In realtà, se Trump dovesse far scattare la minaccia totale la Cina non potrebbe ribattere perché non ha tanto import dagli Usa. Come nota Tim Drayson, capo economista di Legal & General Investment Management, la rappresaglia cinese potrà passare dal colpire "le società a stelle e strisce che operano al suo interno. Ritardi, controlli fiscali e maggiori controlli normativi sono possibili con 'bersagli facili' come Hollywood e le società farmaceutiche americane. La Cina si è inoltre dimostrata molto efficace in passato nel creare una macchina della propaganda per incoraggiare il boicottaggio delle importazioni di merci americane o anche i viaggi verso gli Usa".
Il grosso degli interessi economici degli Usa in Cina sono legati alla presenza delle proprie aziende. Queste, come già minacciato verso Apple, dovranno esser colpite da Pechino in caso di escalation della guerra commerciale
La notizia era tutto sommato attesa sui mercati, dove comunque domina l'incertezza: gli scambi in Asia sono stati poco mossi e sui listini europei domina la debolezza. Milano chiude in calo e il Ftse Mib cede lo 0,29% con Bper che paga i conti pubblicati ieri sera e Carige affossata dal downgrade da parte di Moody's. Parigi lima lo 0,35%, Francoforte lo 0,12% e Londra riesce a salire dello 0,75%, dato però falsato dal calo della sterlina. Wall Street, reduce da una seduta che ha portato gli indici vicino ai record, rialza la testa dopo un'apertura debole: quando terminano gli scambi in Europa, il Dow Jones torna in parità come lo S&P500 è invariato e il Nasdaq aggiunge lo 0,1%. Superstar Tesla: ieri ha chiuso in rialzo dell'11% dopo che Elon Musk ha twittato la sua intenzione (ma non ancora certa) di delistare l'azienda e oggi ritraccia leggermente. Questa mattina la Borsa di Tokyo ha terminato in ribasso dello 0,08% e Shanghai ha perso l'1,27% preoccupata per i dazi.
L'euro risale sopra 1,16 dollari, mentre sui intensificano le tensioni tra Usa e Cina. la sterlina invece arretra per i timori della Brexit. La moneta europea passa di mano a 1,1608 dollari e 128,80 yen. La sterlina affonda a 1,2886 dollari, il minimo dall'agosto 2017 e scende sotto 90 pence sull'euro, il minimo dal novembre 2015. Dollaro/yen cala a 110,96. La lira turca riprende a scendere di circa un punto percentuale, dopo il recupero della vigilia. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi risale a 251 punti base, per un rendimento del decennale intorno al 2,9%. Qualche segnale di frenata per l'area Ocse nel suo insieme, con l'Eurozona sulla via del rallentamento, mentre gli Usa proseguono con passo stabile sul cammino della crescita, emerge dal superindice dell'Organizzazione parigina che mira ad anticipare i punti di svolta dell'attività economica rispetto al trend nei 6-9 mesi a venire.
Sul fronte delle materie prime, il petrolio a New York è in forte calo dopo la diffusione del rapporto sulle scorte petrolifere americane: alla chiusura delle Borse Ue, estende i cali al -3% con il Wti che torna a 67 dollari al barile. Nella settimana al 4 agosto, gli stock sono scesi di 1,351 milioni di barili mentre gli analisti attendevano una contrazione di 2,3 milioni di barili. Le scorte di benzina sono inaspettatamente salite e quelle di distillati sono cresciute molto più del previsto. I trader continuano a monitorare gli effetti delle sanzioni che gli Usa da novembre imporranno sul settore energetico iraniano e su chiunque non avrà ridotto a zero gli acquisti del petrolio di Teheran. Oggi l'Iran ha detto che gli Usa non possono impedire alla nazione di esportare il suo greggio ai suoi alleati. Quando gli scambi europei si avviano a chiusura l'oro tratta debole poco sotto 1.210 dollari l'oncia.
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