata bollino verde "lei deve rivolgersi a piccole
strutture, loro posso fare meglio, non certificati non ce la facciamo"
mi fanno schifo.
Atterrando a Busan (Korea), ho visto sulla costa koreana (vista con i
miei occhi) cose che voi umani non potete nemmeno immaginare...
Allora, sono contrario allo spostare tecnologia a costo zero in far
east. E nei settori dove lo spostamento NON è irreversibile, spero vi
sia una certa "difesa" etica delle industrie europee.
Parliamoci chiaro: tra 5 anni, tutto il manifatturiero sarà fatto in
Far East: ottima cosa aver a che discutere con i cinesi...
Ciao,
E
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Kinobi
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Messaggio da ste_car » mer ago 05, 2009 13:23 pm
Kinobi ha scritto:
Sono contrario di principio a portare in Far East ogni genere di
tecnologia possibile. Punto.
Lo reputo corto, ottuso e menefreghista del futuro.
e qui sono con te....
Detto ciò, tante tecnologie sono possibili in Far Est perchè le regole
che si applicano li, non sono le regole che si applicano qui. Punto.
Ad esempio:
Al costo dell'anodizzazione qui in Italia, compero il prodotto finito
in China (anodizzato ovvio, e si parla di un moschettone assemblato e
spedito e daziato).
Non posso immaginare che nel Nord Est non ci sia un pirla capace di
fare l'anoddizzazione a prezzi competitivi con il cinese. Non lo credo.
Do per certo, che le regole siano diverse. A me i suggerimenti sentiti
da una ditta certificata bollino verde "lei deve rivolgersi a piccole
strutture, loro posso fare meglio, non certificati non ce la facciamo"
mi fanno schifo.
...per questo ho fatto quel discorso....
Atterrando a Busan (Korea), ho visto sulla costa koreana (vista con i
miei occhi) cose che voi umani non potete nemmeno immaginare...
....posso solo immaginare....
Allora, sono contrario allo spostare tecnologia a costo zero in far
east. E nei settori dove lo spostamento NON è irreversibile, spero vi
sia una certa "difesa" etica delle industrie europee.
.....ma.....
Parliamoci chiaro: tra 5 anni, tutto il manifatturiero sarà fatto in
Far East: ottima cosa aver a che discutere con i cinesi...
...appunto. ora hanno un grosso potere di parola!
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Messaggio da Kinobi » mer ago 05, 2009 13:57 pm
ste_car ha scritto:
Kinobi ha scritto:
Parliamoci chiaro: tra 5 anni, tutto il manifatturiero sarà fatto in
Far East: ottima cosa aver a che discutere con i cinesi...
...appunto. ora hanno un grosso potere di parola!
Appunto, non mi sembra il caso di dargli ancora più potere.
Comunque, per tornare a prima, me la sono messa da parte, vendo meno
moschettoni "Made in Austria 100% incluso alluminio" e lascio l'onore,
ed il guadagno, a chi li fa fare in Cina (o Taiwan).
Au revoir.
E
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Messaggio da ste_car » mer ago 05, 2009 16:14 pm
con il mio discorso non voglio dire "facciamo tutto in cina e dintorni
e qui chissenefrega..."
pero', e tu Kinobi lo sai meglio di me forse, per gli acquirentii
dell'attrezzatura alpinistica, almeno qui da noi in Italia, è sempre e
comuque tutto caro (montura a parte perchè di quella sembra che la
gente non veda mai i prezzi o le differenze.....). a volte sembra che
si voglia la botte piena (prezzi stracciati sempre) e la moglie ubriaca
(solo roba made in Italy da italiani). non è purtroppo possibile.
Da me vengono e mi fanno gli esempi di Report (la famosa trasmissione
di rai3) che fa vedere La tal marca di moda che fa le borse in cina a
3dollari e le rivende qui a 300EUR. quindi chiedono sconti su sconti
sempre perchè pensano che noi paghiamo la roba un c***o e la rivendiamo
col 300% di ricarico minimo.....
GENTE.... NON E' COSI' nell'outdoor purtroppo. e dico purtroppo per
tutti....
poi è vero anche, che alcuni mantengono gli stessi prezzi sia col made
in cina che col made in canada (ad esempio), magari stesso identico
articolo. ma NON generalizziamo.
sono io il primo che non vorrebbe il made in china, ma sono anche il
primo che se lo tiene, se lo compra e in un certo senso se lo accetta.
abbiamo (primo mondo) fatto i fighi anni fa.... ottimo. ora raccogliamo
quello che abbiamo seminato.
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preciso ordine"
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Messaggio da ste_car » mer ago 05, 2009 16:19 pm
perchè la VW golf costa 35.000EUR e va bene. ce la compriamo e non
diciamo nulla, ma la giacca, il camelot, la scarpetta e la fettuccia
sono sempre e comunque cari e li vogliamo sempre a meno. eccheccazzo!
scusate lo sfogo. e chi di dovere se vuole cancellare il tutto puo'
farlo.
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skibridge1
May 3 2012, 12:19 AM
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi ( per non parlare dei prodotti taroccati). Come
possiamo fidarci che i prodotti Nikon (anche di alta fascia)
provenienti dalla Cina, rispettino gli standar di qualit e di
accuratezza d'assemblaggio, quando la stragrande maggioranza del "made
in China" lascia molto a desiderare?
Skibridge1
MrFurlox
May 3 2012, 12:23 AM
QUOTE(skibridge1 @ May 3 2012, 01:19 AM) *
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi ( per non parlare dei prodotti taroccati). Come
possiamo fidarci che i prodotti Nikon (anche di alta fascia)
provenienti dalla Cina, rispettino gli standar di qualit e di
accuratezza d'assemblaggio, quando la stragrande maggioranza del "made
in China" lascia molto a desiderare?
Skibridge1
che i prodotti top provenienti dalla cina siano scadenti tutto da
dimostrare .... un' azienda seria ( come ritengo nikon ) controlla la
sua linea produttiva rispettando certi standard dovunque avvenga la
produzione
Marco
alvisecrovato
May 3 2012, 12:33 AM
Ciao, concordo in pieno con Mr Furlox.
I cinesi poi hanno dimostrato nella storia che quando si mettono a fare
le cose bene le fanno bene bene.
FZFZ
May 3 2012, 01:02 AM
QUOTE(skibridge1 @ May 3 2012, 01:19 AM) *
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi ( per non parlare dei prodotti taroccati). Come
possiamo fidarci che i prodotti Nikon (anche di alta fascia)
provenienti dalla Cina, rispettino gli standar di qualit e di
accuratezza d'assemblaggio, quando la stragrande maggioranza del "made
in China" lascia molto a desiderare?
Skibridge1
I prodotti top di gamma arrivano dal Giappone.
E comunque le linee produttive in Cina rispettano ampiamente gli
standard qualitativi della Nikon.
Che il Made in China sia scadente oramai una leggenda metropolitana.
Almeno per le linee ufficiali di aziende serie....
gianfranco357
May 3 2012, 03:39 AM
QUOTE(FZFZ @ May 3 2012, 02:02 AM) *
I prodotti top di gamma arrivano dal Giappone.
E comunque le linee produttive in Cina rispettano ampiamente gli
standard qualitativi della Nikon.
Che il Made in China sia scadente oramai una leggenda metropolitana.
Almeno per le linee ufficiali di aziende serie....
vivo in Usa e gran parte di tutti i prodotti tecnologici venduti in
questo paese sono prodotti in Cina con specifiche produttive che
vengono fornite dalle case madre ovunque siano, dagli obiettivi ai
corpi macchina dagli amplificatori ai videoproiettori .
l'importante e' che il fornitore abbia seri controlli di qualita in
quel paese dopofiche la qualita' dei prodotti e' assicurata .
i prodotti scadenti sono in gran parte costriuti da produttori cinesi
che non hanno parametri qualitativi sufficentemente validi .
Nikon sicuramente non fa parte di questi .
Gianfranvo
Cesare44
May 3 2012, 07:57 AM
la Cina, quando vuole, ha le competenze per produrre tecnologia ad alto
contenuto qualitativo, e sicuramente Nikon controlla tutta la filiera
produttiva prima di mettere un commercio un qualsiasi prodotto con il
suo marchio.
C' da dire che fino ad oggi, come gi riferito da FZFZ, i prodotti Nikon
top di gamma, sono ancora made in Japan.
ciao
francesco spighi
May 3 2012, 08:00 AM
QUOTE(skibridge1 @ May 3 2012, 01:19 AM) *
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi
Fattelo dire da un ingegnere che con i cinesi ci lavora, ahilui,
365giorni l'anno: il problema della roba cinese dipende da chi fa il
controllo di qualit. La BMW ci produce anche i motori di alcune moto,
eppure sono i migliori in assoluto.
La Apple fa fare tutto alla Foxon, che cinese ed ha una roba tipo 1,5
milioni di dipendenti. 400000 a Shenzhen, di fronte ad HK. Eppure
sembra che meglio dell'aifon o dell'aipad non ci sia nulla! wink.gif
GOditi la tua attrezzatura, e non te la menare sulla sua provenienza.
Io ho un fantastico 16-35 made in japan che ha una resa ai bordi
asimmetrica... :\
Antonio Canetti
May 3 2012, 08:24 AM
della qualit cinese non la metto indubbio soprattutto per i prodotti
progettati da marchi esteni dalla Cina, sono solo degli esecutori la
qualit dipende dal committente e non dal costruttore finale, quello che
mi preoccupa invece il problema Politco/Economico, ormai in occidente
tutto quello che compriamo costruito in Cina, ne deriva che i nostri
euro, i nostri dollari se ne vanno in Cina, ne consegue un lento
imporivemento del denaro circolante nei paesi occidentali.
Antonio
Manuel_MKII
May 3 2012, 08:28 AM
QUOTE(cexco @ May 3 2012, 09:00 AM) *
Fattelo dire da un ingegnere che con i cinesi ci lavora, ahilui,
365giorni l'anno: il problema della roba cinese dipende da chi fa il
controllo di qualit. La BMW ci produce anche i motori di alcune moto,
eppure sono i migliori in assoluto.
La Apple fa fare tutto alla Foxon, che cinese ed ha una roba tipo 1,5
milioni di dipendenti. 400000 a Shenzhen, di fronte ad HK. Eppure
sembra che meglio dell'aifon o dell'aipad non ci sia nulla! wink.gif
GOditi la tua attrezzatura, e non te la menare sulla sua provenienza.
Io ho un fantastico 16-35 made in japan che ha una resa ai bordi
asimmetrica... :\
E con che logica allora la fascia pro delle ammiraglie e delle ottiche
top hanno scritto sotto made in japan?
Se fosse davvero tutto uguale, anche in giappone potrebbero produrre
D700 o D3100 e magari in cina anche le D3s.
Non e' quantomeno strano che le linee produttive siano molto ben
differenziate su questi tipi di prodotto con target differente?
francesco spighi
May 3 2012, 08:49 AM
QUOTE(Manuel_MKII @ May 3 2012, 09:28 AM) *
Se fosse davvero tutto uguale, anche in giappone potrebbero produrre
D700 o D3100 e magari in cina anche le D3s.
Non e' quantomeno strano che le linee produttive siano molto ben
differenziate su questi tipi di prodotto con target differente?
Beh, certo che qualche differenza c'. Come c' differenza fra le
semi-pro che le montano su linee automatizzate, e le pro che le montano
a mano.
Diciamo che ci sono comunque anche differenze non legate strettamente
alla qualit:
- prestigio (se su una "pro" ci scrivi made in china sei finito.
Risparmi in produzione ma ti dai una zappata sui piedi a livello
commerciale)
- Nuove tecnologie: i cinesi copiano. Gli si fa produrre solo prodotti
di fascia bassa o fasce alte (tipo il 50 AFS) ma con tecnologie
"assodate". Specie quando in gioco c' la meccanica o l'letromeccanica,
e non solo il SW.
Per, ti ripeto, il mio 16-35 made in japan ed ha una resa molto pi
schifosa del 50one 1,4 made in china! wink.gif
Manuel_MKII
May 3 2012, 08:53 AM
QUOTE(cexco @ May 3 2012, 09:49 AM) *
Per, ti ripeto, il mio 16-35 made in japan ed ha una resa molto pi
schifosa del 50one 1,4 made in china! wink.gif
Beh dai....la perfezione non e' di questo mondo....nemmeno dio e' nato
in Giappone ehehhehe
Scherzi a parte, puo' essere frutto di un progetto sbagliato o un
difetto di costruzione/assemblaggio nel tuo obbiettivo specifico
secondo te?
grazianoguerini
May 3 2012, 08:59 AM
QUOTE(cexco @ May 3 2012, 09:49 AM) *
...il mio 16-35 made in japan ed ha una resa molto pi schifosa del
50one 1,4 made in china! wink.gif
E' un falso, lo han fatto in Cina in una fabbrica di bicchieri e ci han
scritto made in japan messicano.gif
A parte gli scherzi, le lenti pro le fanno in giappone e ci possiamo
fidare (ne ho tre, tra l'altro tutte import, e sono
perfettissime....cacchio, fatemi toccare! biggrin.gif ), mentre le made
in China, tipo il mio 50ino 1.8, sono economiche e se la cavano
bene....dov' il problema con Nikon?! biggrin.gif
francesco spighi
May 3 2012, 08:59 AM
QUOTE(Manuel_MKII @ May 3 2012, 09:53 AM) *
Scherzi a parte, puo' essere frutto di un progetto sbagliato o un
difetto di costruzione/assemblaggio nel tuo obbiettivo specifico
secondo te?
Dalle foto che ho visto nel club della D800 non mi pare ce ne siano
altri che vanno cos male. Poi strano, solo sul bordo destro...mah.
Antonio Canetti
May 3 2012, 09:12 AM
QUOTE(Manuel_MKII @ May 3 2012, 09:28 AM) *
Non e' quantomeno strano che le linee produttive siano molto ben
differenziate su questi tipi di prodotto con target differente?
la qualit dipende dal committente che da le direttive di come costruire
il prodotto e dai relativi controlli che il commitente esegue, i
contratti tra commitente e produttore sono molto severi (non giocano,
fanno bussiness) dove chi sgarra paga da ambedue le parti il
committente trova tutte le scuse per pagare di meno e costruttore fa di
tutto che questo non accade.
un esempio: una mia amica faceva la magliaia e aveva contatto dei
cinesi per eseguire una serie di maglion,i fanno tutti gli accordi per
la produzione e diedero anche il campione fatta dalla mia amica di come
doveva essere il maglione finale, bene i cinesi eseguirono cosegnarono
i maglioni, l mia amica quando controllo il lavoro consegnato noto che
c'ra u n piccolo difetto e protesto con il laboratorio cinese, questi
non accettarono il reclamo perche quel piccolo difetto era nel maglione
campione e loro lo riprodussero tutti i maglioni, i maglioni erano
confermi al maglione campione.
questo un piccolo esempio su un semplice maglione figuriamoci su
prodotti ad alta tecnologia d'altronde stiamo parlando di Grandi Marchi
e cinesi ci tengono a fare un ottima figura verso l'occidente e
rispettano i Grandi Marchi, mentre tutto un altro discorso loro
produzione locale fatte con le loro norme e proposta in occidente, qua
l'attenzione deve essere elevata da parte degli organi di Stato e dal
singolo cittadino.
Antonio
Manuel_MKII
May 3 2012, 10:03 AM
Se si delocalizza per contenere i costi va da se che anche la qualita'
della manodopera sara' differente.
Qualcuno prima ha scritto che c'e la BMW che fa costruire i motori di
alcune moto in cina....pero' poi perche' le moto le assembla in
germania?
Un conto e' da dove arriva un pezzo, l'altro e' dove lo assembli
perche' e' in quest'ultimo stabilimento che puoi decidere se montare o
no un pezzo che pensi possa essere piu' o meno difettoso.
Perche' Nikon non fa lo stesso sui prodotti di fascia piu' economica,
ossia si fa costruire i componenti altrove dove costa meno e li
assembla negli sbabilimenti in giappone lasciando oltretutto un bel
made in japan stampato sui suoi prodotti?
Fino a un decennio fa riusciva ad assemblare tutto in casa propria e
non credo che tutti tutti tutti i componenti siano sempre stati
fabbricati in Giappone anche allora.
ANTERIORECHIUSO
May 3 2012, 10:43 AM
Made in China, made in Japan, che problema c'e', tanto il prezzo e'
sempre alla made in Japan, quello non lo delocalizzano!!!!!! dry.gif
Antonio Canetti
May 3 2012, 10:49 AM
QUOTE(Manuel_MKII @ May 3 2012, 11:03 AM) *
Se si delocalizza per contenere i costi va da se che anche la qualita'
della manodopera sara' differente.
.
scusa Manuel, ma dipende dalla formazione che il committente richiede,
molto spesso, chi decolizza manda personale qualificato a formare il
personale locale, e una volta formato credo che non ci siano molte
diferenze tra personale di differenti nazionalit.
Antonio
QUOTE(ANTERIORECHIUSO @ May 3 2012, 11:43 AM) *
Made in China, made in Japan, che problema c'e', tanto il prezzo e'
sempre alla made in Japan, quello non lo delocalizzano!!!!!! dry.gif
parzialmente!!
Antonio
robermaga
May 3 2012, 02:29 PM
Il problema non solo il produrre in Cina Thailandia o Giappone, un
problema pure la qualit complessiva dell'oggetto e in particolare la
sua costruzione: prendete un AIS 50 f1,2, ma pure un 50 1,4 o
addirittura il vecchio AI 50 f2 e confrontatelo con un qualsiasi
attuale 50. Per non parlare di vere e proprie perle costruttive come
gli AIS 85 f1,4 e 135 f2: costruzione impeccabile, resa impeccabile e
forma da vera opera d'arte. Quelli di oggi se li sognano....
Ciao
Roberto
Antonio Canetti
May 3 2012, 02:55 PM
QUOTE(robermaga @ May 3 2012, 03:29 PM) *
Il problema non solo il produrre in Cina Thailandia o Giappone,...
....costruzione impeccabile, resa impeccabile e forma da vera opera
d'arte. Quelli di oggi se li sognano....
se il progetto dice plastica...il costruttore finale non mette
certamente ottone!!
economizzare, economizzare, economizzare!!
le opere d'arte, si pagano.
Antonio
robermaga
May 3 2012, 02:57 PM
QUOTE(Antonio Canetti @ May 3 2012, 03:55 PM) *
se il progetto dice plastica...il costruttore finale non mette
certamente ottone!!
economizzare, economizzare, economizzare!!
le opere d'arte, si pagano.
Antonio
Hai ragione Antonio, ma io ho una certa et.... e la penso cos!
tongue.gif
Ciao
R.
aleme
May 3 2012, 04:08 PM
QUOTE(Manuel_MKII @ May 3 2012, 09:28 AM) *
E con che logica allora la fascia pro delle ammiraglie e delle ottiche
top hanno scritto sotto made in japan?
Se fosse davvero tutto uguale, anche in giappone potrebbero produrre
D700 o D3100 e magari in cina anche le D3s.
