sottoculture di massa
26 novembre 2018

Cosa resta dei nerd ora che tutti vogliono fare i nerd

Un tempo i nerd erano una nicchia, oggi spopolano in tv e al cinema, mentre i loro raduni sono presi d’assalto dai neofiti. Ma come mai la cultura nerd è diventata di massa? E cosa ne pensano i diretti interessati?

Cosa resta dei nerd ora che tutti vogliono fare i nerd

È SCOMPARSO Stan Lee, l’uomo che ha reso mitologica la casa editrice di fumetti Marvel. La notizia merita di essere citata in apertura, e non solo per un doveroso omaggio al papà di Spider-Man e degli X-Men. Le reazioni che ha suscitato – paginate sui giornali, social invasi da dichiarazioni di stima – dimostrano che quella nerd non è più una sottocultura, ma un fenomeno globale. E questo autorizza la domanda: cosa significa essere nerd oggi che il nerd è trendy?

DA DIZIONARIO (Devoto Oli, 2017) il nerd è «un giovane di modesta prestanza fisica» con una «passione ossessiva per le nuove tecnologie». Ma chiedendo un parere ai diretti interessati si ottiene una definizione molto diversa. Non che ne esista una condivisa, tutt’altro: nell’introduzione alla raccolta di saggi Nerdopoli (effequ), lo sceneggiatore di fumetti Tito Faraci scrive che “cosa significa essere nerd?” è «il tipo di domanda su cui i nerd si scannano». Poi si cimenta: «Per me essere nerd significa passare dall’interesse direttamente all’ossessione». Eleonora C. Caruso, «nerd d’annata» (parole sue) e curatrice del volume, la mette così: «Vivere attivamente le passioni anziché subirle». Quanto agli oggetti tipici dell’ossessione li si può ricostruire, per sommi capi, scorrendo l’indice di Nerdopoli: fantasy, fantascienza, giochi di ruolo, serie tv, videogame, fumetti, anime giapponesi. «Avremmo potuto dedicare un volume a ciascuno», chiarisce Caruso, «ma l’idea è che siano come dei vicinati con un cortile comune».

VICINATI che, sommati gli uni agli altri, formano la città della cultura nerd, ormai sempre più popolosa. Anzi, ormai così popolosa da non avere più confini. Ed è qui che torniamo a Stan Lee, perché a dirgli addio sui social sono stati sia i fan storici, capaci di snocciolare senza esitazioni le date d’uscita di questo o quell’albo della Marvel, sia quelli che in vita loro hanno sfogliato forse un paio di fumetti al massimo. I nerd, quindi, ma anche il grande pubblico. Il motivo è presto detto: la nicchia dei supereroi si è allargata in un fenomeno globale, spinta da film dal budget monstre e dagli incassi ancor più monstre (si stima che l’ultimo nato, Avengers: Infinity War, sia costato circa 350 milioni di dollari, ma ne ha guadagnati più di 2 miliardi). Vale per i supereroi al cinema, ma non solo, perché i filoni da sempre cari ai nerd si fanno largo anche in altre industrie culturali: in tv, il Trono di Spade la fa da padrone, mentre il fumetto d’autore arriva in finale al premio Strega (è successo nel 2014 con Gipi e l’anno dopo con Zerocalcare).

LO SDOGANAMENTO si è consumato tra l’uscita del primo film della trilogia de Il Signore degli Anelli (2001) e la messa in onda della sitcom The Big Bang Theory (2007), che ha per protagonisti quattro nerd (piuttosto stereotipati). Oggi Big Bang Theory, giunta alla dodicesima stagione, piace sia ai Millennial, sia ai loro genitori. Così adesso La rivincita dei nerds, il film del 1984, suona preistorico. O a suo modo profetico, perché la rivincita c’è stata davvero. Oggi il genio dell’informatica non è uno sfigato, ma un potenziale miliardario (Bill Gates è il secondo uomo più ricco al mondo, Mark Zuckerberg il quinto) e le professionalità legate alla tecnologia sono tra le più richieste nel mercato del lavoro.