Non e' quantomeno strano che le linee produttive siano molto ben
differenziate su questi tipi di prodotto con target differente?
forse volevi dire D7000, la D700 Jap wink.gif
Alessandro
cranb25
May 3 2012, 05:05 PM
QUOTE(robermaga @ May 3 2012, 03:29 PM) *
Il problema non solo il produrre in Cina Thailandia o Giappone, un
problema pure la qualit complessiva dell'oggetto e in particolare la
sua costruzione: prendete un AIS 50 f1,2, ma pure un 50 1,4 o
addirittura il vecchio AI 50 f2 e confrontatelo con un qualsiasi
attuale 50. Per non parlare di vere e proprie perle costruttive come
gli AIS 85 f1,4 e 135 f2: costruzione impeccabile, resa impeccabile e
forma da vera opera d'arte. Quelli di oggi se li sognano....
Ciao
Roberto
e purtroppo non succede solo col materiale forografico ma con tutto!
marce956
May 3 2012, 07:49 PM
QUOTE(FZFZ @ May 3 2012, 02:02 AM) *
...E comunque le linee produttive in Cina rispettano ampiamente gli
standard qualitativi della Nikon.
Che il Made in China sia scadente oramai una leggenda metropolitana.
Almeno per le linee ufficiali di aziende serie....
Quoto al 100% Pollice.gif ...
Gian Carlo F
May 3 2012, 09:11 PM
QUOTE(skibridge1 @ May 3 2012, 01:19 AM) *
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi ( per non parlare dei prodotti taroccati). Come
possiamo fidarci che i prodotti Nikon (anche di alta fascia)
provenienti dalla Cina, rispettino gli standar di qualit e di
accuratezza d'assemblaggio, quando la stragrande maggioranza del "made
in China" lascia molto a desiderare?
Skibridge1
Scusa se te lo dico, anche se qu il discorso un po' diverso, mi sembra
di tornare alla fine degli anni 60 / inizio anni 70 quando in molti
guardavano schifati le Nikon, Canon, Asahi Pentax, Topcon, ecc. perch
costruite in Giappone e non in Germania.... poi il tempo ha fatto s che
Cosina comprasse il marchio Zeiss.... Yashica Contax e cos via...
I cinesi sono in grado di produrre qualsiasi cosa e nel migliore dei
modi possibili: sono un popolo giovane, intelligente, saggio, con quel
bricciolo di fame nelle ossa che li fa essere intraprendenti...
Se noi italiani avessimo solo met di quelle doti non saremmo ridotti in
questo stato penoso (mi riferisco alla nostra situazione economica).
Recentemente ho acquistato molti prodotti fotografici cinesi: anelli
adattatori, paraluce, trigger, filtri, battery pack, custodie , ecc. e
ti assicuro che, nonostante li abbia pagati 10 volte meno che i
giapponesi, erano tutti di buona/ottima qualit.
Mdzone
May 6 2012, 10:58 AM
Concordo con Gian Carlo... nel mio piccolo ho acquistato un treppiedi
Benro in carbonio recentemente. Quindi marca cinese, made in China, su
ebay da rivenditore cinese... ebbene qualit ottima (chiaramente non a
prezzi stracciati ma cmq concorrenziali), velocit allucinante di
spedizione e cortesia al top del venditore con tanto di biglietto di
ringraziamenti scritto di pugno (e trattasi di un venditore da migliaia
di spedizioni!!!). Quindi metabolizziamo il fatto che gli ex "paesi
emergenti" sono ormai emersi da un bel p e piuttosto preoccupiamoci che
Nikon mantenga ai livelli a cui siamo abituati la qualit dei suoi
prodotti. Ciao a tutti
MaxIrato
May 6 2012, 02:06 PM
E' un falso problema.
E' talmente un falso problema che non capisco se si tratti di una
provocazione (a me personalmente le provocazioni spesso piacciono) o se
davvero lo pensi veramente.
Della qualit dei prodotti Nikon ne possiamo parlare, ovviamente da
Nikonista trovo pi pregi che difetti.
Il punto non se il prodotto viene costruito in Cina, Thailand o Japan,
certo, se c' un problema specifico come in questo esatto momento stato
riscontrato in alcune batterie per D7000-D800 e Nikon 1 una cosa che pu
accadere in qualsiasi stabilimento a cui fanno tempestivamente rimedio.
Se il prossimo problema ed anche quello seguente e quello seguente
ancora si perpetua sempre nello stesso stabilimento forse il sospetto
che ci sia qualche cosa da "avvitare" nel controllo qualit e nella
catena produttiva di quello specifico stabilimento ci deve essere,
sostituiranno il responsabile ecc... ma questo indipendentemente dal
paese in qui si verifica.
Se per ipotesi in tutte le macchine dalla D3000 alla D4 dopo qualche
anno si scolla il rivestimento in gomma in percentuali importanti non
un problema di stabilimento ma di soluzione realizzativa al progetto,
quindi una carente qualit del prodotto Nikon in genere e non dal luogo
ove stato fabbricato.
Poi che i prodotti di pi alto profilo vengano realizzati in Japan e non
in altri luoghi anche vero ma pi per un discorso di struttura gi
consolidata per controllo qualit ed altri tecnicismi pi che per il
paese in se.
Anche Apple produce i suoi prodotti in varie parti del mondo ma la
qualit uniforme indipendentemente da dove il prodotto sia stato
assemblato.
Sarebbe come dire che se acquisti una Mercedes (o Lexus o qualsiasi
altra marca di prestigio) varia la qualit della vettura se l'operaio
che ha montato il motore o qualsiasi altro componente fosse magrebino,
peruviano o italiano.
zonaradioattiva
May 8 2012, 09:31 AM
QUOTE(Mdzone @ May 6 2012, 11:58 AM) *
Concordo con Gian Carlo... nel mio piccolo ho acquistato un treppiedi
Benro in carbonio recentemente. Quindi marca cinese, made in China, su
ebay da rivenditore cinese... ebbene qualit ottima (chiaramente non a
prezzi stracciati ma cmq concorrenziali), velocit allucinante di
spedizione e cortesia al top del venditore con tanto di biglietto di
ringraziamenti scritto di pugno (e trattasi di un venditore da migliaia
di spedizioni!!!). Quindi metabolizziamo il fatto che gli ex "paesi
emergenti" sono ormai emersi da un bel p e piuttosto preoccupiamoci che
Nikon mantenga ai livelli a cui siamo abituati la qualit dei suoi
prodotti. Ciao a tutti
anch'io acquisto periodicamente in cina da produttori cinesi e con
marchi loro....
sulla qualita' non mi sento proprio di discutere.... tutta ottima merce
affidabile e di ottima costruzione
velocita' sulle consegne....e cortesia....(cosa ormai obsoleta da noi)
per i prezzi diciamo circa la meta' ma forse meno della loro
controparte japan o europea
....
per quanto riguarda qualita' nikon??
bha' io avrei molto da dissentire e' vero che tutto non e' eterno.....
ma prendiamo un 18-55 vr....quello che danno in dotazione kit con i
corpi macchina entry level tipo d 3000-3100......
concordo che non sia eccelso.....anzi.....ma all'inizio permette ad un
amatore di poter fare foto decenti...
bene questi obiettivi hanno tutti la baionetta in plastica che dopo 2
dico 2 volte che lo levi inizia a fare un po' di ricciolo strusciando
con il corpo macchina....levi il ricciolo perche'altrimenti non si
blocca...e puntualmente dopo un po' si riforma...e alla fine si rompe
l'innesto.....ora io non discuto sulla qualita' delle immagini.... ma
che dopo poco mi rimanga in mano ....mi fa' girare un po' le P...E
....stessa storia quando sono passato alla piu' sofisticata D7000...con
18-105
ora non tutti si possono permettere obiettivi pro...e cmq circa 100 �
per un 18-55 non sono pochi...
se dio ne guardi mi si rompe e lo spedisco in LTR mi fanno un
preventivo che mi metto a piangere
...ora questa non e' ne qualita' ne serieta'.......
tempo fa' acquistai un 50 f/1.4 Ai-s completamente manuale a circa 60�
TIPO QUESTO......ci puoi passare sopra con un carroarmato
questa per me e' qualita' poi fate voi
Antonio Canetti
May 8 2012, 10:01 AM
QUOTE(zonaradioattiva @ May 8 2012, 10:31 AM) *
....
per quanto riguarda qualita' nikon??
...ora questa non e' ne qualita' ne serieta'.......
ma in questo caso non dipende dal costruttore cinese, ma dal
committente che dice se usare plastica o no e che qualit di materiale.
Antonio
grazianoguerini
May 8 2012, 10:07 AM
c' crisi e bisogna vendere....se ci che compri dura in eterno, dov' il
guadagno per l'azienda? smile.gif
E non dicano che non c' alternativa per via dei costi, perch se appunto
i vecchi modelli costavano cos ed erano in metallo.....
Ma che vuoi farci, o li boicotti e non fai foto, o prendi quel che c',
almeno finch non hai i soldi per una Leica o Hasselblad e degli Zeiss
smile.gif
sicuramente li prender sempre al prezzo pi basso possibile, quindi
import forever!
Patrizio Gattabria
May 8 2012, 10:27 AM
QUOTE(skibridge1 @ May 3 2012, 01:19 AM) *
Siamo passati da un confortante "made in Japan" a un preoccupante "made
in Thailand", fino a un deprimente "made in China". Per ora ci che
proviene dalla Cina (dalle auto, ai cellulari,
a varie tecnologie) qualitativamente scadente rispetto a ci che
proviene da altri paesi ( per non parlare dei prodotti taroccati). Come
possiamo fidarci che i prodotti Nikon (anche di alta fascia)
provenienti dalla Cina, rispettino gli standar di qualit e di
accuratezza d'assemblaggio, quando la stragrande maggioranza del "made
in China" lascia molto a desiderare?
Skibridge1
Non penso possa essere sempre vero, ed in molti casi bisogna fari dei
'distinguo'..
.....possono esserci anche prodotti made in Japan' non all'altezza del
prezzo e delle caratteristiche..
come anche prodotti 'made in China' ottimi....
...cito due esempi di oggetti, Made in China, da me posseduti: il 50mm
Af Nikkor D ( una 'spada'..al punto tale che bisogna stare attenti a
'non tagliarsi'!! laugh.gif )e un cellulare HTC HD2 che di una qualit
inimmaginabile, e confrontato, sempre al mio i-phone, non certo
inferiore..
Un saluto
Patrizio
Max2012
May 8 2012, 11:39 AM
Nikon, Canon, reebok, adidas, louis vuitton, prada, bmw, sony, lacoste,
lego....devo continuare?
fosse solo nikon smile.gif
A mio avviso non cambia nulla, se la casa madre fa rispettare gli
standard qualitativi.
E' questo il vero problema, gli standard qualitativi sono sempre pi
bassi e non per colpa di chi materialmente produce l'oggetto...
Nickfuji
May 8 2012, 01:40 PM
Certo che htc e iPhone hanno la stessa qualita' anche Apple produce in
Cina.......
VOGLIO_IL_TREDICI
May 8 2012, 07:57 PM
Concordo pienamente con chi ha sottolineato che NOI paghiamo il made In
China, e per made in China (non nascondiamoci dietro un dito) vogliamo
intendere costruito in maniera approssimativa e con materiali scadenti,
e lo paghiamo per un Made In Japan...ma potrebbe essere anche made in
Germany o made in Italy.
Non giudico il paese, giudico chi commissiona e chi importa dal paese.
Giudico chi vende nel 2012 il solito prodotto del 1972 (per esempio un
ottica 50mm), lo fa pagare in rapporto il solito prezzo del 72, ma il
livello di qualit abissale. St cercando di riparare un 18-135mm, mi
sono detto, ne cerco uno rotto sulla baia e di 2 ne faccio
uno...risultato? una valanga di 18-135 con il solito problema, tutti
rotti. C' qualcosa che non va. Quotidianamente leggo sul forum di
utenti che si lagnano di vari pacchi batteria che non escono dalle
fotocamere (fascia alta), di utenti che portano ottiche all'assistenza
e si sentono dire che il costo di riparazione sorpassa quello di
acquisto, di ottiche cadute da 50 cm che si sfracellano
irrimediabilmente, eserciti di baionette di plastica che si
sbriciolano.
La Cina f quello che gli chiediamo.
Stiamo assistendo ad una involuzione industriale, passivamente, come se
fosse un assunto...oramai cos
A me non piace, mi aggiungo al coro di chi si "lagna"
Amedeo-La Spezia
Patrizio Gattabria
May 8 2012, 08:31 PM
QUOTE(Nickfuji @ May 8 2012, 02:40 PM) *
Certo che htc e iPhone hanno la stessa qualita' anche Apple produce in
Cina.......
Sicuramente!!..ma non per questo sono scadenti!.. per non parlare poi,
e l'avevo gi scritto, del 50mm Nikkor D f1,8 rapporto
qualit(eccezionale)/prezzo imbattibile, prodotto anch'esso in Cina?
Patrizio
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Forum NikonClub.it > PRODOTTI NIKON > OBIETTIVI Nikkor
Pagine: 1, 2
a_deias
Feb 8 2017, 09:14 AM
Ottica dalle prestazioni stellari, 2500 euro, tanti ma non cos tanti se
rapportati alle prestazioni.
Per ... per ... made in China ...
Cosa ne pensate?
1Ale82
Feb 8 2017, 11:44 AM
Prezzo aumentato di molto , fatto in plastica e con costi di produzione
abbattuti... saranno contenti gli azionisti!
t_raffaele
Feb 8 2017, 12:21 PM
QUOTE(a_deias @ Feb 8 2017, 09:14 AM) *
Ottica dalle prestazioni stellari, 2500 euro, tanti ma non cos tanti se
rapportati alle prestazioni.
Per ... per ... made in China ...
Cosa ne pensate?
Il made in China, non dovrebbe pi fare testo. Fanno tutto loro, e non
sempre detto che lo facciano male.
L'incidente alla centrale nucleare che, ancora oggi sta dando grossi
problemi, potrebbe essere uno dei validi motivi.
Insomma, se funziona bene ed ben costruito, sempre un prodotto nikon.
Saluti@Cordialit
Antonio Canetti
Feb 8 2017, 01:13 PM
QUOTE(a_deias @ Feb 8 2017, 09:14 AM) *
Cosa ne pensate?
dal punto di vista tecnico, non dovrebbero esserci problemi, le
specifiche sono dettate dalla Nikon, perci il luogo dove viene
fabbricato non ha importanza. (ma gli AI-S made in Japan, un altra
atmosfera o sensazione)
dal punto di vista finanziario e politico si potrebbe parlare tanto, ma
non questa la sede per questi argomenti.
Antonio
t_raffaele
Feb 8 2017, 01:39 PM
QUOTE(Antonio Canetti @ Feb 8 2017, 01:13 PM) *
dal punto di vista tecnico, non dovrebbero esserci problemi, le
specifiche sono dettate dalla Nikon, perci il luogo dove viene
fabbricato non ha importanza. (ma gli AI-S made in Japan, un altra
atmosfera o sensazione)
dal punto di vista finanziario e politico si potrebbe parlare tanto, ma
non questa la sede per questi argomenti.
Antonio
Pollice.gif wink.gif
Banci90
Feb 8 2017, 01:58 PM
Per quanto ne so il paese di fabbricazione non incide sulla qualit
dell'ottica..
pes084k1
Feb 8 2017, 02:02 PM
QUOTE(Andrea_Bianchi @ Feb 8 2017, 01:58 PM) *
Per quanto ne so il paese di fabbricazione non incide sulla qualit
dell'ottica..
La messa a punto e il QC generale ne soffrono.
A presto telefono.gif
Elio
umbertomonno
Feb 8 2017, 02:09 PM
Per me conta eccome...
I tedeschi scrivevano sui loro prodotti "Made West Germany".. chiss
perch? wink.gif
1berto
federico777
Feb 8 2017, 02:22 PM
E continuano a scriverlo ancora, senza il "west" ovviamente biggrin.gif
lexio
Feb 8 2017, 02:48 PM
La storia vecchia di decenni, far fare un prodotto in Italia con le
specifiche adatte ed essere sicuri che fosse perfetto, o farne fare 10
in China e poi selezionare il migliore che rispondesse alle
caratteristiche e buttare il resto, costava meno gi 20 anni fa su tanti
oggetti. Credo che lo stesso si possa dire per la produzione
giapponese.
sarogriso
Feb 8 2017, 02:57 PM
QUOTE(a_deias @ Feb 8 2017, 09:14 AM) *
Ottica dalle prestazioni stellari, 2500 euro, tanti ma non cos tanti se
rapportati alle prestazioni.
Esatto, anche per me 2500 sono pochi e io alzerei ancora di un 50%,
ragazzi non possiamo pretendere che il nebbione allo zolfo ce lo
facciano a gratis per cui io direi comperare tutto made in China in
modo da incentivare ulteriormente "il trattamento",
qualche anno fa girava la voce di grossissimi investimenti cinesi nel
mondo delle energie rinnovabili e lotta all'inquinamento che poi per
fortuna si rilevata solo una mossa di mascheratura e quindi il "fumo
giallo" ha continuato a salire imperterrito ed espandersi un po' di qua
e un po' di la,
per non parlare dei giocattoli per i nostri bimbi piccoli,
consigliatissimi come pure i vestitini.
.............^@�*[#+]........ ph34r.gif
giulysabry
Feb 8 2017, 03:13 PM
Che le norme anti-inquinamento ecc.... in Cina boh? Poi ci sono
prodotti e prodotti,se compri ,iPhone o Win o Android li fanno tutti
la,oppure Benro che fa ottimi tripod al giusto prezzo.
Giuliano
lupaccio58
Feb 8 2017, 04:27 PM
QUOTE(Andrea_Bianchi @ Feb 8 2017, 01:58 PM) *
Per quanto ne so il paese di fabbricazione non incide sulla qualit
dell'ottica..
No, ma incide di molto sulla quantit di money che va in tasca al
produttore. Nulla di male, per carit, ma per quale motivo tu produttore
risparmi il 70% sulla manodopera mentre io consumatore vado a pagare
una roba del genere 2500 euro? E' questa la madre di tutte le
domande....
marmo
Feb 8 2017, 04:36 PM
QUOTE(lupaccio58 @ Feb 8 2017, 04:27 PM) *
No, ma incide di molto sulla quantit di money che va in tasca al
produttore. Nulla di male, per carit, ma per quale motivo tu produttore
risparmi il 70% sulla manodopera mentre io consumatore vado a pagare
una roba del genere 2500 euro? E' questa la madre di tutte le
domande....
Per i prodotti come fotocamere, cellulari, pc automobili etc il prezzo
non direttamente proporzionale ai costi ma viene dal mercato.
Un'auto che a listino costa 50.000 non costa al produttore il doppio
del modello che lo stesso produttore vende a 25.000
Lo stesso dicasi per una casa costruita in una grande citt oppure in
provincia
Banci90
Feb 8 2017, 04:48 PM
QUOTE(lupaccio58 @ Feb 8 2017, 04:27 PM) *
No, ma incide di molto sulla quantit di money che va in tasca al
produttore. Nulla di male, per carit, ma per quale motivo tu produttore
risparmi il 70% sulla manodopera mentre io consumatore vado a pagare
una roba del genere 2500 euro? E' questa la madre di tutte le
domande....
Allora il problema non sta nell'obiettivo, il quale rimane ottimo, ma
nella politica commerciale Nikon.. Purtroppo..
Cesare44
Feb 8 2017, 05:23 PM
QUOTE(a_deias @ Feb 8 2017, 09:14 AM) *
Ottica dalle prestazioni stellari, 2500 euro, tanti ma non cos tanti se
rapportati alle prestazioni.
Per ... per ... made in China ...
Cosa ne pensate?
provato una mezzora ad un Nikon day, sicuramente un'ottima
realizzazione sotto l'aspetto ottico, ma 2500 � sono veramente tanti.
my two cents
ciao
Mauro Villa
Feb 8 2017, 06:27 PM
Accidenti sti cinesi, sono capaci solo di fare cinesate, che importate
in Italia e non solo, e marchiate a modo vengono stravendute a prezzi
esorbitanti dalle grandi case di moda.
Accidenti a sti cinesi che hanno una storia millenaria ed hanno
inventato quasi tutto prima di noi ma mangiano i cani.
E poi ci vendono di tutto celluari pc tv insomma ogni sorta di
elettrodomenstico e non solo e noi compriamo di tutto da loro, am gli
obiettivi no quelli sono sacri e devono essere rigorosamente made in
japan, anche i tedeschi; al massimo made in canada per i leitz.
Anche a me danno fastidio le ottiche made in china poi mi ricordo del
periodo in cui in Cina ci ho vissuto e lavorato( Nanchino), in officina
con gli operai cinesi tutti con la medesima tuta verde, vi assicuro,
per quello che valgono le mie parole, che gente molto collaborativa e
disponibile l'importante farsi apprezzare, personalmente lavoravo con
loro anche senza interprete e non ho mai avuto problemi, questi ricordi
mi fanno apprezzare le mie ottiche "gialle".
Ho avuto modo di rimpinagere i cinesi quando ho dovuto lavorare negli
Usa, sempre nelle stesse condizioni, in officina.
Comunque concordo che il made in cina dovrebbe portare dei vantaggi
anche al consumatore finale visti i costi realmente minori della
manodopera cinese ma cos non , forse i costi lievitano nel viaggio
messicano.gif
pes084k1
Feb 8 2017, 06:32 PM
QUOTE(lexio @ Feb 8 2017, 02:48 PM) *
La storia vecchia di decenni, far fare un prodotto in Italia con le
specifiche adatte ed essere sicuri che fosse perfetto, o farne fare 10
in China e poi selezionare il migliore che rispondesse alle
caratteristiche e buttare il resto, costava meno gi 20 anni fa su tanti
oggetti. Credo che lo stesso si possa dire per la produzione
giapponese.
Il Voigtlander Ultron 50/2 degli anni '50 aveva ottiche speciali (che
non sono ingiallite!) e tolleranze talmente ristrette che la resa
produttiva era del 10% per gruppo. I due semi-Gauss erano fatti
separatamente (e smontabili dall'utente) per ridurre gli scarti e
manutenere diaframma e otturatore centrale. Se hai macchine automatiche
e scarti, lo fai un USA, Germania, Cina, Vietnam..., circa allo stesso
prezzo. Questi obiettivi a volte hanno costi elevati per i vetri (un
caso di grandi vetri con guadagni risicati l'85/1.4 AFD, al contrario
del moderno AFS) e non puoi buttarli a cuor leggero e un robot non lo
fa. Il 105/1.4, dai dati su diversi esemplari (non mi interessa il
livello prestazionale qui), ha certamente buoni vetri, ma anche un
disegno che ammette tolleranze elevate di montaggio (progetto robusto)
e ha lenti non particolarmente difficili da lavorare, poco curvate. In
Cina va bene cos, ma un 55/2.8 o un 105/2.5 o uno ZF 50/1.4 o uno ZM
25/2.8 o un Ultron 40/2 o un Leica M o un Heliar 15 o anche un Sigma
ART non lo puoi fare cos. Resta da dire che 2500 cocuzze sono tante, ma
lo ZF 100/2 (Milvus) sta l vicino a f/2 e 62 mm di attacco filtri!
Chiaramente il 105/1.4 tarabile accettabilmente da un "cinese", che
altra cosa, in peggio di un tecnico Zeiss o Cosina o Nikon stessa in
Japan.
Personalmente avrei preferito un 105/1.8 a 1200 � AF fatto bene
(meglio...) e comunque ricordo che un AF-S tra 10 anni ha il 60% di
probabilit di essere un rottame inusabile o smaltito.
A presto telefono.gif
Elio
sarogriso
Feb 8 2017, 08:33 PM
QUOTE(Mauro Villa @ Feb 8 2017, 06:27 PM) *
Anche a me danno fastidio le ottiche made in china poi mi ricordo del
periodo in cui in Cina ci ho vissuto e lavorato( Nanchino), in officina
con gli operai cinesi tutti con la medesima tuta verde, vi assicuro,
per quello che valgono le mie parole, che gente molto collaborativa e
disponibile l'importante farsi apprezzare, personalmente lavoravo con
loro anche senza interprete e non ho mai avuto problemi, questi ricordi
mi fanno apprezzare le mie ottiche "gialle".
Mauro, per li esistono due pianeti completamente diversi con da una
parte gli operai e gente comune come quelli che hai descritto e
dall'altra le potenze enormi che senza scrupoli estorcono senza
scrupoli una resa ben diversa dai ritmi europei e anche in condizioni
molto diverse,
rese che poi per puro divertimento possono venire utilizzate con buona
dose di rischio per ricoprire d'oro qualche allenatore che rientra a
Milano dalla premier league allegando un bel porcellino con dentre 1/2
miliardo di euro per qualche nuovo "idolo",
credo che lo stesso valga sulla costruzione dei nostri amati obiettivi
poi venduti a noi non certo a "tariffa cinese" cool.gif
1Ale82
Feb 8 2017, 10:43 PM
QUOTE(lupaccio58 @ Feb 8 2017, 04:27 PM) *
No, ma incide di molto sulla quantit di money che va in tasca al
produttore. Nulla di male, per carit, ma per quale motivo tu produttore
risparmi il 70% sulla manodopera mentre io consumatore vado a pagare
una roba del genere 2500 euro? E' questa la madre di tutte le
domande....
Domanda lecita ancor pi se si considera che il 105 DC costa meno della
met e immagino pi difficile (e costoso) da fabbricare.
fullerenium2
Feb 8 2017, 10:50 PM
I miei migliori clienti sono cinesi ed una cosa posso dirla, lavorano
sodo, hanno competenze pi di quanto possiate immaginare. Le normative
sul controllo ambientale stanno diventando molto pi severe ed osservano
molto cosa fanno gli altri paesi sul controllo ambientale. Inoltre sono
molto ospitali e rispettano le regole del gioco.
Molti produttori famosi producono in Cina, compreso questo iphone7 da
900 euro e pi fatto in Cina ma pensato in California.
Li vale 900 euro? Certo che no, per acceso 24H, lo uso per qualsiasi
cosa e non si pianta mai, come non si piantava il vecchio 5.
Nikon concepisce in Giappone e poi realizza in Cina. Stesso discorso di
prima. Macchine ed operatori sono stati impiantati e formati da Nikon.
Le sapiente manine piccole di qualche cinesina sa accomodare con pi
dolcezza i delicati vetri, meglio di un panzone tedesco intriso di
birra e wrstel :-P
Il prezzo lo fa il mercato non il valore intrinseco del prodotto.
Almeno su questi prodotti commerciali da negozio.
QUOTE(1Ale82 @ Feb 8 2017, 10:43 PM) *
Domanda lecita ancor pi se si considera che il 105 DC costa meno della
met e immagino pi difficile (e costoso) da fabbricare.
Ho il 105 DC che in effetti da nuovo costa la met del 1.4.
bello e piacevole, ma come resa in lpm vale esattamente la met. Non ha
la stessa definizione e in merito allo sfuocato, un 1.4 sempre un 1.4
(ed in questo caso pure gi molto definito a TA).
lupaccio58
Feb 9 2017, 07:44 AM
QUOTE(fullerenium2 @ Feb 8 2017, 10:50 PM) *
...osservano molto cosa fanno gli altri paesi sul controllo ambientale.
...gi, ma si limitano ad osservare! messicano.gif Chi stato
recentemente a Pechino ovvero Hong Kong sa benissimo che bisogna
passeggiare con i fendinebbia attaccati alle orecchie, c' una nebbia di
smog che la met basta, tre settimane da quelle parti possono essere
letali per un occidentale. A prescindere, le major come apple e nikon
producono in Cina perch in manodopera spendono un quarto di quello che
spenderebbero in patria, risparmio feroce allo stato puro, punto. Se ne
strafottono degli operai ridotti in semi schiavit (chi segue la cronaca
sa che i suicidi sono all'ordine del giorno) nella provincia di Shenzen
o similari, conta solo il profitto. Personalmente sono (anzi, ero...)
discretamente altospendente per quel che riguarda il mio hobby tuttavia
ho un grosso difetto, non mi piace essere preso per il c..o. Quindi
2500 euro per il 105 non glieli do neanche sotto minaccia armata. A
proposito, immagino abbiate visto su dxo le prestazioni dell'Art 85 f
1,4, decisamente un'altra storia. E parliamo di ottica costruita in
Giappone e per giunta con ben altri materiali. Dimenticavo, si porta a
casa a 1200 euro.... rolleyes.gif rolleyes.gif
Mauro Villa
Feb 9 2017, 09:11 AM
QUOTE(sarogriso @ Feb 8 2017, 08:33 PM) *
Mauro, per li esistono due pianeti completamente diversi con da una
parte gli operai e gente comune come quelli che hai descritto e
dall'altra le potenze enormi che senza scrupoli estorcono senza
scrupoli una resa ben diversa dai ritmi europei e anche in condizioni
molto diverse,
rese che poi per puro divertimento possono venire utilizzate con buona
dose di rischio per ricoprire d'oro qualche allenatore che rientra a
Milano dalla premier league allegando un bel porcellino con dentre 1/2
miliardo di euro per qualche nuovo "idolo",
credo che lo stesso valga sulla costruzione dei nostri amati obiettivi
poi venduti a noi non certo a "tariffa cinese" cool.gif
Saro la mia esperienza risale al 2005/6
le fabbriche occidentali erano in societ con il governo cinese e ti
posso assicurare che ben facevano rispettare mansioni e orari, lo
stipendio era chiaramente cinese. Quelli che sfruttavano i lavoratori
erano gli imprenditore cinesi che lavoravano "per noi". A Nanchino ci
ho trovato di tutto e originale compresi i modellini della Ducati.
Riguardo al calcio ti posso assicurare che allora i ragazzi in officina
mi recitavano a memoria le formazioni di Inter e Milan, riverve
comprese; credo che anche qui vinceranno loro con il giro commerciale
delle magliette, il vero problema l'inquinamento se non si daranno
regole il pianeta ne subir delle conseguenze irreversibili, sempre che
questo non sia gi avvenuto.
Che piaccia o no bisogna mettersi in testa che i cinesi sanno lavorare
bene e con qualit, in caso contrario potremmo fare la fine
dell'industria inglese rimanendo sul trono a pensare che gli altri non
siano all'altezza.
sarogriso
Feb 9 2017, 09:16 AM
QUOTE(fullerenium2 @ Feb 8 2017, 10:50 PM) *
I miei migliori clienti sono cinesi ed una cosa posso dirla, lavorano
sodo, hanno competenze pi di quanto possiate immaginare. Le normative
sul controllo ambientale stanno diventando molto pi severe ed osservano
molto cosa fanno gli altri paesi sul controllo ambientale. Inoltre sono
molto ospitali e rispettano le regole del gioco.
Punti di vista:
Uno dei tanti :
http://www.slowfood.it/scandali-pesticidi-...velena-la-cina/
fullerenium2
Feb 9 2017, 09:28 AM
QUOTE(sarogriso @ Feb 9 2017, 09:16 AM) *
Punti di vista:
Uno dei tanti :
http://www.slowfood.it/scandali-pesticidi-...velena-la-cina/
Cosa facevamo noi negli anni 70? Cosa facciamo oggi? Uguale a loro e
siamo uno stato pi piccolo e con meno abitanti. In CAMPANIA, in ABRUZZO
ed altrove, quanti scandali ci sono su falde acquifere inquinate da
impianti industriali che aversano o hanno svernato tonnellate di
scorie?
La normativa ambientale sta cambiando. Ci sono norme che diventano
sempre pi severe e stringenti. Acquistano dall'Europa analizzatori per
controllare gli inquinanti. Fino a 2 anni fa non era cos. Oggi le cose
sono gi cambiate. Non vado in Cina per turismo ma per lavoro ed osservo
e parlo con gente del posto per capire.
Riguardo il 105 anche a me non va gi il prezzo visto il costo della
manodopera specie se poi un Sigma altrettanto valido costa meno della
met. Sul mercato parallelo il Nikon costa 1800 ed il Sigma 900. Quindi
sempre di met si parla! Otticamente e costruttivamente il Sigma non
vale la met o detto in altro modo il Nikon non vale il doppio. Questo
quello che non mi va gi, non perch stato assemblato da un cinese.
a_deias
Feb 9 2017, 10:21 AM
Leggo diversi interventi piuttosto pragmatici.Certo una fabbrica in
Cina dovrebbe garantire gli stessi standard rispetto al Giappone,
magari
con personale Made in Japan a controllare il processo.
Mi domando per se i pragmatici si ritrovassero la targhetta Made in
China sul fondello della agognata D5 o su un 24-70 ....
Se non erro il 105mm l'unico f1.4 Made in China insieme al 50mm .....
Perch?
Potrei forse accettarlo,e sottolineo forse, se il prezzo fosse stato
d'attacco per un obiettivo come questo, tipo 1200 euro ....
Qui si tenta di massimizzare il profitto con poco senno ... a 2500 euro
di obiettivi ne venderanno pochi ... a che serve?
Canon produce in Giappone anche le reflex di fascia media e a Taiwan
solo le ultra economiche quando Nikon ha spostato la produzione in
Thailandia pure della D810 ....
Evidentemente se vendono di pi sono pi bravi, fanno grandi numeri e non
hanno bisogno di andare in Cina per recuperare profitti.
Canon ha la sua ottica base che eccellente, il 24-70, senza profusione
inutile di metallo e dal giusto ingombro e peso ....
Nikon cosa fa? Rinnova il 24-70 rendendolo pi pesante e
ingombrante.Praticamente una bottiglia di acqua minerale da un litro
attaccata al bocchettone.
E poi dicono che Canon la fa da padrone tra i professionisti ...
La questione che Nikon pensa di coltivare al meglio il mercato dei
fotoamatori che vogliono incudini da portare al collo che fa tanto
profesciunal ....
fullerenium2
Feb 9 2017, 10:33 AM
QUOTE(a_deias @ Feb 9 2017, 10:21 AM) *
Leggo diversi interventi piuttosto pragmatici.Certo una fabbrica in
Cina dovrebbe garantire gli stessi standard rispetto al Giappone,
magari
con personale Made in Japan a controllare il processo.
Mi domando per se i pragmatici si ritrovassero la targhetta Made in
China sul fondello della agognata D5 o su un 24-70 ....
Se non erro il 105mm l'unico f1.4 Made in China insieme al 50mm .....
Perch?
Potrei forse accettarlo,e sottolineo forse, se il prezzo fosse stato
d'attacco per un obiettivo come questo, tipo 1200 euro ....
Qui si tenta di massimizzare il profitto con poco senno ... a 2500 euro
di obiettivi ne venderanno pochi ... a che serve?
Canon produce in Giappone anche le reflex di fascia media e a Taiwan
solo le ultra economiche quando Nikon ha spostato la produzione in
Thailandia pure della D810 ....
Evidentemente se vendono di pi sono pi bravi, fanno grandi numeri e non
hanno bisogno di andare in Cina per recuperare profitti.
Canon ha la sua ottica base che eccellente, il 24-70, senza profusione
inutile di metallo e dal giusto ingombro e peso ....
Nikon cosa fa? Rinnova il 24-70 rendendolo pi pesante e
ingombrante.Praticamente una bottiglia di acqua minerale da un litro
attaccata al bocchettone.
E poi dicono che Canon la fa da padrone tra i professionisti ...
La questione che Nikon pensa di coltivare al meglio il mercato dei
fotoamatori che vogliono incudini da portare al collo che fa tanto
profesciunal ....
Ed il Sigma che solo 85mm e neanche zoom e pesa 1.1Kg?? Non solo a
Nikon piace fare ottiche pesanti!
Anche ai pragmatici sta sullo stomaco questi 2500 euro. Tutti dicono
che il prezzo non congruo anche per chi non teme l'assemblaggio di un
cinese.
Il problema che il Nikkor 85 1.4 costa sui 1600 quindi va da se che un
105 che lavora anche meglio deve stare sui 2000.
Quindi se proprio vogliamo, posizionato male il prezzo del 85G o pi in
generale i prezzi Nikon sono un po' spostati verso l'alto.
Non diamo quindi solo la colpa al povero 105 :-)
Ora Tamron ha tirato fuori un nuovo 70-200. Costa di pi del precedente
VC ma molto meno del nuovo equivalente Nikkor che sostituisce il VRII.
Sar bello vedere a breve un confronto.
Tutti preferiamo i Nikkor per ragioni di compatibilit con i corpi
Nikon. Ma per chi non un professionista e non si aggiorna ad ogni nuova
uscita, guarda con piacere anche ottiche di terze parti.
a_deias
Feb 9 2017, 11:01 AM
QUOTE(fullerenium2 @ Feb 9 2017, 10:33 AM) *
Ed il Sigma che solo 85mm e neanche zoom e pesa 1.1Kg?? Non solo a
Nikon piace fare ottiche pesanti!
Anche ai pragmatici sta sullo stomaco questi 2500 euro. Tutti dicono
che il prezzo non congruo anche per chi non teme l'assemblaggio di un
cinese.
Il problema che il Nikkor 85 1.4 costa sui 1600 quindi va da se che un
105 che lavora anche meglio deve stare sui 2000.
Quindi se proprio vogliamo, posizionato male il prezzo del 85G o pi in
generale i prezzi Nikon sono un po' spostati verso l'alto.
Non diamo quindi solo la colpa al povero 105 :-)
Ora Tamron ha tirato fuori un nuovo 70-200. Costa di pi del precedente
VC ma molto meno del nuovo equivalente Nikkor che sostituisce il VRII.
Sar bello vedere a breve un confronto.
Tutti preferiamo i Nikkor per ragioni di compatibilit con i corpi
Nikon. Ma per chi non un professionista e non si aggiorna ad ogni nuova
uscita, guarda con piacere anche ottiche di terze parti.
Concordo assolutamente, anche Sigma insegue gli amanti delle incudini
al collo.
Obiettivi inutilmente ingomgranti e pesanti che mai comprerei.
1Ale82
Feb 10 2017, 10:00 AM
QUOTE(a_deias @ Feb 9 2017, 10:21 AM) *
Leggo diversi interventi piuttosto pragmatici.Certo una fabbrica in
Cina dovrebbe garantire gli stessi standard rispetto al Giappone,
magari
con personale Made in Japan a controllare il processo.
Mi domando per se i pragmatici si ritrovassero la targhetta Made in
China sul fondello della agognata D5 o su un 24-70 ....
Non questo il punto. Fabbricare in Cina non implica automaticamente che
sia una ciofeca. Come mi aveva detto una volta un ragazzo uiguro, in
Cina le cose di qualit alta se le prende il governo, quelle di qualit
medio alta ve le prendete voi laowei (=occidentali), quelle di qualit
medio bassa se le prendono i cinesi e quelle di qualit bassa se le
prendono uiguri, tibetani, mongoli e minoranze varie.