PER METTERE a fuoco la situazione è utile guardare da vicino cos’è successo a una delle fiere nerd (e non solo) più importanti al mondo: Lucca Comics & Games, recentemente definita dalla rivista Variety «Mecca della cultura pop» (attenzione: non solo della cultura nerd). Nel 1998 i partecipanti furono 35mila; quest’anno (l’ultima edizione si è chiusa il 4 novembre) 251mila. Perché? «La cultura geek è diventata dominante e si è allargata anche ai non-geek», risponde il direttore della manifestazione, Emanuele Vietina, un veterano di Lucca (ha iniziato come volontario nel 1993). Fermi tutti: geek? «In inglese il nerd è il secchione esperto di tecnologia, il geek l’appassionato di supereroi, videogame, fantasy o altro, ma da noi si è imposto di più il termine “nerd”. A Lucca accettiamo tutte le etichette, anche se preferiamo “generazione profonda”, che si rifà a La stanza profonda di Vanni Santoni». Ovvero? «Chi non si limita a leggere fumetti o a giocare di ruolo, ma approfondisce e vuole attivarsi in prima persona, manipolando i contenuti che ama e rompendo la barriera tra autore e fruitore».

SECONDO Vietina, se gli hobby della “generazione profonda” sono diventati gli hobby di (quasi) tutti, è anche per banali motivi anagrafici: «Chi oggi prende le decisioni in molte industrie culturali è cresciuto negli Anni 80 e si è abbeverato per anni nella cultura del fantastico». Ma c’entrano anche i media. Rete e social hanno reso condivisione e creazione cooperativa dei contenuti un fatto normale. Dal momento che la cultura nerd è «ontologicamente fatta per essere manipolata, interpretata, condivisa», è tra le più adatte allo spirito dei tempi. E poi, sì, c’è la questione commerciale. «Per alcune aziende “nerd” è diventata un’etichetta per spingere un prodotto nel mercato», ammette Vietina. «Ma la genuinità non si è persa: nelle nuove generazioni vedo lo stesso amore per la manipolazione tipico dello spirito nerd originario».

L’ALLARGAMENTO alla cultura di massa – il cosiddetto mainstream – non è però indolore: tornando alla metafora della “città dei nerd”, si può dire che alcuni dei residenti originari si sentono assediati. Il risultato è la retorica del “vero nerd” contro il “poser” (colui che finge di essere ciò che non è, ndr), vero o presunto. «Una certa frizione tra innovazione e tradizione esiste in ogni movimento culturale», commenta Vietina, «a Lucca cerchiamo di superarla creando eventi che possano fare da ponte tra generazioni diverse, ad esempio mettendo insieme icone dell’horror di inizio Novecento, come H. P. Lovecraft, e interpretazioni recenti del filone, come The Walking Dead». La questione è trattata anche in Nerdopoli (nel saggio Tu non puoi passare di Aligi Comandini). «Anche a me capita di pensare: “Ma tu, nuovo arrivato, dov’eri quando difendevo le mie passioni e venivo presa in giro da tutti?”», spiega Caruso, «ma noi rivendichiamo l’idea che quella nerd sia cultura, e la cultura deve essere condivisa». Tutti sono i benvenuti a Nerdopoli, quindi? «Sì! Le città, in fondo, vivono anche di turismo».

IL NODO, osserva Caruso, ha a che fare anche con il fatto che in passato cultori e culti nerd si somigliavano: personaggi e fan erano tutti, per lo più, maschi bianchi. «Prendi Star Wars, che in origine aveva un solo personaggio femminile, per quanto splendido, e un solo nero. Aprendosi, diventando mainstream, la cultura nerd ha anche l’occasione per rimediare ad alcune mancanze del passato. Ma questo a qualcuno dà fastidio». «In quanto donna nerd sono stata anch’io una minoranza», aggiunge la scrittrice, «per questo ci tenevo ad affrontare il problema. Come comunità ci stiamo espandendo: è necessaria un po’ di autocritica. Perché “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”».

PS La battuta finale è una citazione di Stan Lee. Nel 1962 compare nel fumetto in cui ha debuttato Spider-Man (Amazing Fantasy n°15). Nel 2002 è stata ripresa nel film sul supereroe diretto da Sam Raimi. Oggi è nota a tanti, nerd o no, ed è una gran bella cosa. Perché è una gran bella frase.

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