Ci sono un sacco di cose fatte in Cina che vanno benissimo e altre che
sono delle schifezze (cosa molto pi probabile se la produzione stata
spostata in Cina di punto e in bianco solo allo scopo di abbassare i
costi di produzione). Il fatto che se hai una lente, il 105 DC,
fabbricato in Giappone e con una meccanica pi complessa venduto a tot e
poi hai un altro obiettivo, fatto in Cina a costi minori con una
meccanica meno complessa e venduto a 2x tot, allora qualche dubbio
viene.
Cobaltatore
Feb 10 2017, 11:40 AM
All'atto pratico made in China o Japan non dovrebbe fare differenza.
Un dubbio per sovviene poich,se un'azienda che propone un prodotto come
d'elite al top del prezzo e prestazioni, lo fa produrre con un occhio
attento alla riduzione costi di manodopera (motivo certo per spostare
la costruzione in Cina), viene da pensare che la riduzione costi possa
essere anche sui materiali.
Del resto una Ferrari o una Lamborghini costruita in Polonia o in
Brasile, suonerebbe sinistramente male, ecco quella la sensazione.
lupaccio58
Feb 10 2017, 12:55 PM
QUOTE(Cobaltatore @ Feb 10 2017, 11:40 AM) *
Del resto una Ferrari o una Lamborghini costruita in Polonia o in
Brasile, suonerebbe sinistramente male, ecco quella la sensazione.
Parole sante... guru.gif
t_raffaele
Feb 10 2017, 12:58 PM
QUOTE(Cobaltatore @ Feb 10 2017, 11:40 AM) *
All'atto pratico made in China o Japan non dovrebbe fare differenza.
Un dubbio per sovviene poich,se un'azienda che propone un prodotto come
d'elite al top del prezzo e prestazioni, lo fa produrre con un occhio
attento alla riduzione costi di manodopera (motivo certo per spostare
la costruzione in Cina), viene da pensare che la riduzione costi possa
essere anche sui materiali.
Del resto una Ferrari o una Lamborghini costruita in Polonia o in
Brasile, suonerebbe sinistramente male, ecco quella la sensazione.
Probabilmente, sempre se... come ho gi detto, non sia legato a
problematiche di produzione, per via dell'incidente alla centrale
atomica.
Dicevo... probabilmente se, fosse stato prodotto in Giappone, il prezzo
potrebbe essere stato diverso. Pi alto o uguale.Chi ci dice il
contrario??
Saluti@Cordialit
robermaga
Feb 10 2017, 01:33 PM
QUOTE(Cobaltatore @ Feb 10 2017, 11:40 AM) *
All'atto pratico made in China o Japan non dovrebbe fare differenza.
Un dubbio per sovviene poich,se un'azienda che propone un prodotto come
d'elite al top del prezzo e prestazioni, lo fa produrre con un occhio
attento alla riduzione costi di manodopera (motivo certo per spostare
la costruzione in Cina), viene da pensare che la riduzione costi possa
essere anche sui materiali.
Del resto una Ferrari o una Lamborghini costruita in Polonia o in
Brasile, suonerebbe sinistramente male, ecco quella la sensazione.
Non mi sembra questo un paragone giusto, una Ferrari non pu essere
prodotta fuori da Modena (ma la componentistica?) come un Brunello o un
Sassicaia fuori di Toscana. Queste sono cose che giocano un altro
campionato.
Il problema che l'ottica in questione costa veramente troppo, anche se
da quello che si legge e si vede, sembra straordinaria. Sicuramente la
produzione in Cina risponde all'esigenza di risparmio sulla mano
d'opera, esigenza dovuta al fatto che Nikon , ed inutile negarlo,
un'azienda in crisi. Ma non penso a un risparmio sui materiali anzi,
una maggior leggerezza rispetto ad esempio ai Sigma Art, che hanno dei
pesi da dinosauri, credo sia dovuto a una maggior ricerca proprio su
questi.
In fondo non si vedono differenze nei materiali fra la D800 (Giappone)
e la 810 (Thailandia) cosi come fra i 105 micro dei quali esistono 2
versioni, una Made in China e una Made in Japan.
Roberto
lupaccio58
Feb 10 2017, 02:33 PM
QUOTE(robermaga @ Feb 10 2017, 01:33 PM) *
In fondo non si vedono differenze nei materiali fra la D800 (Giappone)
e la 810 (Thailandia)
Roberto, mi dispiace contraddirti ma non cos. Ho avuto 800 e 800E,
macchine robuste costruite con perizia e profusione di materiali, e da
un paio d'anni gioco con la 810 che decisamente un'altra cosa. Per
dirne una le viti del bocchettone ottiche (componente decisamente
importante su una reflex, non a caso in assistenza spesso ritengono di
doverlo sostituire) sono avvitate al corpo su plastica anzich su lega
metallica, proprio lo scorso anno un utente qui sul forum lament che, a
seguito di caduta della reflex, il 14-24 montato si stacc portandosi
dietro la baionetta la quale aveva strappato i supporti in plastica,
ricordo ancora con terrore le foto. Non inventiamoci nulla, alluvioni o
perdite di centrali nucleari sono boutade buone per che ci crede. Oggi
il verbo "meno metallo e pi plastica (per darsi un tono la chiamano
polimero ma sempre plastica ...) e abbattimento feroce dei costi di
produzione tramite delocalizzazione della stessa in paesi dove la
semi-schiavit sommessamente sopportata". Intendiamoci, io non ho nulla
contro il risparmio. Ma se risparmi tu produttore perch io consumatore
devo continuare a pagare come se un oggetto fosse prodotto a Ginza e
per giunta con materiali nobili?
PS: Ginza il quartiere pi esclusivo di Tokio
PPS: non vorrei aver dato l'impressione di essere quello che sputa
sulla 810, che senz'altro la macchina pi prestazionale che mi sia mai
capitata fra le mani. Ma passare per scemo non mi sta neanche bene, so
perfettamente che non mi durer la met di quanto mi sarebbe durata una
800, e un quarto di una bella 700 dry.gif
robermaga
Feb 10 2017, 04:12 PM
Lupo, sfondi una porta aperta, come sai sono un amante del vintage e ho
una 10cina di AIS nei miei cassetti, che un po per le dimensioni e
pesi, un po per il metallo vero, qualcuno pure un ricordo, amo pi dei
pochi AFS che ho e essendo abituato per et, tranne rare eccezioni a
"chiudere" un po, ne apprezzo pure la buona qualit.
Detto questo confesso di aver solo preso in mano una D810 che mi
apparsa assolutamente uguale alla mia 800, tuttavia non ho motivo di
dubitare di quanto dici e ricordo pure io dell'utente che denunci quel
grave danno.
Per secondo te quel "peggioramento" dovuto alla "delocalizzazione" o
COMUNQUE il produttore avrebbe introdotto quelle modifiche
indipendentemente dal luogo di produzione per una esigenza di risparmio
pure sui materiali. Se cos questo esula dal paese di produzione poich
credo che se polimero di qualit X viene scelto, che sia prodotto in
Cina o Giappone questo non faccia differenza. Ne testimonia il fatto
che la Apple produca in Cina tablet e smart.
Probabilmente il brand che abbiamo scelto e che amiamo o comunque che
consideriamo migliore, versa e non da ora in un periodo che non si pu
definire aureo. Lo pu dire bene chi come me ha cominciato a scattare
con Nikkormat e F2 e poi l'epoca d'oro degli anni 80. C' solo da
augurarsi che resti e resista quella che tutto sommato, considero
ancora una grandissima qualit generale e nelle camere e nelle ottiche.
Roberto
Cobaltatore
Feb 10 2017, 04:21 PM
QUOTE(robermaga @ Feb 10 2017, 01:33 PM) *
Non mi sembra questo un paragone giusto, una Ferrari non pu essere
prodotta fuori da Modena (ma la componentistica?) come un Brunello o un
Sassicaia fuori di Toscana. Queste sono cose che giocano un altro
campionato.
Roberto
Dipende sempre dalle ambizioni di prezzo e posizionamento, ci sono
certe cose in cui il pedigree conta, sopratutto per chi sborsa.
lupaccio58
Feb 10 2017, 08:18 PM
QUOTE(robermaga @ Feb 10 2017, 04:12 PM) *
...secondo te quel "peggioramento" dovuto alla "delocalizzazione" o
COMUNQUE il produttore avrebbe introdotto quelle modifiche
indipendentemente dal luogo di produzione
Secondo me quando subentra la voglia di guadagnare di pi si delocalizza
e contestualmente si risparmia sui materiali. Dove porti una strada del
genere possiamo immaginarlo tutti. Per inciso Apple finora ha solo
delocalizzato, ma i materiali sono quelli nobili di sempre wink.gif
maxter
Feb 11 2017, 07:17 AM
QUOTE(pes084k1 @ Feb 8 2017, 06:32 PM) *
....e comunque ricordo che un AF-S tra 10 anni ha il 60% di probabilit
di essere un rottame inusabile o smaltito.
Elio
Perch?
sarogriso
Feb 11 2017, 01:31 PM
QUOTE(maxter @ Feb 11 2017, 07:17 AM) *
Perch?
Fratello,
tu hai perso la fede laugh.gif
pes084k1
Feb 11 2017, 03:07 PM
QUOTE(maxter @ Feb 11 2017, 07:17 AM) *
Perch?
Si tratta di calcoli probabilistici, basati sulla frequenza dei guasti
incontrata da questi dispositivi. L'AF-S ha molte strutture soggette a
usura (parti auto-lubrificate, motori, attuatori elettrici non
collaudati), a guasti killer (es. deformazione da calore, quanti
lasciano la macchina in bagagliaio, sul cruscotto o portano un
obiettivo nero sotto il sole?) che richiedono sostituzioni, a starature
progressive dovute alla struttura o all'incapsulamento degli elicoidi
(l'AF causa una piegatura del piano focale nel tempo, evidente con
obiettivi corti), al peso (tele, zoom...). Vedo diversi danni e
malfunzionamenti a 4-5 anni di vita, sistematici, poi deterioramenti
che richiedono grossa manutenzione a 10 anni e controllo il decadimento
delle ottiche in mio possesso. Con una "distribuzione di Poissan"
possiamo concludere una MTBF proprio di dieci anni per gli AF-S e di
una ventina per gli AF-D. A quella MTBF quindi 2/3 degli obiettivi
saranno rotti e la loro sopravvivibilit dpende da possibilit e costo
delle riparazioni. Ora una lente di 10 anni tecnicamente NUOVA, il
resto dipende da santa LTR, che spesso sbuffa, a cui giriamo la domanda
(non posso sentirmi gentilmente obiettare, come accadde nel 1997, che
un obiettivo da "revisionare" ha "dieci anni" nel consuntivo di
riparazione, quando era evidente che sarebbe stato comunque possibile
riportarlo in piena specifica...). Papale, papale, durata e
riutilizzabilit di realizzazioni "delle eterne equazioni di Maxwell"
(le ottiche) guidano le mie scelte.
Del processore interno delle fotocamere, se posso bypassarlo con il raw
o se mi esce un formato video standard, non mi importa nulla!
A presto telefono.gif
Elio
marmo
Feb 11 2017, 04:55 PM
Sono a dieta per cui niente popcorn e neppure birretta.......
lupaccio58
Feb 11 2017, 08:44 PM
QUOTE(pes084k1 @ Feb 11 2017, 03:07 PM) *
Con una "distribuzione di Poissan" possiamo concludere una MTBF proprio
di dieci anni per gli AF-S e di una ventina per gli AF-D.
Strano, perch mi sembra di ricordare che l'unica lente che hai buttato
proprio un afd, nello specifico il 20 mm, per l'insorgere di muffa.
Perlomeno cos hai scritto... rolleyes.gif Lampadina.gif
QUOTE(pes084k1 @ Feb 11 2017, 03:07 PM) *
Con una "distribuzione di Poissan" possiamo concludere una MTBF proprio
di dieci anni per gli AF-S e di una ventina per gli AF-D. A quella MTBF
quindi 2/3 degli obiettivi saranno rotti
sgrat sgrat unsure.gif
QUOTE(pes084k1 @ Feb 11 2017, 03:07 PM) *
Papale, papale, durata e riutilizzabilit di realizzazioni "delle eterne
equazioni di Maxwell" (le ottiche) guidano le mie scelte.
Non ho capito una ceppa come quasi sempre accade, ma sicuramente colpa
mia...
maxter
Feb 11 2017, 09:05 PM
QUOTE(pes084k1 @ Feb 11 2017, 03:07 PM) *
Si tratta di calcoli probabilistici, basati sulla frequenza dei guasti
incontrata da questi dispositivi. L'AF-S ha molte strutture soggette a
usura (parti auto-lubrificate, motori, attuatori elettrici non
collaudati), a guasti killer (es. deformazione da calore, quanti
lasciano la macchina in bagagliaio, sul cruscotto o portano un
obiettivo nero sotto il sole?) che richiedono sostituzioni, a starature
progressive dovute alla struttura o all'incapsulamento degli elicoidi
(l'AF causa una piegatura del piano focale nel tempo, evidente con
obiettivi corti), al peso (tele, zoom...). Vedo diversi danni e
malfunzionamenti a 4-5 anni di vita, sistematici, poi deterioramenti
che richiedono grossa manutenzione a 10 anni e controllo il decadimento
delle ottiche in mio possesso. Con una "distribuzione di Poissan"
possiamo concludere una MTBF proprio di dieci anni per gli AF-S e di
una ventina per gli AF-D. A quella MTBF quindi 2/3 degli obiettivi
saranno rotti e la loro sopravvivibilit dpende da possibilit e costo
delle riparazioni. Ora una lente di 10 anni tecnicamente NUOVA, il
resto dipende da santa LTR, che spesso sbuffa, a cui giriamo la domanda
(non posso sentirmi gentilmente obiettare, come accadde nel 1997, che
un obiettivo da "revisionare" ha "dieci anni" nel consuntivo di
riparazione, quando era evidente che sarebbe stato comunque possibile
riportarlo in piena specifica...). Papale, papale, durata e
riutilizzabilit di realizzazioni "delle eterne equazioni di Maxwell"
(le ottiche) guidano le mie scelte.
Del processore interno delle fotocamere, se posso bypassarlo con il raw
o se mi esce un formato video standard, non mi importa nulla!
A presto telefono.gif
Elio
Grazie per la risposta, non ho capito granch ma la sostanza penso di
si. Speriamo pero' che non sia proprio cosi'.😁
Banci90
Feb 11 2017, 09:50 PM
QUOTE(maxter @ Feb 11 2017, 09:05 PM) *
Grazie per la risposta, non ho capito granch ma la sostanza penso di
si. Speriamo pero' che non sia proprio cosi'.😁
Tanti paroloni che potrebbero tradursi in:
Prima gli obiettivi erano completamente meccanici e bastava tenerli con
cura e non lasciarli fermi affinch funzionassero a vita, oggi abbiamo
introdotto la tecnologia, la quale ha portato innumerevoli vantaggi ma
ha anche un ciclo vitale estremamente variabile e pu dare molti pi
problemi.
fullerenium2
Feb 11 2017, 10:30 PM
E per che si dovrebbe rompere un AFD? tutto meccanico, vetro ed
ingranaggi. Elettrica molto molto poca.
Se poi si rompe un AFS, si romper un Canon, un Sigma, un Tamron, un
Sony e tutti quelli che montano motori interni in tutte le loro
declinazioni. Quindi nessuno escluso.
Solo i MF potrebbero salvarsi sempre che lasciati sotto il sole non si
scolli qualche doppietto o qualche fungo trova terreno fertile per
proliferare.
Ma alla sfiga non si comanda e spesso non un evento raro.
Per scegliere un obiettivo manuale solo perch durer pi a lungo ma nel
frattempo ci siamo persi la corsa di un bambino perch stavamo cercando
di mettere a fuoco, beh mi pare un po' eccessivo. Ed io sono uno di
quelli che ha pi obiettivi manuali che AF.
sarogriso
Feb 11 2017, 10:45 PM
QUOTE(lupaccio58 @ Feb 11 2017, 08:44 PM) *
sgrat sgrat unsure.gif
Mi sa che questa sera ci saranno delle autentiche "deforestazioni
scrotali" a carico degli amanti di ottiche AF-S
.......una diagnosi assai infausta con questo anatema lanciato a 360�
cerotto.gif messicano.gif
pes084k1
Feb 11 2017, 11:50 PM
QUOTE(fullerenium2 @ Feb 11 2017, 10:30 PM) *
E per che si dovrebbe rompere un AFD? tutto meccanico, vetro ed
ingranaggi. Elettrica molto molto poca.
Se poi si rompe un AFS, si romper un Canon, un Sigma, un Tamron, un
Sony e tutti quelli che montano motori interni in tutte le loro
declinazioni. Quindi nessuno escluso.
Solo i MF potrebbero salvarsi sempre che lasciati sotto il sole non si
scolli qualche doppietto o qualche fungo trova terreno fertile per
proliferare.
Ma alla sfiga non si comanda e spesso non un evento raro.
Per scegliere un obiettivo manuale solo perch durer pi a lungo ma nel
frattempo ci siamo persi la corsa di un bambino perch stavamo cercando
di mettere a fuoco, beh mi pare un po' eccessivo. Ed io sono uno di
quelli che ha pi obiettivi manuali che AF.
Gli AF sono tutti vulnerabili, ci mancherebbe, da Nikon a Sony a Sigma
a Zeiss! I problemi sono:
1) Parti meccaniche lubrificate e autolubrificate che si deformano
sotto il peso/sforzo delle lenti (specie in macro, zoom e cannoni) e
con il calore (scorrimenti plastici);
2) Motori rotti (in caso di deformazioni gli attriti vanno alle stelle,
poi usura delle rotelline di trascinamento).
3) Struttura in policarbonato che si deforma diversamente dalle parti
metalliche e ottiche con tilt del piano focale e simili amenit, pure
difficilmente giustificabili);
4) Deformazioni che creano pressioni sulle lenti a bassa tolleranza (il
mio 20 AFD) con spostamenti di lenti sottili e crack dei doppietti
spessi;
5) Usura delle camme (definitiva per tanti zoom).
6) Rottura parti elettroniche (minima per le CPU, alta per piattine,
contatti striscianti, relais, interruttori e commutatori).
In pi ci sono i danni "soft" riparabili, polvere, olio sulle lamelle e
grasso sugli elicoidi e quelli irreparabili per tutti, a partire dai
funghi, fino a cadute con deformazioni tali da richiedere ricostruzioni
non convenienti.
Gli AFD mancano del motore, hanno struttura pi compatta e robusta e
meno tolleranze laterali, specie sui tele, ma gli zoom che ho visto
sono tutti andati in revisione dopo una decina d'anni, gli AF sono
raramente a posto, per interpolazione ottieni i miei valori. Se non te
li riparano...
MF come Samyang sembrano invece pi stabili (costruzione assiale e
simmetrica, spessore elevato, lenti sottili e in media poco curvate),
certo non sono AIS veri (il 55/2.8 in lega, per..., e ne ho visti
diversi con i tubi interni grippati) o ZF vari.
I manuali possono uscire di specifica (da soli) per pochi motivi, gli
anelli elastici di montaggio delle lenti evitano scollamenti, il resto
si ripara, a meno di non aver consumato elicoidi praticamente privi di
grasso. Qualche ghiera allentata si trova comunque, ma pi spesso la
fine arriva per urti, funghi e corrosione montatura (l'alluminio...).
Proprio ieri paragonavo il Color Ultron Rollei/Voigt da 30-35 anni
(ricuperato da un kit demolito, senza tappi, ma perfetto otticamente) e
il mio SEL50F18F da battaglia (per va bene al primo e al secondo ordine
sulla scala dei commerciali, ma non lo stessa cosa a livello
"leicista"...). Il primo piano, sta in tolleranza, lamelle pulite,
interno pulito, ghiera quasi perfettamente scorrevole (all'inizio avevo
un lieve indurimento della camma in un punto, tipico degli Zeiss e
Voigtlander). Se non prende urti il secondo, quanto camper? Per lo meno
manca di certe parti critiche dei Canikon. Lo stesso vale tra 20/1.8 G
e ZF 18, ci voleva coraggio o necessit per prendere il primo, pur con
una resa ben paragonabile.
Non che non uso AF, specie sui tele, ma un AF veloce fa attriti e
consuma potenza e quindi accelera l'exitus. Se noti, non prendo
"fulmini di guerra", ma ottiche abbastanza demoltiplicate, sono anche
migliori come resa pratica, in quanto non fanno "overshoot" nell'AF e
riducono il rischio della "quantizzazione" del fuoco dovuta a
ingranaggi e altro.
A presto telefono.gif
Elio
Banci90
Feb 12 2017, 01:28 AM
QUOTE(fullerenium2 @ Feb 11 2017, 10:30 PM) *
E per che si dovrebbe rompere un AFD? tutto meccanico, vetro ed
ingranaggi. Elettrica molto molto poca.
Se poi si rompe un AFS, si romper un Canon, un Sigma, un Tamron, un
Sony e tutti quelli che montano motori interni in tutte le loro
declinazioni. Quindi nessuno escluso.
Solo i MF potrebbero salvarsi sempre che lasciati sotto il sole non si
scolli qualche doppietto o qualche fungo trova terreno fertile per
proliferare.
Ma alla sfiga non si comanda e spesso non un evento raro.
Per scegliere un obiettivo manuale solo perch durer pi a lungo ma nel
frattempo ci siamo persi la corsa di un bambino perch stavamo cercando
di mettere a fuoco, beh mi pare un po' eccessivo. Ed io sono uno di
quelli che ha pi obiettivi manuali che AF.
Non ho detto che si debba necessariamente rompere qualcosa ma scontato
dire che qualsiasi componente elettronica, seppur in minima parte, pi
soggetta ai guasti rispetto ad una componente meccanica.
La mia Fm2 ha pi di 20 anni e non perde uno scatto, l'M3 che ho in casa
dopo una revisione qualche anno fa tornata a nuovo; la D610 non ha
fatto in tempo ad uscire dalla casa di produzione che gi era
difettosa.. "e grazie al ca**o" mi risponderai, quello che non c' di
certo non si rompe, sono macchine meccaniche ma proprio questo il punto
della discussione.
Amo la tecnologia e tutti i cambiamenti che essa apporta alla vita di
tutti i giorni e non smetter mai di amarla ma si persa la totale
affidabilit che un tempo si poteva dare al proprio mezzo, nella
fotografia cos come in molte altre discipline, e questo un dato di
fatto.
Non sto dicendo di scegliere un obiettivo manuale perch durer di pi,
sto solo facendo una constatazione oggettiva.
pes084k1
Feb 12 2017, 01:41 AM
QUOTE(Andrea_Bianchi @ Feb 12 2017, 01:28 AM) *
Non ho detto che si debba necessariamente rompere qualcosa ma scontato
dire che qualsiasi componente elettronica, seppur in minima parte, pi
soggetta ai guasti rispetto ad una componente meccanica.
La mia Fm2 ha pi di 20 anni e non perde uno scatto, l'M3 che ho in casa
dopo una revisione qualche anno fa tornata a nuovo; la D610 non ha
fatto in tempo ad uscire dalla casa di produzione che gi era
difettosa.. "e grazie al ca**o" mi risponderai, quello che non c' di
certo non si rompe, sono macchine meccaniche ma proprio questo il punto
della discussione.
Amo la tecnologia e tutti i cambiamenti che essa apporta alla vita di
tutti i giorni e non smetter mai di amarla ma si persa la totale
affidabilit che un tempo si poteva dare al proprio mezzo, nella
fotografia cos come in molte altre discipline, e questo un dato di
fatto.
Non sto dicendo di scegliere un obiettivo manuale perch durer di pi,
sto solo facendo una constatazione oggettiva.
Le statistiche sui guasti dicono invece che le parti elettroniche o si
rompono subito o hanno un tasso di guasti infimo (FE ed FA hanno
otturatori pi consistenti e duraturi delle FM, il Copal elettrico super
600K scatti a 5 fps in una mostra). Se mai l'elettronica non riparabile
senza sostituzione del componente avariato. La tua D610 era difettosa
di progetto, di costruzione o era una normale mortalit infantile, che
dava fastidio anche alla Leica M. Non conta.
Per non puoi confrontare oggetti commerciali come la D610 con oggetti
che avevano una costruzione "militare" (gli ibridi e i cuscinetti della
FE, i leveraggi della M3...) e che sono restati in servizio con minime
modifiche per decine di anni. Ancora oggi, se devo fare un test di
risolvenza o scatto in viaggio, vado di FE, FM3a o Zeiss Ikon (stretta
parente).
Un AF si rompe perch ha parti in movimento sottodimensionate o che
possono diventarlo per attriti o imperfetta lubrificazione, ha canotti
che devono muoversi con spinte interne, ha lenti pesanti per la
struttura (e questo tappa anche la risoluzione che puoi spremere). In
pi fatto di policarbonato, che non una lega di magnesio o perfino di
ottone. Lo metti al Sole, basta una volta per fare danni irrimediabili,
anche montato su treppiede! E' pure nero!
A presto telefono.gif
Elio
fullerenium2
Feb 12 2017, 08:32 AM
Solo una considerazione (ma siamo OT).
Ipotizzando la vita di un banale otturatore moderno che potrebbe essere
di 100.000 scatti, riportato in un'epoca in cui si usava solo la
pellicola rullini da 36 pose, dovremmo in pratica consumare circa 2800
rullini.
Non per questo che FM, FE e Leica duravano di pi?
Pagine: 1, 2
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Home / Forum / Società / In tema "natale" il made in china è ormai in
tutti i settori...polemica
In tema "natale" il made in china è ormai in tutti i settori...polemica
Augusta23474121
28 dicembre 2005 alle 14:20
prendo spunto da un post, di un altro forum, che parla dei giochi
prodotti in cina, che hanno invaso i negozi e i supermercati italiani,
e che sono poco sicuri, per polemizzare sul fenomeno made in China, ma
quando si deciderà il governo italiano a mettere un limite alle
impoertazioni, per i vari settori, dei prodotti made in China?, ormai è
risaputo che la disoccupazione è aumentata, anche a causa di questo
fenomeno, ormai anche benetton, sisley, e altre marche del settore
abbigliamento, e chicco per il settore giochi, e tutti gli altri
settori, vendono prodotti "made in cina", e l'industria Italiana andrà
pian pianino a scomparire, per non parlare del fatto che, nonostante le
marche conosciute fabrichino i prodotti in cina, (e quindi manodopera a
bassissimo prezzo, venda poi i prodotti in Italia a prezzi alti,
facendoci pagare solo ed esclusivamente la marca, andando in giro per i
negozi ho notato inoltre che i negozi cinesi, vendono capi "made in
Italy" non è un controsenso? perchè il governo Italiano non mette un
limite, a tutto ci, e favorisce le industrie che producono in Italia?
ulisse
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Augusta23474121
28 dicembre 2005 alle 16:41
Da quello che ho capito
Non sei per niente daccordo con me! In Economia sono completamente zero
ti ringrazio quindi per avermi fatto una bella lezione su dazi, e
protezionismo, mi rendo conto inoltre che litalia, come produttore,
ormai non è in grado di competere con la grande Cina, e questo sempre
per colpa nostra, ma dal basso della mia ignoranza permettimi di
preoccuparmi un pochino, siamo completamente dipendenti da lei, mi dici
come andrebbe a finire se la Cina si dovesse rifiutare di produrre per
noi? Potrebbe un giorno o laltro approfittare del fatto che, noi ormai
pendiamo dalle loro.mani, o meglio dalle mani dei milioni di Cinesi,
stacanovisti che lavorano per una miseria? , il mio ragionamento è
molto terra terra, ti faccio quindi un esempio alla mia portata, mia
madre lavorava da quando aveva 14 anni, si è sposata e ha avuto 4
figli, lasci il lavoro su richiesta di mio padre, era infatti che si
occupava di portare il pane in casa, ma morì a soli 35 anni, lasciando
mia madre da sola, con 4 figli e senza lavoro, il nostro tenore di vita
è calato notevolmente, e mia madre ci ha messo anni prima di
riprendersi, trovare un lavoro e far risalire il nostro tenore di vita,
ora, io sono sposata e lavoro da quando avevo 24 anni, mio marito mi ha
detto che, se volevo, potevo lasciare il lavoro, perché ci avrebbe
pensato lui a me e a mio figlio, ma io non ci penso nemmeno, È anche
vero il discorso che, non si pu fare tutto sempre da soli, ma credo che
sia anche sbagliato, eccedere nel delegare troppo agli altri...che ne
dici??
ulisse
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ele170
28 dicembre 2005 alle 18:30
Solo una cosa
una bella comitiva di cgl cisl e uil...e via..ehehehe vedi come si
svegliano fuori!
ele
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Kramer
29 dicembre 2005 alle 0:15
Io sono super pro-china
più per cuore che per altro ahaha
Comunque, la questione è molto più complessa
Tu mi parli di economia in crisi e poi mi dici di aziende che vanno a
produrre in cina. Ebbene...i redditi di queste aziende che hanno SEDE
IN ITALIA..in quale conteggio del PIL vanno inserite? eheh
Oltre a questa piccola precisazione..mi spiace, ma l'economia funziona
così...efficienza ed efficacia.
I costi vanno tenuti costantemente sotto controllo...d'altronde
l'obiettivo primario dell'impresa non è la massimizzazione dei
profitti?
Evidentemente, se non siamo in grado di puntare sui costi
bassissimi..dobbiamo puntare su altro.
P.S. tutti parlano dell'incubo CINA per l'economia...ma io vedo un
altro incubo mooooltooo più vicino per le aziende produttrici in
italia...ossia...la distribuzione commerciale...ehehehe
Mi piace
Kramer
29 dicembre 2005 alle 0:17
In risposta a Kramer
Io sono super pro-china
più per cuore che per altro ahaha
Comunque, la questione è molto più complessa
Tu mi parli di economia in crisi e poi mi dici di aziende che vanno a
produrre in cina. Ebbene...i redditi di queste aziende che hanno SEDE
IN ITALIA..in quale conteggio del PIL vanno inserite? eheh
Oltre a questa piccola precisazione..mi spiace, ma l'economia funziona
così...efficienza ed efficacia.
I costi vanno tenuti costantemente sotto controllo...d'altronde
l'obiettivo primario dell'impresa non è la massimizzazione dei
profitti?
Evidentemente, se non siamo in grado di puntare sui costi
bassissimi..dobbiamo puntare su altro.
P.S. tutti parlano dell'incubo CINA per l'economia...ma io vedo un
altro incubo mooooltooo più vicino per le aziende produttrici in
italia...ossia...la distribuzione commerciale...ehehehe
Ma poi il discorso dei dazi..è un controsenso..
..dal punto di vista del consumatore..
Perchè noi consumatori dovremo pagare di più dei prodotti quando
abbiamo la possibilità di acquistarli a meno????!!!! (esistono per
tipologie di prodotti per cui questo discorso non vale o vale in minima
parte)
Poi da un punto di vista economico con i dazi si "guadagna" ben
poco...se avessi lo scanner ti manderei il modello che lo dimostra..ma
vabbè fidati a parole!
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Denis60525512
29 dicembre 2005 alle 2:41
La cina è vicina, anzi vicinissima
Il governo italiano è parte della comunità europea e pochi giorni fa
Silvio Berlusconi ha buttato sul lavoro europeo l'idea che la cina
possa esportare in europa in ragione di quanto l'europa esporta in
cina.
Io acquisto in cina e i prodotti cinesi son sempre più sofisticati e
chi pensa siano solo di bassa tecnologia prende lucciole per lanterne.
Se l'europa non fa qualcosa (come italia sarebbe un suicidio... i
cinesi ci bloccherebbero le già poche esportazioni e buonanotte al
secchio) entro breve tempo noi italiani potremo contare forse sul
turismo e sui servizi.
Le aziende manifatturiere spariranno.
Ma se chiedi a Prodi e non solo a Prodi ti dice che la cina è una
grandissima opportunità e quando Tremonti dice che Prodi fa il
rappresentante cinese in italia, viene deriso.
E di Prodi in europa, purtroppo, ce n'è più d'uno, tutta gente che non
ha mai avuto un'azienda sua, che non sa esattamente cosa valga il
danaro.
Mi piace
Augusta23474121
29 dicembre 2005 alle 14:16
In risposta a Denis60525512
La cina è vicina, anzi vicinissima
Il governo italiano è parte della comunità europea e pochi giorni fa
Silvio Berlusconi ha buttato sul lavoro europeo l'idea che la cina
possa esportare in europa in ragione di quanto l'europa esporta in
cina.
Io acquisto in cina e i prodotti cinesi son sempre più sofisticati e
chi pensa siano solo di bassa tecnologia prende lucciole per lanterne.
Se l'europa non fa qualcosa (come italia sarebbe un suicidio... i
cinesi ci bloccherebbero le già poche esportazioni e buonanotte al
secchio) entro breve tempo noi italiani potremo contare forse sul
turismo e sui servizi.
Le aziende manifatturiere spariranno.
Ma se chiedi a Prodi e non solo a Prodi ti dice che la cina è una
grandissima opportunità e quando Tremonti dice che Prodi fa il
rappresentante cinese in italia, viene deriso.
E di Prodi in europa, purtroppo, ce n'è più d'uno, tutta gente che non
ha mai avuto un'azienda sua, che non sa esattamente cosa valga il
danaro.
Io non ne faccio una questione politica...
perchè non sono ne di destra ne di sinistra ne di centro ne di chi sa
quale partito....per concordo con te
ulisse
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aiuto ps3 made in china
Discussione in 'Ps3 Hardware Generale' iniziata da thailand83, 9
Novembre 2008.
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1. thailand83
thailand83 Tribe Newbie
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salve a tutti,spero davvero di postare questo mio dubbio nella gusta
sezione nel caso di errore cheiedo scusa anticipatamente perche non
saprei davvero dove postarlo...
mi ero finalmente deciso ad acquistare una ps3 quando mi e sorto in
testa un dubbio che mi preoccupava non poco, io vivo in tailandia
quindi la versione di ps3 che comprerei sarebbe obbligatoriamente
quella jap e fino a qui non ci sono problemi ,il problema e nato dal
momento in cui sembra impossibile trovare un ps3 80 giga che sia
made in jap!! pur avendo cercato in molti posti ho solo trovato
ps3da 40 o 60 giga che sono made in jap quindi assemblate in
giappone ma quelle da 80 che dovrebbero anche montare il nuovo
lettore esente dalle vecchie problematiche sono tutte versione jap
ma made in china quindi fabbricate in cina....ora ho sentito dire
che in tutti i modi al giorno doggi tutto ormai viene fabbricato in
cina per ridurre i costi... ma vorrei sapere da qualcuno di voi che
sicuramente ha piu esperienza di me se conviene comprarla anche se
made in china o e meglio perdere tanto tempo per trovarne una made
in jap....
potrebbe sembrare un problema stupido ma ce anche gente che sostiene
che il processo di assemblamenteo che si fa in cina e molto meno
affidable di quello giaponese... ma poi vai a sapere queale e la
verta.... con l occasione vorrrei chiedere a voi che siete in italia
di controllare se vi e possile da dove vengono le vostre ps3...
grazie anticipatamente a tutti voi:roll:
thailand83, 9 Novembre 2008
#1
2. Dreamworx
Dreamworx Tribe Member
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.....la mia PS3 40Gb .. sul retro sta scritto ''made in cina'' ...ha
quasi un anno di vita e finno adesso non ho avuto nessun problema :)
Dreamworx, 9 Novembre 2008
#2
3. thailand83
thailand83 Tribe Newbie
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Dreamworx ha scritto: ↑
.....la mia PS3 40Gb .. sul retro sta scritto ''made in cina'' ...ha
quasi un anno di vita e finno adesso non ho avuto nessun problema :)
Clicca per allargare...
ciao e grazie mille per la tua risposta :)
buono a sapersi!!! io 2 anni fa comprai una ps2 slim sempre in
tailandia in quel caso il negoziante aveva 2 modelli 1 made in jab
130 euro e laltro made in china 100 euro..
lui mi disse che con la cansole cinese avrei potuto incontrare
qualche problema a leggere alcune copie mentre con la giaponese non
avrei avuto nessun problema... ma la cosa piu strana e che
guardandole a fondo entrambe notai la qualita della plastica esterna
della cinese era indferiore a quella jap!! e quando le presi in mano
entrambe... be qui viene il bello... la cinese pesava moooolto meno
della jap e cosi scelsi la japonese che fino ad ora non mi ha dato
nesun problema... credetemi il fatto del peso differente ancora non
me lo spiego una dfferenza di peso davvero notevole oltretutto!!!
pagherei per sapere che cera sotto!!!
thailand83, 9 Novembre 2008
#3
4. bertoku
bertoku Tribe Member
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pure la mia nuova ps3 rigenerata è made in china ( così come quella
vecchia che dopo 10 mesi gli si è rotto il lettore blu-ray).
Comunque made in china o made in japan è la stessa cosa fidati, non
farti inutili seghe mentali. I lettori bluray nuovi li dovrebbero
montare pure sulle ultime 40gb oltre che sulle 80. Il problema più
comune è infatti il guasto del vecchio modello di lettore bluray,
non capita a tutte le ps3 che lo montano ma ad una buona
percentuale, per cui gioca e divertiti, mal che vada la porterai in
assistenza e nel giro di 2 settimane te la cambieranno in garanzia
p.s. la ps3 dovrebbe essere region free
Ultima modifica: 9 Novembre 2008
bertoku, 9 Novembre 2008
#4
5. Evil_Sephiroth
Evil_Sephiroth Tribe Active Member
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ma pigliati le jap 40-60 che sono le ps migliori a livello
completezza hardware
Evil_Sephiroth, 9 Novembre 2008
#5
6. rewrew
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Evil_Sephiroth ha scritto: ↑
ma pigliati le jap 40-60 che sono le ps migliori a livello
completezza hardware
Clicca per allargare...
Fra 40gb e 80gb non vedo nessuna differenza in favore della 40gb.
l'unica differenza è la nand che a noi poco interessa.
P.S. La mia 60gb è stata costruita in cina
rewrew, 9 Novembre 2008
#6
7. Evil_Sephiroth
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L'isola maledetta di Lodoss
40-60 jap ----> retrocompatibilità hardware, sono i veri modelli top
di gamma ^^
in quel senso + complete
fra l'altro le rotture delle ps3 jap sono molto minori rispetto alle
nostre ^^
Evil_Sephiroth, 9 Novembre 2008
#7
8. Priscillo
Priscillo Tribe Member
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Evil_Sephiroth ha scritto: ↑
40-60 jap ----> retrocompatibilità hardware, sono i veri modelli top
di gamma ^^
in quel senso + complete
fra l'altro le rotture delle ps3 jap sono molto minori rispetto alle
nostre ^^
Clicca per allargare...
Ma le 40gb jap non son mica come le nostre (messe in commercio verso
mgs4)?
Le loro retrocompatibili non eran le 60g e vecchie 80g?
Priscillo, 9 Novembre 2008
#8
9. thelegendofpiter
thelegendofpiter Tribe Member
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guardate che non sempre made in china vuol dire fatto male eh, non
tutte le azinede lavorano allo stesso livello, non è che la fabbrica
che pruduce i giochini che si vedono al mercato per 1 euro sia la
stessa a cui si affida la sony, quindi tranquillo che vai comunque
sul sicuro riguardo la finzionalità dell' hardware in questo caso
thelegendofpiter, 9 Novembre 2008
#9
10. kennuz
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Io ho una 60gb che il 20 dicembre fa 1 anno...a parte 2o3 freeze
nessun tipo di porblema...a dietro sta scritto MADE IN CHINA....
:asd: :asd: . Mi dvevo ritenere fortunato che non è usccesso niente
per mo??? :O
kennuz, 9 Novembre 2008
#10
11. TRIP3
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Vi ricordo che in cinesi vanno nello spazio mentre noi siamo ancora
a terra.
TRIP3, 9 Novembre 2008
#11
12. gian90PES
gian90PES Tribe Member
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io ho la play 60 giga da un anno e qualche mese...e ho notato che il
lettore fa più rumore ora di quando era nuova...è normale?? cmq
tutto funzionante per ora!! mi tocco.... :asd:
gian90PES, 9 Novembre 2008
#12
13. vergil87
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25 Febbraio 2006
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Vai tranquillo, non dovresti avere alcun tipo di problema. Anzi,
come evidenziato da alcuni utenti, le 40/60 jap sono tutt'altro che
uinaffidabili, peraltro hanno entrambe la retrocompatibilità. ;) ;)
vergil87, 10 Novembre 2008
#13
14. giuseppe.distefano2
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non sapevo che ci fossero ps3 made in china.
La mia 60 è made in japan.
non sò (mia sensazione) ma le cose fatte in Cina mi sembrano meno
affidabili.
giuseppe.distefano2, 10 Novembre 2008
#14
15. ramone901
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Nino...per sempre nel mio cuore..addio amico!
la mia PS3 60Gb e' MADE IN CHINA.....nn mi pronuncio sull'
affidabilita' perke' sono molto scaramantico :D
ramone901, 10 Novembre 2008
#15
16. hummerstyle
hummerstyle GIF Guru (Aprite la porta!!!)
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La mia prima PS3 (che si è rotta dopo una settimana esatta) era made
in china.
La mia seconda PS3 (che funziona perfettamente da un anno circa) è
sempre made in china :p
hummerstyle, 10 Novembre 2008
#16
17. TRIP3
TRIP3 Tribe Newbie
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Repubblica di Pisa
gian90PES ha scritto: ↑
io ho la play 60 giga da un anno e qualche mese...e ho notato che il
lettore fa più rumore ora di quando era nuova...è normale?? cmq
tutto funzionante per ora!! mi tocco.... :asd:
Clicca per allargare...
Toccati a 2 mani perche' se si rompe e' meglio che cerchi si
aggiustarlo da solo che con l'assistenza volgiono 250.
Con un po di fortuna trovi il pezzo di ricambio.
TRIP3, 10 Novembre 2008
#17
18. Evil_Sephiroth
Evil_Sephiroth Tribe Active Member
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TRIP3 la finiamo di dire inesattezze
se gli si rompe prima dei due anni va in assistenza da chi la ha
comprata
ANZI fino a 18 mesi sulle 60 GIGA va dal centro assistenza sony ed è
GRATIS
18 MESI
ora se ti diverti a dare informazioni errate sull'assistenza PS3 per
far paura agli utenti DILLO.
Evil_Sephiroth, 10 Novembre 2008
#18
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Evil_Sephiroth ha scritto: ↑
TRIP3 la finiamo di dire inesattezze
se gli si rompe prima dei due anni va in assistenza da chi la ha
comprata
ANZI fino a 18 mesi sulle 60 GIGA va dal centro assistenza sony ed è
GRATIS
18 MESI
ora se ti diverti a dare informazioni errate sull'assistenza PS3 per
far paura agli utenti DILLO.
Clicca per allargare...
infatti....nn vedo perchè dovrei pagare...e poi se così fosse...con
quelli mi prendo una 360 con modifica.... hahahahahha :asd: cmq che
dite per il lettore? che mi preoccupi? fa più rumore di quando era
nuova nel leggere i dischi in generale...ditemi voi che magari avete
più conoscenze...mi tocco...
gian90PES, 10 Novembre 2008
#19
20. Evil_Sephiroth
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dipende con rumore cosa intendi
se sono dei rumori tipo rotti o di attrito allora potresti gia
chiamare l'assistenza in via preventiva.
se invece è solo un sibilo + alto o dei rumori della meccanica +
marcati è normale visto che è la normale usura (attenzione non
intesa come
eccessivo consumo dei pezzi)ma con limature leggere e fisiologico
aumento dei giochi verso la stabilità dell'età adulta dei pezzi)
qualsiasi meccanica ha inizialmente un consumo accelerato, per poi
stabilizzarsi per parecchio tempo, e poi deteriorarsi nuovamente in
modo veloce quando diventa vecchia.
quindi a meno che non siano rumori di rotto nessun problema
Evil_Sephiroth, 10 Novembre 2008
#20
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Chitarre Made In China
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Chitarre Made In China
Autore Messaggio
Offline Chaos Uomo
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Messaggio Chitarre Made In China
Premetto non ho mai voluto prendere in mano una chitarra, suono da
sempre il basso....
Ultimamente per? ho deciso di farmi passare lo sfizio di avere una
chitarra elettrica.... volevo spendere sotto i 200...
in un negozio ho trovato una SG della epiphone a 150 euro, nera, molto
bella... la provo e mi dico "vabbe per 150 ero vomitare proprio non fa,
vorrei un suono di questo tipo in fondo, magari con un pedale
migliora..."... la rigiro e noto un "made in china" che mi fa
rabbrividire....
che fareste??? per me si scassa subito....
Io uso: solo il plettro
#1 Ven 14 Dic, 2007 09:57
Chaos Invia Messaggio Privato
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Sicuro di aver cercato bene?
_________________________ Cerca
Offline Micolao Uomo
Stefano
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Rispondi Citando Download Messaggio
Messaggio Re: Chitarre Made In China
pregiudizio insensato.
Io uso: plettro e dita
____________________
L' esperienza è una maestra severa.. prima ti fa l'esame, poi ti fa la
lezione... (stepuc78)
Non discutere con l'imbecille...prima ti porta al suo livello e poi ti
frega con l'esperienza!!!
The Marigold facebook
#2 Ven 14 Dic, 2007 10:03
Micolao Invia Messaggio Privato
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Offline jimmybillo Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Ho visto vari strumenti made in China e direi che non sono fatti male
anzi,abbiamo molti pregiudizzi che con il tempo passeranno come per
altre nazioni che ora vanno per la maggiore,vedi Japan,Corea,Mexico
ecc.
Anche loro hanno necessit? di farsi esperienza.
Io uso: solo le dita
#3 Ven 14 Dic, 2007 10:12
jimmybillo Invia Messaggio Privato
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Offline Chaos Uomo
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Messaggi: 211
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Residenza: madagascar.png Nosy Iranja
Rispondi Citando Download Messaggio
Messaggio Re: Chitarre Made In China
beh si sa che gli standard qualitativi non sono sempre eccezionali...
si riflette anche a livello strumenti musicali questo discorso????
Io uso: solo il plettro
#4 Ven 14 Dic, 2007 10:15
Chaos Invia Messaggio Privato
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Offline ganesh Uomo
Gospel Quaggia
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Si sa da parte di chi?
Varr? quello che costa. L'hai provata? Ti piace?
Tutto il resto ? un pregiudizio.
Io uso: plettro e dita
____________________
Galleria Fotografica ad uso e consumo della Community
Prima di suonare due note, impara a suonarne una. E prima di suonarne
una pensa se ha senso suonarla.
Farla semplice è difficile. Farla facile è più difficile. Farla
invisibile è la cosa più difficile di tutte.
#5 Ven 14 Dic, 2007 10:21
ganesh Invia Messaggio Privato HomePage
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Offline Darsti Uomo
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Rispondi Citando Download Messaggio
Messaggio Re: Chitarre Made In China
Chaos,
Guarda che gli standard non li fa mica il paese di produzione, ma la
societ? che produce il bene.
Altrimenti sai quanti pc, lettori DVD, hi-fi, ecc si dovrebbero rompere
solo a guardarli?
Io ho avuto parecchie Epiphone cinesi e t'assicuro che non si rompono.
Molla i pregiudizi e goditi la chitarra.
Io uso: plettro e dita
____________________
...un riff per basso Rock deve essere una minchiata...devi solo
spappolare le budella a chi ti ascolta...
Inside My Fault - il mio gruppo
www.Megabass.it - Megabass - Il Sito - Wiki Megabass
L'impedenza:questa sconosciuta. E questo che tipo di cavo ??
#6 Ven 14 Dic, 2007 10:35
Darsti Invia Messaggio Privato Invia Email
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Offline Claudio Cardia Uomo
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Registrato: Novembre 2004
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Rispondi Citando Download Messaggio
Messaggio Re: Chitarre Made In China
In base a questo tuo discorso tutte le aziende dovrebbero chiudere.
A parte il fatto che per 200 euro ? ormai ovvio che la produzione
dev'essere per forza orientale, e poi in rapporto qualit?/prezzo paghi
quello che hai (rispetto alle fascie pi? alte), anche se ci sono
strumenti fatti in oriente che sono di ottimo livello.
Ci dovremo abituare a leggere un p? ovunque Made in China, se consideri
che anche marche gloriose come per esempio Vox, Ampeg, Ashdown e
compagnia bella producono l? c'? da aspettarsi di tutto.
Ci? non vuol dire che tutto si rompe subito, ci sono testate cinesi che
durano anche 2-3 anni!
Io uso: solo il plettro
____________________
Sono un giovane bassista in erba.
#7 Ven 14 Dic, 2007 10:42
Claudio Cardia Invia Messaggio Privato HomePage
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Offline kranio Uomo
Andrea Folli
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
dei miei 6 bassi almeno 3 sono stati costruiti in Cina e Indonesia,
uno dei quali ? il celeberrimo Squier Jazz Fretless Vintage etc etc....
suonano tutti e per quello che li ho pagati vanno pi? che bene...
del resto i Rockbass da dove arrivano?
Io uso: plettro e dita
#8 Ven 14 Dic, 2007 11:44
kranio Invia Messaggio Privato
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Offline Fagyo Uomo
Marco Fagioli
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Lascia perdere da dove arriva.
Valuta
Prova
Fattela Piacere
Suona.
Aneddoto...Siena.
Ero in cerca di un 5 corde.
Ne avevo uno scrauso per iniziare, ne volevo uno abbastanza buono per
proseguire.
Ero affetto anche io da preconcetti... sbagliatissimi. Antonio mi
consiglia un Lakland 55-02 - Made in Korea
Io... mavvaia?...
Lui.. guarda che suona bene...
No no... non mi interessa, manco lo provo.
Anzi.. cambio negozio... Niccolai a Firenze/scandicci.
Prendo un GL L2500 USA...La storia mi pare di averla detta 500 Volte
sul Forum
Uno dei peggiori strumenti liuteristicamente meno riusciti che ho
avuto.
Peccato, perch? non ho mai avuto problemi con GL.
Ancora piango per aver venduto il mio GL L2000 del 1985...
Ma questo strumento USA era uscito forse sfigato...Quindi mi trovo a
doverlo rendere...non lo rivogliono...lo vendo.
Torno a Siena dopo averlo venduto... "fammi provare il Koreano..."
E' il mio basso da molto tempo. Alte vicissitudini mi portano a
comprare anche un roscoe beck a 5 corde...
Ma il lakland per certe cose rimane il mio preferito.
Inosmma li amo tutti e due... Dico.. ma cost? 1400 Euro il 55-02...
E va da dio.
Qui invece stiamo parlando di strumenti da 200 Euro massimo, quindi
direi che puoi andare sul sicuro.
Certamente la differenza fra un 1400 e un 200 Euro c'? tutta per
carit?...
Ma non direi di portare pregiudizi...
Devi solo accuratamente scegliere, valutare e provare...
Suona? ... Vai.. ? la tua chitarra
Io uso: plettro e dita
____________________
Ecco.
#9 Ven 14 Dic, 2007 12:18
Fagyo Invia Messaggio Privato Invia Email HomePage
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Offline Jacker Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Darsti ha scritto:
Io ho avuto parecchie Epiphone cinesi e t'assicuro che non si rompono.
Se ne hai avute PARECCHIE o le sfasciavi a fine live oppure forse non
erano proprio resistentissime
Io uso: plettro e dita
#10 Ven 14 Dic, 2007 15:13
Jacker Invia Messaggio Privato
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Offline marcinkus Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Il mio vecchio Peavey made in Korea dopo 14 anni ? ancora in ottime
condizioni. Penso che vista la qualit? (ora non ? che suoni come il mio
jazz americano) durer? altri 40 anni
Io uso: plettro e dita
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#11 Ven 14 Dic, 2007 15:46
marcinkus Invia Messaggio Privato Invia Email
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Offline Chaos Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
a me ? piaciuta confrontando altre chitarre dello stesso prezzo (a
parte le ibanez che non mi piacciono esteticamente, e conta people,
voglio uno sguardo soddisfatto sul mio strumento)
ma, qualcuno ce l'ha una epiphone made in china?????
Ma premetto che non sono abituato ne pratico di chitarre magari prendo
una cagata senza saperlo
voglio fare chitarra epiphone sg + ampli fender che me la renda
squillante al massimo, ho un compressore boss cs2 che uso x il basso
chi sa come me la rende?.....
Io uso: solo il plettro
#12 Ven 14 Dic, 2007 16:56
Chaos Invia Messaggio Privato
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Offline marcinkus Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Chaos, peraltro il CS-2 ? un pedale per chitarra...
Io uso: plettro e dita
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#13 Ven 14 Dic, 2007 17:24
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Offline LucaG Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Tutto vero.
Oltretutto vorrei farvi notare una cosa...
Gran parte del cosiddetto "Made in Japan" o "Made in Korea", ? in
realt? merce realizzata in Cina da societ? dei rispettivi paesi.
Lo so per esperienza diretta per quello che riguarda il mio settore
(abbigliamento) ma anche per altri prodotti (ho visto personalmente in
Cina la fabbrica di condizionatori di un noto marchio Coreano).
La merce viene completamente realizzata in Cina, poi se ne va in Corea
o in Giappone dove subisce minimi interventi (controllo qualit?,
packaging, etc..).
Il processo produttivo viene comunque realizzato con la supervisione di
maestranze del paese d'origine e ovviamente con tutto il know-how
necessario. Il che ? comunque una forte garanzia di qualit?.
Non so se succede anche per gli strumenti, ma non mi stupirebbe.
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#14 Ven 14 Dic, 2007 17:34
LucaG Invia Messaggio Privato HomePage
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Offline fabri74 Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Comprai circa tre anni e mezzo fa una chitarra acustica Ibanez per meno
di ?200 made in Cina, ? una chitarra favolosa per quello che l'ho
pagata, esiste tutt'ora e spero che possa suonare ancora per tanto
tempo. Fidati, il made in Cina sar? una realt? sempre pi? presente
nelle nostre vite, basta guardarsi intorno. Se la chitarra che hai
preso suona bene e ti piace il resto conta poco
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#15 Sab 15 Dic, 2007 10:08
fabri74 Invia Messaggio Privato
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Offline Claudio Cardia Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
LucaG ha scritto:
La merce viene completamente realizzata in Cina, poi se ne va in Corea
o in Giappone dove subisce minimi interventi (controllo qualit?,
packaging, etc..).
E ci aggiungono il Made in... paese pi? figo.
Succede la stessa cosa molto spesso anche per il tanto blasonato Made
in Italy (vedi occhiali da sole, abbigliamento, etc..), giri 4 viti e
via...
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#16 Sab 15 Dic, 2007 12:29
Claudio Cardia Invia Messaggio Privato HomePage
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Offline OMR Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
Claudio Cardia ha scritto:
E ci aggiungono il Made in... paese pi? figo.
Succede la stessa cosa molto spesso anche per il tanto blasonato Made
in Italy (vedi occhiali da sole, abbigliamento, etc..), giri 4 viti e
via...
Non ? proprio cos?.
Dipende dalla percentuale.
Se il prodotto ? stato fatto per tot % in un paese, allora ? made in X,
se non arriva a quella soglia, allora ? made in Y in relazione al paese
di da dove proviene.
Io uso: plettro e dita
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?I videogiochi non influenzano i bambini.
Voglio dire, se pac-man avesse influenzato la nostra generazione,
staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e
ascoltando musica elettronica ripetitiva?
(Kristian Wilson, Nintendo Inc, 1989.)
#17 Lun 17 Dic, 2007 00:39
OMR Invia Messaggio Privato HomePage
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Offline Chaos Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
x la cronaca alla fine ho preso una estwood made in USA ad un ottimo
prezzo e mi piace anche molto in generale, era in ballottaggio con una
telecaster blade (dicono che sono favolose) ma costava un p? di +...
la diavoletto epiphone made in cina la comprerei lo stesso 150 ?
davvero un gran prezzo, ma vabbe so bassista!
Io uso: solo il plettro
#18 Gio 20 Dic, 2007 09:41
Chaos Invia Messaggio Privato
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Offline LucaG Uomo
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Messaggio Re: Chitarre Made In China
OMR, Ti garantisco che l'abbigliamento "Made in Korea" e al 100%
realizzato in Cina. I container arrivano in Korea e ripartono da li.
Se poi su altri articoli ? diverso me ne sto zitto.
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#19 Gio 20 Dic, 2007 09:57
LucaG Invia Messaggio Privato HomePage
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Akassios
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Qualcuno mi sa dire quali delle principali case produttrici fabbricano
interamente i loro diffusori in Europa o negli Usa?
So che Canton, System Audio, Cambridge e Mordaunt Short (ad esempio)
sono esclusivamente "made in Europe", mentre Kef e Wharfedale ormai
sono diventate "gialle", ma le altre?
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!
__________________________________________________________________
andrea.illegal
17-02-2011, 21:13
ciao! anche le b&w dm 600 sono made in china! :( uffi
__________________________________________________________________
antonio leone
17-02-2011, 21:15
non mi risultano che quelle aziende siano esclusivamente made in europe
__________________________________________________________________
massimo821
17-02-2011, 21:51
Le mie Mordaunt Short serie Mezzo sono made in England
__________________________________________________________________
andrea.illegal
17-02-2011, 22:03
mi sà che tutte le ditte costruiscono in china le casse entry level!
no?
__________________________________________________________________
zaragos
17-02-2011, 22:17
Le mie Mordaunt Short serie Mezzo sono made in England
....molte aziende producono in cina,poi magari mettono anche solo
l'ultima vite in europa ,e ci mettono la scritta made in
.....diversamente dalla realtà,
ormai tutto è fatto in cina....
purtroppo
__________________________________________________________________
Pistoccu
17-02-2011, 22:59
Non vorrei sbagliare ma Paradigm dovrebbe tuttora essere fatta in
Canada
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Seba77
17-02-2011, 23:17
Focal made in France
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flyningeagle
18-02-2011, 00:32
le nostre amate focal sono only made in francia
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markko8
18-02-2011, 08:52
B&W CM i cabinet sono fatti in Cina, mentre i driver dovrebbero essere
fatti in Inghilterra, ma non sono sicuro.
Cabasse cabinet in Cina, driver in Francia.
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greco
18-02-2011, 09:34
Le Totem sono prodotte interamente in Canada.
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antonio leone
18-02-2011, 10:06
x Markko88
è proprio così
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Akassios
18-02-2011, 10:10
E' assolutamente falso che tutti producono in Cina. Ripeto: Canton,
System Audio, Cambridge e Mordaunt Short hanno la fabbrica e la sede
dell'azienda nel paese di origine e non hanno alcuno stabilimento in
estremo oriente. Boston Acoustics ha la progettazione in Usa, ma tutta
la manodopera in Malesia. Le Wharfedale vengono prodotte a Shenzen. Lo
chiedo perché è pazzesco pagare prezzi al top sapendo che loro hanno
ridotto di tre quarti le spese. Tra l'altro ho avuto una pessima
esperienza personale: per lavoro ho dovuto acquistare un partita di 20
cuffie microfoniche AKG HSC 171 (ormai AKG è made in China) e - al di
là dei mostruosi tempi di attesa - alcune ci sono arrivate senza cavi!
Non vi dico cosa abbiamo dovuto fare per farli arrivare dalla Cina...
Altre case che producono in Europa o negli Usa?
Grazieeeeeeeeeeeee!!
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antonio leone
18-02-2011, 10:54
Insisti senza documentarti secondo me......il primo a caso.....
http://www.cambridgeaudio.com/assets/documents/650BD-rear.jpg
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andrea.illegal
18-02-2011, 11:01
haha! in pratica tutti producono in china! chi tutto il prodotto chi
quasi tutto! che disastro! e qui chiudono le fabbriche! e la roba costa
sempre di più! e si rompe prima! :(
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antonio leone
18-02-2011, 11:19
in Cina, le grandi aziende, quelle vere, ci vanno con le proprie
strutture in primis per penetrare nei mercati emergenti dove ci sono
2,5 miliardi di potenziali consumatori contro 500 milioni di potenziali
esauriti negli acquisti visto che hanno un pò tutti tutto
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Akassios
18-02-2011, 11:27
Cosa c'entra un lettore BD? Ti sei accorto che questo è il forum
dedicato agli speaker e che nella mia domanda parlavo di diffusori? A
volte basta leggere con attenzione prima di essere scortese con gli
altri utenti del forum. I diffusori Cambridge (S-Series per capirci)
non sono prodotti in oriente. Non è vero che tutti producono in Cina.
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Akassios
18-02-2011, 11:35
E' possibile tornare alla domanda iniziale ed evitare off-topic? Sapete
oltre ai marchi che ho segnalato chi produce diffusori in Europa? B&W
produce interamente in UK sia la serie Nautilus che la serie 800. Tutte
le altre sono progettate in UK, ma prodotte in Cina. Il fatto che le
serie più prestigiose vengano prodotte in Europa dovrebbe far
riflettere...
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grezzo72
18-02-2011, 12:35
quoto Antonio Leone! produrre in cina non è necessariamente sinonimo di
cattiva qualità.....sui costi potremmo stare qui a parlare all'infinito
ma senza vedere i bilanci di queste società non si può capire il perchè
di questa scelta!;)
comunque: NEAT sono prodotte totalmente in UK, paradigm totalmente in
canada, e se non vado errato chario, sonus faber e zingali sono
prodotte interamente in Italia
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antonio leone
18-02-2011, 12:54
questo . I diffusori Cambridge (S-Series per capirci) non sono prodotti
in oriente. Non è vero che tutti producono in Cina.
il sub....per esempio....è made in China....tanto per citarne un altro
a volo
Comunque dietro ai diffusori c'è scritto Designed in England e non
manufactured il chè la dice già ababstanza lunga.......poi non è
un'azienda di diffusori quindi non farebbe neppure testo più di tanto;)
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petshopboy
18-02-2011, 13:20
Ogni diffusore è realizzato interamente a mano ed in numero
limitatissimo. Anche i meno costosi.
Progettati da un ingegnere italiano trasferitosi a Praga nel 1995.
Non sono una industria e non vogliono diventarlo.
100% Handmade in Czech Republic.
www.xavian.cz
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Akassios
18-02-2011, 14:10
il sub....per esempio....è made in China....tanto per citarne un altro
a volo
Comunque dietro ai diffusori c'è scritto Designed in England e non
manufactured il chè la dice già ababstanza lunga.......poi non è
un'azienda di diffusori quindi non farebbe neppure testo più di tanto;)
Ancora? Sto parlando di diffusori! Il sub non mi interessa. Ripeto, la
S-series non è prodotta in oriente. E che vuol dire che non è
un'azienda di diffusori? Nel mio topic chiedo se c'è qualcuno che
conosce aziende che producono diffusori NON made in China semplicemente
perché non mi va di pagare prezzi europei a chi produce a basso costo e
a bassa qualità (altrimenti non si spiega perché i prodotti di alta
qualità continuano a produrli in Europa come fa B&W). Senza poi
ragionare delle garanzie sociali che ha chi produce in Uk rispetto a
chi produce in Cina, ma questo è off-topic. Possiamo ritornare
all'argomento? Grazie.
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Akassios
18-02-2011, 14:13
Ogni diffusore è realizzato interamente a mano ed in numero
limitatissimo. Anche i meno costosi.
Progettati da un ingegnere italiano trasferitosi a Praga nel 1995.
Non sono una industria e non vogliono diventarlo.
100% Handmade in Czech Republic.
www.xavian.cz
Cazzarola, bellissime! Grazie! Gli scrivo per sapere se e dove si
possono sentire a Roma.
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petshopboy
18-02-2011, 14:24
bellissime! Grazie! Gli scrivo per sapere se e dove si possono sentire
a Roma.
Purtroppo per ora le puoi ascoltare solo a Milano, qui:
http://www.spinelliht.com/index.php?main_page=index&manufacturers_id=77
Nessun altro le ha in Italia. Come ti dicevo la produzione e quindi la
distribuzione è limitatissima.
Su AF Digitale di ottobre trovi una prova molto lusinghiera dei
diffusori Xavian Duetto, che posseggo con estrema soddisfazione. Se
vuoi saperne di più contattami con un PM.
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Akassios
18-02-2011, 18:25
Per avere un'idea, di che fascia di prezzo stiamo parlando? Certo che
andare a Milano a comprare delle casse...
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petshopboy
18-02-2011, 19:44
se clicchi sul link del mio msg precedente vedrai anche i prezzi
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Goldino
18-02-2011, 21:23
bellissime le xavian, io ti suggerirei anche le audel che esteticamente
sono stupende, made in italy e vero legno..
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petshopboy
18-02-2011, 21:49
tanto per far notare le rifiniture, con scritto a mano il nome
dell'operatore che le costruite ed il numero di serie. roba d'altri
tempi
http://i51.tinypic.com/2q1rjh1.jpg
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zaragos
18-02-2011, 23:16
Ancora? Sto parlando di diffusori! Il sub non mi interessa. Ripeto, la
S-series non è prodotta in oriente. E che vuol dire che non è
un'azienda di diffusori? Nel mio topic chiedo se c'è qualcuno che
conosce aziende che producono diffusori NON made in China
sub = diffusore.
comunque se esiste ancora un'azienda che produce nel ''paese di
origine'' usa comunque al 99 % componenti che provengono da paesi dove
la manodopera costa meno.
ps.vedi fiat.anche la romania è in europa,quindi per te un prodotto non
cinese vale l'altro?
poi ripeto la legge del ''made in''è facilmente aggirabile,perchè basta
l'ultimo assemblaggio in Italia (ipotesi) ed il prodotto diventa
Italiano,
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antonio leone
19-02-2011, 10:26
nei paesi come l'europa o il jap ci restano o le produzioni high level
o le aziende che al massimo producono e possono vendere 100 casse al
mese...se le vendono pure
Sarebbe bello sapere di preciso dove le fanno queste serie
S........cambridge
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nano70
19-02-2011, 11:04
E' assolutamente falso che tutti producono in Cina. Ripeto: Cambridge
hanno la fabbrica e la sede dell'azienda nel paese di origine e non
hanno alcuno stabilimento in estremo oriente.
Mi spiace ma Cambridge produce in Cina. Così come Arcam, Nad, Rotel,
Kef, B&W. Exposure è 100% inglese, Dali, Dynaudio e System Audio sono
100% danesi, Focal è 100% francese, Linn 100% scozzese, Totem 100%
canadese. Anche i marchi nostrani sono 100% italiani come Sonus Faber o
Chario per fare un paio di nomi. Quello che mi ha fatto scendere un pò
la catena è Krell che ha iniziato a fare qualcosa in Cina (roba da
matti!!!). :(
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mbmf
19-02-2011, 11:05
Paradigm dovrebbe tuttora essere fatta in Canada
Confermo sul mio Sub c'è riportato made in Canada...
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Akassios
19-02-2011, 11:57
Ho visto, grazie!
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Akassios
19-02-2011, 12:14
Sub=basso, non diffusore. In questo topic vorrei che si parlasse di
casse, grazie.
Quindi zaragos mi stai dicendo che il cabinet in legno della 800 Series
Bowers & Wilkins viene dalla Cina? Accidenti...
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zaragos
19-02-2011, 13:26
Quindi zaragos mi stai dicendo che il cabinet in legno della 800 Series
Bowers & Wilkins viene dalla Cina? Accidenti...
:what: io ti ho detto questo? :confused:
io ho solo detto che funziona così ...magari arriva tutto dalla
cina,poi le assemblano li..chi lo può sapere? nell'abbigliamento
funziona così..i marchi più prestigiosi , quelli che si fanno pagare
una camicia + di 1000 con la scritta made in italy,di italiano hanno
solo l'ultimo bottone,e questo telo posso garantire !visto che ci sono
stato dentro,
in tutti i campi penso sia uguale,dai diffusori a tutto..
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Nordata
19-02-2011, 13:30
Discussione che mi sembra abbastanza surreale.
Per prima cosa, basarsi su cosa c'è scritto sulla famigerata targhetta
non vuol dire molto, come è già stato fatto notare basta una minima
finitura fatta nel Paese di arrivo per giustificare l'automatica
"nazionalizzazione" del prodotto stesso.
A parte questi estremi, non infrequenti, si badi bene, nessuno può poi
dire dove siano realizzati i singoli componenti, nel caso di un
"diffusore" (per precisione, anche un sub è un diffusore) ci può essere
il mobile, i singoli altoparlanti, il crossover (in toto o come i
singoli componenti, dove saranno mai realizzati i condensatori o le
bobine?).
Escluse le piccole o piccolissime ditte quasi artigianali, tutte le
altre, bene o male, ricadono in una delle ipotesi fatte prima e non c'è
modo di saperlo se non scrivendo alla ditta stessa chiedendo conto
dell'origine dei singoli componenti (dite che vi rispondono? E se vi
rispondono saranno forse non bugie, ma verità con riserve mentali? :D).
Detto tutto questo, vengo al nocciolo della questione: il diffusore è
"costruito" in Cina, bene, è allora?
Non è che quando lo collego tutti i brani escono automaticamente
cantati in cinese, no, rimangono gli stessi incisi sul CD/DVD/Vinile,
non cambia nulla.
La qualità? Ma per piacere! Smettiamola con il luoghi comuni ormai
superati, non ci si deve sempre limitare al paragone con i mercatini
pieni di paccottaglia che ormai si trovano sempre più frequentemente
nelle città (e dove compro regolarmente le lampadine per la mia auto,
durano esattamente come le "originali" e costano un terzo).
Il fatto che sia costruito in Cina non significa che un oggetto sia
automaticamente scadente, privo di qualità, di durata limitata e,
magari, anche pericoloso.
Ci sono anche questi prodotti, ci sono gli orologi da 2 EUR pila di
ricambio compresa, ma ci sono ampli di classe elevata, così come altri
prodotti.
Se una ditta di gran nome fa realizzare, su proprio progetto, in Cina
lo fa solo per risparmiare, ma non sulla qualità, ne va del suo buon
nome.
Per non parlare del fatto che ci sono ditte, grosse ditte, cinesi
specializzate in particolari rami che progettano in proprio un prodotto
e poi lo vendono ai vari marchi e si tratta di prodotti validissimi,
anche costosi, altro che paccottaglia.
In Giappone hanno iniziato così un po' dopo la seconda guerra mondiale,
costruendo paccottaglia a poco prezzo, poi costruendo per altri ed ora
realizzando in proprio, per non parlare di Taiwan e del mondo
dell'informatica, non credo che qualcuno si rifiuti di comprare un PC
made in Taiwan e lo voglia assolutamente made in USA, mi sembra che
anche Apple faccia costruire qua e là (una CPU prodotta in Malesia, ma
scherziamo? La voglio fatta in USA).
Per non parlare della Corea (che orrore, un TV coreano! :D).
Ripeto: è fatto in Cina? Bene, l'ìmportante è che sia fatto bene.
Non è che se un prodotto è costruito in Inghilterra, Italia, Francia è
sicuramente fatto meglio, ci sono tanti prodotti italiani, anche nel
nostro settore, che non comprerei neanche a prezzo scontatissimo.
Ultima cosa, ma forse la più importante: io, se devo scegliere un
diffusore (o un qualsiasi altro componente A/V) lo ascolto, non vado a
leggere la targhetta, non metto come primo parametro nella scelta che
sia fatto "non in Cina", poichè la cosa non ha alcuna influenza sul
risultato finale.
Ciao
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AxelCruise
19-02-2011, 13:44
Indiana Line costruisce qui, o meglio la produzione dei
mobili per l'alloggiamento degli speaker è con tutta probabilità
un prodotto orientale ma l'assemblaggio e la costruzione del diffusore
è in mano alla "coral electronic di rivoli" ... non è un marchio
blasonato come le prestigiose Cambridge, Canton, Focal e altri ma
si parla pur sempre di made in Italy e c'è da sottolineare che seppur
non si
pongano in segmenti da riferimento i loro prodotti sono alcuni
dei migliori a livello di qualità prezzo!
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petshopboy
19-02-2011, 15:24
Indiana Line costruisce qui, o meglio la produzione dei mobili per
l'alloggiamento degli speaker è con tutta probabilità un prodotto
orientale ma l'assemblaggio e la costruzione del diffusore è in mano
alla "coral electronic di Rivoli" ma
si parla pur sempre di made in Italy
guarda che anche le IL sono al 100% Made in China. un paio di anni fa
vi fu anche un bella recensione su AF Digitale della linea completa
serie TESI, sub woofer compreso dove fu messo in evidenza anche questo
particolare.
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Akassios
19-02-2011, 15:37
Discussione che mi sembra abbastanza surreale.
Per prima cosa, basarsi su cosa c'è scritto sulla famigerata targhetta
non vuol dire molto, come è già stato fatto notare basta una minima
finitura fatta nel Paese di arrivo per giustificare l'automatica
"nazionalizzazione" del prodotto stesso...
Ciao
Bene, sono contento che tu abbia perso del tempo per recensire il mio
topic. Sono anche contento che tu mi abbia detto qual è il tuo modo di
scegliere un diffusore. Il tutto per affermare quanto mi sembra
abbastanza surreale e off-topic la tua risposta.
Ringrazio invece chi sta rimanendo in-topic e mi sta dando molti spunti
per scegliere.
La domanda è sempre la stessa: chi produce ancora diffusori in Europa o
negli Usa? Ripeto, è assolutamente falso (e anche vagamente
diffamatorio...) che non ci sia più chi produce solo in Europa o negli
Usa.
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kaneda4
19-02-2011, 15:43
Concordo con quanto scrive Nordata, discussione abbastanza surreale
:eek:
Il mio Sunfire è assemblato in Cina che faccio lo butto ? :D
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Akassios
19-02-2011, 15:54
:what: io ti ho detto questo? :confused:
io ho solo detto che funziona così ...magari arriva tutto dalla
cina,poi le assemblano li..chi lo può sapere? nell'abbigliamento
funziona così..i marchi più prestigiosi , quelli che si fanno pagare
una camicia + di 1000 con la scritta made in italy,di italiano hanno
solo l'ultimo bottone,e questo telo posso garantire !visto che ci sono
stato dentro,
in tutti i campi penso sia uguale,dai diffusori a tutto..
Sì, hai detto proprio questo. Cito: "Comunque se esiste ancora
un'azienda che produce nel ''paese di origine'' usa comunque al 99 %
componenti che provengono da paesi dove la manodopera costa meno".
Quindi mi stai dicendo che il cabinet in legno (cioè ben più dell'1% di
un diffusore) della 800 Series di B&W è fatto in Cina? Peccato che il
collega che si occupa di P.R. e marketing della B&W mi abbia appena
scritto che le Nautilus e le 800 Series sono INTERAMENTE prodotte a
Worthing, nel West Sussex. Mi chiedo (e vado anch'io off-topic, ma
sembra sia una moda in questo forum), come mai il top di gamma viene
prodotto qui e il resto in Cina? Non sarà mica che il livello di
qualità di qui sia superiore a quello cinese? Naaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Amico mio, lavoro da 10 anni nella moda. E' pieno di aziende che
producono in Italia, come è pieno di aziende che non lo fanno. Ora i
controlli sono rigidissimi e severissimi e stai tranquillo che
nell'haute couture se c'è scritto "made in italy" vuol dire che quel
capo è fatto qui. Qualche anno fa non era così e su questo hai ragione,
ma ora le multe fioccano.
Le mie camicie le faccio fare a mano in un laboratorio in cui conosco
personalmente (e la vedo anche all'opera) la sarta che mi fa la
camicia. Vorrei fare altrettanto per le casse, tutto qui. Posso o
disturbo?
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Akassios
19-02-2011, 15:56
Concordo con quanto scrive Nordata, discussione abbastanza surreale
:eek:
Il mio Sunfire è assemblato in Cina che faccio lo butto ? :D
Fai quello che vuoi, onestamente non mi interessa. Il topic fa una
domanda precisa, se ti va puoi rispondere alla domanda posta nel topic,
altrimenti puoi ignorare e passare avanti. Nessuno sta dando giudizi su
ciò che fanno gli altri, vorrei però essere libero di fare quello che
mi pare con ciò che è mio.
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Akassios
19-02-2011, 16:01
bellissime le xavian, io ti suggerirei anche le audel che esteticamente
sono stupende, made in italy e vero legno..
WOW, pazzesche le Audel!!!!!!!!!!!!!! Certo che come prezzo siamo un
po' su...
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kaneda4
19-02-2011, 16:06
Mah... a me sembra di aver dato il mio contributo dicendoti che il mio
Sunfire è assemblato in Cina, vai per esclusione ed otterrai comunque
il risultato da te chiesto, pertanto non mi sembra di essere OFF TOPIC
:D
Continuo a ritenere sterile la discussione per quanto detto da molti e
cioè che è impossibile capire se un diffusore è totalmente costruito in
Italia (o in europa) perchè potrebbe aver concluso la fase finale in un
paese pur essendo assemblato quasi completamente in un altro :rolleyes:
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Akassios
19-02-2011, 16:17
Mah... a me sembra di aver dato il mio contributo dicendoti che il mio
Sunfire è assemblato in Cina, vai per esclusione ed otterrai comunque
il risultato da te chiesto, pertanto non mi sembra di essere OFF TOPIC
:D
Continuo a ritenere sterile la discussione per quanto detto da molti e
cioè che è impossibile capire se un diffusore è totalmente costruito in
Italia (o in europa) perchè potrebbe aver concluso la fase finale in un
paese pur essendo assemblato quasi completamente in un altro :rolleyes:
Se per "tuo Sunfire" parli di un ampli, sei off-topic perché questo è
il forum sui diffusori e la mia domanda è sui diffusori.
Sapere che tu ritenga sterile la discussione, non aggiunge nulla a
quanto richiesto nel topic e dunque è off topic. E' come se ti dicessi
che non mi piace il tuo avatar o che usi troppe congiunzioni.
Se non ti piace il topic, perché sei ancora qui a leggere? Vorrei
risposte e non giudizi estetici sulla mia domanda. Ti ripeto: non è
vero che sia impossibile sapere dove è prodotto un diffusore e se leggi
tutti i post, troverai molti esempi. Basta volerlo. Magari non ti
interessa, ma a me interessa e questo topic l'ho aperto proprio per
questo. Poi se uno ha un dubbio, basta mandare una bella email e ti
diranno tutto sui loro prodotti, come ho già fatto con molti. Ti
rispondono entro 12 ore e sono sincerissimi.
Un consiglio: magari potresti aprire un topic del tipo: "Perché
chiedersi se le casse sono prodotte in Cina? Tanto è uguale.". Giuro
che se lo farai, non verrò ad ammorbarti con le mie noiose, sterili,
surreali, minoritarie, irrilevanti opinioni contrarie. ;)
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tsq1to
19-02-2011, 18:42
...
Ripeto: è fatto in Cina? Bene, l'ìmportante è che sia fatto bene...
Non è che se un prodotto è costruito in Inghilterra, Italia, Francia è
sicuramente fatto meglio,....
Verissimo, purtroppo per la nostra forza-lavoro.
Cina e poi India, Brasile e chissà quanti altri: Decathlon, Ikea, tutte
le multinazionali commerciali prosperano nel Mercato Globale.
Noi stessi cerchiamo sempre il prodotto con il miglior rapporto
qualità/prezzo, o no?
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Nordata
20-02-2011, 01:38
@ Akassios
Le quotature andrebbero fatte solo quando le stesse siano
effettivamente necessarie (per evitare fraintendimenti, per far capire
a quale parte di un lungo messaggio si sta rispondendo).
Quotare, per di più integralmente, come hai fatto tu il messaggio
appena prima del proprio è cosa assolutamente inutile e, pertanto, non
necessaria (recquisto primo per poter fare una quotatura)
Sei pertanto pregato di prestare maggiore attenzione al regolamento.
Altra cosa, mi sembra che il tuo modo di porti nei confronti degli
altri utenti possa essere dare origine a flame, pertanto dovresti
cercare di smorzare un po' i toni, non come è avvenuto in alcune delle
tue risposte.
Se poi uno o più messaggi sono OT lo stabilirà lo Staff.
Sino ad ora mi sembra però che se oltre a fornire uno sterile elenco di
nomi si spiegano anche le ragioni ala base di una certa scelta, per
giustificarla o contestarla, sia cosa che torni tutto a vantaggio degli
iscritti o di chi voglia apprendere nuove nozioni, scopo fondamentale
di un forum.
Ciao
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scubi
20-02-2011, 11:07
Decathlon, Ikea, tutte le multinazionali commerciali prosperano nel
Mercato Globale.
Noi stessi cerchiamo sempre il prodotto con il miglior rapporto
qualità/prezzo, o no?
Alt!
Hai elencato due marchi da 5...molto popolari e per un target di
clientela molto basso.;)
Se compro un capo di Gucci, pretendo che sia fatto in Italia e da
manine esperte; se compro un divano di B&B, pretendo che sia
"artigianale" e fatto da maestri mobilieri.;)
Passando ai diffusori: se spendo 200 per una coppia di casse, so
perfettamente che vado in contro ad un prodotto low-profile(con tutti
gli annessi e connessi del caso); per contro, se compro la serie 800 di
B&W, pretendo che sull'intero diffusore ci sia la mano dell'ebanista, e
non solo, inglese.;)
Il punto e' proprio questo: il target a cui si riferisce il prodotto.
P.s.: Sonus Faber 100% Made in italy
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Akassios
20-02-2011, 11:24
Ti ringrazio per aver capito perfettamente lo spirito del mio topic. E'
solo questione di aspettative e di dove vanno a finire i miei soldi.
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Akassios
20-02-2011, 11:40
@ Akassios
Altra cosa, mi sembra che il tuo modo di porti nei confronti degli
altri utenti possa essere dare origine a flame, pertanto dovresti
cercare di smorzare un po' i toni, non come è avvenuto in alcune delle
tue risposte.
Se poi uno o più messaggi sono OT lo stabilirà lo Staff.
Sino ad ora mi sembra però che se oltre a fornire uno sterile elenco di
nomi si spiegano anche le ragioni ala base di una certa scelta, per
giustificarla o contestarla, sia cosa che torni tutto a vantaggio degli
iscritti o di chi voglia apprendere nuove nozioni, scopo fondamentale
di un forum.
Ciao
Se una cosa PER ME è off-topic non lo stabilisce lo staff. Lo staff può
far rispettare le regole, non stabilire cosa io debba pensare. Senza
poi dimenticare la regola 2f della Netiquette che sicuramente
conoscerai molto meglio di me. Parlare di geopolitica applicata alla
Cina in un topic in cui si chiede solamente il nome di qualche casa che
produce diffusori in Europa o Usa è secondo me "divagare", anche se lo
fa un moderatore. Non credo che esso sia sopra le regole, o sbaglio?
Parlando di flame, come mai non sei intervenuto quando un utente mi ha
scritto: "Insisti senza documentarti secondo me..."?
Ti sei reso conto che nell'esordio del tuo primo post hai scritto:
"Discussione che mi sembra abbastanza surreale"? Ti sembra modo educato
di esordire nei confronti di un utente che non conosci? Prova a farlo
per strada con uno sconosciuto e fammi sapere la reazione. Tu per me
sei uno sconosciuto, dunque...
Inoltre, non hai pensato che ho aperto questo topic proprio per avere
"Uno sterile elenco di nomi" che per me non è affatto sterile? La
sensazione è che tu voglia dirmi cosa devo pensare, cosa devo chiedere
e dunque cosa devo ottenere dalle mie richieste. Nelle regole del forum
non è previsto che ti debbano piacere tutti i post. Magari il mio topic
è stupido, ma è assolutamente conferente con la "mission" del forum e
come moderatore penso che dovrebbe essere solo questa la tua unica
missione, quella di veder soddisfatti gli utenti di questo forum.
Molti utenti mi hanno già risposto senza andare off-topic dandomi una
mano nella scelta dei miei nuovi diffusori. Questa è un'ottima cosa per
me e per il forum, perché vuol dire che funziona. Se il mio topic si
riempirà di - queste sì - sterili discussioni di geopolitica, esse
serviranno solo per tenere alla larga chi magari voleva o poteva
rispondere alla mia domanda originale.
Spero con questo di aver chiuso ogni sterile polemica.
Again: c'è qualcuno che ha in mente altre case (oltre a quelle già
segnalate) che producono diffusori interamente in Europa o negli
U.S.A.?
Grazieeeeeeeeeeeeeee!!
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massimo821
20-02-2011, 11:47
Servirebbe anche una riflessione più generale su dove vanno a finire i
nostri soldi?
Non sarebbe meglio spenderli in prodotti Italiani o almeno Europei?
E' giusto andare nei negozzi Hi-fi e strassarli con ore di ascolti e
poi acquistare sul web per risparmiare pochi euro?
A volte qualche euro in più grantisce il lavoro di qualche persona in
più.......e alla lunga,nei grandi numeri garantisce anche il nostro
lavoro.
Accidenti che discordo serio :D , scusate una semplice riflessione!
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scubi
20-02-2011, 11:59
Non sarebbe meglio spenderli in prodotti Italiani o almeno Europei?
Per quanto riguarda me, e' la prima cosa che faccio:
1- Italia
2- Europa/Usa
Se proprio e' impossibile pescare in questi mercati, mi arrendo.:(
E' giusto andare nei negozzi Hi-fi e strassarli con ore di ascolti e
poi acquistare sul web per risparmiare pochi euro?
Se parli di giustizia, ti rispondo di si.;)
Se chiedi se e' etico farlo, ti rispondo di no.;)
Se acquisti sul web, solitamente non lo fai per pochi euro...;)
@Akassios: specifica il senso della tua domanda...rendi più palese il
tuo pensiero.:D ;)
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Akassios
20-02-2011, 12:10
@Akassios: specifica il senso della tua domanda...rendi più palese il
tuo pensiero.:D ;)
Lo hai già fatto te perfettamente, non avrei saputo fare di meglio.
Voglio acquistare dei diffusori prodotti in Europa o negli Usa e voglio
sapere esattamente dove vanno a finire i miei soldi. Quando acquisti un
diffusore di buona/ottima qualità, compri anche l'esperienza e la
tradizione del marchio stesso e dunque pretendo che se il brand si fa
vanto della tradizione (e il vanto ha un prezzo), produca
tradizionalmente nel paese di origine.
Tutti sono liberi di scaraventare i loro soldi dove vogliono e se vi
piace cinese buon per voi. A me no, ecco perché vorrei sapere quali
case producono ancora da noi, tutto qui.
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TaxassiNation
20-02-2011, 12:13
c'è qualcuno che ha in mente altre case (oltre a quelle già segnalate)
che producono diffusori interamente in Europa o negli U.S.A.?
Acapella (http://www.acapella.de/en/index.php) Audio Arts Handmade in
Germany.
Interessante il Plasma Tweeter ION TW 1S
(http://www.plasmatweeter.de/acapella.htm).
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scubi
20-02-2011, 12:18
Per restare in Italia:
Diapason
Rosso Fiorentino.
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kaneda4
20-02-2011, 12:22
Tutti sono liberi di scaraventare i loro soldi dove vogliono e se vi
piace cinese buon per voi.
Mah......:D se l'assemblaggio di un determinato componente avviene con
mani cinesi o irlandesi che ti cambia il suono ? Ovvio che è la serietà
del produttore e la classe stessa di appartenenza che fanno la
differenza. Se parliamo di opere d'arte da 5000 ha un senso che sia
l'ebanista che segua il lavoro dall'inizio alla fine ma se parliamo di
prodotti consumer li voglio vedere 1500 ebanisti che stanno li a
verificare che la fresatura o l'incollaggio sia a regola d'arte...e poi
magari riescono pure a farti un prezzaccio di 600 sul diffusore :D
Il discorso così come è impostato non porta a risposte centrate, si
divaga troppo e non si arriva a nulla. (secondo il mio umile
pensiero..)
__________________________________________________________________
Nordata
20-02-2011, 12:38
o staff può far rispettare le regoleSu questo hai perfettamente
ragione.
Imfatti, proprio perchè devo far rispettare le regole, il tuo account è
sospeso.
Ti rammento che quando ti sei iscritto al forum ti è stato chiesto di
leggere il regolamento e di accettarlo, cosa che tu hai espressamente
dichiarato di avere fatto.
Requisito per la tua riattivazione sarà la spiegazione, tramite MP, del
perchè, pur avendo dichiarato di accettare il regolamento, lo hai
violato (ed in maniera abbastanza grave), nonchè l'esatta indicazione
delle regole violate e la dichiarazione formale a non violare più il
regolamento suddetto.
Qualsiasi altra comunicazione non inerente a quanto richiesto sarà
considerata spam e trattata di conseguenza.
Ciao
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massimo821
21-02-2011, 09:25
l'assemblaggio di un determinato componente avviene con mani cinesi o
irlandesi che ti cambia il suono ?
Anche se l'assemblaggio in cina non pregiudica la qualità del suono,
credo sia comunque importante capire dove vanno i nostri soldi per le
ragioni già elencate.
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kaneda4
21-02-2011, 11:05
Si ma come detto prima, come fai a fare un elenco dei componenti
assemblati in Cina e non, potremmo parlare del solo ap made in Cina pur
avendo un diffusore completamente assemblato in Italia, il xover idem,
i componenti stessi dei xover...insomma è pura utopia...una fissazione
e basta. La stessa peerless adesso ha manodopera Cinese e chi conosce i
peerless sa che equipaggiano diffusori di assoluto rilievo e molti
Italianissimi dal progetto all'assemblaggio ;)
__________________________________________________________________
massimo821
22-02-2011, 22:27
nel dubbio chi ha fabbriche in Italia sicuramente un po' di lavoro lo
porta......
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leons76
24-02-2011, 09:52
Scusate ma le JBL dove le fanno?:rolleyes:
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Abiti da sposa made in china
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F
Sposa Novella Aprile 2017 Roma
Abiti da sposa made in china
FrancyAnto, il 26 Ottobre 2016 alle 13:03 Pubblicato in Moda nozze
11 Rispondi
* Segnala
Salve, volevo segnalare una cosa molto triste che avevo notato girando
per negozi che lavorano su grandi marchi importati. Ho notato che
parecchi modelli come Luna Novias o Just for you per citarne alcuni
sono Made in China. Considerando che la cifra da spendere è comunque
notevole, credo sia il caso di guardare con attenzione le etichette
degli abiti, anche se in alcuni negozi le commesse cercando di
ostacolare questa osservazione.
A questo punto credo che comprerò molto probabilmente il mio abito in
una sartoria, optando per il nostro made in Italy, e spero che molte
future sposine considerino questa scelta, supportando l'operosità e la
bravura delle nostre sarte locali.
* Segnala
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Rispondi
11 Risposte
* Flavia
Amministratrice Roma
Flavia · Il 27 Ottobre 2016 alle 16:18
+ Segnala
Benvenuta Francy, [smiley_winking.png]
ci sono molti abito Made in Italy, se ancora non hai deciso il
modello più adatto per te, dai un'occhiata al nostro catalogo!
Se vuoi un abito sartoriale, dai un'occhiata a quelle presenti tra
i nostri fornitori:
Abiti da sposa Roma
Un abbraccio
+ Rispondi
* Livy
Sposa VIP Settembre 2017 Padova
Livy · Il 27 Ottobre 2016 alle 12:16
+ Segnala
Grazie [smiley_smile.png] ho voluto una cosa semplice e leggera
[smiley_smile.png]
+ Rispondi
* Sabrina
Sposa Precisa Maggio 2018 Agrigento
Sabrina · Il 27 Ottobre 2016 alle 12:04
+ Segnala
Wow sembra bellissmo e raffinato [smiley_smile.png]
+ Rispondi
* Livy
Sposa VIP Settembre 2017 Padova
Livy · Il 26 Ottobre 2016 alle 18:08
+ Segnala
Purtroppo non ho foto perché avendolo pensato io verrà creato
direttamente in sartoria ma posso spiegarvi come sarà..il taglio
dell'abito è scivolato, la base dell'abito sarà in raso ma sarà
rivestito di chiffon..sopra lo scollo avrà un tulle bianco molto
leggero e proseguirà anche sulle maniche..sarà chiuso con dei
bottoni in strass che proseguiranno solo scollo e saranno ripresi
sulle maniche..inoltre dalle spalle verrà agganciato un mantello
con strascico completamente in chiffon..quando sarà pronto metterò
senz'altro una foto [smiley_smile.png]
+ Rispondi
* Sabrina
Sposa Precisa Maggio 2018 Agrigento
Sabrina · Il 26 Ottobre 2016 alle 15:38
+ Segnala
Ciao Alice ce la fai vedere una fotina?
+ Rispondi
* Livy
Sposa VIP Settembre 2017 Padova
Livy · Il 26 Ottobre 2016 alle 14:22
+ Segnala
Ciao, io ho scelto il mio abito circa un mese fa e mi sono affidata
ad una sartoria che realizza abiti su misura, scegliendo le stoffe
assieme alle sarte..è vero che realizzandolo su misura non vedi
l'abito finché non sarà finito ma sono rimasta molto
soddisfatta..devo dire che comunque anche utilizzando stoffe di
alta qualità e strass il prezzo è rimasto al di sotto dei 1500
euro..
+ Rispondi
* Veronica
Sposa Master Agosto 2017 Cagliari
Veronica · Il 26 Ottobre 2016 alle 14:13
+ Segnala
Ormai quasi tutta l'industria tessile,come altre, è made in China
:/ purtroppo bisogna indagare sulla qualità effettiva del prodotto
:qualità delle stoffe,fattura dell'abito,ecc. Non sempre made in
Italy è sinonimo di qualità, ma sicuramente qui abbiamo molti più
controlli sulle produzioni (fibre,coloranti,trattamenti e altre
cose), rispetto a molti altri stati [smiley_smile.png] parlo da
sarta costumista quindi è il mio campo [smiley_smile.png]
+ Rispondi
* F
Sposa Novella Aprile 2017 Roma
FrancyAnto · Il 26 Ottobre 2016 alle 14:09
+ Segnala
E' questione di scelta, ognuno opta per quello che ritiene più
idoneo per se. Riflettevo sul fatto che a parità di prezzo o con
lievi differenze personalmente opterei per quello che viene
realizzato qui, con la possibilità di poter scegliere tessuti e
quant'altro, piuttosto che prendersi un capo così come viene dalla
cina (e per il quale in alcuni negozi ti danno anche il tempo
massimo per ordinare perchè poi bisogna aspettare 3 mesi che il
capo arrivi in italia). Poi è questione di gusti. Suggerivo
soltanto di farci caso alle etichette e rapportare quello che si
sta comprando con la cifra che si sta spendendo, perchè da un primo
giro di negozio ho notato una certa reticenza nel mostrare le
etichette degli abiti e anche una fretta da parte delle commesse
nel chiudere l'ordine.
+ Rispondi
* Alessia
Sposa Master Settembre 2017 Roma
Alessia · Il 26 Ottobre 2016 alle 13:28
+ Segnala
Infatti bisognerebbe andare a fondo per vedere la stoffa da dove
arriva.. ormai è tutto made in China. . [smiley_winking.png] io ci
ho fatto caso un giorno coj i vestiti di mia figlia... chicco
prenatal oviesse. . Tutto made in China l Thailandia o via
dicendo.. il discorso deve essere più approfondito. . Poi se
preferisci andare da una sarta hai tutto il diritto di farlo
[smiley_shame.png]
+ Rispondi
* laura
Sposa VIP Maggio 2017 Messina
laura · Il 26 Ottobre 2016 alle 13:23
+ Segnala
T dirò ieri passando per una vetrina ho visto esposto un abito
molto simile al mio. Guardandolo bene ho notato ke era una brutta
imitazione del mio.perline attaccate quasi cadenti, l effetto
luccichio scarsissimo e la stoffa orrenda. Qst credo sia il made in
china che intendi tu. Premesso che io sono per il made in Italy qnd
possibile.. Però l abito deve essere quello giusto per cui se lo
trovi e t piace.. Non mi senti di dire a nessuno di rinunciarvi
anche perché a sto punto non dovrebbero comprare nessun abito che
non sia made in italy.
+ Rispondi
* Antonella
Sposa TOP Giugno 2018 Bari
Antonella · Il 26 Ottobre 2016 alle 13:10
+ Segnala
Ciao FrancyAnto, io non credo che mada in china sia per forza
sinonimo di scarsa qualita'. Anche I sarti cinesi sono bravi e se
le stoffe sono di qualita' non vedo il problema...
+ Rispondi
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